Quando riprese i sensi, Helge scoprì di essere all'interno di una chiesa. O, almeno, questa era l'impressione che gli dava l'edificio dalle ampie navate, con lunghe file di banchi e sedie, e affreschi e quadri che ritraevano santi e martiri alle pareti.
A circa sei o sette metri da lui, nel punto in cui transetto e navata centrale si incontravano, davanti alla gradinata che portava all'altare, una donna giaceva a terra.
Nuda, distesa a terra, immobile. Aveva il ventre squarciato e un'espressione di terrore sul volto insanguinato. Con il suo stesso sangue, per terra, era stato disegnato un cerchio che ora ardeva di un fuoco nero. Doveva trattarsi di una sorta di rituale magico il cui scopo, almeno per il momento, sfuggiva ad Helge.
Scrutando ora a destra, ora a sinistra, si portò a pochi passi dalla donna: si mosse furtivo, per quanto gli fosse possibile, cercando di capire se i demoni che l'avevano rapito erano nei paraggi o appostati da qualche parte. Tuttavia non riusciva a scorgerli. Sembrava non esserci nessuno.
Strano, pensò.
Quindi, a poca distanza dal corpo della giovane, si mise a sedere su uno dei banchi: non aveva senso avvicinarsi incautamente. La donna era morta ormai. Al contempo, lui aveva tutti i muscoli intorpiditi, pesanti. Ripensando a ciò che era accaduto solo qualche…minuto prima? Oppure ora prima? Non sapeva dire quanto tempo fosse trascorso. Con sé non aveva né il cellulare né l'orologio. Sin da quando era divenuto un guerriero della luce aveva preso l'abitudine di non portarlo al polso: il potere a cui attingeva correva il rischio di danneggiarlo se non di fonderlo addirittura.
Cosa che certamente sarebbe accaduto se l'avesse avuto mentre era nella stireria. Per qualche istante indugiò coi ricordi su quanto era accaduto.
Non sapeva bene come mai in quell'occasione avesse avuto successo - dubitava dipendesse solamente dal pericolo che stava correndo - tuttavia era riuscito a stabilire un contatto con la magia.
E al contempo aveva determinato la verità delle parole di Alchor: non aveva perso i poteri e non era nemmeno stato abbandonato dalla Luce. Semplicemente era come se per tutto il tempo, qualcosa interferisse e lo isolasse dalla forza che serviva. Come se gli fosse stato imposto un anatema o un blocco magico.
Tastandosi il petto all'altezza del cuore, Helge scosse la testa. Si sentiva uno stupido. Per tutte quelle settimana non aveva compreso nulla di ciò che stava vivendo: era rimasto prigioniero delle sue errate supposizioni.
E delle piccole verità che Balrog gli aveva somministrato.
Tutto, ora, assumeva un altro sapore. Era come se le ultime settimane pian piano acquisissero ai suoi occhi un senso nuovo.
La Luce , la magia, la sua missione tutto era ancora lì, in attesa di lui. Come era stato per tutte le settimane che aveva vissuto maledicendo il silenzio in cui era piombato, il dolore che provava ogni volta che le crisi lo devastavano, quegli spasmi che aveva iniziato ad avere sin da quando aveva sconfitto Mirinon.
Ma ora in parte si era liberato, aveva messo a tacere i cupi pensieri che aveva alimentato per tutto il tempo. Assieme ai fulmini che aveva liberato nella stireria, si era affrancato dal suo proposito di sfruttare la vicinanza di un demone come Balrog per riottenere una qualche forma di potere magico. Non era più necessario. Ora, era tempo di reagire e di raggiungere la verità anche perché, di certo, c'era un legame tra il blocco che gli impediva di utilizzare la magia e le innumerevoli crisi che aveva vissuto.
Tuttavia, poiché apparentemente sembrava non esserci nessuno nell'edificio, Helge decise che avrebbe rimandato a poi le sue congetture: era meglio approfittare dell'assenza dei demoni per tentare di fuggire.
Le gambe ora gli facevano meno male per cui provò ad alzarsi.
L'utilizzo di potere magico l'aveva stordito: ora si sentiva debole e prosciugato, ma non voleva rimanere prigioniero di quel luogo sconsacrato un minuto di più.
Si avviò con passo lento ed incerto verso la porta in legno che si trovava alla sua sinistra. Si mosse cercando di fare meno rumore possibile tuttavia quando armeggiò con la maniglia in ferro battuto, il rumore si propagò con forza all'interno dell'edificio chiuso.
