Anima Perduta

[Home] [Divagazioni] [Me, myself & I] [Poesie] [Racconti] [Recensioni] [Vari]
 
-=Menù=-
 


 Comico - Umoristico
Fantasy
Generico
Riflessioni
Saga Carrefour

 
-= Presente su=-
 


Fantasy Story Magrathea


 
-= Navigazione =-
 


Prossimo
Precedente

 

 

-=Epilogo=-

 

Sul campo di battaglia, attendo gli ordini di Morazor, mio signore e padrone.

A lui debbo la vita.

Non sono più un uomo oramai.

Sono uno schiavo a cui non è stato concesso il riposo eterno, per sempre riportato in vita dalle sua arti arcane, la mia anima eternamente dannata e votata a lui.

I miei sentimenti e i miei ricordi giacciono sepolti nel mio cuore, laddove la mia anima si tormenta e soffre prigioniera incapace di farsi volontà e giungere a governare questo mio corpo di tenebra e carne.

Il marchio che il bianco negromante ha posto su di me rappresenta tutta la mia vita e la mia condanna.

A lui debbo cieca obbedienza.

Stringendo la spada in pugno, difeso da una possente armatura nera, osservo l'obbiettivo del nostro prossimo attacco.

Non provo nulla.

Osservo da distante il castello del duca Kalas che l'indomani sarà schiacciato dall'esercito del negromante bianco.

Dalla sella del suo cavallo nero, da una bocca nascosta nell'oscurità, con voce ferma mi rivela: “Quello è il luogo da cui provieni, la città in cui hai vissuto.”

In silenzio lo ascolto e osservo ciò che i miei occhi scorgono in lontananza.

Non provo nulla, le sue parole non suscitano in me alcuna emozione nonostante io le comprenda perfettamente. La mia volontà è inesistente.

Il mio cuore è fermo, freddo come il corpo che Morazor ha potenziato con le sue arti magiche e con incantesimi proibiti.

Le tenebre mi sostengono e mi donano vita.

Per un attimo mi osserva e nuovamente quella sua risata, di soddisfazione questa volta, per la risposta che già prevede fornirò al suo comando.

“Domani, tu e i tuoi compagni, li ucciderete tutti quanti… ” disse indicando i soldati di guardia all'esterno delle mura “…i soldati…” e poi, puntando il dito verso i paesani che entravano e uscivano dalle porte della città “…e poi tutti gli altri…”

“Sarà fatto “ rispondo con decisione.

Nella mia mente nessun pensiero, nessuna preoccupazione va alle persone che l'indomani avrei stroncato senza pietà, freddo e distaccato come un burattino senz'anima.

Avrebbero potuto essere miei amici oppure miei parenti ma, ormai, tutto questo non importa.

Neppure sarei riuscito a percepirlo del tutto, a realizzare pienamente la portata delle mie future azioni, la condanna beffarda a cui ero destinato.

Solo un fugace pensiero subito inghiottito dalle tenebre che governano le mie azioni e poi nuovamente il nulla e la mia volontà annientata.

La mia mente ed il mio cuore spenti assecondavano solamente le parole del mio signore.

“Vieni” mi ordina mentre gira il cavallo “torniamo indietro” e come un automa lo seguo sulla strada del ritorno al quartier generale.

L'indomani avrei guidato l'assalto, avrei ucciso e sterminato nel luogo in cui ero nato e cresciuto.

Avrei stroncato vite umane, ucciso donne e bambini, amici e parenti ma nulla, nulla di tutto questo né i loro volti atterriti per la paura nemmeno le loro urla di dolore mi avrebbero distolto dal compito che mi era stato assegnato.
Per sempre la mia anima sarebbe stata perduta, eternamente dannata alla condizione di guerriero non morto.

 

 

 

Leonardo Colombi

 

 

-=Commenti ricevuti=-

 

In attesa di commenti...

 

 

-=Invia un commento oppure una critica=-

Nome / Nickname : (*)
Titolo opera :
Commento/critica : (*)
Indirizzo mail a cui rispondere:
  (*) Campo obbligatorio