Richiamiamo qui, in parte, osservazioni già riportate nei paragrafi precedenti e relative all'argomento costi.
Nel corso dei lavori del tavolo tecnico sono state fornite, da parte TAV e Italferr, valutazioni relative essenzialmente al costo teorico delle opere, in base alle ipotesi progettuali in atto, e, in particolare, una comparazione tra l'ipotesi di una velocità di progetto di 250 km/h ed una di 300 km/h volta a dimostrare come l'aggravio derivante dalla scelta dei 300 km/h sia contenuto entro un +1,5 % negli investimenti, sostanzialmente irrilevante a fronte degli ipotetici vantaggi [nota 25].
Per le ipotesi base di costo delle opere e sulla loro evoluzione nel tempo, rinviamo alla scheda 4. Per il resto possiamo notare in generale che sono stati ignorati, e pertanto non quantificati, tutti gli oneri derivanti da interventi di mitigazione, indennizzo, variante resi necessari dall'impatto presumibile delle opere.
Considerando ad esempio la centrale questione del rumore, come abbiamo già visto nei paragrafi a ciò dedicati, le vie percorribili da chi volesse mantenere l'opera con le caratteristiche progettuali che la presente relazione sta criticando, sono essenzialmente due:
Ci è stato detto che i costi di entrambi i tipi di intervento sono già inclusi nell'ammontare previsto degli investimenti, il che è sorprendente, visto che le cifre ufficiali sono ferme da tempo, mentre permangono del tutto indefinite le soluzioni relative ai nodi e all'attraversamento delle aree urbanizzate, che possono comportare varianti rilevantissime e in particolare interramenti su estensioni non piccole di tratta.
A parte ciò, tornando ad esempio alla questione rumore, abbiamo vista (ed è stata sostanzialmente riconosciuta) l'inaffidabilità dell'approccio adottato. Nella realtà, se si dovesse far ricorso a barriere protettive, queste dovrebbero essere collocate sulla massima parte dell'estensione delle linee: non esiste alcuna stima del costo corrispondente. Inoltre la presenza, maggiore o minore, di "mitigazioni" in forma di manufatti incide successivamente anche sui costi della manutenzione.
Quanto alla seconda strada, TAV ha dichiarato l'intenzione di perseguirla in forma, per quanto possibile, preventiva, proponendo ai soggetti potenzialmente danneggiati una quantificazione del danno stesso da risarcire, in caso di accordo, prima dell'entrata in esercizio delle linee; il risarcimento potrebbe, se del caso, anche corrispondere alla rilocazione degli immobili. I potenziali danneggiati sarebbero i residenti entro una fascia di 30 m per lato della nuova ferrovia o, nelle aree urbane, i frontisti della medesima.
Sulla infondatezza ed arbitrarietà della scelta dei 30 m ci siamo già espressi. Quanto comunque al costo di questo indennizzo preventivo, ci è stato dichiarato, nella riunione del 13 novembre, che esso, sommato a quello degli espropri, era stimabile intorno all'1,5% del costo delle opere, precisando però poi che tale stima riguarda soltanto le tratte di campagna, escludendo le aree urbane, o comunque urbanizzate (ad esempio l'attraversamento della zona di Novara). Va da sé che il problema è molto più rilevante nelle aree urbane o urbanizzate: non esiste alcuna stima dei costi preventivabili relativi a queste aree.
Nel considerare gli eventuali indennizzi è stato preso in considerazione soltanto il danno diretto e gli interventi necessari per ridurlo. Nessun conto è stato fatto della perdita di valore commerciale degli immobili e delle aree fabbricabili adiacenti alle linee; danno questo che sicuramente i proprietari non sarebbero disposti ad ignorare e che, in caso di contenzioso, la magistratura non potrebbe fare a meno di riconoscere. Fra l'altro in altri paesi (citiamo fra tutti gli Stati Uniti) la stima della svalutazione immobiliare conseguente alla realizzazione di un'opera di interesse pubblico è prassi corrente. Nel nostro caso non vi è ombra di nulla di tutto ciò.
Non siamo noi in grado, per mancanza di dati, di stimare a quanto ammonti globalmente la perdita di valore dei territori attraversati. Ma ci permettiamo di riportare un esempio, che valga a far luce almeno sull'ordine di grandezza delle cifre in gioco. Nel presentare l'ipotesi di collegamento Lyon - Torino agli abitanti della val Maurienne, le ferrovie francesi si sono offerte ufficialmente di acquistare, a prezzi ante operam e dietro semplice richiesta in un periodo di 3 anni dopo l'entrata in funzione della linea, tutti gli immobili compresi in una fascia di 150 metri a destra e 150 metri a sinistra dei binari; e di discutere caso per caso l'acquisto di quegli edifici che per motivi orografici si trovassero particolarmente esposti, pur essendo al di fuori di questo corridoio [nota 26].
Non si tratta di un regalo; la larghezza di fascia è quella comunemente accettata in tutto il mondo, per le linee AV in pianura; e la seconda parte dell'offerta riflette correttamente l'ammissione che in una situazione valliva possono trovarsi molto esposte anche abitazioni assai lontane dalla linea (cfr. allegato 1).
Naturalmente, non è detto che gli abitanti della val Maurienne siano felici di dover abbandonare le loro case. Ma occorre riconoscere all'impostazione delle SNCF almeno il pregio dell'onestà intellettuale.
Può essere interessante vedere quali sarebbero le conseguenze di un accordo simile sul lato italiano del collegamento. Come dovrebbe essere noto, la bassa valle di Susa e l'attraversamento a nord di Torino presentano, per la densità degli edifici e l'anarchia urbanistica, qualche difficoltà in più rispetto alla val Maurienne. Si può fare riferimento per un conto approssimato al tracciato individuato, con il conforto delle FF.SS., come il più adatto, in un celebre studio commissionato e pagato da Sitaf e Regione Piemonte.
All'interno di una fascia di 300 metri, posta a cavallo di questa soluzione ottimale, si trovano in 30 Km dall'uscita da Bussoleno fino ad Alpignano circa 1200 edifici (non alloggi); se a questi si aggiungono, con una stima fatta ad occhio ma prudente, gli edifici delle frazioni particolarmente esposte, perché rilevate rispetto al fondo della valle, si raggiunge una cifra attorno ai 2000 edifici. Non abbiamo proseguito il conto; aver raggiunto l'ordine di 1000 miliardi in 30 Km ci è parso sufficiente. Ma l'attraversamento dei comuni della cintura di Torino non sarà sicuramente meno costoso.
Né si può obbiettare che si tratta di cifre puramente teoriche, condizionate ad una effettiva richiesta di acquisto, che può anche mancare.
In una fascia così densamente popolata, anche se le richieste degli interessati fossero inizialmente limitate in numero, il solo fatto che esse vengano presentate comporterà un rapido processo di svalorizzazione degli immobili; così che gli altri abitanti non avranno altra scelta se non quella di usufruire anch'essi dell'offerta di acquisto.
Per farla breve, la costruzione di una linea con questi dati di progetto, richiederebbe che si considerasse attorno ad essa un corridoio assai largo di servizio industriale: non utilizzabile, se non in minima parte, per uso residenziale o agricolo.
E' vero che, almeno in parte, queste stesse affermazioni possono essere ripetute per il progetto di una qualsiasi grande infrastruttura. Ma è veramente difficile comprendere come mai di esse non si sia tenuto alcun conto: