34. Salvezza

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[23 marzo 2004: questa poesia porta la data del 6 maggio 2003. Era sullo stesso foglio della poesia 23, Disabili nel Terzo Millennio. E' una composizione, questa, che parla della tossicodipendenza. Io non ho mai fatto uso di droghe, quindi non posso comprendere appieno come si possa sentire una persona che ne fa uso. Ne potrò mai capire appieno i motivi che portano una persona a divenire dipendente: delusioni, un'estrema sensibilità, cattive compagnie, un gioco che poi diviene una condanna, la sofferenza, la noia. Non lo so. C'è un'enorme differenza, a mio avviso, da un tossicodipendente ad un altro. Io tra l'altro non conosco nessuno che sia dipendente. Mi capita tuttavia di vedere spesso siringhe usate per terra, dato che a Padova di tossicodipendenti se ne trovano in giro. A volte ho visto la gente bucarsi in un angolo, riparata nell'ombra, proprio vicino ad una fumetteria. Altre volte si radunano sotto i ponti. Io sinceramente non so cosa pensare: non riesco a capacitarmi del fatto che una persona possa divenire schiava, che una persona possa buttarsi via così. A tal proposito vorrei consigliarvi la visione del film Trainspotting. Avevo letto anche un libro di Tondelli, in cui la droga era un elemento ricorrente. La droga è una delle piaghe del nostro tempo, di cui si ha smesso di parlare. Continua a danneggiare intere famiglie e a creare il vuoto. Ma ci sono tossici e tossici, come dicevo. Di qualche mese fa lo scandalo a Roma in cui erano coinvolti politici e gente dello spettacolo che gestivano un traffico di droga e prostituzione: la vicenda si è persa nell'oblio. Ci sono poi i potenti che sniffano coca, i nobili del terzo millennio. Ma in questo caso la droga è uno status symbol. E poi ci sono i poveracci che entrano nel giro e non ne escono più, spegnendosi pian piano in silenzio. E sono molti. E di loro chi si occupa? E poi ci sono gli spacciatori, che distribuiscono promesse di morte come fossero caramelle. Questa poesia voleva trattare della tossicodipendenza, con un lieto fine (forse, perché non è specificato che la mano dolce e candida sia umana), ma non ci sono riuscito. E' una poesia a metà. Voleva raccontare la perdizione a cui porta quella sostanza maledetta. Un'ultima considerazione: perché è tollerata la coltivazione delle piante da cui si ricava la droga? Perché? Perché da esse si ricavano anche sostanza farmaceutiche? Solo per questo? ]

 

 

 

-=Salvezza =-

 

Cercavo risposte,

credo,

in questa città

che mi appare torrida e arida.

 

Non ho mai trovato

ciò che cercavo.

 

Forse non ho mai cercato.

 

Forse è solo il modo

di vivere il mondo.

 

Forse ero io

O forse tutti quanti.

 

Ma tanto

che importa?

 

Nessuno è mai riuscito

A capirmi,

a sentire come sento

attraverso questa mia pelle.

Nessuno è mai riuscito

A darmi ciò che volevo.

 

Oppure ero io

A non riuscire…

 

I miei sforzi,

tutto inutile

di fronte al muro del reale

La mia famiglia,

l'amore…

le mie più grandi delusioni.

La disillusione di me stesso.

Il tradimento.

Credevo

Di avere amici,

di non esser solo…

 

Nessuno era come me,

nessuno comprendeva.

 

E quando

fu ormai troppo tardi,

la siringa

divenne la mia unica compagna.

L'unico mezzo

Per sopravvivere

In un mondo di subumani.

 

Non ricordo

Quante volte mi sono stravolto,

non ricordo

se è me stesso

quello nell'angolo

che si inietta con l'ago

la forza per vivere.

 

Quante volte ho rubato.

 

Da quanto

Manco da casa.

 

Nulla,

non c'è più nulla.

 

Solo qualche volto,

non esistono i nomi.

 

Io stesso

Non so neppure se sono vivo.

