1 - Considerazioni sulla velocità massima


1. Criteri di scelta della velocità di progetto

La scelta della velocità massima conseguibile sulla linea è strettamente collegata con la decisione di adottare uno standard particolare e realizzare una linea o meglio un insieme di linee integralmente nuove. D'altro canto la velocità di punta influisce sui costi di realizzazione e di gestione dell'opera oltreché sull'appetibilità del servizio che essa rende.

Dagli incontri effettuati presso il Ministero dei Trasporti e dal materiale disponibile è risultato che nessun tentativo è stato fatto per individuare la velocità di punta ottimale per il sistema ferroviario italiano, né per le singole tratte.

Che una tale velocità ottimale esista si può evincere da un ragionamento molto semplice. I costi di gestione di una linea ferroviaria sono sicuramente una funzione crescente della velocità di esercizio, non foss'altro che perché al crescere della velocità aumentano i consumi energetici e le esigenze di manutenzione. L'andamento dei costi in funzione della velocità è quindi del tipo di quello indicato dalla curva a) della figura 1, in cui si è tenuto conto del fatto che i costi non sarebbero nulli nemmeno se la linea fosse per avventura inutilizzata (ma non abbandonata) e che viceversa il loro tasso di crescita presumibilmente aumenta con la velocità (nella migliore delle ipotesi, la potenza richiesta cresce col cubo della velocità). Naturalmente il vero andamento della curva non può che essere determinato con una analisi puntuale ed uno studio ad hoc; in ogni caso ciò che è indiscutibile è che essa abbia un andamento crescente.

Quanto ai ricavi, essi, nel caso più semplice, sono determinati dal numero di viaggi effettuati e dalle tariffe adottate. A parità di altre condizioni si può presumere che i ricavi aumentino al diminuire dei tempi di percorrenza (e quindi al crescere della velocità commerciale) almeno fino a che le tariffe rimangono costanti. La curva dei ricavi in funzione della velocità partirà da zero (a velocità nulla nessuno compra il biglietto) e salirà. Fintantoché la velocità è particolarmente bassa e comunque inferiore a quella consentita dall'auto la crescita permarrà molto lenta, per poi divenire più rapida quando la velocità comincia a risultare concorrenziale con quella degli altri mezzi di trasporto. Realisticamente la curva dovrebbe a un certo punto presentare un massimo perché oltre un certo limite le tariffe non potrebbero fare a meno di aumentare rendendo il trasporto ferroviario meno competitivo nei confronti di altre modalità. Anche prescindendo da questa considerazione elementare e volendo adottare un astratto scenario a tariffe costanti è però evidente che il numero di viaggi non può comunque andare al di là di un asintoto orizzontale (valore di saturazione) e che quindi altrettanto farebbero i ricavi. In sostanza, nel caso più estremo la curva dei ricavi in funzione della velocità avrebbe un andamento del tipo di quello indicato nel grafico b) della figura 1.

Figura 1

Le due curve o non si intersecano affatto (la gestione non è mai attiva) oppure lo fanno in due punti (come in fig. 1) che delimitano l'intervallo dei valori di velocità per cui la linea (o il sistema) risulta economica.

La differenza tra ricavi e costi è riportata in figura 2 e presenta necessariamente un massimo.

Figura 2

Un'analisi di questo tipo dovrebbe essere preliminare alla scelta circa lo standard da adottare, ma non è stata fatta né per l'intera linea Torino-Milano-Napoli, né per le singole tratte, men che meno per la Milano-Venezia e per la diramazione Milano-Genova. E' tuttavia opportuno ricordare che questa analisi è stata effettuata in Gran Bretagna in un contesto non dissimile, per densità e distribuzione degli insediamenti e, in parte, per conformazione del territorio, da quello italiano. La velocità ottimale ottenuta è stata di circa 220 km/h [nota 31]. Tale velocità non richiede la realizzazione di linee dedicate, mentre richiede l'adozione, per quanto riguarda il materiale rotabile e i sistemi di gestione, di tecnologie atte ad ottimizzare le prestazioni ottenibili su linee tradizionali. Questa in effetti è stata la politica adottata dalla Gran Bretagna, che ha rinunciato alla realizzazione di linee dedicate e ha cercato di sviluppare propri treni ad assetto variabile.

