05. Racconto di un suicidio

[Home] [Divagazioni] [eBook] [Me, myself & I] [Poesie] [Pubblicazioni] [Racconti] [Recensioni] [Vari]
 
-=Menù=-
 


 Poesie fino al 2001
Poesie del 2002
Poesie del 2003
Poesie del 2004
Poesie del 2005
Poesie del 2006

 
-= Presente su=-
 
 
-=Navigazione=-
 


Precedente
Prossima

 
-=Spot=-
 

 

 
-=Introduzione=-

 

[23 maggio 2003: questa composizione è datata 9 marzo 2003. Non ricordo in che occasione l'abbia scritta, forse mi sono ispirato a qualche fatto di cronaca o è solo frutto dell'evoluzione di alcuni pensieri. Quello che volevo descrivere era il suicidio di una persona ed è quello che son (almeno credo) riuscito a fare. Cmq, l'evento che c'è alla base di questo gesto disperato è l'omicidio da parte di un uomo, della propria figlia. E in questi ultimi anni ci sono stati tantissimi casi di omicidi (anche plurimi) , spesso di familiari o parenti, che si sono conclusi con il suicidio dell'omicida. E credo che questa sia una realtà su cui ci si dovrebbe fermare a riflettere. Intanto si dovrebbe riflettere sul fatto di effettuare controlli seri e periodici su quelle persone che hanno il porto d'armi e quindi la possibilità di tenere armi. In secondo luogo ci si dovrebbe chiedere come mai accadono situazioni del genere, in cui un individuo “scoppia” e in un gesto di follia fa una strage. Come mai? Cosa c'è alla base di questo atto? C'è una mancanza di comunicazione tra l'individuo e gli altri? C'è tutto un sistema di valori che viene meno? C'è un'educazione mancata che da i suoi frutti? E l'influenza della tv e dei media che crea nell'individuo false aspettative generando nel soggetto frustrazione che poi si scatena in violenza? C'è una crisi di identità? Cioè, quello che mi chiedo è se, a parte il discorso che ogni individuo rappresenta una realtà a sé e che quindi non si può generalizzare troppo, questi eventi siano in qualche modo legati o meno al mondo che ci siamo creati attorno, un mondo che a volte sembra davvero quello descritto da Morpheus, in Matrix: “…come tutti gli altri sei nato in catene, in una prigione che non ha sbarre, non ha mura, non ha odore, una prigione per la tua mente...”. Infine, credo che il pensiero del suicidio, a volte, sopraggiunga non tanto per l'atto compiuto, ma per il terrore dell'idea di presentarsi al pubblico, di salvare la faccia, di tornare alla vita di prima. Non si è più uno come gli altri…si diventa una specie di mostro, un estraneo…e questo pensiero è atroce, se si pensa che al di fuori della società non c'è più nulla. ]

 

 

 

-=Racconto di un suicidio=-

 

Dopo quasi un'ora

Mi getto nel vuoto.

Non presto ascolto alle voci

Né alle mie sensazioni:

sarebbe il panico

e poi, indietro non si torna.

Volo

O meglio mi illudo

Di galleggiare nell'aria incolore

In un elemento che non giudica

Ma che solo mi accoglie…

A pensarci bene…

L'aria non l'ho mai compresa

Perché è ovunque e sempre

Invisibile e umile

E di essa ce n'è bisogno

Prima ancora che dell'acqua…

Poi non ho più pensieri…

Supero rapidamente

Una pallina di cartastraccia:

l'idea in essa racchiusa

non valeva la pena di essere…

Nel mio atto di ribellione

Mi libero di questa stupida cravatta

Una sorta di bandiera,

un distintivo troppo pesante

ora, da portare.

Volo e precipito

E mi avvicino veloce al suolo.

Non sento le loro voci

Ma sono a decine,

curiosi e non solo.

Ho chiuso i miei sensi al mondo di fuori

Nel momento in cui mi fotografano

Non sento più nulla

Non vedo più nulla

Non percepisco

Rimango solo con me stesso

Non c'è scampo,

nonostante siano molti

non è valsa a niente la loro presenza

ai piedi di questa piramide di venti piani.

Manca pochissimo ormai al suolo,

ne sono certo

e un'immagine cattura il mio occhio:

un bambino

e la mano che stringe alla madre.

Pesco, dal torrente dei miei pensieri

E come un pesce

Quel pensiero si dimena,

il pensiero di mia figlia…

non sono stato un buon padre…

il suo cadavere

lassù, al decimo piano

è la prova della mia vergogna…

 

Una lacrima e poi silenzio

Mentre la folla urla.

 

Il mio cervello

Ed il mio corpo

Sono ormai poltiglia

Ma l'ultimo pensiero corre a lei

Alla bambina che ho ucciso con le mie mani.

Perdonami, ti prego…

 

Poi tutto tace

E v'è silenzio

E di ciò ch'accadde in seguito

Non mi è dato di raccontare

Che è un segreto

Trasportato dal vento,

il vento invisibile e leggero

che raggiunge ogni luogo.

 

Leonardo Colombi

 

 

 

-=Commenti ricevuti=-

 

Commento ricevuto via mail:

da Maurizio Spagna (07 giugno 2009):

E MI PARVE
..la malinconica coscienza è dei poeti mentre il coraggio di vivere
è degli uomini..
il coraggio di descrivere un suicidio è nei poeti stessi o immaginari
mentre la voglia di sorridere, la voglia di continuare, la voglia di nascere per morire
è parte degli uomini
di buona volontà e di buona incoscienza..
Maurizio Spagna


E mi parve
il bianco lastricato
quel poco esitato
fu fatto schiaffo
di un gesto in confusione

e se fosse in me
di maggior rilevanza
la compagnia

mi fermerei ancora sul molo

a voltare il verso del mare
a vomitare
quei pallidi cenni d’incendio
e a venir fanciullezza
in un ciuffo di sole…
Spericolato in confidenza.

Ma il nero lastricato
quel tanto è tramontato
smorto
e in disordine
tacque dell’usuale
vestito distinto e socchiuso.

E mi parve
l’ondata indifferente
e tacqui per sempre
balbettando…
Un tuffo calato nella sera.


di Maurizio Spagna
www.ilrotoversi.com
info@ilrotoversi.com
L’ideatore
paroliere, scrittore e poeta al leggìo-

 

 

-=Invia un commento oppure una critica=-

Nome / Nickname : (*)
Titolo opera :
Commento/critica : (*)
Indirizzo mail a cui rispondere:
  (*) Campo obbligatorio