La costruzione di linee ferroviarie ad alta velocità ha comportato ovunque problemi di natura ambientale, a causa degli alti livelli di rumore e di vibrazione indotti dal passaggio dei convogli. Situazioni di conflitto con gli abitanti delle zone circostanti i tracciati e contenziosi tra autorità locali e centrali hanno costantemente accompagnato l'entrata in funzione delle linee.
In Giappone proteste di massa avvenute tra il 1970 e il 1975, dopo l'entrata in servizio dell'estensione del sistema Shinkansen fino a Sanyo, costrinsero le Ferrovie Nazionali Giapponesi a rimandare la costruzione della Tokio-Narita, per intraprendere un programma di bonifica delle situazioni esistenti. In Francia è proseguito per più di dieci anni un braccio di ferro tra associazioni di cittadini e di comuni della val Lamartinien, l'ente ferrovie SNCF e le autorità centrali; il progetto di linea che avrebbe dovuto collegare Parigi alla Provenza è stato bloccato da violente proteste ed è stata ugualmente contestata la diramazione della linea atlantica che avrebbe dovuto portare in Spagna attraverso i Paesi Baschi. Infine, in Germania nel '92 il progetto di costruzione della linea Norimberga-Erfurt ha provocato uno scontro tra consiglio comunale, borgomastro e cittadini di Coburgo da una parte (13000 firme di protesta), enti di pianificazione e ministro dei trasporti dall'altra; mentre in Inghilterra il collegamento tra Londra e lo sbocco del celebre tunnel è attualmente sospeso perché‚ il progetto presentato dalle ferrovie britanniche è stato giudicato incompatibile con il territorio.
Non sappiamo esattamente come si risolveranno, o come si siano risolte, le situazioni di conflitto che abbiamo enumerato alla rinfusa. Ma è certo che i contrasti che esse delineano possono essere difficilmente attribuiti a una opposizione di principio, dovuta a qualche innamorato della natura incontaminata. In realtà, la costruzione di linee con queste caratteristiche comporta un alto costo per il territorio attraversato, nel senso che richiede che una fascia di notevole ampiezza venga declassata a corridoio di servizio industriale, e quindi sottratto all'uso residenziale. Non è sorprendente che coloro che abitano nelle vicinanze dei tracciati non siano soddisfatti della cosa; anche quando siano sinceramente fautori, nella chiacchiera da bar, di una illimitata accelerazione del nostro modo di vivere e di viaggiare. E che lo siano ancor meno quando la sostanza del problema venga ufficialmente negata, così da rifiutar loro anche la compensazione di valore della proprietà compromessa. Ma in ogni caso la soluzione di questi conflitti, anche quando risulti monca, ha pesanti implicazioni economiche. Per dare un'idea delle spese e delle difficoltà coinvolte si possono citare alcuni dati di fonte giapponese:
Essendo queste le dimensioni del problema, è comprensibile che molti paesi lo abbiano affrontato, a partire dagli anni 70, con un notevole investimento di persone e mezzi, alla ricerca di soluzioni tecniche che ne limitassero la gravità. Sono stati così messi in piedi laboratori di ricerca destinati a questo fine, sono state studiate tecniche di misura o di individuazione delle singole sorgenti, metodi di stima del disturbo soggettivo, criteri di intervento sulle singole cause di rumore e vibrazione; sono state analizzate le connessioni tra le caratteristiche strutturali del materiale rotabile e le peculiarità dell'emissione, è stato discriminato il rumore meccanico da quello aerodinamico, sono state individuate infine le rispettive leggi di variazione con la velocità.
Né‚ si è mancato di affrontare gli aspetti giuridici e normativi. In Giappone, ad es., l'Agenzia per la protezione dell'ambiente ha emesso una serie di raccomandazioni e regolamenti (luglio 1975), successivamente accolti dal governo (marzo 1976), che sono rivolti esplicitamente allo Shinkansen, in questo modo riconoscendo la rilevanza e il carattere specifico del problema.
I risultati di questo complesso lavoro, svoltosi in quasi tutti i paesi tecnicamente sviluppati, i dati, i modelli matematici, i dibattiti e le divergenze di opinione, sono stati regolarmente pubblicati sulle riviste più note del settore. Tanto per dire, si sono tenuti periodici convegni dedicati a questo tema e gli atti sono comparsi integralmente sul Journal of Sound and Vibration, una delle riviste di maggior prestigio in questo campo.
Negli ultimi anni la frequenza delle pubblicazioni, o delle ricerche, è rapidamente diminuita, per il banale motivo che il campo di indagine è stato esplorato in lungo e in largo; è molto difficile che si trovi a breve termine qualcosa di nuovo da dire.
Si tratta di una evoluzione temporale del tutto consueta nel settore della ricerca applicata. Quando rilevanti interessi economici ruotano attorno ad un particolare prodotto, o ad una particolare tecnologia, competenze di settori diversi, investimenti e iniziative di ricerca vengono fatte convergere rapidamente nel settore di interesse. Ma è ovvio che le soluzioni vengono in vent'anni comparate tra loro, che quelle peggiori vengono scartate e che quelle che rimangono vengono valutate correttamente nei loro limiti intrinseci. Processi di tale natura non possono essere considerati come processi aperti, indefinitamente in progresso. Si raggiunge rapidamente una situazione di confine che risulta invalicabile per ragioni pratiche, quasi sempre di natura economica. Quando se ne vogliono superare i limiti, occorre invocare un cambiamento di tecnologia.
Non vi è motivo perché‚ il campo dell'inquinamento ambientale, originato da rumore e vibrazione, delle linee ferroviarie ad alta velocità faccia eccezione a questa regola.
Se ci siamo permessi questa sorta di orazione introduttiva, assai generica, è perché‚ tra quanto ci risulta sullo stato dell'arte, e quello che traspare dai documenti fornitici da TAV e dagli studi di impatto ambientale che si sono succeduti, vi è uno iato difficilmente colmabile. A noi risulta:
I documenti di TAV e gli studi di impatto ambientale presentati per le varie tratte narrano una storia ben diversa. Sembra che in Italia, con un ammirevole procedimento autarchico, si sia giunti alle seguenti conclusioni:
Nonostante questi elementi "innovativi", la compatibilità delle linee previste con le norme di legge attuali rimane dubbia. Per cui si sta cercando di porre rimedio alla spiacevole situazione con due ordini di argomenti, che meritano di essere citati esplicitamente:
Vista la premessa, forse non sarebbe il caso di dirlo; ma non uno degli argomenti i), ii), iii), iv) ha, a nostro parere, il minimo fondamento.
Non possiamo, in questa relazione, entrare nel merito dei numerosi aspetti connessi. Ci limitiamo ad allegare uno scritto (all. n. 1) che oltre ad una rapida sintesi di molti aspetti, contiene una bibliografia abbastanza estesa. Qui vogliamo semplicemente dare alcune righe di spiegazione sul punto ii), e qualche commento al punto v), che è l'unico a trovare qualche appiglio, sia pure di parte, nella letteratura relativa.
Non siamo dunque convinti che siano state eseguite le valutazioni di impatto ambientale in modo corretto e questa convinzione è stata confermata dagli stessi tecnici che ci siamo trovati di fronte, in particolare nelle riunioni del 23 ottobre e del 13 novembre.
In sostanza lo stato attuale della tecnologia prevista fa presupporre l'incapacità del sistema di rientrare nei limiti di legge attualmente previsti per l'inquinamento acustico. In effetti i responsabili della TAV ci hanno ripetutamente dichiarato che i vincoli saranno rispettati al momento dell'entrata in esercizio delle nuove linee. La fiducia di TAV in proposito è tutta rivolta ai miglioramenti tecnici che si verificheranno da oggi al momento di entrata in funzione del servizio; si tratta, come abbiamo visto, di una speranza sostanzialmente vana ed è comunque impensabile poggiare un progetto così rilevante e costoso quale quello dell'AV su di una speranza.
Per la verità tra le righe si ipotizza una scappatoia, dal momento che è ancora da definire il regolamento attuativo per le ferrovie della nuova legge quadro in materia di rumore. Pare che qualcuno stia lavorando, nella definizione delle linee guida per quel regolamento, perché venga abbandonato il concetto di limite di rumore sulle zone, attualmente previsto, per consentire l'isolamento dei singoli recettori. In altre parole, se una casa sta in una zona entro la quale verranno superati i limiti, non si provvederà a rispettare detti limiti (barriere o altro), ma ad isolare la casa. L'idea è tecnicamente assurda perché, considerando l'effetto combinato del rumore diretto e di quello indotto dalle vibrazioni, ogni singolo intervento verrebbe ad avere costi spropositati.
Non possiamo inoltre che sottolineare quanto sarebbe inaccettabile l'idea che si proponga e sostenga un progetto non in regola con le norme lavorando non per cambiare il progetto ma le norme.
Prescindendo da un'ipotesi così balzana, non resta che constatare che ogni tentativo serio di fronteggiare il problema rumore mantenendo le caratteristiche progettuali attuali dell'AV avrebbe un rilevante impatto economico. Tuttavia i costi reali stimati delle soluzioni necessarie per abbattere le emissioni non sono stati resi noti. Con l'entrata in funzione del sistema la possibile sottostima di questo aspetto (i cui elementi di rischio sono notevoli: l'incapacità dei nuovi rotabili di ottemperare i vincoli imposti dal capitolato di fornitura, il rapido consumo degli elementi di rotolamento, l'efficacia delle barriere utilizzate,...) potrebbe causare un aggravio molto pesante dei costi di costruzione.
Un altro aspetto importante è la perdita di valore di mercato degli immobili adiacenti ai corridoi di transito della ferrovia ad AV.
Questa conseguenza della costruzione delle nuove linee viene costantemente sorvolata. Eppure gli attuali progetti sommano, sotto questo punto di vista, tutti gli aspetti peggiori immaginabili. Si parte da una situazione obbiettivamente difficile, poiché si deve attraversare un territorio molto popolato, con una distribuzione degli abitati diffusa e una situazione orografica spesso sfavorevole. E a questo si aggiunge:
Un tale insieme di condizioni penalizzanti rende il progetto dell'alta velocità italiana un caso unico al mondo, ed ha sicuramente delle gravi conseguenze economiche. Le cifre che vengono qualche volta citate, come previste per eventuali opere di bonifica, sono francamente risibili. Tra l'altro, sembra che non si tenga in alcun conto come gli interventi di bonifica a posteriori sono tecnicamente difficili e, in linea di massima, estremamente più onerosi dei provvedimenti che si possono prendere al momento della costruzione. Sulla questione degli indennizzi, anticipati o posticipati che siano, torneremo più oltre in un apposito capitolo.
Il problema dell'effetto delle vibrazioni indotte, negli edifici adiacenti
alla linea, dal passaggio di un treno ad AV si presenta in termini simili
a quelli già evidenziati per il rumore. Esso è stato però,
se possibile, affrontato in termini ancor più superficiali e vaghi
di quanto già evidenziato appunto per il rumore. Rinviamo, per avere
un esempio concreto di questa debolezza ed ambiguità di approccio,
alle osservazioni contenute nell'allegato 2 e relative alla MI-VE.
Gli studi di impatto ambientale effettuati per le diverse tratte del sistema AV posseggono alcune caratteristiche comuni, prima fra tutte quella di presentarsi più che altro come offerte di mitigazione più che come veri e propri studi di impatto. Appaiono in sostanza come giustificazioni delle opere, non come valutazioni delle stesse e delle possibili alternative. Scorrendoli è così possibile reperire affermazioni generiche e contraddittorie, nonché parametri e criteri di riferimento diversi a seconda delle circostanze e delle tratte, forse nella presunzione che ben pochi leggano gli elaborati per intero e che nessuno ne faccia un'analisi comparata. Si giunge persino a interpretare/contestare le leggi vigenti per affermarne l'ovvia inapplicabilità, come nel caso della valutazione dell'impatto acustico lungo la Torino-Milano; nel corrispondente Studio di Impatto si legge, a proposito del vigente limite acustico differenziale: "Limite differenziale : E' evidente che nessuna ferrovia (come nessuna arteria stradale importante) potrà mai rispettare un limite differenziale. A stretto rigore, volendo per assurdo applicare il limite differenziale al traffico stradale, si potrebbe dire che il passaggio di un veicolo isolato ..... violerebbe il limite differenziale, senza che questo significhi che da tali eventi deriva un disturbo inaccettabile". [nota 21]
Debolezze e limiti delle Valutazioni di Impatto già effettuate sono stati riconosciuti nel corso dei lavori del tavolo tecnico, in particolare durante le riunioni del 23 ottobre e del 13 novembre 1996, asserendo che tali studi sono solo un fatto formale per così dire in evoluzione parallela a quella dei progetti e che il giudizio andrebbe espresso sulla loro versione finale. Si tratta di una posizione ben singolare visto che i progetti dovrebbero essere modificati sulla base delle VIA e non viceversa.
Abbiamo esaminato in dettaglio gli Studi di Impatto Ambientale presentati da Iricav [nota 22], Tav, Italfer, Cepav [nota 23], relativi alle tratte MI-TO, MI-BO e MI-VE, in termini di disamina metodologica e correttezza procedurale, con particolare riferimento puntuale ai tracciati che interessano l'attraversamento del Ticino e l'ingresso nell'area metropolitana milanese tra Bernate Ticino ed Arluno per la tratta MI-TO, l'intero tracciato in provincia di Verona, da Peschiera del Garda a San Bonifacio sulla tratta MI-VE, l'attraversamento del territorio di Campegine in provincia di Reggio Emilia per la tratta MI-BO; riportiamo qui alcune valutazioni generali, rinviando, per il lavoro completo, all'allegato 2.
Gli studi di impatto ambientale si presentano metodologicamente carenti in quanto vengono meno ad uno dei principi fondamentali dello Impact Assessment [nota 24]: la definizione in fase di screening degli impatti, la loro quantificazione in termini di reversibilità/irreversibilità, la presentazione di scenari non unicamente legati alle alternative di tracciato.
Le valutazioni delle alternative di tracciato risultano, a loro volta, del tutto settoriali e legate a tre soli scenari dello stesso modello infrastrutturale e non ponderati rispetto ad alcuna ipotesi di do nothing o di fare con un altro approccio tecnologico in termini di scelta della velocità di progetto o dell'esercizio misto passeggeri/merci, come ricordato in apertura di relazione.
Si individuano unicamente alcuni punti critici dei tracciati considerati di minore impatto e si propongono misure di integrazione-mitigazione.
Le diverse tipologie di impatto e le matrici di correlazione che vengono proposte, tendono a definire i livelli di impatto in funzione dei recettori sensibili, delle caratteristiche costruttive e delle tipologie di impatto, nell'obiettivo di comparare alternative progettuali.
La scala di valutazione degli impatti in 7 classi non distingue reversibilità da irreversibilità, se non per il caso dell'attraversamento di fiumi.
Si tratta di fattori limitanti di grande rilevanza, che indicano come gli studi siano stati redatti in funzione giustificativa dell'opera, sulla base di leggere correzioni di tracciato.
Per quanto attiene alle normative di riferimento si rileva una non giustificabile mancanza di aggiornamento.
Esemplificando: la Legge Regionale Veneta 33/85, Norme per la Tutela dell'Ambiente, è stata ulteriormente integrata dalla Legge Regionale 28/93. Questa successiva integrazione non viene considerata dal SIA.
Tecnici ed amministratori TAV hanno più volte ribadito, nel corso degli incontri, l'impossibilità a rispettare i limiti di rumore, contrariamente a quanto affermato nei SIA, il che testimonia della poca serietà con la quale sono stati redatti tali studi, dei quali sarebbe anche utile conoscere il costo.
Se non abbiamo capito male TAV ha avviato una serie di trattative col ministero dell'ambiente in funzione di una modifica dei valori e dei limiti nell'ambito della tutela dall'impatto acustico, forze in forza delle considerazioni già citate [nota 21].
Abbiamo avuto modo di rilevare, nei diversi Studi di Impatto Ambientale relativi alle tratte considerate, un ripetersi di errori metodologici che riassumeremo in alcuni punti:
SIA.1- Alcune affermazioni si ripetono, al punto da ritenere che vi sia una riproposta draft di alcuni passaggi per documenti che non dovrebbero essere letti da alcuno per la loro minacciosa quanto inutile consistenza cartacea:"...dove sarà possibile espropriare aree più ampie è previsto un intervento di compensazione al fine di organizzare la piantumazione di specie arboree ed arbustive...Tale sistemazione consentirà non solo l'occlusione visiva dell'infrastruttura ferroviaria, ma permetterà anche di riqualificare e migliorare la realtà ambientale nella quale tali specie verranno inserite".
SIA.2- Il SIA potrebbe essere ridenominato RMO, Rapporto di Mitigazione delle Opere (copertura vegetale, tecniche di scavo, caratterizzazione del sottosuolo).
SIA.3- La comparazione tra le tre alternative di tracciato è di tipo qualitativo, mai quantitativo, nel senso che mai viene segnalata la diversa magnitudine degli impatti sui tracciati.
SIA.4- Il tema del paesaggio viene affrontato sulla base dei modelli anglosassoni di McHarg e Strong e della geosistemica francese di Bertrand e Tricart, un metodo di per sé corretto, che risulta monco qualora non integrato ai più significativi modelli di Ortolano e Canter (Prediction and Assessment of visual impacts), senza dimenticare l'approccio all'Ecologia del Paesaggio proposto da Sandro Pignatti.