Da richiamare è anche l'orientamento recentemente espresso in Francia, secondo il quale la realizzazione di linee specializzate ad AV è risultata in generale troppo costosa, mentre la redditività è risultata molto al di sotto delle previsioni o delle aspettative. Per queste ragioni anche la Francia si sta orientando a perseguire la "velocizzazione" delle linee tradizionali adottando treni ad assetto variabile che consentono di trarne il miglior vantaggio anche in termini di riduzione dei tempi di viaggio [nota 32].


2. Influenza della velocità sul traffico passeggeri

Avendo implicitamente assunto, come messo in risalto nel paragrafo precedente, che non sussista una velocità ottimale e che viceversa la convenienza cresca comunque con la velocità, l'effetto della durata complessiva del viaggio (e quindi anche della velocità) sul numero di viaggi e quindi, in definitiva, sui ricavi, è stato dalla TAV valutato sulla base di un modello elaborato dalla Arthur D. Little (nel seguito ADL). Questo modello ha avuto come dati di ingresso quelli contenuti in una matrice origine/destinazione 6868 rilevata da FS nel 1989 e relativa a viaggi presumibilmente effettuabili sulla nuova rete AV.

Durante i lavori della commissione ci è stato dichiarato che il lavoro della ADL doveva intendersi come preliminare e di massima, in quanto basato su dati e informazioni inadeguati. Risultati più affidabili dovrebbero venire da un secondo studio commissionato alla ADL e tuttora in corso (quindi non disponibile).

In mancanza d'altro e considerato che queste sono le basi su cui sono state assunte le decisioni relative alle caratteristiche del sistema AV italiano, non si può che ragionare sul primo modello ADL. Basandosi su di esso la TAV afferma:

«L'impostazione delle linee a velocità massima di 250 km/h comporta un aumento medio dei tempi di percorrenza del 10% in corrispondenza del quale l'Arthur De Little ha stimato una riduzione della domanda di passeggeri all'anno di regime (rispetto alla domanda prevista per le linee AV da 300 km/h), a parità dell'offerta ferroviaria, compresa tra il 10,1% ed il 17,2% a seconda dell'incidenza del tempo di percorrenza delle diverse componenti rispetto al tempo di spostamento totale origine destinazione.

L'effetto sulla domanda dell'impostazione delle linee a velocità massima di 250 km/h è stato impattato sul modello economico-finanziario del progetto relativo alla sub-direttrice Torino-Milano-Napoli, assumendo una riduzione media della domanda totale passeggeri del 15[nota 33].

Il modello ADL determina il numero N di viaggi in ferrovia tra due punti fissi sulla base di una formula monomia, che, trascritta con notazione nostra dal materiale fornitoci e mettendo in evidenza le variabili rilevanti per gli scopi presenti, si presenta nella forma:

(1)
in cui a numeratore si trova la durata del viaggio in automobile e a denominatore quella del viaggio in ferrovia . Il parametro H nasconde in realtà la dipendenza da tutta una serie di altri fattori, quali ad esempio i costi a carico del viaggiatore; nell'indagare sull'effetto della sola durata del viaggio gli altri fattori vengono mantenuti costanti e ciò giustifica il trattamento di H come a sua volta costante.

L'utilizzo fatto dalla TAV dello studio ADL durante i lavori della commissione congiunta riduce ulteriormente la (1) a:

(2)
con K costante.

Dell'esponente c, come degli altri che compaiono nel modello completo, vengono forniti i valori numerici ricavati dalla ADL, a partire dall'intera matrice O/D, mediante una regressione multipla. Tali valori sono dati tutti con 8 cifre decimali e senza indicazione di intervallo di indeterminazione.

Non è stato possibile individuare l'ambito di validità della formula (2), cioè i valori del tempo di viaggio per cui essa dovrebbe essere applicabile, né l'incertezza da cui dovrebbero essere affetti i risultati che essa fornisce.

In generale si può dire quanto segue.

