Mimetizzato tra la folla che brulicava attorno al centro commerciale e per le strade della città, non visto, Silostar sostava osservando il demone.
Qualche minuto prima l'aveva scorto mentre abbandonava il parcheggio dell'ipermercato per poi dirigersi, nascosto dal potere delle tenebre, fino alla sommità di un palazzo distante poche decine di metri. Uno di quei palazzi arroganti interamente rivestiti in vetro che riflettono impietosi i raggi solari nascondendo al contempo ogni sagome e ogni immagine di ciò e di chi al loro interno celano.
Immaginando che il demone volesse solo raggiungere un punto sopraelevato per distaccarsi dal contesto umano aveva deciso di non seguirlo troppo da vicino. Non era una certezza assoluta, la sua, semplicemente una vaga consapevolezza che gli derivava dalla sua esperienza e dalle sue doti di osservatore veggente.
Senza fretta, si era quindi acceso una sigaretta. Dopo essersi sistemato un ciuffo della folta chioma castana che gli procurava un leggero prurito sulla fronte, si era quindi comodamente sistemato su una delle sedie che un bar forniva alla clientela che desiderava starsene all'esterno, a pochi metri dal parcheggio.
Una volta appoggiato il proprio bastone bianco ricoperto di rune, di un colore a metà tra il verde ed il blu notte, aveva ordinato un caffé.
Non aveva fretta: sebbene fosse cieco, il suo potere gli permetteva di vedere qualunque cosa stesse accadendo attorno a lui.
Percepiva allora il cameriere che si muoveva agile tra i tavoli, reggendo con una mano gli snack e gli aperitivi che la clientela ordinava; percepiva la sua stanchezza ed il tacito desiderio di essere altrove, di vestire i panni di una vita migliore. Oppure captava il giovane che, ad un palmo dal volto della sua ragazza, le sussurrava dolci parole mentre lei sorrideva e lasciava che la mano di lui le sfiorasse i fianchi e le braccia accettando quel suo modo di corteggiarla. Poteva anche avvertire gli sbuffi di fumo preoccupati di un uomo sulla quarantina, uno di quelli perennemente in giacca e cravatta, di quelli che sembrano arrivati ma che in realtà non lo sono mai. Dentro, cupi pensieri e insoddisfazioni.
Era un dono, una capacità che la Luce aveva donato a Silostar, una forte empatia e capacità di contatto con le emozioni umane. Nonostante fosse cieco, poteva percepiva inoltre il via vai delle persone che entrava ed usciva a far compere o che corrucciavano la fronte perplessi per le cifre che avevano speso solo per poter vivere. Grazie al proprio potere, ogni cosa finiva per divenire oggetto della sua attenzione. Ogni singolo gesto, ogni individuo.
Il suo compito, sacro e paziente, quello di registrare la storia, osservare senza mai intervenire energicamente nel dipanarsi delle vicende umane e dell'eterna lotta tra la Luce ed il Vuoto.
Un'esistenza che, al pari di quella dei guerrieri, lo obbligava al sacrificio e alla rinuncia.
Ma tuttavia, senza di lui e di altri prima ancora, gli eventi di cui si costituiva la storia sarebbero andati perduti. O traviati.
Andavano invece preservati, memorizzati e tramandati affinché i posteri e coloro ancora a venire potessero conoscere la verità e lottare e affrontare il Vuoto ancora e ancora. Per i seguaci del Vuoto una figura come Silostar, un osservatore, era invece totalmente inutile, una futile perdita di tempo. La verità in fondo era relativa, sfaccettata e multicolore per gli antagonisti della Luce. Cangiante. Senza contare che erano e sarebbero sempre stati in numero maggiore dei servitori delle forze del bene.
Così, anche mentre con una mano tastava il bordo della tazzina con l'espresso e con l'altra versava il contenuto di una bustina di zucchero di canna, poteva controllare ciò che Balrog stava facendo. Scrutando attentamente, una sorta di visione a distanza, come se potesse osservare attraverso uno specchio in grado di materializzare nella sua mente qualunque immagine, vide il demone nutrirsi. Un flusso di potere magico, invisibile agli umani, confluiva su di lui giungendo da lontano. Fu la Luce a suggerirgli la risposta in merito all'origine di quell'energia: Helge.
Attese quindi che di vederlo scendere, tronfio e sicuro di sé, ricaricatosi di potere magico.