Helge si maledisse e rimase immobile per un istante, in attesa.
Ma non percepì alcun movimento: forse i demoni se n'erano andati per davvero. Rimase immobile in silenzio per qualche secondo, giusto per avere la conferma delle sue supposizioni.
Ad un tratto udì però un suono.
Un lamento, una sorta di pianto sommesso. Tendendo l'orecchio per cercare di capire da dove provenisse, attraversò un braccio del transetto e poi si nascose dietro ad una delle colonne della navata laterale sinistra.
Ora quel triste singhiozzare era più vicino.
Guardingo, scrutò a destra e a sinistra: non vide nessuno nascosto tra i banchi o nella semioscurità del fondo dell'edificio. Nemmeno in alto riuscì a scorgere alcuna presenza di demoni o guardiani. Si avvicinò alla donna che giaceva a terra. La osservò per un istante e quindi considerò la possibile natura del simbolo magico disegnato sul pavimento marmoreo dell'edificio. Poteva trattarsi di una trappola. Oppure di una sorta di sigillo, qualcosa che bloccasse l'accesso a quel luogo.
Avrebbe potuto provare ad allungare per arrischiarsi ad interferire con l'incantesimo ma non voleva correre rischi inutili. Tanto più che la ragazza, a giudicare dall'odore, doveva esser morta da qualche giorno ormai. Il corpo puzzava già ma, stranamente, non veniva consumato dal fuoco che le bruciava tutt'attorno, a poche decine di centimetri. Sembrava quindi che fosse appena stata uccisa, con gli occhi ancora sbarrati e la bocca aperta in un unico disperato grido eterno. La ferita all'addome nudo doveva esser stata provocata da una lama piuttosto ampia. O dall'arto deforme di un demone.
Nuovamente l'attenzione del giovane venne attirata da un lamento. Spostandosi ancora un poco, nei pressi della piccola abside che terminava la navata laterale di destra, Helge alla fine lo vide: rannicchiato su se stesso, seminudo e ferito, c'era un ragazzino di circa 12 anni. Attorno al piede destro, una pesante catena scura lo costringeva in prigionia.
Subito gli fu accanto, reggendolo con delicatezza con una mano dietro alla schiena e sforzandosi di ignorare l'odore nauseabondo di sporcizia, urina e feci che caratterizzava lo spoglio giaciglio del prigioniero. Sul corpo, il ragazzino aveva numerosi lividi e sangue rappreso: era sporco e nei suoi occhi Helge poteva scorgere un profondo dolore.
Il ragazzino si aggrappò al suo braccio e aprì la bocca cercando di parlare.
- Ssht, non ti sforzare.
Helge cercò di tranquillizzarlo e di evitargli sforzi inutili mentre contemporaneamente tentava di capire come meglio agire per aiutare quel piccolo prigioniero.
La caviglia del bambino era assicurata alla parete da una catena nera: la pelle a contatto con il metallo appariva ustionata e lesionata.
Subito cercò di allungare una mano e di toccare il metallo per capire quanto solida fosse: forse, attingendo alla magia, avrebbe potuto liberare il ragazzino. Ma appena la sua mano toccò la catena sentì il metallo bruciargli la pelle.
Si lasciò sfuggire un'imprecazione mentre si ritraeva.
- L'hanno…stregata…
Il bambino aveva parlato e ora lo osservava con quei suoi profondi occhi scuri.
- Anche…tu…
Si stava sforzando per proferire quelle parole. Dagli escrementi che insozzavano quell'angolo di chiesa e dalla ciotola metallica con avanzi di cibo, Helge dedusse che il ragazzino dovesse esser stato tenuto in prigionia per parecchi giorni. Settimane forse.
- Anche tu…appartieni alla luce…
- Sì
Non appena rispose, il bambino parve rilassarsi un po' ed Helge ebbe l'impressione che un lieve accenno di sorriso gli avesse illuminato il volto. Solo per una frazione di secondo.
Chi era quel ragazzino? Si domandava perplesso. Come faceva a conoscere la Luce ? Era anche lui un nemico del vuoto?
Il rumore di una porta che cigolava aprendosi lentamente sul fondo della navata principale tuttavia lo strappò ai suoi pensieri.
Non riusciva a scorgere chi fossero le persone che, nella semioscurità dell'edificio a malapena illuminato da alcune candele e dalla luce solare che filtrava dalle vetrate colorate della chiesa, si stavano dirigendo verso di loro. Tuttavia, sospettava che non si trattasse certo del comitato di benvenuto del quartiere.