Ma che importa…

 

Non era questo che sognavo.

I miei sogni…

La mia vita…

Nulla è mai stato realmente mio.

 

Qualche goccia di sangue

Scorre lenta sul braccio,

scivola

languida

verso il basso

seguendo la pelle

di quello che un tempo

era un arto.

Il porto

Per le navi

Che portano al Nuovo Mondo.

Abbandonato per terra,

lo sguardo nel vuoto

e un insipido sorriso.

 

Tutto si distorce

E sprofondo nell'oblio.

Mi perdo

Per cercare una vita.

 

La mia vita.

 

Un labirinto

Di strane visione multicolori

 

E poi il tiepido risveglio,

solo allora,

quando una mano dolce e candida

tendeva verso di me,

per rialzarmi.

Non ricordo il suo nome,

solo il sorriso

e quell'amore sereno

che fece di me

una persona nuova.

 

Ritrovai me stesso

In un fresco pomeriggio di primavera.

 

 

Leonardo Colombi

 

 

 

-=Commenti ricevuti=-

 

Commenti da ewriters.it :

da joey (11 ottobre 2005) :

spero nn sia tu il protagonista di questa poesia..indubbiamente vera..reale...inutile nascondere..

da leila69 (31 luglio 2006):

Molto,ma molto toccante,e' come se parlassi di me,come se parlassi io. Bravo!!!

 

Commenti da scrivendo.it :

da LoRe (03 giugno 2005):

Bella.
Continua il tuo lavoro d'immedesimazione: guerra, incidente stradale, tossicodipendenza... sempre con ottimi risultati, secondo me. (quello sulla guerra rimane il migliore, un must!)
Bravo.

P.S. Ti consiglio un libro su droga e tossicodipendenza, se non l'hai già letto: Pasto nudo, di William Burroughs.
"Il corpo sa in quali vene è possibile iniettare e trasferisce questa consapevolezza nei movimenti spontanei che si fanno preparandosi all'iniezione..."
"E' pratica comune per chi fa uso di cocaina passare la notte a iniettarsi cocaina a intervalli di un minuto, alternandola a iniezioni di eroina, oppure di cocaina ed eroina mescolate a formare la cosiddetta "bomba"..."

da Pietro1965 (03 giugno 2005):

E' una poesia molto intensa, di grande impatto emotivo. Notevole la tua capacità di immedesimarti nello stato d'animo di un tossicodipendente: la solitudine e il sentirsi incompresi, una sensibilità che non permette di riconoscersi in una vita, in rapporti umani che si sentono falsi e aridi, la ricerca vana e dolorosa di una vita diversa nei mondi artificiali e abbaglianti che la droga crea e a cui conduce, con la perdita di se stessi e di rapporti autentici con gli altri, una morte lenta e dolorosa...
Però c'è la speranza finale di quell'amore sereno che salva:

"che fece di me
una persona nuova.

Ritrovai me stesso
In un fresco pomeriggio di primavera."

Sì, credo che un amore vero, profondo possa essere uno straordinario strumento di salvezza in questi casi di disperazione.
Bella poesia e ispirata denuncia di una ferita della società che è lontana dall'essere guarita. Complimenti, ciao! :-)
Pietro

da dany (03 giugno 2005):

Molto forti ed intensi questi tuoi versi che mostrano quanto dolore, quanta disperazione, quanta solitudine ed incomprensione, ci siamo nella ricerca attraverso le droghe della possibilità di dare un senso alla propria vita e ai propri sogni smarriti, purtroppo però smesso si finisce con lo smarrire il senso del nostro esistere e di quello degli altri in vortice nero di aghi e dosi. Se la nostra realtà fosse meno indifferente e distratta forse quella speranza di salvezza con cui chiudi la poesia sarebbe più possibile e vicina per molti, complimenti, ciao, daniela

da pirata (03 giugno 2005):

Un pezzo molto intenso Leonardo in cui con grande capacità hai saputo descrivere ed immedesimarti nello stato d'animo di chi, credendo di fuggire dalla realtà, si ritrova in una spirale da cui non riesce più a venire fuori, in in mondo che inevitabilmente conduce verso la fine di tutto, verso la morte, una primavera che sembra l'unica forma di liberazione. Una forte denuncia scritta molto bene! Bravo!:-) Chiara

 

Commenti ricevuti su clubpoeti (agosto 2005 - ottobre 2005):

da Emiliano:

Intensa anche se stereotipata. Ma a modo tuo ti sei dato con l'immaginazione qualcosa. E dai qualcosa. Qualcuno potrebbe essere più spietato. Come primo commento mi limito a notare lo sforzo di descrivere ciò che non si conosce. Perchè non si è vissuto. Anche se poi la poesia sotto certi aspetti serve proprio a dimenticare. Ciao!

da gianna.curto:

Che paura mi hai fatto prendere , Leonardo! Pensavo parlassi di te: Alla fine ho tirato un sospiro di sollievo. Hai descritto bene una vita vissuta nel disagio, nell'incomprensione. Come nel racconto "asfalto e cemento" hai dimostrato di possedere una grande sensibilità e attenzione verso il dolore degli altri. E per quanto mi riguarda é importante questo per chi la la presunzione di essere un poeta. Anche se io non condivido il piangersi addosso. Sono un poco orgogliosa e mi voglio bene. A dir la verità, non so se meritatamente, ho l'affetto di molte persone. Alle delusioni reagisco con un "esame di coscienza" e non mi colpevolizzo più di tanto. Perché se in famiglia,nelle amicizie qualcosa non va deve essere colpa nostra? E dobbiamo punire noi stessi dimostrando che avevano ragione gli altri a non stimarci? Quindi le tematiche e le giustificazioni del protagonista della tua lunga poesia non le condivido. Il finale invece mi va bene. "E quell'amore sereno che fece di me una persona nuova".  Scusami se sono stata prolissa e moralista, non dimentico mai di essere una mamma. Suerte!

da Bitman:

Esprime una realtà cruda a tutti nota. Che non sia autobiografica si comprende dalla vaga descrizione fatta del momento del "buco" (non pensate male di me, ora!). La cosa che mi è sembrata strana è l'uso dei tempi: parli del passato con un tempo presente e del presente con un tempo passato... o forse ho capito male? Ciao, Bitman

da Fiore:

Qualche goccia di sangue Scorre lenta sul braccio, scivola languida verso il basso seguendo la pelle di quello che un tempo era un arto. Il porto Per le navi Che portano al Nuovo Mondo. Abbandonato per terra, lo sguardo nel vuoto e un insipido sorriso.

Premetto, la poesia è tua perciò resta completa così come l'hai scritta. Purtroppo però, almeno per me, così si perde un poco e ne rimane una sorta di confessione stereotipata del ragazzo che si confessa in un centro di recupero. La poesia, intesa come struttura poetica e non solo come messaggio, resta nei versi che ho riportato. E il titolo, così, avrebbe un che ti grottesco e doloroso, un vero schiaffo. Però ripeto è un parere personale e tu ignoralo. Ciao Fiore

da marcella:

E' una storia che non mi piace,
con un titolo costruito.
Non lasci modo di entrare
nel tuo personaggio
che subito dici
non sono io
non sto parlando di me,
quasi ti sento beffardo,
di quelli che stanno a guardare.
Il finale il più delle volte è un altro.
Scusa la mia franchezza.
Ciao.

da dolceglicine:

Sai, io credo che non sia proprio così.
La siringa non arriva come un'amica. Arriva come un inganno, come una sfida, come un presunto atto di coraggio. Poi, sembra l'unica amica. Quando è riuscita a distorcere la visione della realtà. Le incomprensioni, le disillusioni, i tradimenti, i "nessuno mi capisce", li mostra dopo, perchè è demone subdolo.
Le poesie sociali sono materia ostica, si rischia di essere banali, scontati, imprecisi e poco incisivi.
Non devono descrivere ma devono scolpire il male. Solo così possono rendersi utili per combatterlo.
Devi trovare parole diverse.
Mi spiace, non mi è piaciuta.

