ILLEGITTIMITÀ DELLA TASSAZIONE REDDITUALE

I saccheggiatori della terra, i politici, tutti, i nuovi scribi manipolatori dei capitali altrui, i banchieri, gli economisti, i caporioni ministeriali dell'economia e della finanza di Stato, e tutta la masnada di loro consiglieri e di esangui universitari privi di universalità, nonché tutti gli intellettuali privi di intelletto (la maggior parte!) e tutti coloro che sono pieni di… vuoto, cioè dell'"astratto" che domina il "concreto", non sanno quello che fanno (o si accorgono del saccheggio che operano?) perché lo hanno imparato nelle scuole di Stato come irrinunciabile esigenza sociale della tassazione. Predicano la tassa come cosa buona e giusta nella misura in cui non volendo accettare la logica di realtà del fatto che la terra è di tutti i terrestri, e che pertanto può essere usata da tutti ma non consumata come merce, i saccheggiatori ottengono, creandolo, un sistema legale malato in cui l'uso della terra non è per tutti, ma solo coloro che se ne fanno padroni.

Tutto ciò avviene legalmente ma illegittimamente. "Legalmente ma illegittimamente" significa IN MODO FORZOSO.

Due sono infatti i tipi possibili di diritto: uno è emanato da un dato ordinamento giuridico dello Stato ed è detto "diritto positivo"; l'altro è antecedente la nascita stessa dello Stato perché poggia sull'universalità del pensare che precede tale ordinamento ed è detto "diritto naturale". Lo Stato stesso nasce dal "diritto naturale" e non viceversa. Quando questi due tipi di diritto coincidono, così che le leggi del "diritto positivo" ubbidiscano ai principi del "diritto naturale", abbiamo le democrazie liberali. Invece in tutti gli altri casi abbiamo solo e sempre regimi totalitari in cui conta solo il prevalere arrogante e/o forzoso della legalità del "diritto positivo" sulla legittimità del "diritto naturale".

Un sistema legale sano, cioè legittimo, dovrebbe dunque rendere disponibile l'uso periodico della terra a tutti gli abitanti del pianeta Terra. Quando ciò non avviene, avviene il saccheggio.

Col saccheggio nasce ogni tipo di crisi dei terrestri, perché quando i terrestri non possono disporre della terra secondo giustizia, ritorna sulla terra lo schiavo. Si ritorna allora a parlare di catene da cui liberarsi. In pratica si torna indietro nel tempo e domina l'anacronismo.

Anche se il tiranno, o il dominatore odierno, è costituito da sovrapposizioni di maschere democratiche, che avvolgono primitive strutture di potere, di signoria (o di signoraggio, monetaggio iniquo, ecc.) e di teocrazia e/o di forzosi sistemi legali di monopolio, soprattutto monetario, avviene forzosamente, cioè iniquamente, ciò che non dovrebbe.

Nell'attuale "distribuzione" della ricchezza è assente l'equità.

Perciò la ricchezza si disperde.

Il vino nuovo, messo in otri vecchi, li fa esplodere: ed il vino si disperde (Mt 9,17; Mc 2,22; Lc 5,37-38).

L'equità non è un principio astratto, né una misura formale, né una regola, anzi, potrebbe essere detta "regola... di luce" o di epicheico coraggio di essere ritmicamente nello spirito del tempo nuovo, neotestamentario. EPICHEIA è infatti un termine del nuovo testamento, significa in greco EQUITÀ, e consiste nel disobbedire alla legalità priva di legittimità. Cristo per esempio viola spesso le leggi del suo tempo circa il sabato (Matteo 12,10ss), ed accusato di avere istigato a non pagare le tasse (Luca 23,2) è crocifisso. Lo Stato lo ammazza secondo legalità perché EGLI PRATICA E PREDICA L'EPICHEIA IN BASE ALLA LEGITTIMITÀ CHE SOLO L'IO LIBERO È IN GRADO DI CONFERIRE ALLA LEGALITÀ.

Se fosse praticato il principio di EPICHEIA, cioè la giustizia reale in un reale Stato di diritto - che è tutt'altro dall'odioso diritto di Stato(che sostanzialmente è mafia), non si parlerebbe nemmeno più di "distribuzione" della ricchezza, dato che si parlerebbe piuttosto di "restituzione" del maltolto, cioè della terra ai terrestri.

