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Fusaro, Miseno, Lucrino e Averno: natura, storia e mito

Il Real Sito Borbonico del lago Fusaro (Bacoli, Napoli)

La natura e la storia. Fusaro, Miseno, Lucrino, lago Patria: ecco i nomi di quel che resta del susseguirsi ininterrotto di specchi d'acqua che caratterizzavano  il litorale flegreo-domiziano compreso fra le porte occidentali di Napoli e la foce del fiume Volturno, nel Casertano. A questi specchi d'acqua, i cui nomi sono legati alla storia ed alla leggenda della tradizione classica greco-romana, si aggiunge il lago d'Averno che, pur trovandosi spostato verso l'interno rispetto agli altri, è collegato al mare per mezzo di un canale e, quer questo, come stabilisce il codice della navigazione, rientra nelle pertinenze del demanio marittimo. Fino alla seconda metà del secolo scorso a questi cinque bacini idrici se ne aggiungevano altri due: i laghi di Agnano e di Licola, prosciugati e canalizzati nell'ambito di interventi di bonifica indiscriminata che hanno finito con l'impoverire il territorio per ricavare suoli oggi divorati sistematicamente dalla speculazione edilizia.

Averno, porta degli Inferi. Il lago d'Averno, detto anche Cannito, si trova - in territorio del comune di Pozzuoli, Napoli - a 40 centimetri sul livello del mare. Le guide turistiche lo presentano come uno specchio ellittico di acque immote e cupe, cinto da ripide pareti boscose, in parte coltivate a vigneti. Una descrizione influenzata da antiche suggestioni: le acque, infatti, non sono immote perchè vengono costantemente agitate dalle eliche di potenti motoscafi che, operando nell'ambito di un centro nautico istituito sulle rive, hanno libero accesso nel lago, pur sconvolgendo inevitabilmente quel che resta degli antichi canneti ripuari e seminando il terrore fra le centinaia di folaghe e di altri uccelli acquatici che hanno nell'Averno uno dei loro più importanti punti di riferimento del territorio. Le ripide pareti che cingono il lago sono sempre meno boscose e sempre più punteggiate di costruzioni realizzate in barba alla legge. Infine, una nota positiva: per fortuna, il colore delle acque non è cupo, come vuole la tradizione classica, ma spesso caratterizzato da una suggestiva intonazione verde smeraldo. La solenne severità del paesaggio, il silenzioso raccoglimento e le forme singolarmente regolari delle sponde spinsero gli antichi a considerare il lago come l'ingresso degli Inferi: questa credenza trova un'eco nella poesia virgiliana ed, in particolare, nel VI libro dell'Eneide che parla della discesa del principe troiano Enea nell'Oltretomba, accompagnato dalla Sibilla Cumana, nell'intento di incontrare il padre Anchise, che avrebbe dovuto rivelargli il futuro suo e della sua gente. Nei pressi dell'Averno, inoltre, si supponeva l'esistenza del paese dei Cimmeri, il favoloso "popolo della notte", sul cui territorio - come si legge nel VI libro dell'Eneide - non sorgeva mai il sole. Dal punto di vista fisico, ecco l'identikit di questo leggendario lago: superficie 55 ettari, perimetro 2,86 chilometri, profondità massima 34 metri. Si tratta di un esempio tipico di cratere-lago. Fatta eccezione per il lato di sud est, l'Averno è circondato da pareti formate da tufo trachitico, dove sono presenti alcuni giacimenti di leucite. Pare che in passato vi fossero delle esalazioni di idrogeno solforato o di acido carbonico talmente intense da rendere impossibile la vita agli uccelli. Di qui l'origine del nome Averno, che deriverebbe da Aornum,  termine indicante, per l'appunto, una località senza uccelli. All'inizio dell'impero romano, le sponde erano coperte di fitti boschi che servirono a Marco Vipsanio Agrippa per ottenere il legno necessario a costruire una imponente flotta di cui il lago stesso divenne cantiere, porto e base strategica, dopo che fu tagliato un largo canale che lo poneva in collegamento con l'antistante lago Lucrino e con il mare. L'Averno, in quel periodo, divenne il Portus Julius, messo in comunicazione con la munitissima roccaforte di Cuma affacciata sul mare aperto di fronte alle isole di Ischia e Procida per mezzo di una galleria militare conosciuta come Grotta di Cocceio. Le lodi rivolte al Portus Julius da Virgilio e da Orazio non riuscirono ad assicurargli lunga vita e fortuna. Dopo pochi decenni dalla sua costruzione, la base della flotta imperiale romana dovette essere trasferita: il continuo insabbiamento del canale e gli effetti del bradisismo, infatti, resero ben presto inagibile lo scalo. Per l'Averno iniziò un lungo periodo di abbandono, mentre il comprensorio si andava sempre più caratterizzando per l'impantanamento delle acque e per il diffondersi della malaria. Dopo secoli, nel 1770, l'abate Ferdinando Galiano, ministro napoletano, propose al capo del governo borbonico, Bernardo Tanucci, di bonificare tanto l'Averno quanto il vicino lago di Lucrino, ripristinando il collegamento con il mare al fine di favorire il ricambio delle acque. La richiesta non ebbe una risposta immediata: fu necessario attendere il 1855, infatti, per vedere l'inizio dei lavori. Quell'anno il Re delle Due Sicilie, Ferdinando II di Borbone, decretò di riaprire l'Averno alla navigazione. Il sovrano sembrava particolarmente coinvolto nel progetto, tanto è vero che disegnò di suo pugno le tre scogliere che avrebbero dovuto proteggere i canali di collegamento dai marosi e dall'insabbiamento che aveva decretato il fallimento del Portus Julius.  I fatti del 1860 e la conseguente annessione al Regno piemontese provocarono l'interruzione dei lavori, da poco iniziati. Le opere realizzate furono abbandonate ed andarono distrutte.