da casti85:

Limitandomi alla forma poetica e al linguaggio: è un comunissimo diario adolescenziale messo in versi. Vorrei incoraggiarti a leggere di più, la materia prima e la sensibilità già ci sono!

da Monte:

Non so se parli per esperienza diretta o no ma a me è piaciuta molto. Si sente che il personaggio ha sofferto tanto.

da grigio:

Faccio finta di non aver letto la nota in calce e dico, comunque ciò che stavo per dire:"Ti appropri dello stereotipo del giovane d'oggi elencandoci una tiritera di banalità convenzionali che sanno di tutto fuorché di poesia". Magari scrivi un racconto sull'argomento, chissà che non riesca a convincerci di essere bravo a farlo, come con poca modestia (non credi?) affermi nella tua presentazione.

da Aldo Carnevale:

Colma di dolore e sofferenza, questa poesia comincia forse fiaccamente, ma si rafforza e diventa molto bella dalla metà in poi.

da Iariam:

Che fervida immaginazione hai Leonardo! Sai immedesimarti nelle situazioni e personaggi della tua poesia con sensibilità, precisione e bravura,anche se il soggetto dei tuoi versi è triste e deprimente mi è piaciuta la maniera in cui l'hai scritta. Bravissimo. Ciao.

da Macwalt:

I troppi forse
e i troppi nn so
compreso una certa
autocertificato dolore
non sono certo autobiografici
Certo parlare d'altri
e altro non è mai facile
Ma nn si puo' affidare
ad immagini stereotipate
quello che è vero dolore.
La siringa come compagna
fredda lucida salvezza
quotidiana, non droga
più di quanto non lo siano
altre sostanze, che poi
non danno neanche quel piacere.

Ho un sospetto da tanto
che comunque l'assuefazione
alle sostanze denuncia
il totale nostro asservimento
alla cultura che ci circonda
Droga come fuga, si certo
come una volta era l'avventura
Tutto quello che puo' ridimensionare
un esistenza priva di significato
E la tossicomania quello almeno
offre a chi ci casca, un identificazione
E forse detta così nn è peccato

Salvezza poesia che nn è poesia
frammento di più parti
che non riesce ad essere una cosa
conclusa

Ma cmq resta il fatto
che la penna hai...colorata
e leggerò meglio di tuo altro
che non la storia di
qualcuno.

ciao

di Domenica:

Realtà cruda e vera.
Spero, che molti giovani, si ritrovino presto, in un pomeriggio di primavera.

da nicole47

L'atmosfera desolata delle città dove la vita si perde per strade silenziose,dove nessun essere umano e' disposto ad ascoltare il proprio simile e nelle famiglie c'e' un vuoto assoluto,porta il protagonista di questa poesia alla soluzione estrema,nei meandri multicolori dei paradisi artificiali dove si dimenticano i problemi,si dimentica di esistere ,di soffrire,di vivere. Il tono compassionevole della poesia e' nei versi:"Non ricordo quante volte mi sono stravolto.....Quante volte ho rubato. Da quanto manco da casa". Sono frasi che suscitano una pena enorme!E poi quella mano salvifica che si tende,che accoglie l'altro,l'amore che solo può donare conforto e vita. E piano piano si comincia ad esistere di nuovo e ci si accorge della primavera incipiente. Con stima. Nicole

da ferrorosso:

sempre così presente,sempre così sveglio,sempre così dentro di te,della città della mente,del desiderio. mai che esci,mai,nemmeno quando vedi il sangue:mio tuo loro animale... come si può distinguere. E la morte è la morte. Mai col sedere per terra. Nemmeno una sbronza ti devi essere preso, nemmeno una paura che ti abbia ritorto budella e cervello. Certo che non era biografica. Solo auto. Allora non si scriva perchè scrivere è lasciare un segno.

 

 

 

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