Li sentiva parlare tra di loro:
- Wow! Che figata questa chiesa abbandonata! E' qui che terrete il concerto?
Una voce squillante, di donna. Helge non la riconobbe.
- Già: la band si metterà dove c'è l'altare e poi…
Il timbro di questa invece suonava familiare al giovane: Chelor e Aglàr erano nella chiesa. Voltandosi di scatto verso il ragazzino, Helge cercò di elaborare un piano, di farsi venire in mente qualcosa per liberarlo e andarsene.
Cercò quindi di concentrarsi, di tentare nuovamente l'accesso alla magia: ma questa volta il muro di buio che lo isolava dal proprio potere sembrava più forte, più solido e reattivo. Si sforzò chiudendo con forza le palpebre, spingendosi ancora e ancora contro quella barriera di tenebre e vuoto ma senza successo.
- Ehi! Ma c'è qualcuno laggiù?
Era un'altra donna a parlare ora, una voce più roca e sensuale.
Dannazione! Helge imprecò tra sé e sé guardando ora il quartetto che avanzava ora il giovanissimo prigioniero che sosteneva tra le braccia: non sapeva come ci sarebbe riuscito, ma avrebbe tentato di difenderlo. Di certo non l'avrebbe abbandonato ai demoni.
Delicatamente, il bambino accostò una mano al volto di Helge e lo accarezzò:
- Non avere paura…
Quelle parole, pronunciate con così tanto calore, turbarono il guerriero della Luce. Avrebbe dovuto essere lui a sussurrare parole simili, avrebbe dovuto essere lui a rincuorarlo. Invece, le parti si erano invertite.
- Devi avere fede – continuò – qui…
- Non sforzarti…vedrai…
Il bambino parve ignorarlo:
- Qui…si compirà il volere della luce…
Quindi gli sorrise di nuovo come se non ci fosse nulla di cui preoccuparsi, come se la certezza di una futura salvezza albergasse nel profondo del suo cuore. Non aveva paura.
- Ma…ma cosa diavolo?
Era una delle donne ora a far sentire la propria voce: il quartetto era avanzato sino al centro della chiesa e lei si era accorta del cadavere a terra. Immediatamente dopo, l'urlo atterrito della sua compagna di sventura.
- Su, su, signore: non mi sembra proprio il caso! E' solo una puttanella morta…con voi saremo più dolci…molto più delicati…
Chelor aveva parlato sorridendo, gustandosi le emozioni di sgomento e terrore delle due donne. E le ragazze erano ormai in preda al panico a causa della visione del cadavere nel cerchio di fuoco magico e delle emanazioni tenebrose dei due demoni che si divertivano ad amplificare la loro paura. Rendeva il gioco più eccitante.
Helge adagiò a terra il prigioniero per osservare meglio la situazione cercando di capire meglio come affrontare la situazione. Le due donne erano state attirate dai demoni, nuove variabili che andavano a complicare ulteriormente la drammatica situazione in cui versava.
Nel frattempo, Chelor, che si trovava a pochi metri dal cadavere della ragazza disteso a terra, pareva divertirsi mentre bloccava una ragazza urlante tenendola per il braccio, stringendo con forza. Questa, con il busto leggermente inclinato in avanti ed il bacino tondo e affascinante spostato all'indietro, cercava di allontanarsi da lui strillando il suo sgomento e contemporaneamente colpendolo con la borsetta bianca intonata con la camicetta di seta candida. Urlava disperata, atterrita dalla crescente pressione sul braccio e dalla consapevolezza che quell'uomo non l'avrebbe lasciata andare. Glielo leggeva in volto, malvagità, pura malvagità e un ghigno crudele.
- Sarò dolce, vedrai…ti stuprerò dolcemente…
Ma i suoi sforzi erano vani contro la forza del demone.
L'altra invece si era dimostrata più rapida e, nonostante i tacchi vertiginosi che amplificavano il potere seducente delle sue lunghe gambe abbronzate, era riuscita a muoversi verso destra, verso la navata laterale. Aglàr tuttavia aveva voglia di giocare con lei e, muovendosi ad una velocità superiore, le si era parato davanti spaventandola.
- Dove credi di andare cara la mia puttanella?
Così facendo costrinse la donna a variare direzione. Poi il demone si immobilizzò lasciando che la ragazza corresse gridando aiuto verso Helge e l'altro prigioniero.
Leonardo Colombi
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