  1. La (2) non ha certo validità generale in quanto essa dà un numero infinito di viaggi al tendere di a 0; in particolare se ne deduce che la formula è tanto meno attendibile quanto più la velocità è elevata.
  2. L'intero modello, e quindi anche la formula (2), sono un'approssimazione al comportamento reale del sistema che vogliono descrivere e quindi sono in qualche modo una rappresentazione della matrice O/D del 1989. Essi sono utilizzabili pertanto in quel contesto. Non è possibile estenderne la validità al di fuori (senza una accurata analisi dell'attendibilità delle estrapolazioni, possibili, in questi casi a molti parametri, solo per intervalli molto brevi al di là del campo di valori effettivamente misurati). In particolare si può osservare che il campo di applicabilità del modello e delle formule che ne discendono, espresso in termini di velocità, sta al di sotto dei 250 km/h, perché tale era la situazione del 1989.
  3. La determinazione di un unico valore numerico per l'esponente c della (2), come degli altri che compaiono nel modello complessivo, mediante un qualsiasi procedimento di media fornisce un risultato privo di significato pratico e non utilizzabile per alcuna previsione attendibile. La ragione sta nel fatto che nell'operazione di media fatta sui dati della matrice O/D entrano tanto viaggi lunghi qualche decina di km quanto viaggi lunghi qualche centinaio di km. E' del tutto evidente che la sensibilità ad una medesima variazione percentuale del tempo di viaggio è diversa a seconda che il viaggio sia in sé breve o meno. Né è pensabile tener conto di questa diversità mediante pesi legati al numero stesso dei viaggi, in quanto il modello non include l'effetto delle motivazioni nella scelta della destinazione: la ragione per cui un viaggiatore decide di andare da Milano a Bologna piuttosto che da Milano a Roma non è certo la durata del viaggio. In sintesi: non è possibile determinare quante persone in più o in meno prenderebbero il treno tra Bologna e Firenze utilizzando il numero dei viaggiatori su altre tratte di lunghezza diversa. Di più: non è possibile utilizzare dati relativi a viaggi di diversa lunghezza in aree diverse per ricavare un'unica curva del tipo di quella della formula (2).


Figura 3

La figura 3 esprime in forma grafica il contenuto delle nostre osservazioni critiche. La curva continua rappresenta l'andamento ragionevole per la dipendenza del numero di viaggi dalla velocità del treno; i cerchi mostrano la curva utilizzata dalla ADL. Le due curve sono a contatto in corrispondenza dei valori medi di velocità relativi ai rilevamenti della matrice O/D del 1989; tali velocità non superano i 200 km/h, più oltre i due andamenti divergono marcatamente.

In definitiva, i valori di sensibilità al tempo di viaggio fornitici dalla TAV non hanno alcuna validità scientifica. Un'analisi seria dovrà essere fatta quando sarà terminato il secondo studio della ADL. Nel frattempo però non si può che rilevare che sono state presentate e utilizzate a scopo decisionale valutazioni prive di fondamento.


3. I termini reali del problema in relazione all'estensione delle tratte veloci

Per una valutazione avveduta e razionale, ancorché approssimativa, del possibile effetto che, in termini di attrattività del sistema, potrebbe generare una riduzione della velocità di punta da 300 a 250 km/h, conviene innanzitutto partire dai dati forniti da Italferr - SisTav circa le velocità massime previste sull'intera «sub direttrice» Torino-Milano-Napoli. [nota 34]

Da tali dati emerge infatti con chiarezza il fatto che le tratte progettate per velocità massima di 300 km/h sono complessivamente 3, per un totale di 443 km sui 939 che rappresentano l'estesa Torino-Napoli (escluse le interconnessioni).

Tali tratte "veloci" sono previste fra Torino e Milano, fra Milano e Bologna e fra Roma e Napoli, essendo il resto della linea previsto per velocità massime uguali o inferiori a 250 km/h.

La tabella successiva riporta, dal citato documento Italferr Sis.Tav, la suddivisione delle tratte della direttrice TO-MI-NA in funzione della velocità massima di progetto:

Km di linea per V max

Totale km

% 300 km/h

= 300 km/h

250 km/h

Torino-Milano

113

34

147

77%

Milano-Bologna

155

59

214

72%

Bologna-Firenze

92

92

0%

Firenze-Roma

262

262

0%

Roma-Napoli

175

49

224

78%

TOTALE

443

496

939

47%

Come è agevole notare, l'estensione delle tratte da 300 km/h sul totale della direttrice considerata non raggiunge la metà della lunghezza complessiva, acquistando significatività percentuale solamente lungo le tre tratte direttamente interessate.

