|
All'inizio
degli anni '90, la gamma Yamaha 25 hp era sicuramente la più vasta
di tutto il mercato italiano, comprendendo ben tre modelli con caratteristiche
radicalmente differenti.
A ben guardare,
col senno di poi, si potrebbe dire che Yamaha aveva creato un motore per ogni
modello concorrente presente sul mercato. C'era il 25 N, 395 cc bicilindrico a
due carburatori, di cilindrata ridotta ma estremamente compatto come il Mercury,
c'era il 25 V, 496 cc su due cilindri, che aveva raccolto il testimone dell'analogo
430 cc, eterno rivale del 521 OMC, ed infine c'era lui, il 25j, che in realtà
non aveva, all'epoca del lancio, concorrenti diretti, perchè era il primo di una
nuova specie: il primo motore sottopatente con tutte le caratteristiche del modelli
pù grossi. Con il J, per la prima volta, un diportista "senzapatente" poteva disporre
contemporaneamente di trim idraulico, avviamento elettrico, autolube e di una
linea elegante che replicava nei dettagli quella del 40/50. L'EVOLUZIONE
Strano a dirsi, nei vent'anni
di presenza sul mercato, se si esclude la foggia delle decal, sono state pochissime
le modifiche apportate al progetto iniziale, e quasi tutte relative al dispositivo
di depotenziamento da 30 a 25 hp, inizialmente sin troppo semplice da eliminare
(un fermo sull'apertura del gas) ed evolutosi quindi in una strozzatura alla marmitta
di scarico. Questo fa sì che a livello di ricambi vi sia una eccellente retrocompatibilità
e testimonia di quanto sia stata curata la qualità del prodotto sin dalle origini.
|
LA
TECNICA
Il
blocco motore, tricilindrico in linea, è un piccolo gioiello.
Replica nella cilindrata e nelle misure di alesaggio e corsa
i ben noti gruppi termici Volvo Penta 40 hp a lavaggio Shnurle,
ma va ben oltre nella funzionalità, ospitando la presa meccanica
per la pompa olio e gli alloggiamenti per gli anodi di zinco
sostituibili, ad impedire che la salsedine possa far danni.
Si è rilevata
negli anni una certa "debolezza " alla corrosione
salina della base della fusione, in corrispondenza della flangiatura
tra blocco e marmitta.
Si tratta purtroppo
di un difetto difficile da diagnosticare in modo non invasivo,
in quanto solo il disassemblaggio può escluderne con
certezza la peresenza.
L'albero
a gomiti, secondo una tradizione motociclistica ben
radicata in Giappone, è composito, formato da una successione
di mannaie e supporti di manovella assemblati alla pressa,
ed ospita una serie di cuscinetti di banco a rulli la
cui sostituzione, per forza di cose, non è agevole.
L'alimentazione
si avvale di una batteria di tre carburatori, uno per
cilindro, cui fanno riscontro altrettanti pacchi lamellari
a pettine. La pompa di alimentazione è solidale ad uno
dei carburatori, mentre la pompa di lubrificazione,
come detto, è di tipo meccanico e prende moto direttamente
dall'albero motore attraverso una cascata di ingranaggi.
Il serbatoio
del lubrificamnte, in materiale plastico semitrasparente,
è alloggiato sotto la calandra ed è munito di sensore
di livello (fig2) che, in caso di necessità, provvede
a staccare l'alimentazione elettrica ai due cilindri
superiori e ad attivare un segnale sonoro o visivo.
Il
piede ( ev. fig 5) è di foggia classica, con scarico
all'elica e, a ben guardare, utilizza i medesimi componenti
di quello del vecchio 430cc, alloggiati però in una
scatola differente, più massiccia nella parte superiore,
che ben si interfaccia col grosso gambale. Tutto ciò
non si riflette più di tanto sul peso, che rimane contenuto
a filo dei 60 kg.
|
|
Il comando del cambio è ad asta scorrevole verticalmente, anziché rotante come
nei modelli maggiori, e questo come vedremo comporta qualche piccolo inconveniente.
