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La pasta: tanti padri, una sola madre. L'Italia

Andare indietro nel tempo per farsi una chiara idea sull’origine della pasta è una imprese molto difficile: nessuna scoperta, infatti, sembra aver mai avuto tanti aspiranti padri. La prima notizia attendibile la si  ricava da un cuoco dell’imperatore romano Tiberio, Apicio, che descriveva un timballo di lasagne. Ma, già nel IV secolo avanti Cristo gli etruschi conoscevano i segreti per preparare la sfoglia. Tanto è vero che in una tomba a Cerveteri sono riprodotti un matterello, il tagliere e, addirittura, la ruota dentata per rendere ondulato il bordo.

Secondo altre ipotesi, sarebbero stati gli arabi i primi a utilizzare la pasta secca come alimento, perché si conservava facilmente ed era, quindi, indispensabile alle popolazioni nomadi. Non a caso pasta in arabo si dice Itrya, parola molto simile a tria che, sia a Palermo  che a Genova, una volta indicava la pasta. C’è anche una leggenda, più fantasiosa, che fa risalire l’invenzione della pasta ai cinesi. La ricetta sarebbe stata trafugata da un marinaio di Marco Polo che si chiamava, guarda la combinazione, Spaghetti. Secondo un’altra leggenda, ripresa dalla scrittrice Matilde Serao, sarebbe stata Iovannella, una cuoca di Federico II, Re di Sicilia, a rubare la ricetta a un oscuro mago di nome Chico. Seguono tante citazioni nel corso del tempo: da Guglielmo di Maravalle a Iacopone da Todi, per non parlare di Giovanni Boccaccio. Tuttavia, bisogna arrivare alle soglie del Rinascimento per trovare nuovi documenti che parlano di impasti fatti con i piedi.

Nei secoli successivi, la pasta diventa piatto tipico della cucina siciliana e dei paesi del Mediterraneo. Intanto, la lavorazione, che era artigianale, lascia poco a poco il posto a una produzione semi-industriale: agli inizi dell’Ottocento comincia l’era moderna della pasta. Come si è visto sono in molti a contendersi l’onore dell’invenzione, ma, anche se al suo sviluppo hanno contribuito quasi tutte le civiltà del Mediterraneo, è proprio la cultura italiana che ha dato alla pasta caratteristiche esclusive e inconfondibili.

La pasta italiana ha fatto il giro di tutti i continenti. Non esiste paese che non le abbia concesso diritto di cittadinanza e sono veramente pochi i palati  che non si siano innamorati del suo gusto e del modo italiano di cucinarla. Insomma, la pasta italiana ha conquistato il mondo e può essere considerata l’ambasciatrice più amata del paese.

Un piatto completo. La pasta? Non è vero che fa ingrassare, non è vero che è un alimento incompleto e, soprattutto, non è vero che va mangiata rigorosamente a pranzo. Carboidrati a pranzo e proteine a sera è, dunque, un binomio da mandare in soffitta? “Questa faccenda delle diete dissociate è una menzogna di cui si nutrono milioni di persone in vena di perdere peso”, dice. Ha le idee chiare e non usa mezzi termini, il professor Pietro Migliaccio, libero docente di scienze dell’alimentazione all’Università di Roma, gastroenterologo ed esperto nutrizionista.

“Stiamo parlando di un alimento antichissimo, che fa parte della tradizione mediterranea e che ci ha permesso, e tuttora ci permette, un’alimentazione corretta”, prosegue, “e, dunque, bisogna affrontare l’argomento seriamente. Per cominciare, la pasta fornisce un buon apporto di proteine vegetali, tra l’11 e il 14% a seconda del tipo.  Un altro mito che cade… “. In altre parole, se mangiamo la pasta siamo a posto? Stiamo seguendo un regime alimentare corretto? Con qualche piccolo accorgimento si, poiché la pasta si può tranquillamente definire un alimento completo.

 “L’aminoacido più importante carente nella pasta”, continua il professor Migliaccio, “è la lisina. Ma, si tratta di una mancanza facilmente correggibile. Basta, infatti, aggiungere tonno, vongole, salmone o frutti di mare e il gioco è fatto. Anche il formaggio la contiene, dunque è sufficiente spolverare la pasta con pecorino o grana ed ecco che il nostro piatto di pasta diventa un piatto completo, sotto tutti i profili”. 

Ma, non è finita. La pasta nobilita anche i legumi, che sono carenti dell’amminoacido metionina. “Ebbene, preparando delle pietanze a base di pasta e legumi”, continua l’esperto, “che, a seconda dei gusti, possono essere con le lenticchie, i ceci o i fagioli, i due alimenti si completano a vicenda e le nostre necessità biologiche di proteine sono salve. Infatti, la pasta regala la metionina e riceve dai legumi la lisina”. La cosiddetta carne dei poveri, insomma.

Manca qualcosa all’appello… Carne e verdure. “Si, ecco i tortellini”, aggiunge il professore, “un passo avanti nel completare le caratteristiche, sin qui descritte, della pasta come piatto unico e succede con il ragù. Le verdure fanno lo stesso gioco del formaggio e ampliano le gamme dei sapori. E, poi, non dimentichiamo: stiamo parlando di un alimento con buona quantità di fibre, che, passaggio importantissimo, favoriscono le funzioni intestinali del nostro organismo”.

Completato l’apporto nutrizionale, eccoci al gusto. E qui gli italiani sono maestri nel settore della pasta, tanto che per questa, insieme al cappuccino e alla pizza, sono conosciuti in tutto il mondo. Ce n’è per tutti i gusti: varietà di forme, composizione, colori, integrale o meno, all’uovo. “Altra caratteristica importante”, aggiunge il nutrizionista, “è che, in relazione alle forme, si tratta di un alimento che si adatta a diversi e svariati condimenti. A seconda che si tratti di pasta liscia o rigata, grossa o sottile, ecco che il condimento si raccoglie nella pasta in maniera differente: e cambia il piatto! Ovvero, con lo stesso condimento e due diversi tipi di pasta, varia il sapore”. Che dire? Buon appetito. E senza più tanti timori.

Pasta? Energia concentrata. Dal punto di vista nutrizionale, si può considerare la pasta come pane concentrato. Contiene meno acqua del pane. Dunque, a parità di peso, presenta una maggiore quota di sostanze nutritive e un più elevato potere energetico. La pasta fornisce, con una spesa modesta, un buon apporto di carboidrati e di proteine e, quindi,  una importante quota di energia, anche se il valore energetico di un piatto di pasta varia molto a seconda del condimento scelto. In Italia e in altri paesi mediterranei, come la Francia e la Grecia, si impone che gli spaghetti (e, ovviamente, i rigatoni, le penne e tutti gli altri infiniti tipi di pasta derivati dalla tradizione e dalla fantasia creativa dei produttori, artigiani o infustrali che siano) vengano prodotti solo con la semola di grano duro per garantire la qualità, la tenuta alla cottura e il sapore della gloriosa pastasciutta.

In altri paesi europei e negli USA, invece, è consentito anche l’uso  della farina di grano tenero per la produzione della pasta. Il risultato è un prodotto che tende a scuocersi e a incollarsi. Una importante particolarità della pasta di semola di grano duro è che essa risulta di facile digestione. Infatti, è avida di acqua, tanto che in cottura quasi triplica il suo volume. Se cotta al dente, conserva tale caratteristica e, mentre attraversa l’apparato apparato digerente, è facilmente permeata dai succhi digestivi.

La farina di grano tenero, in Italia, serve per produrre pasta fresca, sia in casa, sia a livello industriale.  I prodotti industriali stanno registrando una significativa espansione dei consumi e, oggi, come confermano i rilevamenti dell’ISMEA, la pasta fresca occupa il terzo posto nella classifica dei primi piatti più amati dagli italiani, dopo la pasta secca e il riso. Duro o tenero che sia il grano, comunque, alla pasta rimane un’altra importante caratteristica: l’assunzione dei suoi carboidrati esercitano un’azione calmante, antidepressiva e facilitano la concentrazione del pensiero, dovuta alla serotonina  che i carboidrati stessi inducono a livello cerebrale.   

Ma, in definitiva, quanta energia è presente in una porzione standard di spaghetti? Presto detto, 100 grammi di pasta contengono: carboidrati complessi (amidi) al 70%-75%, proteine al 10-13%, acqua al 12% circa  e fibre al 2-3%  oltre a vitamine B1, B2 e PP e sali minerali. L'apporto calorico di  un etto  di pasta scondita è di 360 calorie. Un altro elemento positivo della pasta, e dei carboidrati in genere, è quello di rifornire l’organismo umano di energia pulita. In questo gruppo di alimenti, i grandi assenti sono, infatti, i grassi, accanto ad alcuni aminoacidi essenziali di origine animale e le vitamine A, C e D. La pasta non ha controindicazioni di sorta. E’ tanto più facilmente digeribile quanto più mangiata al dente, condita con sughi leggeri e ben masticata, la pasta fa bene ad anziani e bambini; aiuta i diabetici a mantenere il livello di zucchero nel sangue a valori più stabili. E, lungi dal far metter su pancia, al contrario è una buona alleata nei casi in cui si debba perdere peso, perché induce sazietà e regola le funzioni intestinali.

 

Ambasciatrice della dieta mediterranea nel mondo

Quasi la metà della pasta che viene prodotta in Italia è destinata ai mercati esteri, per cui la si può considerare come la più legittima e rappresentativa ambasciatrice della dieta mediterranea nel mondo: lo si ricava dalle statistiche messe a punto e diffuse dall’Unione industriali della pasta italiani. “Un mercato globale? Logico, per un alimento straordinario, a sua volta più che mai globale”, dicono non senza una punta di più che giustificato orgoglio all’UNIPI: a rendere vincente la pasta nel mondo è il suo passe-partout di caratteristiche uniche e inimitabili. E mai come in questi ultimi anni la capacità di superare confini culturali e geografici, innescando nuove tendenze di consumo, è stata propria della pasta e del suo background imprenditoriale. Non è un caso che l'incidenza della domanda estera sul prodotto italiano (il primo al mondo) abbia superato il 45 % e si avvii a doppiare il capo del 50%”.

 Ma, oltre all'elenco di acquirenti di pasta italiana, a parlare chiaro dell'interesse mondiale crescente per la pasta è la composizione del pacchetto di paesi produttori. L'elenco - accanto ai fortissimi USA (secondo produttore dopo l'Italia), ai paesi europei più prossimi geograficamente e culturalmente, ai latino-americani a forte presenza italiana - vede in buona crescita paesi come Perù, Egitto, Polonia, Turchia. In assoluto rilievo c'è poi il Giappone, dove i trend alimentari degli ultimissimi anni hanno portato lo stile alimentare italiano in primissimo piano, innestandolo sulla tradizionale abitudine al consumo di noodles, gli spaghettini da zuppa.

 Il consumo di pasta di qualità tocca così indici inediti, ovunque. Tornando per un attimo ai clienti di pasta italiana, va ricordato che la Germania ha strappato agli USA il primato di paese importatore di pasta italiana con il 16,2% contro il 14,9% americano. La Francia si attesta al 12,9%, la Gran Bretagna è all' 11%, il Giappone sale al 5,5% mentre la Russia, complice anche la perdurante crisi economica, è scesa al 4,1%.

 In Giappone, di cui si diceva prima, la pasta (il 70% del mercato è targato Italia, segue la Cina) guida il treno del successo su cui viaggiano oggi i prodotti alimentari e i ristoranti italiani. A Tokyo 500 ristoranti di prestigio fanno cucina italiana, tra Osaka e Kyoto altri 400. In tivù maestri di cucina insegnano a preparare primi piatti (e non solo) all'italiana. Chef celebri come Muray, dell'Attore di Tokyo, o Daisuke Yamane del Ponte Vecchio di Kyoto, sono apostoli di pasta, ma anche di olio e vino italiani.

 Negli USA (9,0 kg di pasta a testa consumati ogni anno) è successo travolgente, specie dopo lo sfondamento della dieta mediterranea e dei suoi principi. I grandi ristoranti italiani tengono banco, i piccoli hanno ottenuto ottimi risultati con il take home, aprendo vere e proprie catene di negozi. È il caso di Cucina! Presto!, ristorante con servizio da asporto nato nello stato di Washington.

 Ovviamente, a tanta variabilità di latitudini e stili di vita, corrisponde ancora un'altissima diversificazione nel modo di proporre, pensare e cucinare la pasta. Molta acqua è passata sotto i ponti (e nelle pentole) da quando, intorno alla metà del ‘400, appare la prima ricetta scritta. Allora la pasta moderna era nata da meno di 3 secoli e già aveva ampiamente conquistato varie zone d'Italia, come raccontano i 4 documenti esposti nel Museo nazionale delle paste alimentari a Roma: quello arabo-siciliano di Trabia del 1154, quello di Genova del 1244 e le testimonianze di Napoli del 1295 e di Bologna del 1338. Mentre le prime tracce della pasta antica emergono sotto forma di strumenti per la fabbricazione e la cottura, in una tomba etrusca. Per cucinare la pasta secca, esisteva, appunto, una sola ricetta documentata, quella raccontata dal maestro Martino da Corno, cuoco personale del Patriarca di Aquileia nel Libro de arte coquinaria per vermicelli e maccaroni siciliani. E non si può fare a meno di osservare che, con questo vero e proprio vademecum delle paste alimentari, si è anni luce, non 4 secoli, più oltre dello stesso Bartolomeo Sacchi detto il Platina, autore del De honesta voluptate et valetudine, che cataloga tipi regionali di pasta e ricette relative mettendone così in evidenza le differenze.

Ora che la pasta si fa e si sa cucinare un po' dovunque è logico che non lo si faccia sempre nel modo più ortodosso. La cottura, a esempio: è uno stile tutto italiano quello che vuole la pasta al dente, con l'amido al centro ancora intatto e non del tutto gelatinizzato. Ma è uno stile che si diffonde insieme alla pasta. E' per questo, verosimilmente, che ha potuto vedere luce e brevetto in USA il Perfect pasta timer, un dispositivo che consente di capire quando la pasta ha raggiunto un cottura ottimale ed è, quindi, pronta per essere servita. Questo timer risulta particolarmente indicato per spaghetti, lasagne e per tutti i tipi di pasta più comunemente utilizzati negli States.

 Proprio gli spaghetti incarnano per i neofiti della pasta fascino, ma anche difficoltà. E’ appena il caso di sottolineare il quasi irresolubile problema di mangiarli, avvolgendo questo tipo di pasta attorno alla forchetta, senza essere colpiti da incontrollabili schizzi di sugo di pomodoro o di altri condimenti: solo l’esperienza permette di gustare la prelibata pietanza uscendo indenni da un confronto che a molti potrebbe apparire impari. I napoletani, seguiti a ruota dagli altri italiani, hanno trovato una soluzione per ridurre fortemente i rischi dell’indesiderato impatto che mette fuori gioco camice e indumenti: affiancano alla forchetta un cucchiaio, sapientemente manipolato,  con il quale riescono a tenere sotto controllo piatto, spaghetti e sughi di vario genere. Qualcuno ha osservato che questa soluzione potrebbe apparire, non si capisce bene il perché, volgare e ha suggerito 2 alternative, per altro non eccessivamente brillanti in termini di originalità: ridurre la quantità del condimento e avvolgere gli spaghetti lentamente portandoli su uno dei bordi inferiori del piatto. Su un quotidiano è stata pubblicata la notizia secondo cui uno scienziato inglese si sarebbe impegnato in complicatissimi calcoli tesi a stabilire il rapporto esistente fra la velocità con cui si gira la forchetta e quella con cui lo schizzo di condimento parte dagli spaghetti per colpire il suo bersaglio. Non è possibile dire se la notizia abbia un reale fondamento o sia il frutto della fantasia di un cronista in vena di scherzare: tuttavia, conoscendo certi inglesi e certi scienziati, si può tranquillamente affermare che la inconsueta circostanza è, almeno, verosimile.  Alla luce di simili premesse, è facile comprendere il motivo per cui la pasta corta vince nell'export italiano e si ritaglia una quota significativa (60%) della produzione globale.

E' per le stesse ragioni, inoltre. che vive un trend particolarmente dinamico anche il settore della pasta fresca, in crescita sugli 8  maggiori mercati mondiali, dove la secca fa, comunque, ancora la parte del leone. Della pasta fresca sono, però, apprezzate dai nuovi consumatori la facilità e rapidità di cottura, la varietà di ripieni, la facile personalizzazione con una salsa o un condimento, la possibilità di riscoperta di specialità regionali. Accade in America, e non solo per la presenza cospicua di italiani. Ma segnali dì attenzione arrivano anche da Oriente, Sud-Est asiatico e, in particolare, dalla Cina, che ha scoperto di recente i tortellini. Forse, perché in quello sterminato paese innumerevoli tipi di ravioli sono già una costola della cucina tradizionale.

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Aggiornato il: 04 febbraio 2003