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INDICE GENERALE


1 - UN PO' DI STORIA....:

1.1 -
Dalla Colonizzazione al periodo Romano
1.2 -
Tradizioni religiose di ieri e di oggi
1.3 -
Economia Antica
1.4 -
Il santuario di Athena di Punta della Campanella
1.5 -
Ulisse, Athena e le Sirene
1.6 -
Le ville romane costiere della Penisola Sorrentina
1.7 -
Archeologia Marina
1.8 - Le torri costiere


2 - 
PAESAGGIO MARINO:

2.1 - La Costa
2.2 - Vervece Zona "A"
2.3 - Vetara Zona "A"
2.4 - Ricerca e didattica

2.5 - Paesaggio e Flora terrestre
2.6 -
Avifauna
2.7 -
Escursioni
2.8 -
Interazione tra l'area protetta e le attività economiche locali

3 -
CARTINA, NUOVA VINCOLISTICA E PUBBLICAZIONI:

3.1 - Nuova Vincolistica
3.1.1 -
Zona A di Riserva Integrale
3.1.2 -
Zona B di Riserva Generale
3.1.3 -
Zona C di Riserva Parziale
3.2 -
Notizie Utili
3.3 -
Libri e Pubblicazioni 

 

1 - UN PO' DI STORIA...


1.1 - Dalla Colonizzazione al periodo Romano

L'area compresa tra il fiume Sarno e Punta Campanella dall'VIII sec. a.C. vede la presenza di una comunità di villaggi indigeni che verso la metà del VI secolo a.C. si sposta sulla costa (Pompei-Stabia) e negli scali commerciali della Penisola Sorrentina, punti di passaggio dei traffici etruschi.

Verso la fine del V sec. a C. tutta la Campania cade progressivamente in mano agli Osco-Sanniti, popolazioni italiche che discendono dai monti del Sannio, e, da Cuma a Poseidonia (Paestum), l'unica isola di grecità rimarrà Neapolis, fondata dagli Eubei (primi colonizzatori greci d'occidente). Dalla fine del IV comincia la penetrazione romana che sarà definitiva dal 90/80 a.C.  

Con la romanizzazione si assiste ad una grande opera di trasformazione del territorio. L’impianto urbano sorrentino, risalente al periodo osco-sannita, riceve un nuovo assetto con la monumentalizzazione di alcune insulae dove sorgono terme, teatro, foro ed edifici pubblici annessi. Il territorio si popola di ville rustiche legate alla produzione del rinomato vino sorrentino e di fornaci per la produzione di anfore (molto richieste) e calici.
Da Vico Equense a Punta Campanella e oltre, una massiccia opera di edificazione, come del resto in tutto il golfo di Napoli, ebbe luogo in tutti i punti più panoramici della costa, dove sorsero grandiose ville di famiglie di aristocratici romani
Al posto di queste ville, furono edificate nel XVI secolo molte delle delle torri di avvistamento contro i saraceni. Altre videro in seguito il sorgere di monasteri, o di ville private. Presso le ville rustiche, disseminate nel territorio, sorsero invece dal Medio Evo, e più marcatamente dal XVI, secolo i primi nuclei dei vari casali.

   

  1.2 - Tradizioni religiose di ieri e di oggi

Le fonti documentano la cerimonia della libagione (versando vino pregiato in mare) fatta dalle navi che passavano davanti al santuario di Athena nelle bocche di Capri e di ammainamento delle vele in segno di devozione. Oggi i nostri naviganti (per la maggior parte ufficiali della marina mercantile) i cui avi sparavano colpi di cannoni, suonano le sirene di bordo per salutare i loro Santi Protettori (Meta, Piano, Sorrento) perpetuando in modo diverso una antica usanza. Questo atavico rapporto tra la terra e il mare, che coinvolge anche la sfera religiosa, si perpetua anche nelle numerose processioni dei santi sul mare a Positano e in Penisola Sorrentina, in modo non dissimile di quanto sembra avvenisse a Pompei con le processioni di Iside sul fiume Sarno.