SIA.5- La definizione delle "aree sensibili" sulla basa della scala di valori MA (Molto Alto), A (Alto), M (Medio) si basa sul dato di fatto dell'esistenza dell'elemento intrusivo del tracciato autostradale, che già insiste su zone sensibili; questo approccio non é corretto perché la VIA si basa su valutazioni oggettive e non su giustificazioni e compromessi.
SIA.6- I problemi di VIA, con le conseguenti mitigazioni o compensazioni dell'opera, non possono essere risolti sulla base di "moderne tecniche di ingegneria naturalistica", combinando elementi costruttivi vivi (vegetali) ed inerti (cementi), idrosemine, biostuoie, siepi cespuglio, rimboschimenti, ma anche applicando tecniche parametriche nuove come la "mitigation banking" e compensazioni di forte valenza, non solo legate agli espropri, ma anche al recupero degli ambienti naturali interessati ed alla delocalizzazione; se non si configurano simili situazioni, fortemente partecipate al livello delle popolazioni interessate, si apre lo scenario dell'opzione zero, ovvero della non realizzazione.
SIA.7- L'inquadramento generale dei suoli si basa spesso su documenti e sistemi di classificazione inattuali e troppo sommari per essere minimamente credibili, la classificazione dei suoli adottata è parziale e quindi arbitraria rispetto all'obiettivo di stimare la potenzialità dei suoli stessi.
SIA.8- Per il suolo agricolo vengono citati i Piani di Bonifica solo per gli aspetti paesaggistici e non si fa cenno alla presenza di aziende agricole o di "sistemi di aziende" di rilevante importanza economica, al costo di sottrazione definito come perdita economica indotta dalla scomparsa dell'azienda agricola, valori tutti da considerare per non dover affrontare costi di esproprio elevatissimi (il business sta negli espropri?).
SIA.9- Per quanto attiene all'impatto dei cantieri e del prestito non si trova alcun accenno specifico, mentre occorrerebbe una Valutazione di Impatto Ambientale mirata relativa ad ogni ipotesi di prestito.
SIA.10- In alcune zone in cui il tracciato segue l'andamento dell'asse autostradale gli strumenti urbanistici comunali esaminati prevedono una fascia di rispetto di larghezza variabile nella quale, per gran parte, si inscrive il tracciato della prevista linea ferroviaria. I promotori sostengono "Si tratta dunque di un lembo di territorio già preservato per eventuali usi infrastrutturali, il cui utilizzo non contrasta con gli obiettivi di assetto urbanistico perseguito dai vari comuni...".
SIA.11. TAV propone: "Le situazioni di interferenza con aree soggette a tutela paesistico-ambientale vengono affrontate nell'ambito della definizione delle opere di inserimento paesaggistico": un'operazione di pura cosmesi.
SIA.12- Il SIA dei diversi tracciati TAV propone descrizioni dettagliate, alle volte logorroiche dal punto di vista ingegneristico, rinunciando ad una specifica quantificazione degli impatti a tutto favore di forti e pesanti interventi di ingegneria naturalistica e di progettazione del paesaggio.
SA.1- Gli studi di impatto ambientale avrebbero dovuto individuare i sistemi ambientali interessati e la potenzialità degli impatti, mentre nella realtà, negando la stessa ragione della VIA come work in progress e come continuo aggiornamento di dati e scenari, riducono la procedura al rispetto del quadro normativo nazionale e regionale.
SA.2- Si ammette che l'impatto maggiore provocato dalla nuova infrastruttura
derivi dalla sottrazione di habitat, dalla perdita di alcuni biotopi umidi,
che possono offrire un'elevata diversità biocenotica, alterabili
per opere di drenaggio ed inquinamento dovuto all'aumento di polveri ed
alla scomparsa di specie igrofile sensibili; si sostiene però che
"in nessun caso si registra una perdita totale per l'area di unità
ecosistematiche", il che appare un ben singolare metodo scientifico.
SA.3- sulle aree intercluse si prevede di intervenire con sistemazione a verde, onde prevenire effetti di degrado ambientale, mentre si dovrebbe favorire la successione delle specie e non il solo ecobusinness di piantumazioni, rinverdimenti ecc...
