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ISTITUTO SCOLASTICO COMPRENSIVO STATALE DI SANNICOLA DI LECCE

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Viaggio di istruzione 2003


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Anno sc. 2003/2004

I mestieri del paese quando le ville erano in auge

 

L'ANTIERA

Era la "femmana" incaricata dal padrone di ingaggiare una squadra di contadine per la raccolta delle olive, la vendemmia, la spigolatura, la semina, la sarchiatura.

Essendo la più esperta, dirigeva il lavoro e stava davanti alle altre, prendendo il primo "filaru" o "antu" (filare di piante): da ciò aveva origine il suo nome.

Ovviamente salvaguardava gli interessi del padrone, ricevendo in cambio fiducia e regalie.

A lei era affidato il compito di decretare la fine della giornata lavorativa e di consegnare la "paga" alle contadine a fine settimana.

Vestiva con una gonna lunga, una "mantile" (grembiule) e un "maccaturu" (fazzoletto) in testa.

LU SCALIERI

Era il più forte e bravo zappatore, che, dettando il ritmo di lavoro, guidava una squadra di contadini impegnata a dissodare un campo. Tutti dovevano riuscire a stargli dietro, pena il mancato ingaggio successivo.

Il suo nome derivava dal particolare schieramento che il gruppo di contadini assumeva lavorando. Lo "scalieri", infatti, era il primo che cominciava a creare il suo solco ("quarantale"); gli altri compagni di lavoro a distanza di qualche minuto l'uno dall'altro, si sistemavano parallelamente a lui e, zappando distanziati, disegnavano con la terra smossa i gradini di una scala immaginaria.

Chiuso il primo solco, egli si riportava al margine del fondo, accanto al "quarantale" dell'ultimo contadino e riprendeva il lavoro, seguito a breve dagli altri.

Essendo il più resistente, costringeva tutti ad un impegno veramente massacrante per non farsi distanziare. La fine della giornata lavorativa di 5 ore ("la sciurnata") o di 7 ore e mezza ("sciurnata e menza") avveniva quando lui dava il segnale verbale "ncapucciati".

Il padrone si serviva di lui per ingaggiare contadini che lavorassero alacremente e, per compensarlo gli faceva delle regalie (panieri di frutta o verdura a seconda delle stagioni). Per questo era considerato un "ruffiano".

LU TRAINIERI

Corrisponde all'autotrasportatore di oggi. Conduceva "lu traìnu" (ma anche "lu turote" o "lu sciarabà") e trasportava i prodotti agricoli dalla campagna al paese e gli operai ("femmane e ommini") nei campi.

Impartiva gli ordini al cavallo facendo schioccare "lu scurisciatu", accompagnandoli con le tipiche esclamazioni di incitamento a muoversi "ah, ah", oppure a fermarsi "ih, ih".

Quando pioveva e le strade di campagna diventavano un pantano, "lu trainieri" attaccava al carretto un animale di riserva, "lu balanzinu", per aiutare il cavallo a superare i dislivelli o il fango del terreno.

I canti accompagnavano la lenta e ritmica andatura, canti struggenti dedicati alla propria donna o allo stesso cavallo. 

Fortissimo era il legame che nasceva tra l'uomo e l'animale, che, in cambio del suo lavoro, a fine giornata, veniva ricompensato con la spazzolatura del mantello (strigliatura) e con un'abbondante dose di foraggio, prima ancora che il padrone pensasse a rifocillare se stesso.

LU STALLIERI

Lo stalliere si occupava delle stalle e dei cavalli del suo padrone. Dedicava molto tempo alla cura delle bestie a lui affidate: le nutriva, le strigliava, le ferrava.

Per lavare e pettinare il pelo corto dei cavalli usava diverse spazzole: la striglia di ferro e "lu mbruschione" con setole molto dure.

Curava anche lo stato di salute dei finimenti, che ingrassava e riparava personalmente.

LU CUCCHIERI

Alla guida di carrozze coperte o scoperte, a seconda delle stagioni, e con la livrea che testimoniava il prestigio del casato che serviva, trasportava i suoi nobili e ricchi padroni nei loro spostamenti.

Spesso i cocchieri erano due, se non addirittura tre. Infatti uno faceva da conducente, un altro stava in piedi su una pedana posta dietro la carrozza con il compito, giunti a destinazione, di aprire la portiera e aiutare la padrona a scendere, il terzo, quando c'era, precedeva a piedi la carrozza nei tragitti urbani, per sgomberare la strada da eventuali ostacoli.

LU NACHIRU

Era l'indiscusso capo del trappeto e stabiliva regole e turni di lavoro e di molitura. 

Molti contadini se lo facevano amico regalandogli frutta, verdura, vino e a volte anche denaro: in tal modo erano sicuri di avere tutto l'oli che le loro olive producevano.

Con la "ciarra", attrezzo a forma di ciambella, e con il "mappu", attrezzo metallico di forma circolare e leggermente concavo, separava, dopo la decantazione avvenuta in una grande "pila" in pietra leccese, l'olio dalla sentina e lo versava nei contenitori ("nzirri") usando le "mine", recipienti di rame.