Lucrino,divorato dal vulcano. Il Lago Lucrino (detto anche Maricello) è un azzurro specchio d'acqua salmastra - esteso per poco meno di 10 ettari, nel settore occidentale del Comune di Pozzuoli, Napoli - separato dal mare da una sottile striscia di terra: si tratta del relitto di una laguna costiera che era oltre cinque volte volte più estesa. A sconvolgerne l'assetto fu l'eruzione vulcanica del 1538 che diede vita al cratere del Monte Nuovo, a tutti gli effetti il vulcano più giovane d'Europa. Gran parte della laguna fu coperta dai materiali eruttati e venne cancellata dalla carta topografica della zona assieme al circostante villaggio di Tripergole. Il nome viene collegato al latino lucrum, in relazione agli ingenti guadagni che l'utilizzo del lago avrebbe consentito per l'allevamento del pesce e delle ostriche che vi veniva esercitato già dagli antichi romani. Questa attività sarebbe stata iniziata già nel I secolo avanti Cristo da Sergio Orata, tanto impegnato nelle itticultura che oggi una pregiata specie di pesci porta ancora il suo nome. Il Lucrino fu molto celebrato da Orazio (che chiamava lupus  le spigole, tuttora apprezzatissime sulle mense italiane), da Marziale e Giovenale, nei cui scritti si trova il riflesso della vita allegra e spensierata che i patrizi romani vivevano nelle loro lussuose residenze attorno al lago. Una diga romana, ancora oggi riconoscibile sui fondali marini antistanti il Lucrino, costituiva la base su cui fu realizzata la via Herculanea. Secondo una leggenda ricordata da Strabone, su questa via Ercole avrebbe fatto passare i buoi tolti a Gerione. La strada fu distrutta dal mare alla fine della repubblica e fu ricostruita da Vipsanio Agrippa all'inizio dell'era imperiale, quando la laguna di Lucrino costituiva il bacino esterno del Portus Julius collegato per mezzo di canali, da un lato, con il bacino interno dell'Averno dove venivano allestite e riparate le navi della flotta militare e, dall'altro, con il mare esterno del golfo di Pozzuoli. Attualmente il lago è collegato con il mare attraverso una piccola foce, nella quale confluisce anche il minuscolo canale che mantiene in contatto l'Averno con il mare. La natura vulcanica del comprensorio fa sentire spesso i suoi effetti anche attorno al Lucrino. Nell'agosto 1922, infatti, sulla sponda est del lago si manifestarono delle fumarole da cui fuoriuscì vapore acqueo misto ad idrogeno solforato: in pochi giorni morirono tutti i pesce presenti nello specchio lacustre. Morìe di pesci si sono avute in seguito, in diverse altre occasioni, ma a causarle è stata la scarsezza di ossigeno tipica dei periodi estivi in una laguna assai poco profonda.  Il Lucrino, al pari dell'Averno e di tutti gli altri specchi d'acqua collegati con il mare, appartiene al demanio marittimo: lo prescrive in maniera inoppugnabile il codice della navigazione. Nonostante questo, i due laghi sono stati arbitrariamente presentati come delle proprietà private e, come tali, abusivamente sfruttati. Coloro che si sono presentati come proprietari dei due specchi d'acqua si sono richiamati a pretesi lasciti di una badessa del convento napoletano di S.Chiara avvenuti nel XVIII secolo ed alla legislazione all'epoca vigente nei primi anni dell'800, come se questa potesse prevalere sulle leggi attualmente in vigore nell'attuale ordinamento. Per lungo tempo nessuno - ad eccezione della Feder-Mediterraneo, che ha sollevato il problema dinanzi alla magistratura - ha fatto obiezioni di fronte alle grottesche pretese dei sedicenti proprietari per cui tanto il Lucrino quanto l'Averno sono diventati oggetto di compravendite miranti allo sfruttamento turistico dei due laghi. Il Lucrino fu venduto negli anni '40 alla famiglia Schiano che ne sta consentendo l'occupazione e la manomissione delle sponde anche con la creazione di palafitte sempre più avanzate verso il centro del lago, su cui trovano posto ristoranti, nights e balere. L'Averno sarebbe stato venduto dalla famiglia Pollio ad una società di costruttori nel 1990 se la Feder-Mediterraneo non fosse insorta, promuovendo la mobilitazione dell'opinione pubblica contro un'operazione ritenuta assolutamente inammissibile. E' stato in questo contesto che nel febbraio 1991 il ministero per i beni culturali ed ambientali ha posto il vincolo monumentale previsto dalla legge 1089/39 sull'intero comprensorio del lago d'Averno. Successivamente, il governo ha esercitato il diritto di prelazione nell'acquisto del lago: un provvedimento severamente criticato dalla Feder-Mediterraneo, secondo cui lo Stato non può acquistare ciò che già gli appartiene.

Miseno: base della flotta romana Il Miseno - popolarmente indicato anche con il nome di Maremorto, per il suo secolare interramento - è una laguna costiera poco profonda posta in comunicazione con il cosidetto porto di Miseno per mezzo di una breve foce in località Casevecchie. Un altro piccolo canale, oggi interrato, congiunge la laguna con il mare aperto attraverso la spiaggia di Miliscola. La laguna occupa, al pari dell'attiguo porto di Miseno, il fondo di un cratere vulcanico. Gli antichi lo identificarono con la mitica Palude Stigia, sulla quale la barca di Caronte accoglieva le anime dei trapassati. Dopo la chiusura del Portus Julius, la laguna ed il bacino esterno - a partire dal 12 avanti Cristo e fino alla caduta dell'impero romano d'occidente - costituirono la base della Classis Praetoria Misenensis, cioè la flotta militare posta alle dirette dipendenze dell'imperatore di Roma che aveva il compito di tenere sotto controllo l'intero Mediterraneo occidentale. Le ricerche effettuate sulle epigrafi marmoree rinvenute nei Campi Flegrei, a Roma, in Grecia e in Macedonia hanno permesso di ricostruire l'armata navale che per tutta la durata dell'impero svolse la funzione di "scudo di Roma sui mari": a Miseno si trovava il nucleo principale e il comando generale della flotta, che poteva contare su una forza complessiva di oltre 300 navi divise tra la base misenate e i distaccamenti ubicati in Sicilia, nel Nord Africa, in Spagna e in Gallia.  Le unità navali avevano differente stazza e armamento: le più piccole erano le liburne (due ordini di rematori, prua e vela tonda con grande agilità nello schieramento di battaglia), le più grandi erano le esaremi (sei ordini di rematori con torri, catapulte e falariche). In mezzo si trovavano le triremi (nerbo della flotta romana, ricavate dal modello greco adeguato alle nuove esigenze), le quadriremi e le pentaremi. Il doppio bacino di Miseno era così utilizzato: il lago come cantiere d'armamento e luogo per lo svernamento invernale delle navi, il basino marittimo esterno come spazio per gli attracchi. Fra i due specchi d'acqua c'era un canale di collegamento, sormontato da un ponte di legno girevole che consentiva alternativamente il passaggio delle navi da un bacino all'altro e il collegamento stradale fra Misenum e Baiae.  A Miseno aveva i propri quartieri trincerati la Prima Legio Auditrix, la prima legione dell'esercito romano: 6.500 uomini addestrati al combattimento sul mare nella Scola Militum.  La flotta di Miseno era posta sotto il diretto comando dell'imperatore, che lo esercitava attraverso un prefetto, la cui sede si trovava fra le punte Pennata e Salparella. Fra gli ammiragli dell'armata navale misenate si ricordano Plinio il Vecchio (partito da Miseno per soccorrere le popolazioni colpite dall'eruzione del Vesuvio del 79 d.C. e morto soffocato per le esalazioni venefiche del vulcano) e Aniceto (che, per ordine di Nerone, fece uccidere la madre dell'imperatore Agrippina Minore). Le truppe imbarcate sulla flotta misenate erano considerate, in assoluto, quelle più fedeli agli imperatori romani: disponevano a Roma dei Castra Misenatium (accampamenti fortificati) e avevano il compito di tendere il velarium  del Colosseo. Nerone fece realizzare nel suo Palatium di Baia un Ebeterion, luogo di divertimento riservato agli ufficiali e ai marinai della Classis. La flotta di Miseno accompagnò l'ultimo imperatore d'occidente, Romolo Augustolo, all'isolotto di Megaris, presso Napoli, dove fu consegnato agli Eruli di Odoacre. Quindi si unì alla flotta di Ravenna per servire l'impero romano d'Oriente.

Acheronte, Sito Reale dei Borboni. Il lago Fusaro, 101 ettari di estensione, era il mitico fiume infernale Acheron per i greci di Cuma e la Palus Acherusia per i latini: si tratta di una palude salmastra di forma semicircolare, posta a 40 centimetri sul livello del mare, profondità massima di circa 8 metri, perimetro 4 chilometri.  Una bassa duna sabbiosa (estesa per quasi 100 ettari) la separa dal mare. Un tempo ospitava lecci e pini del bosco del Gavitello e rientrava in una riserva di caccia istituita dal Re delle Due Sicile, Ferdinando IV di Borbone. Tre sono le foci cui è stato assegnato il compito di di assicurare il ricambio delle acque della laguna con quelle provenienti dal mare aperto della Spiaggia Romana. La più antica è la Foce Vecchia, scavata dai romani, nella collinetta di tufo di Torregaveta su cui si trovano i resti dell'antica residenza del prefetto del pretorio Servilius Valius. Il canale presenta ancora rivestimenti di laterizio ed opera reticolata dell'antico impianto descritto da Seneca, che già parlava della pescosità delle acque del Fusaro. Un'altra foce si trova a nord: fu costruita dal governo borbonico nel 1859 per migliorare il ricambio delle acque lacustri. La terza foce - in omaggio alla sua collocazione, chiamata Centrale o di Mezza Chiaia - fu scavata tra il 1940 e il 1941. Per la sua estensione e la scarsa profondità, il Fusaro è stato da sempre considerato particolarmente adatto alla mitilicultura: conchiglie bivalvi e molluschi. Sopra un isolotto unito alle sponde del lago da un ponte di legno si trova il casino di caccia borbonico. Il compendio del lago Fusaro, che entrò a far parte del patrimonio del regno d'Italia dopo l'annessione delle Due Sicilie, passò al demanio statale. Il compendio del lago Miseno, fino al 1858 di proprietà dell'amministrazione reale del genio e successivamente dell'amministrazione generale dei dazi indiretti, fu anch'esso trasferito al demanio statale nel 1870. Per quanto concerne la loro gestione, quella relativa al compendio del Fusaro fu data in concessione all'amministrazione delle bonifiche dal 1863 al 1865. Successivamente, il lago e le superfici ad esso circostanti furono dati in fitto rispettivamente ad un privato ed alla casa reale fino al 1872, mentre durante il periodo compreso fra il 1873 ed il 1882 il lago fu gestito in economia dall'amministrazione del demanio. Dal 1882 al 1923 si alternarono nella gestione diversi operatori privati. Durante questo periodo il Fusaro conobbe particolare rinomanza per l'ostriculotura. Successivamente, la gestione dei compendi del Fusaro e del Miseno fu affidata all'ente morale scuola-asilo pescatori e marinaretti. Nella convenzione si stabilì di istituire un osservatorio idrobiologico con sede nella casina reale, alle dipendenze del ministero dell'economia nazionale. Per quanto riguarda il Miseno, negli anni compresi fra il 1870 ed il 1923 la gestione fu affidata dal demanio a dei privati.  La gestione del citato ente morale fu successivamente rilevata dalla società anonima azienda demaniale del Mar Piccolo di Taranto con la partecipazione agli utili netti da parte dello stato nella misura del 60%. Dopo l'ultima guerra tale concessione fu revocata ed i compendi del Fusaro e del Miseno, dopo un breve periodo di gestione da parte di un commissario prefettizio, nel 1945 furono dati in concessione al consorzio nazionale fra cooperative di pescatori ed affini che tenne i laghi per circa quindici anni.  Attualmente il Fusaro, come il Miseno, è amministrato dal Centro Ittico Campano, di cui è azionista il Comune di Bacoli.

  • Ll'itinerario didattico "Laghi dei Campi Flegrei" del programma "Scuola & territorio" della Feder Mediterraneo è esteso ad Averno, Lucrino, Miseno e Fusaro. Prima tappa nel Real Sito Borbonico del lago Fusaro. Sosta intermedia allo Chalet "Miseno" di Capo Miseno per ristoro e servizi. Durata 9,30-12,30.

Informazioni: Feder Mediterraneo, tel. 081-8540000 e 081-5795242, cell. 338-3224540 e 347-4475322, fax 081-8044268, e-mail feder-mediterraneo@libero.it


 Il Portus Julius tra Averno e Lucrino: nasce la flotta romana

Lungo la linea di costa da Pozzuoli al Portus Iulius si stendeva la famosa ripa puteolana, sprofondata in mare in seguito al bradisismo in età altomedioevale. Il porto di Puteoli e il porto Giulio costituivano un eccezionale sistema integrato di strutture portuali a fini commerciali, reso necessario dal contemporaneo enorme sviluppo del traffico marittimo di merci e derrate che confluivano nella città flegrea, con destinazione finale, per lo più, Roma.  

Linea di costa e orografia antica della Ripa Puteolana e del Portus Iulius (pianta ricostruttiva di G. Camodeca)

In effetti, il Portus Iulius, costruito, come si è detto, nel 37 a.C. da Agrippa e Ottaviano per le necessità contingenti della guerra contro Sesto Pompeo, conservò solo per pochi anni la funzione militare per la quale era nato; prima del 12 a.C., difatti, la flotta fu definitivamente spostata a Miseno e la struttura portuale del Lucrino convertita a scopi commerciali. I rinvenimenti di questi ultimi anni hanno dimostrato una continuità di vita fino al tardo impero (IV sec.) sia della ripa che del Portus Iulius.

Portus Iulius. Pavimento mosaicato (foto C Ripa).

 

Portus Iulius. Lucerne di epoca claudia (foto C Ripa).

 Non è ancora possibile una precisa ricostruzione delle vicende edilizie dell'area. Da rilievi aerofotogrammetrici se ne sono tuttavia identificati alcuni nuclei, tra cui il canale d'accesso al lago Lucrino, lungo circa m. 300 e terminante verso mare con grosse pilae; bacini e darsene siti all'interno del porto lagunare e separati da un molo di m. 110 di lunghezza; un'eccezionale serie di horrea, magazzini e tabernae posti lungo due strade parallele (la più interna delle quali prosegue rettilinea verso l'interno e probabilmente serviva come asse principale di disimpegno di questa zona portuale e di collegamento sia con la città che con la grande viabilità esterna). Infine, due grandiosi complessi su cortili rettangolari, il secondo dei quali d'impianto decisamente più tardo, con un orientamento del tutto diverso dalle costruzioni di epoca precedente; al suo interno si nota una grande struttura semicircolare di funzione incerta. Gli ambienti absidati che si identificano in entrambi i complessi si possono forse riferire a sedi di quei collegia e stationes di mercatores e navicularii d'origine peregrina di cui sono rimaste numerose testimonianze epigrafiche.

  • Il Portus Julius rientra nell'itinerario didattico "Laghi dei Campi Flegrei" del programma "Scuola & territorio" della Feder Mediterraneo, esteso ad Averno, Lucrino, Miseno e Fusaro. Durata 9,30-12,30.

Informazioni: Feder Mediterraneo, tel. 081-8540000 e 081-5795242, cell. 338-3224540 e 347-4475322, fax 081-8044268, e-mail feder-mediterraneo@libero.it


 

 

 

 

Bufali & mozzarelle nel Basso Volturno: un itinerario didattico da prenotare subito. Clicca sulla foto...

 

 


 

Lo "scudo di Roma" sui mari: ricostruiamo insieme la flotta imperiale di Miseno

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Il Regno delle Due Sicilie: 8 secoli di storia e di civiltà del Sud Italia

 

 

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Aggiornato il: 04 febbraio 2003