Invece i bambini che nascono, nascono schiavi, dato che ognuno di loro ha già un debito di circa cinquanta mila euro a testa. Segno questo che indica che siamo ancora nel vecchio e non nel nuovo testamento. Siamo indietro di duemila anni, anzi di tremila, dato che viviamo ancora sotto il faraone, mascherato da vicario di Cristo, che anziché restituire il maltolto, restituisce un'ostia.

Il principio di EPICHEIA, sì, è un'esigenza sociale dei tempi nuovi. È un principio nuovo perché è TRI-UNITARIO ed è contenuto tanto nei fondamenti della tri-articolazione dell'organismo sociale (autonomia del sistema economico, del sistema giuridico, e del sistema culturale, rinnovantisi periodicamente da se stessi) quanto in quelli dell'organismo umano (sistema della testa, sistema del petto, e sistema delle membra, sistemi che non possono vivere in mancanza di ossigeno sempre rinnovato).

Tale principio dà fastidio, ovviamente, al tiranno ed è generalmente messo in dubbio da menti malate, appunto appartenenti alla schiera dei neo-scribi e neo-farisei: saccheggiatori, banchieri, economisti, ecc., la quale ha a che fare con l'economia e le finanze di Stato, che si guarda bene dal cambiare.

Ecco perché l'economia italiana, la giustizia italiana e la scuola italiana sono sempre massimamente in deficit, generato dall'esigenza dello spirito del tempo non ancora soddisfatta: la triarticolazione di queste tre sfere.

Se non si vuole capire e soddisfare questa nuova esigenza sociale è inutile continuare a fare progetti "tassando", perché "tassando" significa solo il modo del compiersi della truffa. La tassazione è il solito arcaico imbroglio di Stato in nome del benessere di Stato, o welfare, che mai si attua come reale benessere (visti i "ticket" delle medicine, i costi delle scuole dell'obbligo, e quelli di leggi ben lontane dall'essere "uguali per tutti", dunque di una legalità ben lontana dall'essere anche legittimità).

Le leggi non dovrebbero essere imposte dal "tiranno" ma richieste dal "socio" reale dell'organismo sociale.

L'attuale imposizione fiscale applicata alle entrate reddituali è insana in quanto, accanto ai prezzi delle merci è già un DOPPIONE tributario: i costi fiscali che le aziende produttrici devono sostenere, compresi i contributi previdenziali dei lavoratori, devono essere poi recuperati scaricandoli sui prezzi delle merci prodotte. Questo ha come ovvia conseguenza l'aumento dei prezzi e la conseguente perdita del potere d'acquisto del denaro, vale a dire l'inflazione. Tale perdita si ripercuote poi sui più deboli, i quali non possono scaricare altro che il proprio portafoglio. Avviene cioè che, dopo aver già pagato le tasse sul reddito, da lavoro o da impresa, le si pagano nuovamente, e cioè due volte, nel momento dell'acquisto delle merci. In tal modo avviene che ogni individuo deve lavorare sei o sette mesi dell'anno solo per pagare le tasse; con ciò che rimane, cioè coi soldi che guadagna nei mesi restanti deve soddisfare i suoi bisogni, ma non ha denaro sufficiente per soddisfarli perché i prezzi dei beni e dei servizi sono gravati dalle stesse tasse che egli ha già pagato una volta sul proprio reddito in quanto lavoratore! Dov'è allora il "socio" della "società"? Ecco dunque perché il fatto che l'imposizione fiscale sia applicata ai redditi e alle imprese produttrici di ricchezza è insano.

Qual è allora la soluzione? Innanzitutto la storia della tassazione dovrebbe essere conosciuta per restituire la terra, cioè il maltolto, ai terrestri.

Spiegando il senso della tassazione in rapporto alla massima chiarezza presente nel termine "triarticolazione", Steiner mostrò che le tasse erano un non senso, in quanto DOPPIONE costituito dalle tasse scaricabili nei prezzi delle merci, e dalle altre tasse, imposte sui redditi:

