Sbarco in NORMANDIA
Radio Londra ore 21 giovedì 1° giugno 1944: un breve brano di una poesia di Verlaine: "Les sanglots longs des violons de l’automne". È il segnale che l'invasione della Francia è prossima.
Radio Londra ore 21,15 lunedì 5 giugno 1944: "blessent mon cœur d'une languer monotone"
Per gli ignari ascoltatori un messaggio incomprensibile, per la Resistenza francese è il segnale da tempo atteso: gli Alleati si stanno preparando allo sbarco nelle prossime 48 ore.
L'idea di un'invasione su grande scala della Francia, pur tra mille dubbi inglesi, ha origine già nell'aprile '43 quando fu nominato Comandante Supremo degli Alleati (COSSAC) il generale Frederick Morgan. Un abbozzo del piano fu sottoposto all'attenzione di Stalin nell'incontro di Teheran che lo approvò. Il via definitivo al piano si ebbe alla conferenza di Washington del maggio '43: l'operazione venne chiamata "operazione overlord" e venne decisa per il 1° maggio '44.
Comandante supremo dell'operazione venne nominato il generale Dwight "Ike" Eisenhower che aveva già guidato lo sbarco alleato in Nord Africa. Godendo della fiducia di tutti si guadagnò l'affetto, il rispetto e la fedeltà non solo dei suoi uomini ma anche di tutti i capi militari e dei leader politici. Il suo più importante contributo alla vittoria è consistito nel saper placare le rivalità tra i vari corpi dell'operazione.
Il team di comando fu così composto: Maresciallo dell'aria Sir Arthur Tedder vice di Ike, Generale Walter Bedell Smith capo di Stato Maggiore, suo vice il Generale Sir Frederick Morgan, Ammiraglio Sir Bertram Ramsay comandante delle forze navali, Maresciallo dell'Aria Sir Trafford Leigh-Mallory comandante delle forze aeree, a capo delle forze terrestri venne nominato il Generale Sir Bernard Montgomery che venne distaccato dall'Italia.
Le zone di sbarco (da ovest a est) vennero chiamate in codice Utah per il VII corpo d'armata USA, Omaha per il V corpo d'armata USA, Gold per il XXX corpo d'armata inglese, Juno e Sword per il I corpo inglese.
I protagonisti della notte furono indubbiamente gli uomini delle truppe aviotrasportate: nelle prime ore del D-Day furono lanciati 8.000 inglesi e oltre 16.000 americani con il compito di prendere possesso e controllare le principali vie di comunicazioni sui due lati dell’area prevista per l’invasione in modo da proteggere i fianchi alle forze che sarebbero sbarcate all’alba.
Poco dopo la mezzanotte iniziò un violento bombardamento aereo contro le batterie costiere tra Le Havre e Cherbourg, e quasi contemporaneamente si lanciarono i primi paracadutisti esploratori.
Tra le 00.20 e le 00.40 si compiva la prima vera e propria azione militare del d-day, sul fianco orientale della zona di sbarco: gli uomini della 6a divisione aviotrasportata inglese, guidati dal maggiore Howard, atterravano con alcuni alianti nei pressi dei ponti sul canale di Caen, impadronendosene con una azione di sorpresa. Negli stessi minuti altri inglesi si impadronivano della batteria costiera di Merville.
Pochi minuti prima dell’una iniziava il lancio dei paracadutisti della 6a divisione aviotrasportata inglese, seguiti sul fianco opposto all’1.30 dagli americani della mitica 101a divisione. Furono proprio questo ultimi a incontrare le maggiori difficoltà: in parte per il vento, in parte per l’imprecisione dei piloti americani, i paracadutisti americani finirono sparpagliati in un’area vastissima e solo in minima parte atterrarono nei punti previsti. Nell’area dietro la penisola di Cherburg, prevista per i lanci americani, i tedeschi avevano inoltre provveduto ad allagare artificialmente vaste aree di terreno e questo rese ancora più difficoltosi sia l’atterraggio sia i successivi spostamenti degli uomini della 82a e della 101a che spesso si trovarono a vagare dispersi per tutto il giorno successivo senza potersi ricongiungere.
Alle 2.11 il generale tedesco Marcks del 44° Corpo d’Armata ricevette i primi rapporti sull’atterraggio di paracadutisti a est del fiume Orne e telefonò al generale Max Pemsel, Capo di Stato Maggiore della 7a armata che, alle 2.15 venne messa in stato di allarme, mentre veniva svegliato il comandante dell’armata, generale Dollmann.
Alle 2.30 iniziavano intanto i lanci della 82a divisione aviotrasportata americana.
Alle 2.35 Pemsel chiamò il Capo di Stato Maggiore di Rommel, generale Hans Speidel, al comando del Gruppo di armate B. Quasi contemporaneamente anche il generale von Salmuth, dal quartier generale della 15a armata, l’unica già in stato di allarme per il messaggio di Verlaine, chiamava il Gruppo di armate B per comunicare che gli erano giunte notizie di scontri.
Ad aumentare la confusione dei comandi tedeschi i primi rapporti riportavano notizie dei lanci di fantocci di gomma, che gli alleati avevano effettivamente paracadutato in alcune zone per sviare l’attenzione dei tedeschi dalle vere aree di lancio.
Alle 3.00 il generale Pemsel era ormai convinto di trovarsi di fronte alla temuta invasione e che l’area di azione principale fosse sulle coste normanne, tra la penisola di Cherburg e l’Orne e telefonò al capo di stato maggiore di Rommel, senza però riuscire a convincerlo della gravità della situazione: per Speidel si trattava semplicemente di una operazione locale e non di una vera e propria offensiva di ampia portata.
Sempre alle 3.00 iniziò un violento attacco di bombardieri medi e pesanti contro le difese tedesche.
Alle 3.20 iniziarono i lanci del materiale pesante e dei rinforzi per i paracadutisti già sul suolo normanno e alle 4.30 circa le forze americane raggiungevano il loro primo importante obiettivo, prendendo possesso della cittadina di Sainte Mére-Eglise, che rappresentava un importantissimo snodo per il fianco occidentale dell’invasione.
Alle 4.45 minuscoli sommergibili che si trovavano da due giorni al largo della costa normanna emersero, innalzando un albero munito di una luce lampeggiante e altri apparecchi di segnalazione ottica, preparandosi all’attesa: il loro compito era delimitare l’area di sbarco per le truppe della prima ondate che sarebbero giunte all’alba.
Le prime luci dell’alba rivelarono ai tedeschi dislocati nelle postazioni sulle spiagge dello sbarco la più enorme flotta d’invasione di tutti i tempi: 9 corazzate, 23 incrociatori, 104 cacciatorpediniere e 71 corvette non erano che la punta di una flotta che contava 6.483 unità e che era costituita da navi di linea, navi mercantili, e mezzi di trasporto.
Alle 5.30 iniziò il cannoneggiamento delle navi inglesi davanti alle spiagge inglesi denominate Sword, Gold e Juno e venti minuti dopo, alle 5.50, il cannoneggiamento delle navi americane davanti alle spiagge denominate Utah e Omaha.
Alle 6.00 di mattina iniziò un nuovo passaggio dei bombardieri medi e pesanti sulle fortificazioni tedesche della costa. Esattamente a quell’ora il capo di stato maggiore del comando supremo tedesco in occidente, generale Blumentritt, comunicò all’Alto Comando delle Forze Armate Tedesche che sembrava essere in corso un’invasione in forze e chiese di poter disporre della riserva corazzata formata dal I Corpo Panzer SS di stanza a Parigi. Hitler però dormiva e il capo delle operazioni, generale Jodl, ritenne di non svegliarlo negando l’autorizzazione. Pochi minuti dopo, alle 6.15 il generale Pemsel, capo di stato maggiore della 7a armata, fece sapere a Speidel, capo di stato maggiore di Rommel, che erano iniziati un pesante cannoneggiamento navale e massicci attacchi aerei.
Le 6.30 erano l’ora H per le spiagge americane Utah e Omaha. I tre gruppi reggimentali della 4a divisione che a quell’ora misero piede a terra sulla più occidentale delle due spiagge americane, Utah, furono particolarmente fortunati: la corrente davanti alla spiaggia aveva fatto deviare i mezzi da sbarco di circa 2 km a sud del punto previsto, portandoli nella zona meno difesa di tutta la costa: 28 dei 32 carri armati anfibi riuscirono a toccare terra e gli uomini sbarcarono sotto un fuoco leggero da parte dei tedeschi. I problemi maggiori per gli uomini di Utah si verificarono durante gli spostamenti all’interno, una volta lasciata la spiaggia.
In ogni caso la 4a divisione subì, nel D-Day, non più di 200 perdite; nulla a che vedere con il massacro che si stava svolgendo nella vicina spiaggia di Omaha, dove erano sbarcati gli uomini della 1a divisione. Su questa spiaggia erano concentrate le migliori difese tedesche, oltre tutto protette dalle più valide difese naturali e queste difese erano purtroppo uscite in gran parte indenni dal nutrito bombardamento che aveva preceduto la prima ondata dello sbarco.
Oltre a ciò le onde colarono a picco gran parte dei mezzi corazzati che dovevano sbarcare per proteggere le truppe e gli uomini della fanteria furono costretti a prendere d’assalto la spiaggia senza il loro appoggio: ne scaturì una incredibile confusione che rischiò di paralizzare completamente l’azione su quella che fu ribattezzata "Bloody Omaha", la Sanguinosa Omaha: solo sulla spiaggia le perdite americane ammontarono a oltre 2.000 uomini. Già alle 6.41 una nave pattuglia trasmetteva alla nave comando un messaggio drammatico: l’intera prima ondata su Omaha è andata distrutta. Alle 7.00 la seconda ondata di truppe da sbarco giunse su Omaha, aumentando ulteriormente il caos.
Pochi minuti dopo, alle 7.10 255 rangers americani al comando del colonnello Rudder diedero l’assalto alla Pointe du Hoc, una ripida scogliera in cima alla quale esistevano batterie costiere ritenute pericolose per le operazioni successive: alla fine del D-Day solo 90 di quei 255 rangers sarebbero stati ancora in grado di usare le armi.
Alle 7.30 iniziarono le operazioni di sbarco sulle due spiagge inglesi di Gold e Sword seguite, alle 7.45 dagli sbarchi della divisione canadese sulla spiaggia di Juno.
Mentre, pur tra notevoli difficoltà, gli sbarchi nei settori inglesi e canadese procedevano, il massacro di Omaha rischiava di mettere a repentaglio l’intera invasione e solo alle 8.00, un’ora e mezzo dopo la prima ondata, le truppe americane iniziarono a scalare le scogliere di Omaha.
Alle 9.30 gli inglesi presero Hermanville, mentre oltre Manica l’addetto stampa di Eisenhower annunciava al mondo per radio lo sbarco alleato.
Alle 10.00 finalmente le truppe americane raggiunsero la sommità delle scogliere di Omaha.
Per quanto incredibile possa sembrare solo 4 ore dopo i primi sbarchi ad Utah e Omaha e ben un’ora dopo l’annuncio radio fatto dagli alleati, finalmente, alle 10.30, Rommel, il comandante delle forze che avrebbero dovuto respingere l’invasione, veniva informato e lasciava la sua abitazione a Herrlingen per ritornare precipitosamente al suo quartier generale a La Roche-Guyon, dove sarebbe giunto solo 12 ore dopo.
Alla stessa ora la 21a divisione panzer ricevette l’ordine di attaccare tra Caen e Bayeux.
Nella tarda mattinata intanto le forze alleate iniziarono a penetrare nell’interno e a liberare le prime città francesi: alle 11.00 gli Americani entrarono a Vierville; alle 11.15 St. Aubin cade nelle mani dei canadesi; alle 12.03 i comando da sbarco inglesi si congiunsero con le truppe aviotrasportate sui ponti dei canali dell’Orne; alle 12.30 la 185a brigata inglese iniziò a muoversi dalla spiaggia Sword verso l’interno; alle 13.00 anche la 4a divisione di fanteria sbarcata a Utah riuscì a stabilire a Pouppeville il primo collegamento con le truppe aviotrasportate giunte sul suolo francese durante la notte.
Soprattutto, alle 13.30 il generale Gerow, che comandava le forze americane a Omaha, comunicò al generale Bradley che le truppe americane non erano più inchiodate sulla spiaggia, ma iniziavano ad avanzare all’interno.
La prima cruciale fase del D-Day poteva ritenersi conclusa: ora gli alleati erano attestati e poteva avere inizio l’opera di penetrazione all’interno.
Il pomeriggio del D-Day si aprì, intorno alle 14.00 con un combattimento sulle alture di Periers che dominavano la spiaggia di Sword, mentre alle 16.00 i carri armati americani iniziarono finalmente a muovere da Omaha verso l’interno.
Solo alle 16.30 i tedeschi riuscirono a organizzare il primo vero e proprio contrattacco , con la 21a divisione panzer che attaccò la testa di sbarco a Sword. In quest’area era collocato il principale obiettivo del D-Day: la città di Caen, che gli alleati contavano di conquistare sulla spinta iniziale della penetrazione. Purtroppo già alle ore 18.00 l’avanzata inglese su Caen poteva essere considerata bloccata. Sarebbe stato necessario oltre un mese per prendere questa città che gli inglesi riuscirono a conquistare solo il 10 luglio successivo.
Durante la serata, a partire dalle ore 21.00, numerosi alianti iniziarono ad atterrare alle spalle di Utah e ad est del fiume Orne, lungo i fianchi dell’area d’invasione, con i primi rinforzi.
Se si confrontano gli obiettivi fissati per il D-Day dagli alleati con quelli effettivamente raggiunti, appare chiaramente la differenza tra di essi, dovuta soprattutto alla drammatica lentezza della penetrazione americana a Omaha e al blocco degli inglesi davanti a Caen.
In ogni caso, alla mezzanotte del D-Day le truppe alleate erano solidamente attestate sul suolo francese e avevano creato una testa di ponte sufficientemente ampia: già questo costituiva un innegabile successo, anche se la futura campagna di Normandia avrebbe riservato molte difficoltà.
La battaglia di Normandia, per il consolidamento delle posizioni conquistate dagli alleati nel D-Day, non fu né breve né semplice: occupò il corpo di spedizione alleato fino al termine dell’agosto successivo e benché il risultato finale non fosse mai in discussione o in dubbio, la campagna fu estremamente impegnativa.
Ovviamente i giorni immediatamente successivi al 6 giugno furono destinati al consolidamento della testa di ponte: già il 7 giugno cadeva la città di Bayeux mentre l’8 giugno la 1a armata statunitense e la 2a armata britannica si congiungevano presso Port-en-Bessin.
Occorsero ben 6 giorni per la saldatura delle due spiagge americane di Utah e Omaha che avvenne solo il 12 giugno.
I giorni tra il 18 e il 21 giugno videro una spaventosa bufera sulla Manica che distrusse completamente il porto artificiale americano e danneggiò quello inglese proprio mentre gli americani raggiunsero la costa occidentale della penisola di Cherburg (18 giugno).
Mentre continuava il tentativo infruttuoso degli inglesi di conquistare Caen, gli americani riuscirono a raggiungere Cherburg (26 - 27 giugno).
Finalmente anche Caen cedette agli inglesi che la conquistarono il 10 luglio.
La linea del fronte continuò ad avanzare finché le forze alleate giunsero a chiudere i tedeschi nella sacca di Falaise (21 agosto) ponendo fine di fatto alla campagna: pochi giorni dopo, il 25 agosto, veniva liberata Parigi.
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