 

 

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1.3 - Economia Antica

I monti che costituiscono la dorsale della penisola erano chiamati dagli antichi Monti Sireniani e dai romani Monti Lattari (nome che ancora oggi conservano) con un esplicito riferimento alla produzione di latte e formaggio, come nell’altro nome documentato: Taurobulae ‘che nutrono tori’. La pregiata carne dei vitelli della penisola, e in particolare di Massa, è decantata anche in vari scritti cinquecenteschi.

Il mare era molto pescoso e a Roma si consigliava di comprare lo helops (= pesce spada o storione) a Sorrento.

Decantati nelle fonti antiche sono i colli sorrentini ricchi di vigneti su pergolati che producevano il famoso Surrentinum esportato in molti porti del Mediterraneo. Controversa era la sua qualità: aspro e forte; passito; poco digeribile; consigliato ai convalescenti per la sua delicatezza, ma con conseguenze letali per il convalescente che ne abusava; raffrenava i catarri delle

viscere e dello stomaco e non ‘andava alla testa’; rivaleggia con il Falernum, perchè  sopportava l'invecchiamento e giungeva a maturazione dopo 20/25 anni e allora diventava digeribile. Secondo l'Imperatore Tiberio (che lo definiva nobile acetum) i medici si erano messi d'accordo per nobilitare il vino sorrentino, ma probabilmente egli non aveva avuto la pazienza di attenderne la maturazione.
Questo vino migliorava le sue qualità se conservato nelle anfore sorrentine di cui è attestata una vasta produzione, e la cui argilla era decantata come 'terra odorosa'. Come le anfore per conservarlo, erano anche famosi i calici fittili sorrentini, nei quali Marziale consigliava di berlo.

Molto decantata è anche la bellezza del paesaggio e del clima dolce e salubre sotto la carezza dello Zefiro.

 

   

 

1.4 - Il santuario di Athena di Punta della Campanella

L’orizzonte cultuale nel quale si inserisce il culto di Athena di Punta della Campanella è un orizzonte che “integra terra e acqua, litorale e mare aperto in rapporto alle esigenze ideali della navigazione”. Il culto può “legittimamente considerarsi rivolto al patrocinio dell’accesso marittimo del Golfo sin dall’età arcaica. Athena del resto è effettivamente idonea a sovrintendere alla navigazione quanto ad abilità pratica ed intelligente, tecnica sagace della rotta e del passaggio”. Il rapporto privilegiato intrattenuto dalla dea con il fondatore mitico del suo santuario sorrentino, Odisseo, è indicativo in tal senso.

Sul famoso santuario di Athena di Punta della Campanella, la cui fondazione  mitica è attribuita  a Odisseo (Strabone, V, 247), esisteva fino ad un decennio fa una scarsissima documentazione, tanto da indurre qualche studioso a loca- lizzarlo,  senza alcun fondamento probante, in punti diversi del territorio di Massalubrense. In anni recenti la frequentazione cultuale del promontorio è  stata ampiamente documentata dalla metà del VI secolo alla prima metà del II secolo a.C. senza alcuna soluzione di continuità.

I vasi rappresentati nella stipe votiva (deposito degli ex voto) sono essenzialmente legati al rito della libagione che per la Campanella è documentato dalle fonti (Stazio, Silv., III, 2,22).  Ben rappresentati sono anche contenitori e oggetti connessi con il servizio del santuario. E' ormai certa la pertinenza della stipe votiva all'Athenaion e l'ubicazione del santuario stesso che Strabone (I, 22 - V, 247) colloca proprio sull'estremità del promontorio e cioè nel punto in cui è più breve il traghetto per Capri. Definitiva conferma alla localizzazione del santuario di Athena sulla punta estrema del promontorio di Punta Campanella è venuta infine dalla eccezionale scoperta (1985) di un'epigrafe rupestre in lingua osca della prima metà del II sec. a.C. Si tratta di un’iscrizione di carattere pubblico che menziona tre meddices Minervii (magistrati di Minerva) che appaltano e collaudano i lavori dell'approdo/scala di levante che conduce al santuario Il restauro dell’approdo è probabilmente da mettere in rapporto con l’arrivo da Roma nel 172 a.C. (Livio XLII, 20, 1-3) di una deputazione del Senato romano che, così come avevano stabilito i Decemviri dopo la consultazione del Libri Sibillini, doveva procedere a sacrifici propiziatori in onore di Athena in conseguenza di un prodigio verificatosi sul Campidoglio.

