Mentre mangiava, Kanzad invece tornò con la mente ai tempi in cui viveva in quella cittadina, quando la sua vita ancora non era stata devastata.
Aveva una moglie, Phaere, che amava più di ogni altra cosa, un lavoro come insegnante e una splendida bambina, Ary.
L'unica che era riuscito a salvare, l'unico collegamento tra la sua vita attuale e quel passato che ormai più non esisteva.
Non aveva più nient'altro: sua moglie, gli amici, i parenti, i suoi vicini di casa…persino quella ragazzina, Shairin, che spesso veniva a casa sua per giocare con Ary…erano stati contaminati tutti…
Tutto il suo mondo era stato stravolto.
E ora, ironia della sorte, era tornato a Locskville solo per constatare quanto fosse disperato il presente in cui vivevano e da cui, invano, cercavano di salvarsi.
Per mesi lui e sua figlia Ary avevano vissuto lì.
Anche dopo che Phaere era divenuta una di quei mostri…
Avevano resistito asserragliati nella loro abitazione prima, spostandosi di casa in casa, ma solo dopo essersi assicurati un luogo sicuro per la notte, poi.
Era stato un periodo difficile, un impegno paziente che Kanzad si sobbarcava di giorno mentre la piccola dormiva o lo aiutava come meglio poteva. Se l'erano vista brutta più di qualche volta, all'improvviso facili prede per i vampiri che all'imbrunire tornavano a destarsi. Il più delle volte erano addirittura loro conoscenti, qualche volta persino la stessa Phaere a dar loro la caccia. Ma erano sopravvissuti, erano scappati o li avevano allontanati con armi improvvisate.
Non era stato facile…
Dio solo sapeva quanto aveva pianto e sofferto…
Ma soprattutto avevano temuto di non farcela quando l'esercito aveva bombardato la zona, un futile e mai più ripetuto tentativo di debellare la minaccia dei vampiri. Fortunatamente in quei giorni erano al riparo in un piccolo pub abbandonato non colpito dalle esplosioni: erano riusciti a cavarsela solo con tanta paura e assordanti rumori di edifici crollati.
Ogni volta sempre più vicini, sempre più vicini…
Qualche settimana dopo erano stati trovati e aiutati da un gruppo di soldati dell'esercito, poche unità con il compito di pattugliare la zona e trarre in salvo gli eventuali sopravvissuti dell'epidemia.
Sembrava che il mondo fosse piombato nel caos, irreparabilmente, e che solo l'aiuto dell'esercito potesse rappresentare la speranza per quelle genti che avevano avuto la fortuna di sopravvivere all'incubo di vedere i propri cari tramutati in mostri.
Di quella speranza ora non rimaneva che qualche soldato e la cittadella all'interno della quale vivevano assieme agli altri profughi di un era impazzita.
Alcuni dei militari erano morti, altri partiti alla ricerca di altri come loro, rinforzi e appoggi a cui chiedere aiuto.
Non erano tornati mai più.
E così, alla cittadella, erano rimaste solo tre jeep, qualche arma e quelle loro radio.
Mute.
Perennemente mute.
Al solo pensiero, Kanzad provava una gran rabbia. Non sapeva se nelle città vicine ci fossero altri soldati o sopravvissuti come lui e gli abitanti della cittadella. Qualcuno che potesse unirsi a loro e aiutarli nel tentativo di rimanere in vita.
Per questo si era offerto di partecipare alle spedizioni, di guidarle addirittura. In cuor suo la speranza che qualcos'altro fosse sopravvissuto, che l'umanità non fosse solo quella rintanata nella cittadella. Sperava che fosse così, voleva crederci.
Per lui.
E per la sua piccola Ary.
Nonostante ancora reggesse, la cittadella iniziava a dare segni di cedimento. Per colpa degli attacchi dei vampiri soprattutto: ormai, sapevano dove si erano rintanati gli umani.
In un certo senso, era come se fossero in trappola, topi che lottavano per sopravvivere.
Ma Ary era solo un cucciolo e meritava di più, maggiore protezione, un luogo più sicuro. Per lui non era certo facile partire dalla cittadella, partire e saperla lì dentro, al di là della portata della sua vista e del suo controllo.
Tuttavia era necessario.
Ancora per poco, si diceva ogni volta, ancora per oggi.
Ogni volta che si dedicava all'esplorazione di qualche ex insediamento umano sperava, sperava di trovare una radio, un messaggio, tracce di un presente migliore, di un nuovo rifugio in cui potersi recare.
Le rovine e gli edifici abbandonati che scorgeva attorno erano per lui solo ruderi muti, incapaci di parole di speranza, specchi per la desolazione che nascondeva nel proprio animo.
A Locskville riposava soltanto il suo passato, tutti i ricordi e le emozioni di una vita che non sarebbe mai più stata la sua.
Leonardo Colombi
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