La versione ad avviamento manuale incorpora una barra di guida con comando a doppio
cavo che comprende anche una comoda maniglia di trasporto e, una volta tanto,
non da l'impressione di esser "posticcia". |
L'USATO
La disponibilità
del 25J sul mercato dell'usato è abbondante, ma essendo un
motore molto ricercato, seppur in misura minore del fratello
maggiore "TOP", le quotazioni si mantengono elevate, ed è
prevedibile che con la mancata disponibilità del "nuovo",
continueranno ad esserlo, anche se, per gli standard di gommoni
attuali, la potenza erogata risulta limitata . Il suo campo
di applicazione preferenziale è sui semirigidi intorno ai
4,30-4,50, dato che peso ed ingombri ne sconsigliano l'utilizzo
sui gommoni smontabili.
|
POSSIBILI AVARIE
Come si è detto,
il 25 J è fatto molto bene, e questo si riflette sulla sua
affidabilità. Più che di avarie, in questo caso, è possibile
parlare di "ingenuità" di progetto,
prima fra tutte
la posizione decentrata del sensore livello olio, che fa intervenire
il salvamotore, in fase di entrata in planata, quando ancora
il livello effettivo del lubrificante è di poco inferiore
alla metà. Essendo poi il sistema ripristinabile solo spegnendo
e riaccendendo, ne discende che diventa impossibile riuscire
a far planare la barca pur in assenza di problemi reali.
Bisogna poi citare
il meccanismo di comando del cambio ad astina scorrevole che,
complice probabilmente una eccessiva flessibilità di quest'ultima,
non permette di inserire la retro con la prontezza necessaria
ad evitare una più o meno vistosa "grattata", tanto innocua
quanto imbarazzante.
Infine, due problemi
connessi alla ghiera che serra posteriormente la scatola ingranaggi,
realizzata in alluminio; il primo è che col tempo tende a
"legare" con la fusione del piede, rendendo ardua la rimozione.
Di per se non è un grosso problema, dato che si tratta di
un evento remoto e comunque di competenza del meccanico di
fiducia, ma contribuisce ad elevare l'importo della fattura.
Più grave è il fatto che, nel caso in cui venisse a mancare
la protezone degli anodi sacrificali di zinco, questa ghiera
è la prima parte che viene attaccata dalla corrosione galvanica,
per cui, trascurando il problema, si rischia di veder uscire
l'ingranaggeria dal siluro in retromarcia.
|
DIAMOGLI I VOTI
Diffusione 8/10
Affidabilità 10/10
Consumi 8/10
Silenziosità 8/10
Reperibilità ricambi
10/10
Convenienza all'acquisto
10/10
|
RIASSUMENDO
1. Condotto
di scarico gas: la ghiera di chiusura posteriore del
piede, in alluminio, tende a corrodersi e a "legare"
con la fusione (fig 1).
La sostituzione
della girante risulta molto semplice ed intuitiva
|
|
2.Serbatoio
olio lubrificante: la posizione "ingenua"
del sensore di livello, nella parte anteriore del contenitore,
provoca un prematuro intervento del dispositivo salvamotore,
essendo molto sensibile all'assetto orizzontale dello
scafo, e di fatto costringe al rabbocco quando la quantità
di lubrificante è di poco sotto la metà. Si tratta di
un difetto non grave , ma alquanto fastidioso perchè
l'allarme, che stacca l'alimentazione a due cilindri
su tre, non è resettabile se non spegnendo il
motore e riavviandolo.
La mandata della pompa è
variabile in funzione della posizione della farfalla,
tramite un leveraggio esterno. In caso di mancato ricollegamento
dopo la pulizia
dei carburatori, Santa Yamaha, protettrice degli
utenti sbadati ha previsto una molla che porta la valvola
in posizione di massima apertura, a scanso di possibili
grippaggi.
|
|
3.
Leveraggio del cambio: l'astina scorrevole che trasmette
il colando al piede si rivela troppo elastica e flessibile.
Si rileva quindi una certa "gommosità"
tra lo spostamento della leva e l'innesto della marcia,
che si manifesta soprattutto, per non dire esclusivamente,
nell'inserimento della retromarcia, che non riesce mai
ad essere sufficientemente "deciso" nè
a barra nè usando i comandi a distanza, per cui
è ineviotabile la "grattata". |
|
4.
Una finezza tipica di Yamaha: una completa borsa ferri è in dotazione, alloggiata
sotto la calandra. (fig 4) |
|
|
|