Il vuoto di documentazione a partire dalla seconda metà del II sec. a.C. dimostrerebbe che il culto di Athena cadde nell'oblio durante gli ultimi anni della Repubblica, anche se il nome latino della dea continuò a caratterizzare il promontorio, come si legge nei documenti medievali che riguardano la Torre di avvistamento, in Boccaccio (Dec. V, 6) e nei vari portolani fino al '700.

 

 

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1.5 - Ulisse, Athena e le Sirene

Proprio all’eroe dei nóstoi per eccellenza, Odisseo, e alle sue peregrinazioni neMediterraneo, durante il ritorno da Troia a Itaca, sono legati due dei miti localizzati dalle fonti antiche nell’attuale territorio del Comune di Massa Lubrense: il culto delle Sirene (Isolotti ‘Li Galli’, antiche Sirenuse) e la fondazione del santuario di Athena (Athenaion di Punta della Campanella).

Le Sirene (uccelli dal volto di donna) trovarono sulle bocche di Capri la loro collocazione ideale per l’immaginario greco essendo esse legate ad una situazione liminale tra terra e acqua, a punti cruciali di passaggio, al dominio sugli elementi atmosferici e in particolare al controllo delle condizioni e degli elementi essenziali alla navigazione. Queste saghe sulle Sirene dovevano essere parte del patrimonio tradizionale dei naviganti protagonisti delle prime spedizioni occidentali.

Esse avrebbero avuto un tempio in un luogo ancora controverso della penisola (per alcuni la suggestiva Baia di Ieranto, per altri il versante napoletano della penisola). Il luogo mitico delle Sirene è rappresentato dagli isolotti 'Li Galli', Sirenuse per gli antichi. Qui le Sirene, secondo Licofrone, non essendo riuscite ad attirare Odisseo, si gettarono in mare e i loro corpi furono trasportati dalle onde una a Terina (Ligeia) una a Punta Licosa (Leukosia) e l'altra a Napoli (Parthenope).

Risalgono, secondo recenti studi, a rielaborazioni degli Eubei di Cuma, sia l’importazione del mito delle Sirene in penisola, sia la mitica fondazione del Santuario di Athena da parte di Odisseo, sia la tradizione della fondazione mitica di Sorrento da parte di Liparos, figlio di Auson, che, partito dall'Italia fondò Lipari e diffuse l'agricoltura nelle isole vicine; in vecchiaia, preso dalla nostalgia e aiutato dal genero Eolo (un greco), riconcquistò le terre intorno Sorrento dove fu tenuto in grande onore e la sua tomba sarebbe divenuta oggetto di culto.

Tale fitta trama di referenti mitici e funzionali va intesa nel senso di un “processo di ‘appropriazione’ e ‘controllo’, di un intero orizzonte territoriale”.

 

 

1.6 - Le Ville  Romane costiere della Penisola Sorrentina

Già dal I sec. a.C. si assiste al sorgere in tutti i punti più panoramici della costa di ville romane costruite dalla élite romana che fin dal secolo precedente aveva eletto come luogo di otia e di villeggiatura il golfo di Napoli. La imponenza e il lusso di queste dimore aristocratiche sorrentine è documentata da alcuni ritrovamenti degni della capitale.

Le terrazze sul mare della villa di Pipiano (a sinistra del convento della Lobra a Massalubrense) erano impreziosite da una lungo ninfeo nel quale si specchiava un grandioso mosaico articolato sulla parete di contenimento (lunga circa 15 metri) in una ritmica successione di nicchie e pilastri decorate con vedute di giardini, candelabri, maschere, pesci, uccelli e incrostazioni di conchiglie.

La villa di Pollio Felice, con ambienti rivolti verso tutte le viste del golfo, aveva uno splendido portico costituito da colonne monolitiche in marmo che portava dal promontorio alla marina e un tempietto dedicato ad Ercole sul punto estremo del promontorio dove si vedono ancora le tracce dell’approdo.

