Nereo Villa - Numerologia della Triarticolazione Sociale - INTRODUZIONE - appunti sul pensare - II -

SULLA CONCRETEZZA DEL PENSARE

Portiamo profondamente radicata in noi l’opinione che il pensare sia astratto, senza alcun contenuto concreto, o che potrebbe tutt’al più fornire una controimmagine "ideale" dell’unità universale, ma non l’unità stessa. Chi giudica così non ha mai avuto ben chiaro che cosa sia un oggetto senza il concetto.

A volte, anzi, nonostante l'aiuto del concetto è difficile ugualmente capire l'oggetto osservato, tanto che si parla di "illusioni ottiche":

In questo oggetto vi sono due profili contrapposti oppure un'unico volto collocato dietro una candela? Cosa vi è al centro? Si tratta di una ragazza giovane o di una vecchia? Un volto di donna o un saxofonista?

Ma a parte i casi di psicologia della forma, la comprensione sarà ben più difficile nel caso in cui si volesse pretendere di escludere il pensare dall'osservazione.

Il mondo di ciò che posso percepire senza pensare, mi appare un mero accostamento di cose nello spazio e nel tempo, un aggregato di singole cose sconnesse: nessun oggetto che entra ed esce dalla scena del mio percepire è in tal caso in connessione con un altro.

Il mondo percepito senza il pensare è una varietà di oggetti di per sé equivalenti. Nella struttura di tutto il percepibile, nessuno di essi ha una parte maggiore di un altro. Chi sgrana meramente gli occhi su un ago o su di un elefante, escludendo davvero il pensare, non può vedere né ago né elefante, consistendo già, questi ultimi, in immagini di pensiero, psicologie di forme, forme concettuali, ecc.

Ciò che in tal modo posso dire di aver guardato non è che un mero insieme di colori, di chiaroscuri, di elementi puntiformi, non molto dissimili dai cosiddetti "pixel", il cui "ingrandimento" all’infinito mai trasformerebbe lo sguardo in visione.

Se però dobbiamo capire, vedere appunto, quando un fatto ha una maggiore importanza di altri, dobbiamo interrogare il nostro pensare. Senza il pensare attivo, l’organo rudimentale di un animale, senza importanza per la sua vita, ci appare di uguale valore della più importante parte del corpo. I singoli fatti appaiono nella loro importanza, in sé e per le rimanenti parti del mondo, solo quando il pensare tira le sue fila da essere a essere.

L’attività del pensare è piena di contenuto, e solo mediante un ben determinato e concreto contenuto io posso infatti sapere perché la chiocciola sia a un gradino di organizzazione inferiore del leone. Il mero sgranare gli occhi su qualcosa non mi da’ alcun contenuto che possa istruirmi in merito alla perfezione del suo organismo.

Ma in genere non considero l’importanza del pensare perché mi sfugge: quando penso dirigo di solito la mia attenzione solo sull'oggetto considerato e non contemporaneamente anche sul pensare.

Con ciò, tendo però a trattare il pensare come qualcosa che non ha niente a che fare con la realtà dei fatti, e le immagini che mi faccio di questi non mi appaiono appartenenti ad essi, ma le reputo esistere solo nella mia testa. Credo il mondo completo anche senza quelle immagini. Credo cioè che il mondo sia di per sé completo, finito, in tutte le sue sostanze e forze. Credo di farmi solo un’immagine di esso.

Questo credere è pregiudiziale ad ogni tipo di logica deduttiva. Infatti con quale diritto si può dichiarare il mondo completo senza il pensare? Non produce forse il mondo con la medesima necessità il pensare nella testa dell’uomo e i fiori sulla pianta? Se si mette un seme nel terreno, il seme mette radice e fusto, sviluppa foglie e fiori. Se mi pongo di fronte a una pianta, essa si lega alla mia interiorità con il suo corrispondente concetto. Tendo però a credere che tale concetto non appartiene all’intera pianta come la foglia e il fiore. Ma questo mio credere è un errore, un pregiudizio ingiustificato.

Qualcuno potrà invece obiettare che errore non è, semplicemente per il fatto che il concetto sorge solo quando ci si pone dinanzi alla pianta, mentre la foglia e il fiore esistono indipendentemente da chi percepisce.

Certo, ma anche fiori e foglie sorgono sulla pianta solo quando vi sia una terra in cui possa "comprendersi" un seme, e quando vi siano luce e aria in cui foglie e fiori possano svilupparsi. E non è così che sorge il concetto della pianta, quando cioè ad essa si avvicina una coscienza pensante che la comprenda in quanto pianta?

La veridicità di un pensare "asettico" rispetto alla presunta completezza di un mondo in sé, risulta pertanto una superstizione, una vacillante benché quasi dogmatica credenza popolare.