Come vi arrivai,
non ricordo.
Di tutte le cianfrusaglie
Che scambiai per ricchezza
Soltanto una mi parve preziosa:
era una gemma,
tagliata e perfetta.
Non potevo raggiungerla
Per via del vetro che,
In forma di sfera,
La racchiudeva.
Luceva, e sulla superficie
Onde
Come di un mare interno e silenzioso
Placido e remoto.
La desiderai
E la bramai più di ogni altra cosa
E il desiderio del suo possesso
Mi rodeva l'anima.
Con tutte le mie forze
Lottai per farla mia,
dapprima accanendomi impaziente
sulla protezione di vetro,
con forza e violenza
poi con scalpello e preciso lavoro
e infine con gli acidi
e gli strani artifici
che trovai lì attorno.
Alla fine cedetti
E seduto in disparte riflettevo
Su come riuscire nell'intento.
Nulla aveva funzionato finora,
nulla,
e nemmeno un graffio
su quella dannata copertura di vetro.
Poi
Un sordo rumore di metallo
E il vetro finalmente si apriva,
scivolando e scomparendo,
in risposta al mio desiderio
(ignoravo allora
che altri fossero parte del gioco)
e indi la presi con le mie mani.
E quando finalmente l'ebbi
L'alzai in alto
Sopra la mia testa,
rimirandola e accarezzandola
vedendola farsi via via più lucente
mentre il mio cuore più non conteneva
la mia soddisfazione.
Fu allora che tutto iniziò.
Iniziai a disgregarmi:
dapprima furono le mani
che iniziarono a svanire,
poi le braccia
e poi le gambe.
Sentivo freddo
E tremavo
In preda al terrore più recondito.
Lentamente mi consumai totalmente
Divenendo luce e polvere
Svanendo nell'oblio
Cercando invano rifugio
Nell'oscurità e nel buio.
Mi consumai e sparii
Continuando a rimirare quella gemma,
e bramandola ancora,
bramandola e desiderandola sempre,
consumato dal freddo e dal terrore,
consumato dal mio vano desiderio.
La gemma rimase immobile,
sospesa a mezz'aria
irraggiungibile e perfetta.
Turbinava e s'agitava il mare
Delle anime che racchiudeva
Mentre lentamente planava
Per portarsi nuovamente
Al centro della sfera di vetro,
l'unica barriera
a difesa degli stolti.
Leonardo Colombi