La villa di Agrippa Postumo a Sorrento (hotel Syrene) e quella del convento dei Cappuccini a S. Agnello (hotel Corallo) esibiscono ancora oggi gli imponenti resti di piscine per l’allevamento dei pesci e di ninfei rivolti verso il mare arricchiti da cascate d’acqua. Al Capo di Sorrento la dependance marittima della domus, che era più a monte, è essa stessa una grandiosa villa con una vasca naturale utilizzata anche come approdo protetto.

Molte altre ville erano sul versante del golfo di Napoli, come quelle del Portiglione e di Punta San Lorenzo a Massalubrense, dell'hotel Vittoria a Sorrento e del Pizzo a S. Agnello.

La villa sulla Punta della Campanella, preceduta da un portico colonnato verso sud-ovest, circondata da esedre disposte verso i punti più panoramici, provvista di un faro nella parte più alta e disposta a terrazze, fu con relativa certezza costruita in funzione di guarnigione militare, in concomitanza con il trasferimento della corte imperiale romana a Capri da parte di Tiberio tra il 27 e il 37 d.C. Qui giungeva la Via Minervia che proveniva da Nuceria e che fu probabilmente lastricata proprio agli inizi del I secolo d.C.

Sul versante amalfitano, a parte alcuni ruderi a Marina del Cantone e a Crapolla, troviamo due ville sulle isole. Sul Gallo Lungo la casa attuale ricopre l’antica costruzione romana, ma sono ancora visibili i resti delle cisterne e dell’approdo, mentre di fronte (sulla Castelluccia) sopravvive lo scivolo, tagliato nella roccia, per tirare a secco le imbarcazioni. Della villa sull’isolotto d’Isca si conservano le calate a mare e i ninfei ricavati in anfratti naturali. 

 

 

1.7 - Archeologia Marina  

I fondali della penisola, nonostante le continue spoliazioni avvenute maggiormente in quest’ultima metà del secolo, sono ancora ricchi di preziose testimonianze della frequentazione e del commercio antico. Dalle fonti sappiamo che anche una flotta romana con a bordo Giulio Cesare fece naufragio presso la punta e che molte navi affondarono. Numerosi relitti di navi romane e preromane sono localizzati presso la secca in prossimità dell’isolotto  di Vetara, ai Galli, alla Punta della Campanella e al largo della costa di Massalubrense. Anfore etrusche, ionico-massaliote, greco-italiche, romane, africane e medievali vengono continuamente dragate dalle reti a strascico, oltre a ceppi d’ancora e scandagli in piombo e ancore di pietra. Nei bassi fondali in prossimità degli approdi delle ville romane vi è una gran quantità di reperti e di elementi architettonici in marmo.

Le acque della Penisola Sorrentina, a differenza di quelle della Grotta Azzurra, di Cuma e di Pozzuoli, non hanno mai attirato l’attenzione degli archeologi e la ricerca archeologica subacquea in questa parte della costa campana stenta a decollare. Eppure, oltre a reperti disseminati un po’ dovunque, l’area del Parco Marino offre anche strutture marittime, emerse e sommerse, degne di attenzione ed esplorazione.

 

 

1.8 - Le Torri Costiere

Le torri di avvistamento, che caratterizzano tutte le coste del Regno di Napoli furono volute dal vicerè Don Parafan de Ribera e realizzate per la maggior parte durante il  viceregno di Don Pedro di Toledo. In Penisola Sorrentina furono costruite, a spese degli abitanti, dopo la terribile invasione di Massa e Sorrento da parte dei Turchi nel 1558. In quel periodo furono anche ricostruite e adeguate ai tempi la torre trecentesca dei Galli e quella coeva di Punta Campanella.

 Esse sono disposte in modo che ognuna sia in vista delle due vicine, talché in caso di pericolo dal mare si facevano segnalazioni con il fuoco di notte e con il fumo di giorno, e tali segnali venivano poi ripetuti a catena di torre in torre, mentre da alcune di esse (cosiddette 'torri cavallare') partiva un guardiano a cavallo per mettere in allarme gli abitanti dei casali.

 

 

 

 

 


Testi di: A. Coppola, A. Fienga, M. Gargiulo, M. Nicolosi, M. Russo

Per le Foto si ringrazia il dott. Antonio Coppola


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