Breve biografia di Pietro BADOGLIO

(da www.cronologia.it)

1871 - Pietro Badoglio nasce a Grazzano (oggi Grazzano Badoglio) Monferrato (AL) il 28 settembre

1892 - Dopo gli studi intraprende la carriera militare ed è nominato tenente.

1896 - Parte per l'Eritrea, arruolato nel corpo di spedizione di rinforzo alle divisioni italiane in Africa rimanendovi per due anni.

1904 - In occasione della guerra contro la Turchia entra nello Stato Maggiore dove viene nominato capitano e partecipa come ufficiale alle operazioni di guerra.

1912 - Si distingue nella guerra in Libia, nella battaglia di Zanzur, ed è promosso maggiore per merito di guerra.

1915 - La sua carriera finora graduale conosce delle improvvise impennate con l'inizio della prima Guerra Mondiale..

1915-18 - All'inizio delle ostilità parte come Tenente colonnello, subito dopo è Colonnello, poi chiamato a dirigere le operazioni del Monte Sabotino  (Carso), con un suo reparto ottiene un successo di scarsa rilevanza strategica. Ma ottiene i gradi di maggiore generale e subito dopo di tenente generale. Alle successive operazioni, nella disfatta di Caporetto è protagonista di un oscuro episodio (lo sfondamento avvenne proprio nel suo settore mentre lui si era allontanato dai reparti. Badoglio non rispose mai a queste calunnie).

Furono nella circostanza silurati due generalissimi quali Luigi Cadorna e Luigi Capello, ma Badoglio la passò liscia, anzi tre settimane dopo fu nominato sottocapo di Stato Maggiore a fianco del generale Armando Diaz. E dopo la vittoria quasi conclusiva del Piave nel giugno del '18 (offensiva voluta da Diaz con Badoglio contrario) fu nominato generale d'Armata. Lui ancora a trattare a Villa Giusti le condizioni dell'armistizio. A ricevere i "premi" della "prima vittoria mutilata".

1919 - Subentra in novembre al generale Armando Diaz come Capo di Stato Maggiore, Generale dell'Esercito, il più alto grado dell'esercito italiano. Ed è anche nominato senatore del Regno. Poi Commissario straordinario per la Venezia Giulia durante l'impresa di Fiume di Gabriele D'Annunzio. E' uno dei sostenitori nel voler prendere a cannonate il poeta-soldato per fargli finire subito l'"avventura fiumana".

1920 1921 - Viene inviato con incarichi speciali militari in Romania e negli Stati Uniti. Rientra in Italia.

1922 - Per il fascismo di Mussolini non ha nessuna simpatia. Alla Marcia su Roma  si ostina presso il presidente del Consiglio a volerla stroncare con lo Stato d'Assedio.  Il Re si rifiuta di firmare il decreto. Le parole e le intenzioni di Badoglio espresse al presidente del consiglio Facta rimarranno note negli ambienti del fascismo "Io quelli con una decina di arresti al massimo e con un azione energica risolverei subito la questione".

1922-24 - Badoglio ricambia l'antipatia che ha verso in fascismo e il suo fondatore. Ma è sempre un'autorità militare del Regio esercito. Poi si fa flessibile, ambiguo, si adegua e Mussolini lo destina ambasciatore in Brasile. In Sudamerica fa solo il suo lavoro; politicamente resta alla finestra a guardare gli eventi che accadono in Italia. Fino al delitto Matteotti.

1925-26 - Mussolini dopo la critica situazione, è diventato forte, e ha ormai consolidato il potere. Ed ecco riapparire Badoglio dal Brasile con una lettera accorata. Gli fa le congratulazioni, e tra le righe, si mette a disposizione per fare con il suo grado il proprio dovere verso la nazione. Badoglio sa di poter contare sul Re, e Mussolini sta decidendo chi mettere a capo di Stato Maggiore dell'esercito.

Badoglio rientra in Patria. Diventa Capo di Stato Maggiore nell'esercito "regio"- mussoliniano, e riceve la nomina di Maresciallo d'Italia.

1929 - Nel dicembre del '29 riceve la nomina di Governatore della Libia. Una carica che manterrà fino al 1934. Nel frattempo viene insignito (ma è lui a sollecitarlo perchè è ambizioso di titoli) del titolo nobiliare di Marchese di Sabotino.

1935 - Mussolini scontento dell'operato di De Bono (che si fa troppi scrupoli) in Africa Orientale, dà il comando delle operazioni belliche a Badoglio. Mussolini  gli impone di "vincere la guerra ad ogni costo con "ogni mezzo", e, su "questo" non transigo, vincere subito!". Mussolini ha fretta di vincere e di raggiungere il suo traguardo politico più che strategico. E Badoglio i "mezzi" li usa, senza scrupoli.

1935 24 Dicembre - Badoglio ha chiesto a Mussolini uomini, uomini, uomini. Ne partiranno 400.000, ma non risolve la critica situazione. Il 19 dicembre inizia a utilizzare i gas soffocanti, i vescicatori, i gas tossici, i gas all'irzina e quelli all'iprite. Il 24 alla vigilia di Natale ha un'idea geniale. Con i nebulizzatori piazzati sugli aerei cosparge su villaggi e nella boscaglia dove si annidano i guerriglieri, le "nuvole della morte". Il mondo inorridisce, ma lui invia il telegramma a Roma: tale impiego ha dato buoni effetti sui nemici, molto efficaci. Ora hanno tutti il terrore dei nostri gas" e li impiega perfino spavaldamente anche nelle retrovie, sui villaggi, sui civili. Poi gli vennero alcuni scrupoli e allora mandò a dire agli etiopi in quale zona il giorno dopo sarebbero passati i suoi aerei a seminare la silenziosa e invisibile morte. "Preparatevi a fuggire o sarete annientati, quando, dove e come vogliamo".

1936 - Dopo un altro massacro "dal cielo" a Daran il 19 gennaio, altre  offensive "facili". Badoglio anche qui senza farsi tanti scrupoli fa iniziare agli uomini la grande micidiale marcia nel deserto di Dancalia. Si svolgono poi le battaglie dell'Endertà del Tembin, dello Scirè e dell'Ascianghi (altro "stermino dal cielo").

Sull'Harar (piuttosto esposto agli attacchi)  il maresciallo che ha fretta, manda allo sbaraglio gli ultimi  uomini, ed infine marcia su Adis Abeba. Vi entra il 5 maggio 1936 (non su un bianco destriero, come scrissero i giornali ma su una Fiat Ardita)  anticipando così il più guardingo Graziani che non voleva mettere a repentaglio i suoi uomini per arrivare primo.

E' Badoglio a inviare il fono "l'Italia da oggi ha il suo impero". Tocca l'apice della sua carriera e raccoglie  nuovi titoli e onori. Duca di Adis Abeba, Vicerè d'Etiopia; il regalo di una villa a Roma, la presidenza del Consiglio Nazionale delle Ricerche e prebende economiche degne di un principe ereditario.

1940 - All'inizio della guerra, l'atteggiamento di Badoglio nelle operazioni contro la Francia è decisamente contrario, persino pessimista sull'esito, data l'inefficienza dell'esercito e dei mezzi a disposizione. Ma alla riunione dello Stato Maggiore, sta zitto, è ambiguo, pur facendo trapelare il suo disaccordo. Mussolini (conscio dell'impreparazione) è infuriato, e gli impartisce degli ordini. Prima lo incita a sferrare un attacco offensivo alla Francia su tutto l'arco alpino, cosa che il Maresciallo non solo non vuol fare ma non lo può fare, perchè ha già predisposto sul confine tutto un piano difensivo e non offensivo e ci vorrebbero almeno dieci giorni per cambiarlo. Ma Mussolini è ancora più infuriato, ha fretta, e a questo punto lui personalmente (ha ricevuto dal Re la delega al comando operativo delle tre armi)  dà lui  stesso gli ordini al generale Graziani, convinto interventista. E' il primo scontro sul campo tra Badoglio e Mussolini, e con Graziani (che l'8 settembre del '43 Badoglio tenterà di arrestare, come fece con Cavallero). 

Poi anche in questa situazione (andata bene solo a Hitler - che non volle al suo fianco Mussolini a Parigi) Badoglio si adegua,  cambia atteggiamento ed è proprio lui a presiedere la commissione che il 24 giugno a Roma "dettò"  alla Francia le condizioni di un armistizio, ricevendo in cambio quasi nulla. Un'altra "vittoria mutilata". Badoglio rimase, come tutti gli italiani, molto insoddisfatto e i rapporti con Mussolini iniziarono ad essere piuttosto tesi. Non ritiene più valido Mussolini come comandante delle Forze Armate che secondo Badoglio autoritariamente da solo si è nominato tale. Cosi lui va affermando.

 Ma le cose stanno un po' diverse. Mussolini nel suo scritto Il bastone e la carota, riferendo alcune sue dichiarazioni nella famosa riunione del Gran Consiglio del 24 luglio '43, ha scritto: "Sia detto una volta per tutte, che io non ho minimamente sollecitato la delega del comando delle Forze Armate operanti, rilasciatami dal Re il 10 giugno del '40. L'iniziativa di ciò appartiene al maresciallo Badoglio".

Sulla stampa Badoglio viene attaccato dal potente Farinacci che attribuisce a Badoglio i clamorosi insuccessi. Vengono chieste le dimissioni, che Badoglio ignora. Poi il 26 novembre manda la lettera di dimissioni ma pochi giorni dopo chiede di ritirarle. Troppo tardi, il 4 dicembre viene destituito dalla carica di Capo di Stato Maggiore. Gli si preferisce il Generale Cavallero. Badoglio questo nome se lo lega al dito. Preso il potere nel '43, fece arrestare Cavallero, per anti-americanismo; il Generale in carcere si difese scrivendo un memoriale, affermando e ricordando che semmai era un antitedesco. Badoglio nella fuga, scarcerò Cavallero ma lasciò di proposito il memoriale sulla sua scrivania. Sequestrata dai tedeschi finì in mano a Kesserling, che dopo averlo letto fece arrestare Cavallero. Il giorno dopo fu trovato morto "suicida" si era sparato un colpo alla tempia destra; lui che era mancino.

Quella destituzione, e la sostituzione con Cavallero, fu un'umiliazione per Badoglio; ma per nulla rassegnato, l'esonero lo utilizza molto bene per fare la vittima. In questa forzata inattività utilizza la sua migliore carta che giocherà nel complotto (nonostante gli stretti controlli della polizia fascista) per la destituzione di Mussolini il 25 luglio. E sarà lui a prenderne il posto.

1943 - GIUGNO (pochi giorni alla destituzione di Mussolini) - Affamato di titoli, insiste con Mussolini perchè interceda presso il Re per avere il Collare dell'Annunziata. Vittorio Emanuele alla richiesta di Mussolini, rifiuta. Ma poi inspiegabilmente dopo due giorni cambia opinione; Badoglio lo manda a chiamare personalmente e gli conferisce l'alta onorificenza.  Badoglio diventa così il cugino del sovrano (ed è pronto a fare con lui il "golpe" del 25 luglio e .... a vendicarsi di tutti i torti).

1943 - 25 LUGLIO - Entrato quindi nelle grazie del Sovrano, alla caduta del fascismo rientra nella vita attiva del Paese come Capo del Governo. E' lui a leggere alla radio il famoso proclama con alla fine le famose parole "la guerra continua" ma dice anche "chiunque turbi l'ordine pubblico sarà inesorabilmente colpito". Le manifestazioni popolari di ogni genere non mancano; ma lui  tenendo fede a questo impegno le reprime con estrema durezza.

Badoglio sosterrà sempre (anche nelle sue memorie) che non c'entrava nulla con la destituzione di Mussolini. Che fino a poche ore prima non aveva la minima idea che il sovrano gli affidasse il Governo. Mentre sappiamo oggi che fin dal 16 luglio si era incontrato con il Re, con il generale Ambrosio, e che Badoglio propose un suo Governo con la collaborazione di Orlando e Bonomi. Inoltre il 24 mattina ricevette la visita di Acquarone, Ambrosio e Castellano, per riferire quanto sarebbe accaduto il giorno dopo, e con già in mano il testo che farà stampare su disco da mandare alla radio. Visita ripetuta il 25 mattina da Acquarone, per dirgli l'ora fatidica e di tenersi a disposizione del Re.

1943 - 3 SETTEMBRE - Il rappresentante del "Governo Badoglio" Generale Castellano, a Cassibile, dopo mesi di segrete trattative (non molto segrete per Hitler) aveva già firmato l'armistizio con gli alleati. Che era una "RESA" incondizionata dell'Italia. Perentoria la consegna agli alleati delle tre armi: Esercito, Marina, Aviazione. Non era dunque un armistizio ma una resa!

Non era per nulla l'Italia "alleata" perchè nei campi di concentramento dove erano rinchiusi gli italiani questi furono liberati solo nel tardo 1945. E non era nemmeno "cobelligerante" perchè le tre Armi dovettero consegnare navi, aerei e le armi in dotazione.

 Si tiene segreto l'accordo anche ai più alti livelli dello Stato Maggiore e del Governo, ma proprio nello stesso giorno, al mattino, BADOGLIO  tranquillizza l'ambasciatore tedesco RAHN che assieme a Hitler nutre qualche sospetto sulla fedeltà dell'alleato.

Come molti altri italiani di questo ventennio, la vocazione di Badoglio non smentiva la sua vocazione alle trame sotterranee. Lui era il maestro riconosciuto degli intrighi. E con questi si ricoprì di onori in una misura senza precedenti nella storia militare. Malgrado le accuse (molto pesanti e circostanziate) di incapacità e di disfattista, alla fine era sempre lui il "vincitore della sconfitta". Sempre presente all'ultimo colpo di cannone; sparato dall'altra parte però.

Fu ritenuto responsabile alla Grande guerra della disfatta di Caporetto  ma silurato Cadorna e Capello, lui inspiegabilmente fu nominato Capo di SM, e sarà lui a trattare l'Armistizio a Villa Giusti. Lì colse il suo primo successo di una "sconfitta". Quella che passò alla storia come la "vittoria mutilata".

Alla Marcia su Roma, rimase scandalizzato perchè il Re e Facta avevano rifiutato - contro Mussolini - lo stato d'assedio, mentre lui andava affermando: "io con una dozzina di arresti e un atteggiamento energico avrei risolto subito quella faccenda" (andò sui giornali questa frase) , ma poi accettò (e fu lui a sollecitare la nomina) già nel 1925 di diventare il nuovo Capo di SM di Mussolini,  nonostante le camice nere che erano sfilate  il 31 ottobre del '22 gridassero "Abbasso Badoglio". "Badoglio traditore", oltre al resto. Inoltre sul tavolo di Mussolini il 4 aprile del '25 arrivò  una terribile accusa per Badoglio; addirittura di diserzione alla famosa battaglia di Caporetto.

Era del deputato Rotigliano che scriveva -oltre la pesante accusa- questa profetica lettera: "Oggi alla Camera  si parlava della nomina di Badoglio a capo di SM dell'Esercito. Mi auguro che la voce sia infondata. Ho avuto occasione di conoscere in guerra il Generale e di seguire molto da vicino la sua azione. Posso assicurarle che non ha le doti di carattere indispensabili per essere posto a capo dell'Esercito. Molti sanno che Badoglio è il maggior responsabile di Caporetto, ma pochi conoscono il contegno ignobile tenuto da lui l'indomani della disfatta, quando abbandonò senza comando, sulla sinistra dell'Isonzo, tre delle quattro divisioni del suo ventisettesimo Corpo d'armata per correre ad Udine e a Padova ad assicurarsi l'impunità e a brigare per la sua nomina a sottocapo di SM. E' un uomo di un'ambizione insaziabile. Se si trovasse a capo dell'Esercito sono sicuro che egli approfitterebbe della carica per tentare la scalata al Governo. Io non ho candidati da proporre; confermo, anzi, che dei Generali più in vista, nessuno secondo me, dà sufficienti garanzie di fedeltà al nostro regime. Ma sotto questo aspetto, Badoglio sarebbe certamente il peggiore di tutti. Perdoni Eccellenza, se ho creduto mio dovere esprimerle un convincimento che è frutto di una mia personale diretta conoscenza di avvenimenti, dei quali potrei, quando ella lo desiderasse, darle prova, e voglia gradire l'attestazione della mia devozione immutabile". PS. Badoglio tentò, mediante un telegramma falsificato, di fare apparire di essere stato trasferito ad altro Comando, prima dello sfondamento del suo Corpo d'armata".

Ma ricordiamo che già nel 1919, da Villar Pellice, il 12 settembre così si difendeva il silurato Cadorna, scrivendo al direttore di Vita italiana.

" La Gazzetta del Popolo  ha pubblicato ieri le conclusioni dell'inchiesta su Caporetto.  Si accollano le responsabilità a me e ai generali Porro, Capello, Montuori, Bongiovanni, Cavaciocchi e neppure si parla di Badoglio, le cui responsabilità sono gravissime. Fu proprio il suo Corpo d'armata (il ventisettesimo) che fu sfondato di fronte a Tolmino, perdendo in un sol giorno tre fortissime linee di difesa e ciò sebbene il giorno prima (23 ottobre) avesse espresso proprio a me la più completa fiducia nella resistenza, confermandomi ciò che già aveva annunciato il 19 ottobre al colonnello Calcagno, da me inviatogli per assumere informazioni sulle condizioni del suo Corpo d'armata e sui suoi bisogni. La rotta di questo Corpo  fu quella che determinò la rottura del fronte dell'intero Esercito. E il Badoglio la passa liscia! Qui c'entra evidentemente la massoneria e probabilmente altre influenze, visto gli onori che gli hanno elargito in seguito. E mi pare che basti per ora!".

Pochi mesi dopo la lettera di Rutigliano, cioè il 7 novembre del 1925, ci fu l'attentato a Mussolini compiuto dall'ex deputato  Zaniboni. Badoglio che nel frattempo ha ottenuto proprio nel '25 la carica di Capo di SM, così scriveva a Mussolini: "Eccellenza, quale Capo di SM e collaboratore fedele del Governo nazionale, di fronte alla conferma che l'ex deputato Zaniboni, nel momento del suo criminoso tentativo, indossava la divisa di maggiore degli alpini, sento il dovere di protestare indignato in nome di quanti indossano l'uniforme di soldato d'Italia contro l'atto esecrando di chi, dimentico delle leggi dell'onore, cercò coi segni delle benemerenze del passato di rendere possibile la perpetrazione del più vile e odioso dei misfatti. Dio ha protetto Vostra Eccellenza e l'Italia. Nel palpito della nazione che in questi giorni vibrante di commozione e di esultanza le si è pressata affettuosamente d'intorno, vostra Eccellenza avrà certo riconosciuto e sentito vicino il cuore di quanti portiamo le armi al servizio della Patria. e, nel nome augusto del re, le siamo ossequientissimi e devoti. Suo devotissimo Badoglio".

Fa una certa impressione a distanza di quasi vent'anni, sentire dalle labbra del maresciallo parlare "delle leggi dell'onore". Ma ancora più impressione sapere che fra i primi collaboratori del Governo del Sud, a Bari dopo l'8 Settembre, sia stato chiamato al suo fianco proprio il fallito attentatore di Mussolini del 1925!!! E che per questo era considerato un eroe: Tito Zaniboni! A Zaniboni, Badoglio gli affidò il neonato Commissario per l'epurazione dei fascisti dagli uffici pubblici.

Nel 1940 era contrario con Ciano all'entrata in guerra a fianco della Germania di Hitler, poi con Mussolini cambiò atteggiamento, partecipò a quella guerra inutile sul confine francese, e finì poi a presiedere il suo secondo ("mutilato" e "osceno") Armistizio con la Francia. Colse anche qui il "successo di una sconfitta". Infatti l'Italia non ottenne nulla; solo una briciola, un anonimo porto in Africa.

Poi  gli andò ancora più male sul fronte greco albanese. Qui contrariamente a quanti scrivono che era contrario, Badoglio invece era inizialmente favorevole. Nella riunione del 15 ottobre '40, alle ore undici nella sala di lavoro di Mussolini a palazzo Venezia (esiste il verbale segretato stenografato dal segretario Colonnello Trombetti; presenti Ciano, Soddu, Jacomoni, Roatta, Visconti Prasca, Badoglio).

Risulta che alla riunione non era nemmeno presente un rappresentante della Marina.  Badoglio propose l'occupazione dell'intera Grecia, sostenendo che  "non dobbiamo fermarci all'Epiro (prevista l'occupazione in 10-15 giorni)  ma occupare la Candia e la Morea; le forze avversarie non dovrebbero presentare molte difficoltà e non sembra probabile  uno sbarco inglese a Salonicco".  Visconti Prasca: "Lo stato d'animo dei greci è profondamente depresso, non è gente che sia contenta di battersi".... "Questa operazione potrebbe consentirci di liquidare tutte le truppe greche" ..."è stata preparata fin nei minimi dettagli, ed è perfetta. Lo spirito delle truppe è altissima, l'entusiasmo al massimo grado; l'unica manifestazione di indisciplina è quella di eccesso di ansia di voler andare avanti e di voler combattere"... L'operazione è stata preparata in modo da dare l'impressione di un rovescio travolgente in pochi giorni".

Ma non era così semplice. Le cose si misero subito male. Iniziata in ottobre l'invasione con tre giorni di ritardo, già in novembre ci fu l'ordine di ripiegare. Il 3 dicembre l'esercito greco (quello che "non era contento di battersi") sferrava la controffensiva, e Mussolini fu costretto a chiedere la collaborazione tedesca.

Farinacci attacca pesantemente  sul suo foglio Regime fascista Badoglio per gli insuccessi della campagna greca. Il maresciallo il 4 dicembre è costretto a dimettersi, sostituito dal generale Ugo Cavallero.

Badoglio sembrava un uomo finito, quando nel 1943, il 25 luglio, eccolo a 72 anni, risorgere dall'oblio. Poi l'8 settembre, in pantofole e pigiama, persino infastidito (non) trattò la difesa di Roma (che a molti sembrò una vera e propria consegna di Roma ai tedeschi. In effetti a consegnarla fu il genero del Re, Calvi di Bergolo).

Infatti Badoglio, tutti i Savoia e il Quartier Generale, se la diede a gambe, verso Chieti.

Nell'ambiguità gli andò ancora una volta bene: poi sbaragliando (con la repressione) i suoi  avversari militari, riuscì perfino a impedire alle forze politiche di intervenire democraticamente nella guida del governo e a impedire a queste forze di costituirsi. Infatti non revocò le disposizioni che erano contro la costituzione dei partiti; non abolì neppure le leggi razziali; stroncò con l'esercito ogni manifestazione contro il suo governo e anche quelle contro il carovita e la borsa nera.

La repressione  della forza pubblica durante le varie dimostrazioni popolari fu dura, Badoglio colpì con estrema durezza. Vi furono 93 morti, 356 feriti, 3500 condanne, 30.000 arresti.

Il paradosso fu poi che chi volle restare fedele al giuramento fatto in precedenza al Re (che nel Nord non era decaduto - dentro nella RSI), veniva considerato "un fascista" da bandire. Ma nel Sud pure, i bandi di coscrizione erano nella sostanza gli stessi, e la renitenza e la diserzione  in entrambe venivano colpite. Il primo non era considerato un effettivo governo voluto dal popolo perchè in mano tedesca (ma statuariamente era ineccepibile) , e l'altro pure perchè in mano a un "bamboccio" voluto dallo stesso Re; che non aveva mai cessato fin dall'inizio del fascismo di essere il Capo delle Forze armate; compreso il giorno in cui nel 1940 l'Italia entrò in guerra accanto a Hitler. Fu lui a firmare la dichiarazione di guerra, non Mussolini, cui delegò solo il comando perchè lui era vecchio. Famosa la sua frase che andava ripetendo in giro nei quartieri generali nei giorni precedenti "gli assenti hanno sempre torto". E altrettanto famosa la sua intenzione di "scendere in campo in mezzo a voi". Cosa che fece, subito,  il mattino dopo; il giorno 11 era già in Piemonte a fare i proclami che riportiamo in altre pagine. (Mussolini appena fatta la dichiarazione di guerra, il Re apparve al balcone del Quirinale già in divisa e con la bustina sul capo; pronto a partire) 

La lotta fratricida quindi avveniva solo nella plebe ignorante, strumentalizzata da entrambi i due governi. Mentre nei posti chiave, in tutte le istituzioni, nelle prefetture, nella polizia, nella magistratura,  nei giornali, nelle banche, nelle industrie, rimasero al loro posto tutti; pur notoriamente compromessi con una fazione o con l'altra; ex fascisti, malvisti da nuovo Governo del Sud e antifascisti malvisti dallo stesso Badoglio, sia nel sud che nel nord. 

Certi soggetti c'erano prima, durante, dopo il 25 luglio e l'8 settembre, e rimasero al loro posto anche dopo il 25 aprile. Stragi di "Personaggi" nei "Palazzi" non ce ne furono; di "poveri disgraziati"   invece molte. Una mattanza fratricida fino al  luglio del 1945.

Il capolavoro di Badoglio doveva essere l'8 settembre; pensava persino di liquidare la dinastia Savoia, il Re e tutti i suoi avversari. Infatti chiese poi l'abdicazione del Re; che si accorse troppo tardi con chi aveva a che fare: "vuole comandare quel Badoglio solo lui". Il compimento di queste ultime operazioni molto ambigue di Badoglio si infranse poi l'8 giugno del 1945, con una decisione del CLN che lo trasformarono da primo ministro a semplice pensionato di lusso.

Quando TAYLOR, il coraggioso ufficiale che per primo entrò in forma clandestina in Italia e scese a Roma per conferire con Badoglio, Taylor uomo energico, comandante di un altrettanto impavido reparto, quello dei paracadutisti che doveva scendere su Roma e che incontrò Badoglio in piena notte il 7, rimase impressionato di vedere e di dover trattare la sorte dei suoi valorosi uomini -oltre che di Roma e dell'Italia- con un uomo decrepito come quello che gli stava davanti, in pigiama e pantofole dentro la sua villa dorata, sfuggente, ipocrita e ambiguo. Quando due giorni dopo gli dissero che era fuggito, Taylor  fece lo stesso identico commento di Hitler "da quell'uomo non c'era da aspettarsi altro".

Liquidato, defenestrato, screditato, Badoglio ebbe anche l'arroganza di dire in modo sprezzante ai presenti in quel famoso 8 giugno 1945: "Voi siete qui non perche' voi, che eravate nascosti o chiusi in conventi abbiate potuto fare qualcosa; finora, chi ha lavorato, assumendo le piu' gravi responsabilità, è questo militare che non appartiene a nessun partito". 

Andò poi a ritirarsi nella sua principesca villa e nelle sue tenute: i doni ricevuti dal fascismo. Morì nel 1956 a 85 anni. Nel lusso, ma solo! Metà Italia lo disprezzò, l'altra metà tacque.

Per due anni in giro per l'Europa circolò tra gli alleati  il verbo "to do not badogliate", che appunto era sinonimo di "non fare il doppio gioco...", cioè tradire, nel loro linguaggio comune: "tradire scioccamente, tradire per il gusto di tradire", secondo l'"Oxford dictionary".

Del resto proprio Eisenhower nelle sue Memorie, La crociata in Europa, scrive che anticipò di persona l'annuncio dell' Armistizio a Radio Algeri "perchè non mi fidavo della parola datami da Badoglio". Che infatti ritardò a diffonderlo. Ma ormai altro non poteva fare. Poi mentre il disco alla radio veniva ripetuto ogni quarto d'ora, Badoglio si stava preparando alla fuga.

Lasciando 51 divisione allo sbando con 457.000 uomini di cui 25.000 ufficiali; circa 60.000 uomini nella sola Roma. Che furono in poche ore e disarmati dai tedeschi; e chi si opponeva ucciso a cannonate (come a Trieste, o a raffiche di mitragliatrici come a Cefalonia). Una mattanza annunciata. E c'è anche il dubbio che fu voluta di proposito.

 

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