Misurava la quantità do olive conferite con "lu stuppieddhru" e "lu tumunu", corrispondenti rispettivamente a 5 e 30 Kg. di peso.

LU FAMIJU

Era un componente della servitù che faceva parte integrante della famiglia, perchè, di solito, era un orfano preso in casa e considerato come figlio adottivo.

Eseguiva gran parte dei lavori di fiducia, faceva la spesa, accompagnava i "padroncini" a scuola e la padrona durante le sue uscite in carrozza.

LA LAVANDAIA

Una o due volte al mese la massaia si trasformava in lavandaia e preparava "lu cofanu" (il bucato), un lavoro che richiedeva tempo e pazienza. Dapprima i panni sporchi venivano messi a bagno nella "pila" (grande vasca di pietra grezza), poi, insaponati e sgrassati con sapone fatto a casa con soda caustica, liscivia e olio grezzo,venivano strizzati  sullo "stricaturu" (asse di legno con scanalature).

Vicino al camino, su uno scanno, si sistemava "lu cofanu" (grande recipiente di terracotta a forma troncoconica che aveva un buco, chiuso da un tappo di sughero, a pochi centimetri dalla base) nel quale si mettevano tutti i panni bianchi cominciando dai più rustici. Si evitavano i capi colorati che potevano stingere e rovinare gli altri. Si copriva tutto con "lu cennaraturu" (panno rustico tessuto con fibra più grossa del lino e della canapa), su cui si metteva uno strato di cenere setacciata.

Intanto sul fuoco del camino era stato messo "lu quatarottu" (pentola di rame) pieno d'acqua. Alla bollitura l'acqua veniva "vacata" (versata) sulla cenere e, dopo aver attraversato tutti i panni, scolava dal buco del "cofanu" in un altro recipiente di coccio smaltato sistemato sotto, "lu limbu".

L'acqua recuperata veniva fatta bollire nuovamente nel "quatarottu" e l'operazione veniva ripetuta per almeno sette volte, ma fino a quindici per i panni più sporchi.

Quando i panni si raffreddavano, si toglievano dal "cofanu", si risciacquavano con acqua pulita e si stendevano al sole. L'operazione "cofanu" quindi teneva impegnata la lavandaia per circa due giorni.

LU QUARDIANU

Era il custode della villa padronale e sorvegliava la proprietà sia di giorno che di notte. 

Aveva la sua abitazione, di poche stanze, all'interno della villa ed aveva il compito di pulire il cortile e curare le aiuole.

Quando qualcuno bussava al cancello, lui accorreva ad aprire e a riferire al padrone. Aveva le chiavi della villa ed era considerato una persona di fiducia.

LU FATTORE

Il fattore si occupava di tutte le attività agricole del padrone, dall'aratura al raccolto.

Amministrava la proprietà terriera, annotando tutto quello che faceva ogni lavoratore, assumeva gli operai necessari per il raccolto e concordava con loro le giornate lavorative ed il rispettivo compenso. Insomma era il braccio destro del padrone.

Si diceva che il fattore doveva avere due camicie: una per il padrone ed una per i contadini.

LU SCIARDINIERI

Il giardiniere aveva il compito di tenere pulito e in ordine il giardino. A seconda delle stagioni faceva gli innesti sulle piante, metteva  a dimora i bulbi dei fiori, potava i rami di troppo, zappava, innaffiava, seminava e coltivava la verdura ("le foje").

Per i suoi lavori usava diversi attrezzi: l'accetta, la "roncula", arnese semicircolare da taglio, "lu sicchiu", secchio di rame, "le menze", contenitori di rame  a due manici, "lu panarieddhru", cesto di canne, di giunco o di polloni ("vinchi") di ulivo, la "ndacquarola", innaffiatoio di rame.

Per dissodare la terra usava vari tipi di zappe: la "sarchiarula", piccola zappa a forma rettangolare, la "zzappiteddhra", zappa piccola a forma arrotondata, "lu zzappone", grossa zappa per lavori pesanti, "lu ratapiellu", zappa a forma rettangolare.

LU CULONU

Era un contadino che, dopo aver sottoscritto un contratto che stabiliva come dividere i raccolti stagionali tra i contraenti, coltivava le terre dei proprietari terrieri. A seconda degli accordi, al padrone si dava un terzo, la metà o i due terzi della produzione.

Indossava gli abiti tipici del contadino: pantaloni, a volte rattoppati, camicia di cotone pesante senza colletto, gilet scuro. D'estate, per ripararsi dal sole, metteva in testa un fazzoletto legato ai quattro angoli.

Il lavoro del colono, come quello dei contadini, era impegnativo e faticoso ed era regolato dall'andamento stagionale. Con l'arrivo delle piogge autunnali effettuava la semina delle fave, dell'orzo e del grano. Per queste ultime colture doveva preparare il terreno con la "scatina", cioè con scasso profondo, nel quale "le femmane" spargevano la semente che "l'ommani" coprivano con la "traia" . 

Dal Calendario 2001 edito dall'Istituto comprensivo


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