Poi, tenendosi a distanza lo seguì mentre avanzava nella folla diretto, con tutta probabilità, al covo dei propri compagni demoni.
Con tutta certezza, uno come Balrog aveva già previsto molte possibilità per far volgere gli eventi a suo favore nonostante un guerriero della luce implacabile come Alchor rischiasse di complicare ogni cosa.
Eppure, ciò che il demone forse non sapeva poteva causare uno sviluppo inatteso dei piani che aveva, con ogni probabilità, già elaborato.
E per quanto ironico fosse, era compito di Silostar, rimediare a ciò.
Dopo averlo seguito per qualche decina di metri, lasciò deliberatamente che il demone si accorgesse della sua presenza.
Balrog avvertì subito alcuni squilibri magici alle sue spalle, come se l'aria fosse diventata improvvisamente più calda, ma solo attorno ad una singola persona.
Comprese tuttavia che non si trattava di Alchor e, per quanto strano gli sembrasse, non si trattava nemmeno di un guerriero della Luce. Non erano intenzioni bellicose quelle che percepiva. Tuttavia era da stupidi non prendere precauzioni.
Come se nulla fosse avanzò ancora, sino al semaforo pedonale, unendosi alla piccola folla di pedoni che attendevano il verde sul bordo del marciapiede.
Silostar giunse una decina di secondi dopo. E gli si accostò.
Di fronte a Balrog, ammaliato dal potere del demone, un bimbo era come in trance: non era da lui farsi cogliere impreparato.
- Ha una sigaretta, per caso?
Silostar era rivolto verso il demone, la destra saldamente appoggiata sul bastone bianco.
- No, mi spiace, non fumo.
Balrog non riusciva a capire con chi avesse a che fare e che intenzioni avesse lo sconosciuto. Tuttavia gli sorrise, falso. Proprio come ci si poteva aspettare da un demone.
- Capisco.
Ci fu una pausa di qualche secondo ed entrambi rimasero immobili ad osservare avanti a sé. La mano sinistra di Balrog rimase salda sulla spalla del bimbo che aveva di fronte, un marmocchio di circa nove anni con i capelli spettinati e una maglietta blu con le maniche lunghe.
- Saprebbe almeno dirmi l'ora esatta?
- Sono le quattordici.
- Immagino manchi poco, allora.
Balrog lo osservò. Era piuttosto incuriosito dalla persona che aveva accanto e al contempo seccato. Ma tuttavia non lo diede a vedere. Si trattava senza dubbio di un servitore della Luce tuttavia non percepiva alcuna minaccia provenire da lui. Un fatto insolito. Soprattutto considerando la sua defezione dalla forza che aveva rinnegato.
- Chi o cosa sei?
- Non ha importanza il mio nome, importa ciò che ho da dirti.
In quell'istante scattò il verde.
- Alchor ti precederà: la Luce gli ha parlato in una visione. Giungerà da Helge prima di te.
- Perché mi dici questo?
L'uomo si limitò a sorridere e non rispose.
Attorno a loro gli umani si mossero per attraversare la strada, loro due invece rimasero sul ciglio.
Anche se non poteva vederlo, Silostar sapeva che l'espressione del demone faticava a celare i dubbi che si agitavano nel suo animo, quelli che aveva destato in lui rivelando una preziosa informazione, un indizio che un servitore della Luce un po' più accorto o fedele avrebbe certamente evitato di fargli avere.
Dopo lo scontro con Alchor, Balrog aveva ipotizzato almeno tre possibili piani con cui poter raggiungere i suoi scopi. Ma tutto dipendeva dal tempo che Alchor avrebbe impiegato a scoprire il luogo in cui erano tenuti prigionieri Fjollund ed Helge. Sempre se fosse riuscito in quell'impresa.
E da eventuali contromosse adottate dalla Luce.
Ora, venire a sapere che il guerriero poteva addirittura precederlo rischiava di mandare a monte ogni suo progetto. A patto, certo, che tutto corrispondesse al vero. Poteva trattarsi di un bluff.
In fondo, per quale motivo avrebbe dovuto credere alle parole di quell'uomo misterioso? Era un seguace della Luce, un servitore del proprio nemico.
Ciononostante, sorrise e abbandonò la presa sul bambino lasciando che tornasse alla sua vita quotidiana. Certo, aveva lanciato su di lui un sortilegio e avrebbe avuto incubi per qualche giorno ma ora l'attenzione del demone era volta a tutt'altro.
Aveva avuto un'altra idea.
Leonardo Colombi
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