«Dobbiamo mirare dappertutto alla massima chiarezza [perché] è appunto la poca chiarezza delle nostre condizioni pubbliche e sociali che ha causato l'attuale stato di cose. Voglio darne un esempio. Quando oggi si è interrogati in merito a diversi problemi, la gente pone domande schematizzate; chiede subito: come ci si deve comportare col capitale, o con la distribuzione al minuto, oppure con la proprietà fondiaria? Con riguardo a condizioni sociali sane, la questione della proprietà fondiaria è trattata nei miei "Punti essenziali" ("I punti essenziali della questione sociale", Ed. Antroposofica, Milano 1980, pag. 87 e 88; i.e.: §31, 32 e 33 del cap. 3° del PDF:  " http://digidownload.libero.it/VNereo/rudolf-steiner-i-punti-essenziali-della-questione-sociale.pdf ) anche se in apparenza essa è toccata in modo subordinato. Ma tutto quanto oggi risulta nelle discussioni, deriva dal fatto che proprio la questione fondiaria si situa nella nostra vita sociale in maniera incredibilmente confusa. Quando si formò la moderna vita economica che conferì ad ogni cosa l'impronta di merce, per esempio anche al lavoro, nel senso che tutto si poteva comprare, anche il terreno divenne una merce: lo si poteva vendere e comprare. Ma che cosa è propriamente insito in una compravendita del terreno? Volendone afferrare il senso bisogna risalire a situazioni primitive nella quali il signore feudale aveva acquisito un certo terreno con la conquista o in altro modo, e lo aveva poi affidato a coloro che dovevano lavorarlo, per poi rendergli una certa quota in natura oppure in contributi di altro genere; questa è l'origine della rendita fondiaria. Ma a quale scopo costoro riconoscevano tale rendita fondiaria al signore feudale, o alla chiesa, oppure al convento? Che cosa rendeva loro plausibile il conferimento di tali contributi? Nient'altro che, se fossero stati invece dei piccoli proprietari che coltivavano il proprio terreno arando e mietendo, si sarebbe potuto presentare il primo venuto e cacciarli di lì. Dunque, per poter coltivare il terreno occorre che ci sia un'opportuna difesa; ora, i signori feudali avevano di solito un proprio esercito, e lo mantenevano col gettito dei contributi, impiegandolo anche per la difesa della proprietà fondiaria; la rendita fondiaria non veniva cioè pagata per acquisire il diritto di coltivare, ma per rendere possibile la difesa del terreno stesso. Il diritto di coltivare il terreno derivava da necessità, in quanto il proprietario terriero non poteva coltivare da solo tutto il suo terreno, e non da altri rapporti. Ma il terreno doveva pur essere difeso, e per questo si pagavano i contributi. Per analoghe ragioni si pagavano contributi ai conventi; anch'essi mantenevano eserciti a difesa delle loro proprietà, oppure erano legati per contratto affinché, mediante qualche altro rapporto di potenza, il terreno fosse reso sicuro. Cercando quindi l'origine della rendita fondiaria, la si trova nel contributo per la difesa della proprietà fondiaria. Questo si riferisce ai tempi in cui dominavano condizioni primitive, quando nel rapporto economico erano padroni i signori feudali o i conventi, ed entrambi non obbedivano a nessuno. Queste condizioni cessarono, prima in occidente e più tardi in Europa centrale, perché certi diritti dei singoli (in alcune contrade tedesche furono appunto più tardi a cessare dall'essere diritti singoli) vennero trasmessi ai prìncipi, e non si trattava affatto di un processo economico, ma di un processo politico. Con il trasferimento dei diritti si trasferì pure il dovere della difesa della proprietà fondiaria, e divenne necessario che il principe mantenesse un esercito. Per questo dovette quindi pretendere dei contributi che si trasformarono gradualmente in quello che oggi ci pesa tanto: il sistema di imposizione fiscale» (R. Steiner, "Come si opera per la triarticolazione sociale", Ed. Antroposofica, Milano 1988, pp. 135-8).

Il sistema di imposizione fiscale nasce dall'esigenza economica di difendere la proprietà fondiaria, trasformatasi in esigenza politica ma permanendo come se fosse stata un'esigenza duplice (politica ed economica), mentre era in realtà una sola esigenza (economica). Pertanto, acquisendo significato politico, il sistema di imposizione fiscale, per il suo sovrapporsi al primo significato, economico, non avrebbe dovuto forzosamente raddoppiarsi se avesse voluto permanere nella legittimità. Invece divenne legalità priva della legittimità che lo aveva generato come sistema economico:

«Questo sistema si sovrappose all'altro; ma, fatto curioso, l'altro sistema rimase! Perse però il suo significato originale, poiché il grande proprietario terriero non doveva più provvedere alla difesa del suo terreno, vi pensava il principe o lo Stato» (ibid.).

In altre parole, così com'era giustificato che i grandi proprietari terrieri chiedessero contributi per mantenere un esercito che difendesse i confini, allo stesso modo era anche giustificato scaricare tali contributi sui prezzi delle merci prodotte. E ciò era legittimo.

La legalità senza legittimità incominciò però quando il grande proprietario terriero non dovette più provvedere alla difesa del suo terreno, in quanto fu lo Stato ad espletare quel compito:

«Ma la rendita fondiaria rimase, e nella vita economica moderna trapassò nell'ordinaria circolazione delle merci. Poiché si era perduto il vero rapporto tra rendita fondiaria e proprietà fondiaria, la rendita fondiaria poté divenire oggetto di profitto. È una pura insensatezza che è diventata una realtà: nel processo di circolazione dei valori vi è qualcosa che ha del tutto perduto il suo significato originale, con cui tuttavia si continua ancora oggi a negoziare come se fosse una merce. Dappertutto nella nostra vita economica si possono segnalare cose simili che sono sorte da fatti legittimi; al loro posto è però subentrato qualcos'altro, mentre le cose vecchie sono rimaste; ecco che queste hanno seguito qualche nuovo processo, introducendo così nella vita sociale fatti privi di senso. Se si prende la vita economica quale essa appare, e quando si è professori di economia politica si ha il dovere di pensare il meno possibile [...] si definisce la rendita fondiaria come la si trova definita nei libri, cioè priva di senso quale essa compare oggi nella vita. Si vede dunque quanto vi sia da fare per rendere comprensibile alla gente che non solo abbiamo insensatezze nel nostro modo di pensare, ma dappertutto nella vita economica. Se qualche singolo soffre perché oppresso dalla vita economica, ciò deriva appunto da tali substrati. Ecco perché si deve giungere oggi a una maniera di pensare più fondata, più spregiudicata e più comprensiva di quanto la si possa sviluppare sui banchi degli attuali istituti di istruzione. In definitiva, quale forma di pensiero vi si sviluppa oggi? Vi si sviluppa un pensiero che si può forse qualificare come matematico, tuttavia lo si svolge in modo che resta al di fuori da ogni realtà. Si sviluppa il pensiero appreso dalla sperimentazione, oppure dalla sistematica, il pensiero che diventa alla fine una mera formalità, come quello di Poincaré, di Mach e di altri: lo chiamano "compendiare la realtà esterna". In breve non si sviluppa in generale alcun pensiero! E appunto perché non si sviluppa alcun pensiero, non si combina niente in economia politica» (ibid.).

Oggi non è più giustificabile prendere un caffè con lo scontrino fiscale, vale a dire con lo scontrino di quegli antichi contributi, cioè tasse, per l'antico grande proprietario terriero affinché egli si occupi della difesa dei confini territoriali in cui possiamo lavorare, e pagare pure le tasse reddituali per lo stesso motivo di difesa espletato dallo Stato, ben sapendo che quell'antico padrone non c'è più!

Oggi non può più valere tale legalità nella misura in cui essa è priva di legittimità. Delle due l'una: o si paga lo scontrino o si paga la tassa reddituale. Pagarli entrambi in nome della legalità è solo accettare di essere schiavi. Altro che democrazia!

Ecco perché chi considera queste cose comprende che la triarticolazione sociale è solo una questione di consapevolezza e che non potrà mai attuarsi grazie ad un partito o un governo che si sostituisca all'infinito ad un altro partito o governo:

«Non basta oggi sapere che cosa debba sostituire le istituzioni passate; bisogna lavorare per porre le nuove idee in una direzione tale da portare il più presto possibile allo scioglimento dei vecchi partiti, e da portare gli uomini a tendere verso nuove mete. Chi difetta di questo coraggio non può contribuire al risanamento della vita sociale; e chi ha la superstizione che tale tendenza sia un'utopia, costruisce su terreno cedevole» ("I punti essenziali…", op. cit., p. 160, §6 de "Che cosa esige lo Spirito nuovo", cap. 9° de "In margine alla triarticolazione dell'organismo sociale").

L'economia non può più essere una questione di nominalismo monetario, come di fatto è, gestito alla Ponzi con mero scopo di lucro (vedi nel post "LA MASSIMA IGNORANZA" la gestione dello schema Ponzi da parte dello Stato: https://plus.google.com/u/0/+NereoVilla/posts/hUaju5aMK1f che pubblicherò anche qui).

«[...] In futuro non si avrà più un'economia di denaro e in vista del denaro, poiché le istituzioni si occuperanno del valore reciproco delle merci. Ciò significa che si ritornerà alla realtà naturale dei beni e quindi anche alla reale produttività degli uomini, alla loro bravura. E non sarà più possibile far dipendere i rapporti di credito dalla presenza o meno di denaro, o dal fatto che il denaro sia "rischiato" in questo o in quel modo, ma i rapporti di credito dipenderanno dal fatto che ci siano uomini capaci di fare questo o quello, di realizzare questa o quella cosa. SARÀ LA BRAVURA UMANA, SARÀ IL TALENTO UMANO AD AVERE CREDITO. E nel momento in cui sono i talenti umani a stabilire i limiti entro i quali concedere credito, questo credito non potrà essere concesso oltre le capacità reali degli uomini» (R. Steiner, "Economia. Associazioni per la creazione del valore e del prezzo. Sistema creditizio e tributario", 2ª conf. di Zurigo del 25/10/1919 in "Cultura, politica, economia. Verso una triarticolazione dell'organismo sociale", ISBN 3-938650-70-2).

Oltre che aberrante, è massimamente anti-evolutivo e indice di MASSIMA IGNORANZA STATALE, pensare che sia giusto aggiungere a tutte le possibili tasse indirette, o agli altri introiti percepiti dallo Stato, la cosiddetta imposta sul reddito, in particolare l'imposta progressiva sul reddito.

Dire oggi che la tassazione progressiva è un errore suona nell'animo dello schiavo come una bestemmia, dato che lo schiavo è convinto che sia giusto che chi guadagna di più debba pagare di più.

Questo inganno vive soprattutto nei superficiali sentimenti di invidia degli schiavi odierni, non nell'universalità del pensare, ed è generato da monetaggio iniquo, detto economia monetaria, o sistema Ponzi di Stato.

«Oggi tutti pensano che sia giusto tassare il reddito [ma…] L'IDEA CHE SI POSSA RAGGIUNGERE UNA TASSAZIONE EQUA TASSANDO IL REDDITO DERIVA DALL'INGANNO PRODOTTO DALL'ECONOMIA MONETARIA» (ibid.).

Il denaro che incassiamo lo usiamo per i nostri scambi economici e serve per fluidificare i processi produttivi, i quali senza di esso comporterebbero scambi materiali di merci troppo voluminosi e ingombranti. Si provi a immaginare quante banane occorrerebbero al coltivatore di banane per acquistarsi una casa…

«Attraverso il denaro ci si libera della concretezza del processo produttivo stesso. In un certo senso, nel processo economico il denaro causa il medesimo tipo di astrazione che subiscono i pensieri nel processo conoscitivo. Ma come dai pensieri astratti non si possono far scaturire per incanto delle realtà, così anche dal denaro non si può far comparire nulla di reale se esso non è un semplice simbolo dei beni REALMENTE prodotti» (ibid.).

Dunque se nell'economia reale le cifre monetarie non rappresentano beni concreti che scorrano in contabilità correnti, ma sono solo NOMINALI, sono solo illusione.

Il problema è ancora il NOMINALISMO MONETARIO.

Ho già spiegato (https://plus.google.com/u/0/+NereoVilla/posts/T1UVQtAAjoR) che dobbiamo ringraziare l'economia del "tallero" di Kant se siamo retrocessi in un oscurantismo in cui il denaro è oggetto autonomo dell'economia, quindi di un'economia malata il cui oggetto è come un soggetto che schiavizza l'uomo con tasse su tasse.

Non ci siamo minimamente emancipati dall'epoca di Kant e dei giacobini. Anzi siamo paurosamente retrocessi verso un nuovo particolare tipo di schiavitù e di violenza sui meno abbienti, occultato da socialismi nazionali fintamente avversi al nazional socialismo, e predetta da George Orwell nel suo romanzo "1984", in cui il "miniver", cioè il "Ministero della Verità" predicava tre slogans: 1) "la guerra è pace"; 2) "la libertà è schiavitù"; e 3) "l'ignoranza è la forza", che nell'epoca d'oggi sono, fino a prova contraria, la regola, visto anche che il cosiddetto vicario di Cristo del "miniver" romano continua a predicare pace e giustizia, avallando un catechismo che non esclude pena di morte e guerra (art. 2267), ed è padrone di forzieri pieni d'oro e preziosi, detto "IOR", in cui potrebbe letteralmente nuotare come Paperon de Paperoni, e si mostra al pubblico con abiti sdruciti per ingannarlo ancora.
 