L'eventuale riduzione della velocità massima da 300 a 250 km/h non riguarderebbe dunque l'intera linea, ma solamente alcune tratte; di conseguenza, il tempo perso a causa della minore velocità di punta sarebbe di molto inferiore alla media assunta nei documenti TAV - ADL. [nota 35]

In particolare, sulla relazione Milano-Roma la tratta da 300 km/h rappresenta il 27% dello sviluppo totale, mentre sulla relazione Milano-Firenze tale percentuale arriva al 51% del totale; sulla relazione Milano-Napoli, infine, la percentuale di linea da 300 km/h rappresenta il 42% del totale.

In altri termini, occorre considerare il fatto che l'incremento di tempo di viaggio teoricamente stimabile a partire da una riduzione della velocità da 300 a 250 km/h (+ 20%), che ADL traduce assai generosamente in un incremento medio sulla linea pari al 10%, deve in realtà essere commisurato all'incidenza percentuale delle singole tratte "veloci" sulle diverse relazioni previste per il nuovo esercizio AV.

Ipotizzando dunque che le velocità medie sulle restanti tratte (per velocità uguali o inferiori a 250 km/h) restino invariate nelle due ipotesi di esercizio (e si tratta di un'ipotesi del tutto ragionevole), la riduzione della velocità massima si traduce negli incrementi dei tempi di viaggio riportati nella tabella successiva con riferimento ad alcune relazioni di lunga percorrenza, dove i tempi previsti per velocità massima di 300 km/h sono quelli di progetto forniti da TAV [nota 36], ai quali sono aggiunti i maggiori tempi derivanti dalla percorrenza delle tratte veloci di pertinenza di ogni itinerario considerato a 250 km/h invece che a 300.

Velocità massima

300 km/h

250 km/h

D tempo

(tempi in minuti)

%

Torino-Napoli

300

318

6%

Milano-Napoli

250

263

5%

Milano-Roma

180

186

3%

Come si vede, l'incremento massimo di tempo ipotizzabile è pari al 6%, e riguarda la percorrenza dell'intera linea fra Torino e Napoli, mentre sulla relazione Milano-Roma l'incremento stimato si riduce al 3%. In termini assoluti, comunque, si tratta di fare i conti con maggiori tempi di percorrenza che vanno dai 6 minuti (sulle tre ore complessive) della relazione Milano-Roma ai 18 minuti (sulle cinque ore complessive) della relazione Torino-Napoli.

Le uniche relazioni sulle quali l'incremento di tempo di percorrenza stimabile in conseguenza della riduzione della velocità massima raggiunge il 10% risultano essere, dunque, solamente quelle direttamente interessate dalle tratte veloci, ovvero la Torino-Milano, la Milano-Bologna e la Roma-Napoli. Le ultime due relazioni prevedono tempi di percorrenza a circa 1 ora, ed il ritardo dovuto alla riduzione della velocità massima varia fra 6 e 7 minuti. Per la relazione Torino-Milano il tempo previsto è inferiore all'ora, e dunque aumenta leggermente l'incidenza dell'incremento di tempo, stimato in cinque minuti.

Resta a questo punto da dimostrare che la domanda sia così sensibile al tempo di viaggio, da contrarsi del 15% a fronte di un incremento di 6 minuti su un'ora di viaggio prevista tra Milano e Bologna. Sull'inutilizzabilità a questo fine del citato rapporto ADL ci siamo già espressi.

Certo risulta difficilmente credibile che 6 minuti in più tra Milano e Bologna rappresentino un ostacolo insormontabile per il 10-17% della potenziale utenza della linea e ancor meno che lo stesso incremento di tempo assuma una qualsiasi significatività su relazioni più lunghe, come ad esempio la Milano-Roma.

A riprova della scarsa attendibilità delle valutazioni effettuate da TAV riguardo alla sensibilità della domanda alla durata del viaggio abbiamo raccolto nel paragrafo che segue tutta una serie di incongruenze reperite su questo punto nei documenti ufficiali.


4. La difficile valutazione delle riduzioni attese nei tempi di viaggio

La poca confidenza con i tempi di percorrenza reali e desiderati emerge dalla lettura di svariati documenti prodotti da TAV. Emergono, in particolare, incomprensibili incongruenze, all'interno del medesimo documento, fra i tempi risparmiati tratta per tratta, quelli risparmiati sulle relazioni fra gli estremi della linea, quelli risparmiati su relazioni che vanno oltre gli estremi dell'AV.

Ad esempio, a pagina 9 del documento TAV "Il mercato del progetto" (Aggiornamento al 31.12.95), la figura 4 propone uno schema della rete AV che restituisce la riduzione dei tempi di percorrenza delle diverse tratte nel confronto effettuato con i migliori tempi FS. Dallo schema si deriva una riduzione totale - sulla relazione Milano Napoli - di 117 minuti (quasi due ore: 33' fra Milano e Bologna; 25' fra Bologna e Firenze; 18' fra Firenze e Roma; 41' fra Roma e Napoli).

Alla successiva pagina 10 del medesimo documento, è poi riportata una tabellina che confronta (nuovamente) gli attuali migliori tempi FS (Orario invernale 1995/1996) con i futuri tempi TAV (Orario AV Italferr Sis.TAV) su alcune relazioni fondamentali. In particolare, secondo detta tabella, sulla relazione Milano - Napoli si passerebbe dalle attuali 7 ore alle future 4 ore e 10 minuti; ovvero dagli attuali 420' ai futuri 250'. La riduzione del tempo di percorrenza passa dunque a 170' (quasi tre ore) nel giro di una pagina. I commenti alle tabelle non offrono alcuna spiegazione plausibile del fatto: «Si evidenzia che il confronto dei tempi di percorrenza è stato effettuato tra i soli servizi di punta delle FS (Intercity, Pendolino) e gli standard di offerta TAV (non considerando quindi eventuali relazioni "non stop").

Il guadagno dei tempi di viaggio sarà sensibile anche per le relazioni che non insistono solamente sulle tratte AV (Figg. 5-6)».

La lettura delle figure 5 e 6, lungi dal risolvere il "piccolo" problema sopra evidenziato, lo ingigantisce. Le due figure, infatti, riportano i tempi attuali e futuri su alcune relazioni di lunga percorrenza insistenti, rispettivamente, fra Roma e Milano e Monaco, Parigi, Palermo, Reggio Calabria e Bari.

In particolare, secondo i dati riportati dalla figura 6, il tempo di percorrenza della relazione Palermo-Milano dovrebbe scendere dalle attuali 18 ore alle future 11 ore e 55 minuti, mentre fra Reggio Calabria e Milano occorreranno in futuro 7 ore e 50 minuti in luogo delle attuali 13 ore e 10 minuti.

Tradotto in minuti, si tratterebbe di risparmiarne 320 (5h 20') fra Milano e Reggio Calabria e 365 (6h 05') fra Milano e Palermo.

La tabella successiva riassume i dati relativi ai tempi ed ai risparmi di tempo dichiarati fra le pagine 9 e 10 del citato documento.


É appena il caso di notare che, sulle relazioni Milano-Palermo e Milano-Reggio Calabria, il risparmio conseguibile grazie all'entrata in funzione delle nuove linee AV dovrebbe essere il medesimo maturato sulla relazione Napoli-Milano. Il quale è, a sua volta, variabile fra 117 e 170 minuti. Ma 117 minuti risparmiati equivalgono, grosso modo, al 30% dei minuti che dovrebbero essere risparmiati fra Milano e Reggio C. / Palermo. E 170 minuti rappresentano - sempre grosso modo - il 50% della riduzione di tempo di percorrenza attesa sulle medesime relazioni. Quali altri interventi sono stati ipotizzati, fra Napoli e Reggio C., per raddoppiare o addirittura triplicare i benefici che, in termini di tempo, derivano dalla realizzazione della linea Milano-Napoli?

Come si vede, gli elementi di incertezza regnano sovrani anche nelle previsioni circa i tempi di percorrenza. Il che induce a considerare con somma cautela la traduzione di quelle in previsioni di traffico. E di ricavi.


5. I motivi per un ripensamento: riduzione della velocità di punta

Non si tratta, si badi bene, di una questione di principio, e tanto meno di una preconcetta opposizione alle elevate velocità ferroviarie. Il problema è che il "ridotto" dei 300 km/h, porta a giustificare scelte tecnologiche e progettuali che assumono una valenza generale, non limitata alle sole tratte effettivamente veloci.

In particolare, gli effetti indotti dalla scelta della velocità massima sono riconducibili: