BULLISMO...SOLO OGGI?
Abbiamo capito tutti di che cosa
si tratta: un comportamento ardito giovanile che ha assunto i connotati
di criminalità bella e buona, come nel caso dei maltrattamenti
nei confronti di un diversamente abile da parte dei compagni di
scuola ed il relativo filmato diffuso su Internet. Nei dizionari
di casa non ho trovato il termine bullismo. La voce più vicina
è stata bullo. Dicesi di giovane spavaldo, prepotente, violento,
teppista, definizione quest’ultima di chi opera al di fuori
della legalità. Il fenomeno sta assumendo connotazioni rilevanti.
L’arida legge dei numeri riporta che un ragazzo su due subisce
violenze verbali e fisiche ed è al 30% vittima ricorrente.
Per porre rimedio a questo stato di cose bisognerebbe individuare
i valori portanti della società. La grande svolta è
avvenuta con la rivoluzione del 68. Il tentativo di abolizione dell’autorità
ha determinato confusione di ruoli e soprattutto ha introdotto un
concetto di egualitarismo che riconosce più diritti che doveri.
Per restare nell’ambito scolastico, l’esigenza di un
rinnovamento attraverso una partecipata democrazia, ha sminuito
la figura dell’insegnante e aperto le porte alla contestazione,
talvolta fine a se stessa. Prima del 68 vi posso assicurare che
episodi di “prese in giro”, e di arroganza si verificavano
sia nei confronti dei compagni di classe, sia degli insegnanti.
La chiamavano esuberanza giovanile ed era indirizzata verso i più
vulnerabili, spesso i più bravi. Se l’insegnante non
riusciva a controllare la situazione, interveniva il preside per
mettere fine “perentoriamente” a questi comportamenti,
ricorrendo anche alla punizione. La famiglia mai avrebbe avversato
un giudizio così autorevole poiché, assieme alla scuola,
concorreva nella formazione del giovane. Oggi si legge di studenti
che saltano sulla scrivania del docente e se questi reagisce, come
sarebbe suo dovere, rischia una denuncia. Abbiamo fatto dei figli
oggetti di culto, cercando di rimuovere dalla loro esistenza qualsiasi
difficoltà; per stimolarne la creatività li abbiamo
abbandonati davanti ad un televisore dotato di console per videogiochi
fino alla dipendenza. Il cellulare è stato il pretesto per
rintracciarli in ogni momento, poi, quando si sono ritrovati il
videotelefonino tra le mani, la tentazione di diffondere le proprie
angherie nella rete non ha avuto ostacoli. Proverei a fermarmi qui
anche per non dipingere una situazione più catastrofica di
quella reale. Anch’io mi sono rivolto alla rete per cercare
una traduzione inglese del termine bullismo ed ho avuto come risposta
“bullismo”. Avrei immaginato una derivazione da “bull”,
toro per gli inglesi, nell’atteggiamento caratteristico del
sovrastare. Sorpresi? Non credo: uomini ed animali ogni giorno sono
alle prese con gli istinti. Per controllare il toro ci mettiamo
un anello alla narice, per i nostri ragazzi ci vuol altro che un
orecchino.
Tiziano Biasi - dicembre 2006
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