2015 - Felicità degli schiavi del MINIVER (Ministero della Verità)
http://youtu.be/KiP8Zzwft_A

 

 

La nostra epoca è divenuta, appunto, quella di una civiltà della menzogna in cui il dio quattrino ha preso il posto dei dio trino…

«Un'epoca che è fissata sul modo in cui il denaro diventa oggetto autonomo dell'economia deve necessariamente considerare le entrate monetarie come la cosa da tassare in prima linea. Ma [...] in questo modo, gravando di imposte, ci si rende corresponsabili dell'economia monetaria. Si tassa quello che in effetti NON è un bene reale, ma solo un segno che indica un bene. Si lavora con qualcosa di economicamente astratto. Il denaro diventa reale solo quando è speso. In quel momento entra nel processo economico, e non importa se lo spendo per divertirmi o per soddisfare i miei bisogni fisici e intellettuali o se lo investo in banca così che possa essere usato per il processo economico (anche quando lo investo in una banca faccio una specie di spesa, questa è naturalmente una cosa da tener presente). Nel processo economico il denaro diventa qualcosa di reale nel momento in cui smette di essere di mia proprietà per immettersi nel processo economico stesso» (ibid.).

A che serve incassare molto se poi si nasconde il proprio grande incasso sotto il materasso a forma di banca vaticana come fa la chiesa cattolica romana?

«Se uno mette il suo grande incasso sotto il materasso, se lo tenga pure, ma quel denaro non sarà di nessuna utilità per il processo economico. Un vantaggio lo si ha solo con la possibilità di spendere molto. E per la vita pubblica, per la vita realmente produttiva, i molti incassi sono il segno della possibilità che si ha di spendere altrettanto. Se nel sistema tributario si vuole creare qualcosa di non parassitario per il processo economico, ma qualcosa che sia una vera dedizione del processo economico alla collettività, allora il capitale va tassato nel momento in cui è IMMESSO nel processo economico. E allora [...] emerge il fatto sorprendente che L'IMPOSTA SULLE ENTRATE DEV'ESSERE TRASFORMATA IN UN'IMPOSTA SULLE USCITE [da non confondere con l'imposta indiretta]. Spesso al giorno d'oggi le imposte indirette emergono come brame di certi governanti solo per il fatto che di solito le tasse dirette, quelle sugli introiti, non bastano. QUANDO PARLO DI IMPOSTA SULLE USCITE, NON INTENDO DIRE IMPOSTE INDIRETTE E NEANCHE DIRETTE. Si tratta del fatto che nel momento in cui ciò che ho acquistato viene immesso nel processo economico, nel momento in cui diventa produttivo, viene anche sottoposto a tassa» (ibid.).

Ecco dunque che in futuro sarà riscoperto il senso del tassare la moneta all'atto della sua emissione, eliminando ogni altra tassa: considerando che tale operazione genererebbe subito un reddito di base incondizionato per tutti dalla nascita alla morte, essa non sarebbe nemmeno avvertita come tassa. Quindi di fatto l'organismo sociale diverrebbe naturalmente se stesso, cioè sociale, in quanto la moneta sarebbe per l'uomo e non l'uomo per la moneta…

«[...] proprio dall'esempio delle tasse si vede come sia necessario CAMBIARE MODO DI PENSARE [...]. Se si mette la vita economica sulla sua base giusta, allora sarà ciò che realmente partecipa all'economia, ciò che si inserisce nel processo produttivo, a fornire gli strumenti per produrre ciò che è necessario per la collettività. Allora CIÒ CHE CI VUOLE È UN'IMPOSTA SULLE USCITE, NON SULLE ENTRATE» (ibid).

L'illegittimità della tassazione reddituale sarà sempre più compresa dalla gente e soprattutto da individualità in grado di emanciparsi dai legami della specie, secondo la quale esse dovrebbero permanere sempre meri esemplari, dodici dei quali fanno una dozzina… Ma così non è. Proprio perché esiste anche un'evoluzione spirituale della specie… dei "figli dell'uomo", cioè degli "io" degli uomini.