Molta enfasi si trova nella descrizione dell'inerbimento dei versanti,
il cui contesto di forme erbacee-specie di prati magri e formazioni arbustive
di caducifoglie dovrebbe rappresentare uno dei nuovi elementi di naturalità;
si sostiene che le perdite di superficie boscata sarebbero ampiamente compensate
dagli inerbimenti dei pendii ergo: "Il bilancio globale degli impatti
residuali risulta positivo".
SA. 4- La sottolineatura in merito all'interferenza con colture di pregio
(vigneti e lembi boscati naturali e l'interferenza con i fontanili e gli
ecosistemi palustri) non porta ad alcuna considerazione significativa per
quanto riguarda la quantificazione degli impatti, indicazioni di reversibilità/irreversibilità
che risultano scomode ai redattori dei rapporti i quali si muovono e scrivono
nell'ottica di completa giustificazione del progetto TAV.
SA. 5- Se correttamente si sostiene che la formazione del querceto padano
può ritenersi conclusa da 2.000 anni, le formazioni relitte e le
residue cenosi, in quanto integrità vegetale e floristica alterata,
dovrebbero essere tutelate e la loro superficie, se attualmente obiettivamente
trascurabile, dovrebbe essere incrementata in termini di compensazione
degli impatti irreversibili del tracciato; il SIA non deve proporsi come
boutique ambulante di cosmetica vegetale.
SA. 6- Se i lembi residui della vegetazione planiziaria (querco-carpineto
boroitalico) sono limitati a pochi esempi, il SIA dovrebbe individuarli
e localizzarli in funzione di incremento e tutela.
SA. 7- La possibilità del recupero della vegetazione riparia
dei corsi d'acqua, ontano pioppo, olmo, se si ragiona in termini di "stream
ecology", è tutt'altro che potenziale, in quanto la presenza
dell'ontano (Alnus glutinosa) è indicatore molto significativo,
che apre a sicure ed efficaci compensazioni, ben lontane però dai
progetti e dagli obiettivi TAV.
SA. 8- Le formazioni forestali debbono essere tutelate ed ulteriormente
sviluppate in termini di equilibrio ecologico, rappresentando un elemento
paesistico di pregio per una maggiore stabilità omeostatica; le
colture agrarie, alterate dal tracciato TAV, dovrebbero invece essere mantenute
all'attuale livello di omeostasi relativa, ad esempio anche in armonia
con il PTRC veneto del 1993, il quale tutela i paesaggi viticoli di collina,
i paesaggi collinari a ciliegio e la vite maritata all'acero campestre.
(Pignatti S., 1995); gli stessi redattori delle sezioni monografiche del
SIA ritengono che si tratti di "aree complessivamente sensibili e
meritevoli, per il buon livello di omeostasi, della massima attenzione
e salvaguardia".
SA. 9- A fronte di valutazioni quali-quantitative a volte anche buone, le matrici di correlazione opera/ambiente risultano di scarsa efficacia, in quanto, per gli ambienti umidi, le aree boscate e gli attraversamenti fluviali sarebbe stato utile l'uso di un metodo specifico di valutazione attendibile come l'HES.(HES, 1980), che permette, in funzione dell'impatto del manufatto, una definizione anche temporale dell'impatto stesso.
SA.10- In alcuni punti la segnalazione in merito alla sensibile attività neotettonica, con movimenti che potrebbero influenzare la geologia del tracciato, resta pura indicazione descrittiva.
SA.11- Uno specifico approfondimento dovrebbe riguardare i ricettori
suscettibili di modificazione per la complessità dei terreni, quali
argille torbose, limi argillosi e l'idrologia sotterranea.
SA.12- Gli aspetti faunistici vengono presentati in maniera pedante e ripetitiva con la lodevole eccezione della descrizione della tenuta Masella, nella bassa veronese, in base a dati inediti del 1992.
RA.1- Gli effetti sanitari dei campi elettromagnetici vengono trascurati, mentre debbono essere oggetto di approfondimento problematico in relazione all'insorgere di patologie di tipo stocastico e sulla base delle più recenti indicazioni della letteratura.
RA.2- Per la situazione degli insediamenti toccati dal tracciato si dovrebbe attendere una valutazione specifica non solo per ciascuno dei fabbricati entro i 30 metri, ma anche per quelli compresi entro 150 metri, da censire sulla base dell'esperienza condotta per conto del comune di Campegine, con la partecipazione della popolazione interessata in una fase preliminare di scoping.
Aggiungiamo, a quelli già citati nel testo, alcuni elementi di bibliografia di supporto: