Le censure al fumetto

 

Le censure al fumetto

In Europa, e specialmente in Italia il fumetto tardò a svilupparsi ed a diffondersi: il balloon (ovvero la nuvoletta che racchiude le parole o il pensiero dei personaggi) comparve in Italia solo nel 1932, sostituendo le cantilenanti rime poste in calce alle vignette che limitarono non poco la creatività di disegnatori e soggettisti. I principali censori che ostacolorono lo sviluppo del fumetto furono due: il regime fascista prima ed i pedagogisti di corrente cattolica ortodossa poi; il ministero della cultura dei fascisti emanò una serie di leggi assurde che ostacolarono la libera espressione dei fumettisti: per esempio, Topolino fu costretto a chiamarsi Tuffolino, ed almeno il 30% di ogni pagina di un albo a fumetti doveva contenere parole; non si voleva accettare la preponderanza dell’immagine sul testo. Anche dopo la caduta del fascismo il fumetto non ebbe vita facile per via di alcuni “tecnici”, soprattutto pedagogisti: il caso più eclatante fu quello di “Pantera Bionda”, una tarzanella che raggiunse centomila copie a numero, una punta eccezionale per l’epoca, ma l’editore dovette affrontare una serie di denunce a causa dell’abito della protagonista, ovviamente adeguato ad una tarzanella. Le ire della censura ebbero partita vinta: incriminato, processato e condannato più volte, l’editore fu costretto ad imporre alla ragazza la gonna lunga al posto del due pezzi: in seguito a questa ridicola trasformazione il personaggio scomparve.

Nel 1950 nacque la UISPER (Unione Italiana Stampa Periodica Educativa per Ragazzi) che mediante un marchio di garanzia, distingueva i fumetti “buoni” che rispecchiavano i valori dominanti dell’epoca, da quelli “cattivi” promuovendo la diffusione dei primi. Quello che stava avvenendo in Italia non era un fenomeno isolato: analoghi codici morali furono istituiti anche in Germania dove venne perfino proibito il balloon e ripristinata la didascalia, e negli Stati Uniti dove Wertham psichiatra e “specialista della violenza nei giovani” trovò nell’albo a fumetti il capro espiatorio a cui attribuire le colpe della delinquenza giovanile in aumento. E non era neppure un fenomeno passeggero: nella maggior parte dei contributi sul fumetto negli anni ’50 i toni denigratori ed allarmistici degli Autori prevalgono sul loro spirito critico :

Valentini scrive su una rivista cattolica (La Civiltà Cattolica, 6/9/1952) che “i fumetti hanno un effetto nefasto sull’individuo e sulla società, turbando l’equilibrio dei giovani con la sessualità e la violenza”.

Su un’altra rivista cattolica (Vita e Pensiero, Gennaio 1954), Cunsolo si affanna a riportare esempi (per altro scarsamente documentati) di episodi di violenza imitativa e conclude proponendo di mettere i fumetti fuori legge!

Mei (Opera Aperta n° 2, 1965) parla di “surrogato deteriore dell’arte”.

Lamberti Bocconi (I problemi della pedagogia n°6 1956 e n° 1, 1957) rimprovera al fumetto di non rispettare le leggi di causalità e di probabilità e di portare i ragazzi a non saper più scrivere.

Levi parla di “letteratura per illetterati destinata ad essere compresa senza fatica mentale”.

Questi sono soltanto alcuni degli attacchi al fumetto; eppure l’unica voce fuori dal coro, Origlia nel suo lucido articolo “Psicologia del fumetto” (L’illustrazione scientifica, Ottobre 1950, pag 8-11) aveva messo in evidenza che i principali elementi contestati al fumetto ritenuti agenti patogeni, non erano altro che i componenti fondamentali della rispettatissima favolistica tradizionale: animismo, sincronicità invece di causalità, poteri magici, tipizzazione dei personaggi (il buono, il cattivo, l’astuto ecc.) contenuti aggressivi, uso abnorme della causalità fenomenica, scissione (splitting) della figura femminile (fata/strega, bambola/virago), ecc.

La correlazione tra lettura dei fumetti e delinquenza minorile che tanti “esperti” volevano spacciare come dato scientifico fu smentita soltanto nel 1965 da Giammanco (I comics: metodologia o merceologia? – Opera Aperta, n°2, 1965) e dal grande Luigi Lombardo Radice (Vigili e ipnotizzati –Riforma della scuola n° 5-6, 1965); qualche anno dopo, il giudizio pedagogico sulla letteratura a fumetti si sarebbe completamente rovesciato: “la padronanza delle strutture di una grammatica iconica sanerebbe finalmente il pericolo di un analfabetismo bidimensionale che costituisce una delle maggiori cause di alienazione dell’uomo” (Genovesi, La stampa periodica per ragazzi – Guanda 1972).

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Il Balloon

Il fumetto è caratterizzato dalla fusione del linguaggio scritto ed il linguaggio iconico; il balloon (dall’inglese “palloncino”) è la nuvoletta che racchiude il testo scritto e risulta strutturalmente composto da due parti essenziali: un contenente ed un contenuto. Il contenente (il balloon vero e proprio) ha di norma una forma arrotondata con in basso un filamento che indica il personaggio parlante; la sua grandezza varia a seconda dell’entità del testo. Ma il balloon è un artificio tecnico che ha molteplici varianti, così accanto al balloon-filamento abbiamo il balloon-bollicine che rivela il pensiero dei personaggi; il balloon-tratteggiato che indica che il personaggio sta parlando sottovoce; il balloon senza proprietario ci illustra la presenza di una voce fuori campo; il balloon-zero (o onomatopea) costituito da testi che si presentano nel disegno non racchiusi da nuvoletta: si tratta di testi di solito ridotti ad un monema che traducono un grido (allarme, dolore, paura) o un rumore (valanga, motore, esplosione ecc.): il rumore del balloon-zero è caratterizzato dal suo aspetto diffuso, invadente, più o meno sfuggente al dominio delle cose controllabili; sono rumori in libertà nell’atmosfera. Vi è poi un balloon con il contorno a forma di denti di sega che Gubern chiama balloon collerico. Tra i balloons fuori della norma abbiamo ancora il balloon iconico che non contiene parole bensì unità significanti iconiche, ovvero simboli: in questo caso la collera viene rappresentata all’interno del balloon da sequenze di saette, teschi ecc. Un particolare tipo di balloon iconico è il dreamballoon che permette di visualizzare la vita onirica (sogni veri e propri) o le fantasie e i desideri (sogni ad occhi aperti) dei personaggi. Il contenuto usuale del balloon è costituito dal lettering che può essere di tipo manuale o tipografico; nel primo caso è importante il ruolo del letterist, il professionista preposto all’icarico di dare voce al racconto: egli attraverso una serie di tecniche (tipo di calligrafia, grassetto ecc.) invita il lettore a modulare le voci dei personaggi.

Il messaggio verbale dei fumetti non si esaurisce tuttavia con i balloons e le onomatopee (o balloons-zero); la didascalia, un cartiglio dai contorni geometrici regolari interviene più o meno frequentemente fornendo al lettore informazioni sulla dimensione spazio-temporale del racconto (intanto… più tardi in città… ecc.) oppure svolge la funzione di narratore, descrivendo personaggi, paesaggi, citazioni di avvenimenti di albi precedenti ecc. Il cinema muto si avvalse della didascalia mediante l’inquadratura di cartelli contenenti scritte, montati tra una scena e l’altra; ed il fumetto, perfettamente coetaneo del cinema (entrambi sono nati nel 1895 a poche settimane di distanza) se ne avvale molto spesso tutt’ora.  

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Dylan Dog e l'elaborazione del lutto 

La testata "Dylan Dog" arriva nelle edicole nell'Ottobre del 1986: l'autore, Tiziano Sclavi ha modellato le sembianze del protagonista sul tenebroso e pallido attore Rupert Everett, magrissimo e scavato, con il fascino di chi ha solitamente alle spalle due o tre ore di sonno. Dylan vive a Londra ed indossa costantemente una camicia rossa abbinata ad una giacca nera; svolge un'attività piuttosto singolare: l'indagatore dell'incubo. Per questo tipo di prestazioni riceve 50 sterline (circa 75 euro) al giorno più le spese, riuscendo così a mantenere un assistente ed un'automobile. A differenza dei colleghi delle avventure classiche Dylan riceve più pugni di quanti ne riesca a dare. Quasi in ogni episodio ha un flirt con una ragazza; spesso si tratta di una sua cliente.

Groucho Marx, assistente di Dylan Dog, ispirato all'omonimo comico, non ha niente a che vedere col noiosissimo e pedante Watson di Sherlock Holmes: capelli a cespuglio, occhialini tondi e baffi neri Groucho è continuamente impegnato a diffondere motti di spirito; non si tratta dei motti che Freud definisce tendenziosi, bensì di battute del tutto innocenti: "sapete perchè il pomodoro non riesce a dormire? Perchè l'insalata russa" è il primo balloon del personaggio nel N°1 "l'alba dei morti viventi". Le battute di Groucho servono per sdrammatizzare le frequenti crisi di Dylan. 

Un altro personaggio fisso è l'ispettore Bloch, che si trova spesso a collaborare con Dylan Dog del quale è diventato amico, nonostante il protagonista accanto alla reputazione di acchiappafantasmi ne abbia una di ciarlatano.

Leggendo le storie contenute negli albi di Dylan Dog ci s'imbatte subito in un continuo succedersi di morti cruente; la morte fa più ridere della vita stessa ed è una delle caratteristiche costanti delle trame. Un montaggio molto efficace permette di alternare alla rappresentazione realistica alcune serie di vignette che illustrano i ricordi, le fantasie e la vita onirica dei personaggi; talvolta il linguaggio iconico diventa dominante ed i balloons rimangono del tutto assenti per diverse pagine. All'interno dei balloons compaiono spesso degli asterischi che rimandano a citazioni di albi precedenti, o ad opere letterarie, poesie, racconti. Alcuni albi si ispirano direttamente ad Edgar Allan Poe, Franz Kafka o alla serie televisiva "ai confini della realtà". Assai frequenti anche i riferimenti alla psicoanalisi: nel N°30 il protagonista si trova alle prese con dei mostri che vengono evocati e materializzati da Danny, un bambino che non riesce ad uscire dalla fase edipica dello sviluppo psicosessuale; nel N°33, "Jekill" è un professore di psicologia che, in preda agli incubi, finisce per essere condannato a morte. Negli albi N° 34 e 68 vengono rappresentate le allucinazioni visive di alcuni personaggi che manifestano la fobia del buio. Nel N°62 uno scrittore di romanzi di fantascienza durante delle sedute di ipnosi condotte dal suo psichiatra, rivive le circostanze di morte del fratello minore.

Anallizzando le caratteristiche degli iati (passaggi di vignetta) di Dylan Dog, si può osservare che la comprensione di alcuni di essi richiede necessariamente l'accantonamento della logica causale; in particolare, il pensiero del protagonista sembra guidato dal fenomeno che Jung denomina sincronicità: la simultaneità di un determinato stato psichico con uno o più eventi esterni, che paiono paralleli significativi della condizione momentaneamente soggettiva. In Dylan Dog accade frequentemente che un elemento (un'immagine o una parola) presente in una vignetta venga riportato anche nella successiva, nonostante quest'ultima si riferisca ad un altro luogo o ad un altro momento (iato spaziale o temporale). I moderni fumetti di avventure di orrore e mistero hanno infatti ulteriormente sviluppato le tecniche di montaggio e di linguaggio iconico del genere nero; con Dylan Dog e Martin Mystère le invarianti che costituiscono gli elementi reiterati delle narrazioni vengono sostituite da riferimenti letterari; questi ultimi vengono segnalati ai lettori per mezzo delle didascalie o dei balloons dei protagonisti stessi, la cui personalità rimane l'unico elemento invariante.

Del passato di Dylan Dog si sa che egli era un agente di Scotland Yard con dei problemi di alcolismo; dopo essersi messo in proprio Dylan rifiuta qualsiasi invito a bere alcolici dichiarandosi astemio, ma a volte, specialmente quando è solo, rischia di andare incontro a ricadute. Così Groucho, in uno dei primi numeri, gli regala un clarinetto permettendogli di sostituire la meta delle pulsioni orali. Oltre al clarinetto Dylan trascorre il tempo libero in letture, cinema e modellismo.

Ravoni e Riva (1973) analizzano il successo del fumetto dell'orrore affermando che il piacere della paura corrisponde ad un incubo dal quale è sempre possibile tornare indietro: "il terrore ad un certo momento ha fine, la salvezza può essere ancora programmata. La storia lo conferma; nato alla fine della seconda guerra mondiale, il genere del fumetto dell'orrore detta a sè stesso regole infallibili: può avventurarsi in tutti i continenti della fantasia e della vita, ma a patto di avere la formula per ritornare senza troppe ammaccature." Cosicché il vegetariano Dylan Dog dopo ogni periodo di lavoro impegnativo, soprattutto mentalmente, tanto da condurlo all'insonnia, può concedersi alcuni giorni di riposo, almeno fino al prossimo cliente.

In una ricerca condotta da Minelli (1992) in alcune scuole medie inferiori e superiori di Roma, emerse che tra le ragazze ed i ragazzi che leggevano regolarmente Dylan Dog, molti di essi avevano già subìto un lutto importante (genitore o sorella/fratello). La percentuale scendeva nel gruppo dei lettori occasionali per crollare quasi a zero tra i non lettori. L'autore concluse che la lettura di Dylan Dog era uno strumento che molti adolescenti utilizzavano per l'elaborazione del lutto.

Analogamente ai protagonisti dei fumetti neri (Diabolik, Kriminal, Satanik), Dylan Dog presenta delle problematiche pre-edipiche e delle fissazioni pregenitali, soprattutto a livello orale, ma a differenza di essi non manifesta comportamenti antisociali.

L'editore di Dylan Dog intrattiene un rapporto con i lettori attraverso una rubrica di posta procurandosi informazioni sulle loro fantasie prevalenti.

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Le classificazioni descrittive dei periodici a fumetti
 
E' piuttosto difficile classificare i fumetti in quanto la produzione si è sempre presentata vasta e varia. Il contenuto manifesto delle storie non è l'unico criterio di classificazione tipologica dei periodici a fumetti; è infatti possibile costruire delle categorie di riferimento anche in base all'età del pubblico al quale sono destinati, al linguaggio, allo stile grafico, al formato o alle corrispondenze tra contenuto degli albi e fantasie conscie ed inconscie del lettore.
In ogni caso, qualsiasi tentativo di classificazione può essere valido ed attendibile soltanto provvisoriamente, in quanto il fumetto riflette i desideri, i valori, le fantasie, i bisogni e le caratteristiche di una società in continuo mutamento.
Il primo a cimentarsi in una classificazione fu l'americano Barcus nel 1963; in uno studio sui fumetti domenicali negli Stati Uniti propose cinque categorie:
1) Umorismo. Comprende tutti gli animali antropomorfizzati e le figura umane caricaturizzate le cui vicende avrebbero il presunto fine di sollevare l'umore dei lettori: i personaggi disneyani, quelli della Warner Bros, Braccio di Ferro, gatto Felix, più tutta quella produzione che in Italia viene generalmente denominata fumetto intellettuale (Peanuts, B.C. ecc.).
2) Avventura e azione. Include i fumetti di guerra, quelli polizieschi, i western, i supereroi (Spiderman, Captain America, Devil ecc.) e le storie ambientate nella giungla.
3) Fumetti seri. Si tratta di quelle storie che avrebbero l'intento di sensibilizzare il pubblico su argomenti come la droga, l'acolismo, le malattie, la politica od altro: tra i personaggi che Barcus riporta come esempio c'è il Dr. Morgan, uno psichiatra alle prese con i suoi pazienti.
4) Vita vissuta. Genere oggi quasi del tutto in via d'estinzione, in quanto sostituita prima dai fotoromanzi eppoi dalla diffusione di produzioni televisive seriali quali la soap-opera; è caratterizzata da un'evidenziazione degli aspetti sentimentali e melodrammatici; comprende tutte quelle narrazioni che riguardano principalmente le relazioni interpersonali, familiari e sentimentali.
5) Fantasia. In questo raggruppamento Barcus colloca le favole e la fantascienza (storie di Ufo, Flash Gordon ecc.).
 
Questa classificazione, oltre ad essere poco adattabile al contesto italiano, risulta scarsamente differenziata: con soltanto cinque categorie divengono inclassificabili alcuni fumetti, mentre altri, molto diversificati fra di loro, si addensano all'interno dello stesso gruppo.
 
I limiti tecnici della classificazione di Barcus, vengono in parte superati da Volpi, che nella sua "Anagrafe dei fumetti e dei giornali per ragazzi", in uno studio si 154 testate di periodici a fumetti italiani ottenne sette raggruppamenti:
1) Sei albi dedicati a più piccini. Si tratta di quelle pubblicazioni destinate a bambini non ancora alfabetizzati o che sanno leggere appena . Questi periodici (Miao, La Giostra ecc.) contenevano delle brevi storie illustrate più figure da colorare ed altri "lavoretti".
2) Trentatre albi con disegni comici e vivacissimi, direttamente derivati dai cartoni animati. E' una categoria analoga a quella che Barcus definiva "umorismo", e che Minelli chiamerà "Comico classico". Vi erano inclusi Topolino, Tiramolla, Silvestro, Geppo ecc.
3) Quarantacinque albi accomunati dall'avventura. Volpi individuò nel coraggio, la vendetta, l'odio e l'amicizia le tematiche ricorrenti di questo gruppo di fumetti. E' pressochè scontata la presenza di un eroe tuttofare. Tra le testate che indica Volpi troviamo Tex, Blek, Zagor, Mandrake e tutti i supereroi di origine statunitense.
4) Diciannove albi dedicati alla guerra. Volpi è molto critico nei confronti dei contenuti di questi albi (Super Eroica, Bazooka, Pattuglia ecc.) e si augura una diminuzione di testate. In effetti vent'anni più tardi Minelli ne troverà soltanto due o tre.
5) Trentasette albi a contenuto erotico. I fumetti per adulti: la maggior parte delle testate censite da Volpi portava un nome femminile (Isabella, Zora, Saffo, Messalina ecc.). L'erotismo veniva presentato insieme ad altri elementi (avventura, orrore, stregoneria ecc.).
6) Due pubblicazioni che Volpi definiva "intellettuali": Linus ed Eureka; definizione giustificata dal fatto che contenevano rassegne storiche e critiche dei fumetti classici e sperimentazioni di nuove tecniche grafiche e stilistiche.
7) 12 albi per ragazzi. In quest'ultima categoria Volpi include l'Intrepido, il Giornalino, il Monello e tutti quei periodici che tra un fumetto e l'altro inseriscono servizi di sport, cinema, musica, giochi, rubriche, racconti ecc.
 
La classificazione di Volpi, nonostante l'affollamento di una troppo generica categoria "avventura", ed alcuni errori grossolani, come ad esempio la collocazione di Diabolik tra gli albi a contenuto erotico, costituì una base per la classificazione in sedici categorie proposta da Minelli nel 1992 e presente sul sito La psicologia del fumetto 
Oggi, ad oltre 15 anni di distanza, anche quest'ultima è parecchio "ingiallita", ed oltre la metà delle circa 150 testate analizzate da Minelli non esistono più, mentre ne sono nate delle nuove. Pertanto è necessario un nuovo studio che censica il panorama degli albi a fumetti disponibile in edicola agli albori del nuovo millennio. Tutti gli iscritti a questa newsletter possono contribuire...

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Il fumetto come strumento di ricerca in psicologia
 
Il linguaggio iconico, non più soltanto nelle sue configurazioni più ambigue, è divenuto il materiale-stimolo costitutivo di molti strumenti utilizzati dagli psicologi clinici durante le prime fasi del colloquio: i test proiettivi. I più noti di questi sono il test di Rorschach che si avvale di tavole che raffigurano macchie d'inchiostro simmetriche ed il T.A.T. (Thematic Apperception Test) di Murray, che utilizza figure di personaggi femminili e maschili di età variabile, disegnati in bianco e nero, allo scopo di facilitare meccanismi di identificazione e traslazione nel soggetto esaminato, il quale viene invitato ad inventare un racconto attinente all'illustrazione presentata.
Il più noto test proiettivo che utilizza la vignetta a fumetti come materiale-stimolo è il Rosenzweig Picture-Frustation Study (P-F Study), predisposto da Rosenzweig per misurare la frustrazione e la tolleranza ad essa, in una forma destinata ai bambini (4-13 anni) ed in una per gli adulti (da 14 anni in poi). Ispirato alla teoria della frustrazione e dell'aggressività utilizza una serie di cartoncini-vignetta in cui si vede una persona che ne frustra un'altra. Ognuno di questi ha un balloon vuoto, previsto per consentire al soggetto esaminato di scrivere la risposta, ossia quello che secondo lui, direbbe la persona frustrata. Le risposte vengono quindi classificate in base al tipo ed alla direzione dell'aggressività.
Il valore proiettivo della vignetta come materiale-stimolo costitutivo del metodo d'indagine viene spesso riconosciuto in psichiatria infantile: Ugazio utilizza delle serie di tre cartoncini-vignetta nello studio del potere e della metacomunicazione madre-bambino: essi sono invitati separatamente quello che più si avvicina al contesto della loro reale relazione.
Giordano e Fontana Capocaccia hanno utilizzato il fumetto come tecnica d'indagine accessoria, applicata al test del disegno della famiglia; questo test proiettivo elaborato da Corman, viene impiegato soprattutto in psichiatria infantile e consiste nell'invitare il soggetto esaminato a disegnare la propria famiglia, e successivamente spiegare il disegno. Giordano e Fontana Capocaccia aggiunsero la consegna di "far parlare" i personaggi mediante i balloons, dopo il completamento del disegno e prima di passare alla fase dell'inchiesta secondo la tecnica di Corman.
Altre ricerche psicologiche hanno invece utilizzato il fumetto come visualizzatore grafico dei risultati ottenuti. Ciò è avvenuto soprattutto negli studi riguardanti le dinamiche familiari: per esempio, Anna Oliverio Ferraris (Psicologia contemporanea n°93, 1989, pagg. 38-45), in un articolo di sole otto pagine si avvale di ben trenta vignette per illustrare le dinamiche tra sorelle e fratelli.
Del resto il fumetto, quando viene concepito e prodotto come un racconto per immagini che veicola una comunicazione essenzialmente iconica, presenta delle forti analogie con il pensiero inconscio.
 

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Linguaggio iconico ed attività onirica
 
Non è stato certo Dylan Dog il primo fumetto ad utilizzare l'intera vignetta per la rappresentazione della vita onirica dei personaggi; già nel 1905 W. Mc. Cay pubblicò, in un giornale domenicale americano, una pagina a colori dedicata alle avventure oniriche: "little Nemo in Slumberland" e "Dreams of a rarebit fiend" (Little Nemo nel paese del sonno e Sogni di un mangiatore di fonduta). Le tavole iniziano con una vignetta di presentazione già immersa nel profondo del sogno e terminano tutte col risveglio del protagonista. La pagina contiene dalle sei alle tredici vignette in cui lo sfondo predomina sulle figure che sono volutamente nebulose, allo scopo di evidenziare l'atmosfera onirica; a Slumberland accadono terrori e desideri di ogni tipo e l'analisi freudiana troverebbe in questi sogni ricco materiale.
Oltre mezzo secolo più tardi è G. Crepax a non accontentarsi dello spazio offerto dal dreamballoon (confronta newsletter n°2, il balloon); l'autore di Valentina si sofferma spesso a disegnare intere sequenze di vignette raffiguranti la vita onirica e le fantasticherie dei protagonisti. Crepax segnala la presenza di questo tipo di immagini caratterizzando il contenente delle vignette con una linea punteggiata; le tavole di questo Autore mettono in evidenza la particolare attitudine che ha la tecnica del fumetto per quanto riguarda la visualizzazione del contenuto manifesto dei sogni.
L'interpretazione dei sogni sembra allora essere una competenza psicologica dove la tecnica del fumetto potrebbe risultare un utile strumento (confronta newsletter n°5); una sequenza di vignette che rappresenti fedelmente il contenuto manifesto di un sogno potrebbe agevolare il sognatore nella produzione delle libere associazioni. Secondo Freud il lavoro onirico avviene per omissione: "il sogno non è una fedele traduzione o una particolareggiata proiezione dei pensieri del sogno, ma solo una versione di essi molto più incompleta e frammentaria".
Il linguaggio dei fumetti e il linguaggio onirico presentato svariate analogie. Entrambi ricorrono frequentemente all'utilizzo d'intervalli spaziali e temporali; inoltre sia il linguaggio dei fumetti che quello dei sogni si distaccano dalla logica propria del processo secondario e del principio di realtà, introducendo elementi inerenti alla sfera del fantastico. La narrazione attrraverso il fumetto dei contenuti onirici manifesti potrebbe agevolare non poco la ricerca dei contenuti latenti, e risulta applicabile sia ai "piccoli sogni" inerenti l'inconscio personale che ai "grandi sogni" che riguardano l'inconscio collettivo; l'illustrazione di questi ultimi potrebbe rivelarsi particolarmente utile a quegli studi di psicologia analitica che si propongono di individuare le varie immagini archetipiche e le condizioni che favoriscono il loro emergere. L'illustrazione dei contenuti onirici non risulta, tuttavia fino ad oggi utilizzata a fini di ricerca psicologica.
 

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Eros e aggressività nel fumetto

Imbasciati e Castelli nella loro "Psicologia del Fumetto" (Ed. Guaraldi, Firenze, 1975) individuano le modalità attraverso le quali i fumetti comunicano l'espressione dell'Eros e dell'aggressività, riunendole in tre gruppi di riferimento:

1) il primo gruppo costituito per lo più dai fumetti comici (Disney, Jacovitti ecc.), rappresenta l'amore in modo "censurato e simbolico", mediante simboli iconici. I cuoricini colorati disegnati nell'aria lasciano al lettore "la possibilità di entrare in risonanza", vivendo i sentimenti che per lui sono più pregnanti nelle proprie fantasie amorose". Per quanto riguarda l'aggressività questo tipo di fumetto (comico classico) presenta ogni tipo di atrocità: vi sono infatti, analogamente alle favole tradizionali, divorazioni, sadismo, cannibalismo, precipitazioni e violenze di ogni tipo, seppure mascherate dall'effetto comico: "I vari gatti o topi o altri animalucci, crudelmente aggrediti o dilaniati, si ricompongono e tornano integri anche dopo le più tremende violenze... In tal modo si nega nella rappresentazione iconica, la conseguenza della violenza, offrendo al lettore il modo di deresponsabilizzazione, onde potere vivere senza senso di colpa le fantasie più sadiche e distruttive, o identificarsi con eroi che altrimenti sarebbero vissuti come veri mostri, e quindi sarebbero rifiutati".

 2) In un secondo gruppo molto eterogeneo che includerebbe tra gli altri Lanciostory, Tex e Nick Raider, l'amore e l'aggressività sono rappresentati in modo "realistico" analogamente alle modalità cinematografiche prevalenti ed in relazione al costume morale dell'epoca ed al pubblico cui sono destinate.

3) Infine, una modalità di rappresentazione dell'Eros e dell'aggressività che Imbasciati e Castelli chiamano "iperbolica", caratterizzerebbe un terzo gruppo di fumetti costituito dai filoni nero e pornofavolistico dove nell'amore viene evidenziato soprattutto l'erotismo, mediante "un'immagine esclusiva ed ossessiva del nudo e del coito: essa sembra riassumere in un unico simbolo concreto tutta la più complessa gamma di comportamenti e vissuti dell'amore umano... L'accoppiamento può stare a significare non solo un coito, ma anche semplicemente un'attrazione, un corteggiamento, o essere sostitutivo di sentimenti ed emozioni. Questi ultimi vengono sostituiti dall'azione (accoppiamento)": In forte analogia con i processi di acting-out nevrotico caratteristici della psicopatologia caratteriale. Anche la violenza, come il sesso, è rappresentata per iperbole: uccisioni e supplizi si sprecano, cioè compaiono con frequenza e modalità spesso inadeguate alla trama della storia. In questo gruppo di fumetti i due elementi, Eros ed aggressività, si mescolano spesso dando origine a comportamenti sessuali perversi di tipo sadomasochistico.

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 Le censure al fumetto
 
Fresnault-Deruelle chiama iato lo spazio bianco che separa tra di loro le vignette; ma talora questo spazio è assente. In questi casi si suppone un'intenzione degli autori di introdurre un elemento di continuità in alcune parti del racconto. Il numero delle vignette presenti in ogni pagina è variabile: alcuni fumetti (Alan Ford, e quasi tutto il genere nero) adottano uno schema precostituito di due vignette per pagina aventi uguale forma e grandezza. Altri hanno un'impostazione mutevole che consente ad alcune pagine di contenere oltre venti vignette strutturalmente diverse (E' il caso di Crepax).
     Il tempo di lettura di un albo a fumetti è di norma inversamente proporzionale alla lunghezza dei dialoghi:
     un veloce ritmo di vignetta può servire a rendere lento il ritmo riferito alla vicenda, oppure a permettere determinati effetti nella risonanza emotiva che avviene durante la decodifica del messaggio, facilitando l'attivazione di specifici meccanismi di difesa dell'Io.
     Al contrario, un ritmo lento di vignetta, per esempio il ripetersi di quadri tra di loro diversi solo per pochi tratti, può esprimere un veloce ritmo interiore dei protagonisti, cioè comunicare al lettore una rapida e vasta gamma di situazioni, ricordi e sentimenti riferiti al personaggio, ma in effetti provati dallo stesso spettatore/lettore. Si tratta di due casi estremi che riguardano soltanto uno dei molteplici aspetti delle opzioni offerte dalle tecniche di montaggio che nel fumetto, come nel cinema (ma non nella vita reale), consentono di eliminare tempi morti e ridondanze, privilegiando l'essenziale, in modo tale che la vignetta possa rappresentare un istante fissato, scelto per la sua bellezza.
     Il fumetto mima con i suoi mezzi le tecniche di montaggio cinematografiche, ma il suo ritmo risulta generalmente più veloce; è un ritmo caratterizzato da piccoli salti temporali piuttosto insistenti, accompagnati da continui cambiamenti di inquadratutra e di angolazione. Questo costante spostamento del punto di vista (macchina da presa), non solo vivacizza un linguaggio iconico altrimenti ripetitivo, ma si presta a molteplici funzioni: censura, suspence, ecc..
     Il montaggio analitico è una tecnica caratterizzata da un ritmo di vignetta molto lento e da una continua insistenza sui dettagli. Questo tipo di montaggio scompone minuziosamente una scena nei suoi particolari più espressivi, mostrati in primo piano in successione. L'incidenza di questo tipo dei montaggio (molto usato da Crepax) nell'operazione di lettura è importante, perchè frena la progressione dell'azione e crea un tempo dilatato, che può essere estremamente efficace a fini drammatici o psicologici. Il montaggio analitico è un ottimo strumento per la rappresentazione di percezioni soggettive, ricordi e sogni, e viene talvolta utilizzato anche dai fumetti d'avventura al fine di creare la suspence.     

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La bibliografia di Psicofumetto
 

- Abbà A. - Rossi F. - I fumetti: indagine comparativa sulle letture dei ragazzi, in "Letteratura giovanile e cultura popolare in Italia", LA NUOVA ITALIA - Firenze, 1962

- Barbiani L. - Abbruzzese A. - Pornograffiti: trame e figure del fumetto italiano per adulti. NAPOLEONE - Roma, 1980 

- Barbieri D. - I linguaggi del fumetto. BOMPIANI - Milano, 1991 

- Barcus F.E. - The world of sunday comics, in White M.D. - Abel R.H. The funnies, an american idiom. THE FREE PRESS OF GLENCOE, 1963. Trad. it. Sociologia del fumetto americano - BOMPIANI - Milano, 1966 

- Battacchi M.W. e altri - Ipotesi sulla funzione psicodinamica del fumetto per adulti. Rivista di psicologia, 1971 

- Becciu L. - Il fumetto in Italia. SANSONI - Firenze, 1971. 

- Bender L. - The psychology of children's reading and comics, in Journal of Educational Psychology, n°18, 1954. 

- Burattini M. - Gesebel la corsara dello spazio. Il fumetto, n°19, 1989, pp. 36-39. 

- Canziani F. Nuove esperienze sulla comprensione del linguaggio dei fumetti in soggetti di 3-10 anni. Ikon, n°64, 1968. 

- Canziani F. - La comprensione del linguaggio fumettistico. Quaderni di Ikon, n°1, 1968. 

- Cunsolo F. - Libri e fumetti, in Vita e Pensiero, gennaio 1954. 

- Della Bruna A. - Bergadano E. - La nuvola parlante: nel mondo dei fumetti - ED. PAOLINE, 1982. 

- Detti E. - Il fumetto tra cultura e scuola - LA NUOVA ITALIA - Firenze, 1984. 

- Eco U. - Apocalittici e integrati - BOMPIANI, Milano, 1964. 

- Florio A. - Dylan Dog: bello senz'anima - Lineachiara, n°2, 1989. 

- Florio A. - Valentina mon amour -  Lineachiara n°3, 1989. 

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La struttura macronarrativa di un fumetto
 
Volendo esaminare la struttura macronarrativa di un fumetto è possibile constatare che dopo la lettura di qualche albo, diventa facile riconoscere l'insieme di iterazioni (ripetizioni) che veicola le narrazioni; in altre parole, il lettore comincia ad avere delle fondate aspettative su ciò che accadrà in alcune delle vignette successive a quella che sta leggendo: le classiche indicazioni del filologo russo Vladimir Jakob Propp relative agli schemi iterativi delle fiabe, sono di solito applicabili anche al fumetto, rendendo possibile il riconoscimento dei temi ricorrenti o invarianti che costituiscono delle tappe obbligate del racconto. La determinazione di queste invarianti permetterà di fare questo tipo di previsioni: per esempio, se Eva Kant osservando una foto della vittima predestinata osserva che questa ha la stessa corporatura di lei (o di Diabolik), possiamo avere fondate aspettative che i due utilizzeranno cloroformio e maschera.
Un altro cenno sulla struttura macronarrativa dei racconti a fumetti riguarda la distinzione tra tempo referente, ossia il tempo che si impiega nella lettura di un albo a fumetti e tempo significante cioè il tempo che intercorre tra la prima e l'ultima vignetta del racconto. Quest'ultimo è difficilmente misurabile con precisione, in quanto spesso non viene indicato, tuttavia è interessante notare che il tempo significante del fumetto risulta notevolmente inferiore a quello della fiaba: i viaggi dei personaggi disneyani, sebbene lunghi e pieni di colpi di scena potranno durare al massimo due-tre mesi (le vacanze dei nipotini), così come è difficle pensare che i "colpi" di Diabolik e consorte si protraggano per più di un mese, periodo di tempo valido anche per le indagini di Dylan Dog ed il suo contatto con i clienti.
La maggior parte delle fiabe hanno invece un tempo significante assai più lungo che normalmente copre l'intero arco di tempo che intercorre tra la fanciullezza e la maturità del protagonista.
Il tempo significante di una pellicola cinematografica, invece, sebbene assai variabile, risulta anch'esso più lungo di quello di un albo a fumetti.
 
 

 Percezione dei fumetti e Gestalt classica 

(A cura di Davide F.)

Il fumetto nella sua storia ha sempre utilizzato, in maniera più o meno consapevole, alcuni meccanismi psicologici, primi fra tutti quello di immedesimazione (identificazione) e proiezione, che genera emozioni, fantasia ad occhi aperti, e tutta una serie di dinamiche psicologiche atte a coinvolgere il lettore.Nel 1996 è uscito un libro che vi consigliamo caldamente e che in poco tempo è diventato un classico “ Capire il fumetto – l’arte invisibile “di Scott Mc Cloud edito dalla Vittorio Pavesio Production, che parla tra le altre cose di Closure.Closure è un termine inglese quasi intraducibile che significa completamento per inferenza, in base all’esperienza e si riferisce a una peculiare capacità del nostro cervello che acquisisce nei primi anni di vita e che gli permette, in pratica di riconoscere un intero dalla percezione di solo una sua parte. Ad esempio: nella prima vignetta una ragazza avvicina le labbra a quelle di un ragazzo, nella seconda questo ha un’aria sognante e felice; nessuno lo ha visto ma tutti possiamo immaginare che i due si siano baciati !Un altro esempio classico :nella prima vignetta Tin Tin mentre prende l’aereo si rivolge al capitano Haddock "fermo capitano non di là, di qui!" l’altra passerella nella seconda vignetta una hostess a bordo si prende cura delle ferite del capitano. Ognuno immagina la caduta come vuole, ognuno completa o riempie lo spazio tra le due vignette come preferisce; comunque le risate sono assicurate !Questa operazione mentale, indicata come il segreto dell’arte invisibile del fumetto, è stata codificata nella seconda metà dell’800 dai fondatori della psicologia della forma o scuola della Gestalt : I. Kohler e K. Koffka: la tesi generale è che la percezione di una forma non è riconducibile o non può essere colta in modo diretto sulla base dei suoi singoli elementi costitutivi, ma sulla base del loro insieme e dipende anche dal modo in cui essi stanno insieme. Nessuna delle linee che compongono i lati di un triangolo ha la qualità “ triangolare “ che compare improvvisamente quando il triangolo è percepito  nella sua totalità. Quando vediamo una persona seduta ad un tavolo, anche se non percepiamo fisicamente le sue gambe, non pensiamo di trovarci di fronte ad un individuo troncato, il nostro cervello completa la figura anche in assenza di stimoli reali e diretti.Le modalità secondo le quali si costituiscono le forme sono state classificate e descritte come Leggi della Forma, tra quelle classiche formulate da M. Wertheimer nel 1923, oltre a quelle della somiglianza, della vicinanza, vi è la legge dell’esperienza passata : elementi che per la nostra esperienza sono abitualmente associati tra di loro tendono ad essere uniti in forme. Ecco la closure.In effetti in quella sottile striscia bianca che separa due vignette si cela uno spazio praticamente infinito, è stato chiamato luogo della pre-comprensione ossia lo spazio entro cui si
articola la possibilità di comprendere ciò che stiamo guardando-leggendo.Per noi è interessante vedere come tra l’autore di un fumetto e il suo pubblico si instaura una collaborazione, da una parte mettere determinate vignette in una determinata sequenza, con un preciso scopo, obbedisce alla legge fondamentale della Gestalt per cui l’insieme delle singole parti (vignette) è diverso dalla loro totalità (strip), e dall’altra la closure necessaria alla loro comprensione (ad es. cambiamenti di scena, di soggetto, o di tempo), possono essere prodotti solo dal lettore sulla base della propria esperienza e delle proprie inclinazioni psicologiche.Vi proponiamo per finire un gioco, provate a scoprire nella vostra raccolta di libri e di albi a fumetti chi ha utilizzato e chi al contrario ha “forzato” le leggi della forma.Qualcuno dirà M.C. Esher…. Qualcuno dirà G. Crepax…. Vogliamo i nomi !