L'ATTACCO A PEARL HARBOR

(7 DICEMBRE 1941)

"Tora! Tora! Tora!"


L'ARIZONA LA CALIFORNIA

L'ATTACCO A PEARL HARBOR VISTO DAGLI AMERICANI


LA PERLA FIDUCIOSA DEL PACIFICO

(TRATTO DA "LA GUERRA DEL PACIFICO" DI B. MILLOT)

Sin dalla primavera del 1941, tanto alle Hawaii quanto a Washington si parlava ovviamente molto di una possibile guerra. 

Le relazioni diplomatiche nippo-americane continuarono a peggiorare sempre più e, nella seconda quindicina di novembre, l'ipotesi di un conflitto divenne certezza pur continuando ad apparire assai remota. 

In realtà, era impossibile credere che i giapponesi, attratti dall'Indonesia, potessero essere forti abbastanza per svolgere simultaneamente varie operazioni : si riteneva che la potenza militare nipponica fosse appena sufficiente per un' offensiva verso sud.


Il preavviso di guerra del 27 novembre convalidò tale opinione. I militari americani erano convinti che la guerra vi sarebbe stata, ma non
prima che gli Stati Uniti fossero completamente pronti.


Gli ufficiali, come del resto la truppa, pensavano che le isole Hawaii distassero troppo dal Giappone per poter essere disturbate, ed era inimmaginabile che i giapponesi fossero così insensati da attaccare la potentissima base aeronavale di Pearl Harbor. 

Le Hawaii erano considerate in genere un'oasi di pace ai margini di una guerra lontana nel tempo e nello spazio.


D'altra parte, come non pensarla così? Per i militari americani di tutte le armi, Oahu era la guarnigione sognata nella quale bisognava andare
almeno una volta per ammirare gli incanti delle magnifiche spiagge di Waikiki, dell'acqua limpida, delle palme da cocco, delle passeggiate, dei bar, dei dancings e delle graziose fanciulle di Honolulu. 

Si trattava del simbolo stesso del piacere e della distensione. Bisognava essere pazzi per sovrapporre a tutto ciò immagini di guerra. Tale era la psicologia americana in generale e di Pearl Harbor in particolare.


Se un pericolo esisteva, esso si profilava sul posto. Infatti, i servizi di informazioni avevano inviato ai capi responsabili delle Hawaii, sin
dai primi giorni di dicembre, il seguente messaggio: "Le trattative con il Giappone sono arrvate a un punto morto. Ostilità possibili. Aspettarsi un'azione sovversiva".


Per il generale Walter Short, comandante dell'esercito locale, i dispaccio confermava i suoi timori. Egli temeva infatti, già da tempo, un'insurrezione da parte dei 158.000 residenti giapponesi alle Hawaii, e, allo scopo di impedire possibili sabotaggi, egli fece assumere determinati provvedimenti miranti a rafforzare la sorveglianza degli impianti militari e, in modo particolarissimo, di quelli dell'aviazione. 

Gli aerei furono riuniti ala contro ala al centro degli aeroporti affinché un cordone di  sentinelle potesse meglio sorvegliarli. 


Dal canto suo, l'ammiraglio Husband E. Kimmel, capo della flotta del Pacifico, aveva ricevuto lo stesso avvertimento, redatto però in termini più allarmanti. 

L'ammiraglio Kimmel aveva reagito pressappoco come il suo collega dell'esercito per quanto concerneva gli aerei della marina, senza però ritenere necessario adottare disposizioni eccezionali per le navi in rada, le quali si trovavano agli ormeggi consueti. 

Le navi di linea, orgoglio della flotta del Pacifico, erano ancorate a due a due lungo l'isola Ford, in quello che veniva allora denominato c il viale delle corazzate .


Le due portaerei americane si trovavano in mare. Il gruppo 12 della Lexington stava sbarcando aerei nell'isola di Midway e sarebbe rientrato alla base soltanto all'inizio della settimana successiva. 

Il gruppo 8 dell'Enterprise, con 3 incrociatori pesanti e 9 cacciatorpediniere, era andato a lasciare 12 caccia Grumman Wildcat, con i rispettivi equipaggi e meccanici, nell'isola di Wake e sarebbe dovuto essere di ritorno il 6 dicembre sera; ma l'avaria di un caccia torpediniere di scorta lo fece tardare di una quindicina di ore.


A parte queste disposizioni, regnava un'atmosfera di fiducia e il numero  delle franchigie accordate agli equipaggi era quello del tempo di pace. 


Nella cornice incantevole del week-end hawaiano, saturo di piaceri e di allegria, alcuni rari ufficiali che continuavano ad essere preoccupati
formavano un contrasto paradossale. Le loro inquietudini si basavano  su indizi disgraziatamente trascurabili, più vicini ai presentimenti che 
alla certezza. E, non senza grande indignazione da parte loro, non venivano presi sul serio in alto loco.

La notte era bella e serena. 

Dalle alture circostanti si scorgeva la flotta in rada, scintillante di mille luci; più lontano, una luminosità multicolore tradiva la presenza di Honolulu e ovunque accordi musicali si mescolavano al profumo dei fiori esotici.

L'ATTACCO A PEARL HARBOR 


L'ATTACCO A PEARL HARBOR VISTO DAGLI AMERICANI


FOTOGRAFIE: U.S. NAVY


FOTOGRAFIE: MARINA IMPERIALE


MAPPE DELL'ATTACCO DI PEARL HARBOR


LE FORZE IMPEGNATE


GIUDIZIO FINALE DELLO SHINANO


KIDO BUTAI


LE PIU' GRANDI BATTAGLIE NAVALI


NAVI DA GUERRA


PORTAEREI NELLA STORIA

PORTAEREI NELLA STORIA - LE PIU' GRANDI BATTAGLIE NAVALI - L'ATTACCO DI PEARL HARBOR -