Le
censure al fumetto
In
Europa, e specialmente in Italia il fumetto tardò a svilupparsi ed a
diffondersi: il balloon (ovvero la nuvoletta che racchiude le parole o il
pensiero dei personaggi) comparve in Italia solo nel 1932, sostituendo le
cantilenanti rime poste in calce alle vignette che limitarono non poco la
creatività di disegnatori e soggettisti. I principali censori che ostacolorono
lo sviluppo del fumetto furono due: il regime fascista prima ed i pedagogisti di
corrente cattolica ortodossa poi; il ministero della cultura dei fascisti emanò
una serie di leggi assurde che ostacolarono la libera espressione dei
fumettisti: per esempio, Topolino fu costretto a chiamarsi Tuffolino, ed almeno
il 30% di ogni pagina di un albo a fumetti doveva contenere parole; non si
voleva accettare la preponderanza dell’immagine sul testo. Anche dopo la
caduta del fascismo il fumetto non ebbe vita facile per via di alcuni
“tecnici”, soprattutto pedagogisti: il caso più eclatante fu quello di
“Pantera Bionda”, una tarzanella che raggiunse centomila copie a numero, una
punta eccezionale per l’epoca, ma l’editore dovette affrontare una serie di
denunce a causa dell’abito della protagonista, ovviamente adeguato ad una
tarzanella. Le ire della censura ebbero partita vinta: incriminato, processato e
condannato più volte, l’editore fu costretto ad imporre alla ragazza la gonna
lunga al posto del due pezzi: in seguito a questa ridicola trasformazione il
personaggio scomparve.
Nel
1950 nacque la UISPER (Unione Italiana Stampa Periodica Educativa per Ragazzi)
che mediante un marchio di garanzia, distingueva i fumetti “buoni” che
rispecchiavano i valori dominanti dell’epoca, da quelli “cattivi”
promuovendo la diffusione dei primi. Quello che stava avvenendo in Italia non
era un fenomeno isolato: analoghi codici morali furono istituiti anche in
Germania dove venne perfino proibito il balloon e ripristinata la didascalia, e
negli Stati Uniti dove Wertham psichiatra e “specialista della violenza nei
giovani” trovò nell’albo a fumetti il capro espiatorio a cui attribuire le
colpe della delinquenza giovanile in aumento. E non era neppure un fenomeno
passeggero: nella maggior parte dei contributi sul fumetto negli anni ’50 i
toni denigratori ed allarmistici degli Autori prevalgono sul loro spirito
critico :
Valentini
scrive su una rivista cattolica (La Civiltà Cattolica, 6/9/1952) che “i
fumetti hanno un effetto nefasto sull’individuo e sulla società, turbando
l’equilibrio dei giovani con la sessualità e la violenza”.
Su
un’altra rivista cattolica (Vita e Pensiero, Gennaio 1954), Cunsolo si affanna
a riportare esempi (per altro scarsamente documentati) di episodi di violenza
imitativa e conclude proponendo di mettere i fumetti fuori legge!
Mei
(Opera Aperta n° 2, 1965) parla di “surrogato deteriore dell’arte”.
Lamberti
Bocconi (I problemi della pedagogia n°6 1956 e n° 1, 1957) rimprovera al
fumetto di non rispettare le leggi di causalità e di probabilità e di portare
i ragazzi a non saper più scrivere.
Levi
parla di “letteratura per illetterati destinata ad essere compresa senza
fatica mentale”.
Questi
sono soltanto alcuni degli attacchi al fumetto; eppure l’unica voce fuori dal
coro, Origlia nel suo lucido articolo “Psicologia del fumetto”
(L’illustrazione scientifica, Ottobre 1950, pag 8-11) aveva messo in evidenza
che i principali elementi contestati al fumetto ritenuti agenti patogeni, non
erano altro che i componenti fondamentali della rispettatissima favolistica
tradizionale: animismo, sincronicità invece di causalità, poteri magici,
tipizzazione dei personaggi (il buono, il cattivo, l’astuto ecc.) contenuti
aggressivi, uso abnorme della causalità fenomenica, scissione (splitting) della
figura femminile (fata/strega, bambola/virago), ecc.
La correlazione tra lettura dei fumetti e delinquenza minorile che tanti “esperti” volevano spacciare come dato scientifico fu smentita soltanto nel 1965 da Giammanco (I comics: metodologia o merceologia? – Opera Aperta, n°2, 1965) e dal grande Luigi Lombardo Radice (Vigili e ipnotizzati –Riforma della scuola n° 5-6, 1965); qualche anno dopo, il giudizio pedagogico sulla letteratura a fumetti si sarebbe completamente rovesciato: “la padronanza delle strutture di una grammatica iconica sanerebbe finalmente il pericolo di un analfabetismo bidimensionale che costituisce una delle maggiori cause di alienazione dell’uomo” (Genovesi, La stampa periodica per ragazzi – Guanda 1972).
Il
Balloon
Il
fumetto è caratterizzato dalla fusione del linguaggio scritto ed il linguaggio
iconico; il balloon (dall’inglese “palloncino”) è la nuvoletta che
racchiude
il testo scritto e risulta strutturalmente composto da due parti essenziali: un
contenente ed un contenuto. Il contenente (il balloon vero e proprio) ha di
norma una forma arrotondata con in basso un filamento che indica il personaggio
parlante; la sua grandezza varia a seconda dell’entità del testo. Ma il
balloon è un artificio tecnico che ha molteplici varianti, così accanto al balloon-filamento
abbiamo il balloon-bollicine che
rivela il pensiero dei personaggi; il
balloon-tratteggiato che indica che il personaggio sta parlando
sottovoce; il balloon senza proprietario
ci illustra la presenza di una voce fuori campo; il
balloon-zero (o onomatopea)
costituito da testi che si presentano nel disegno non racchiusi da nuvoletta: si
tratta di testi di solito ridotti ad un monema che traducono un grido (allarme,
dolore, paura) o un rumore (valanga, motore, esplosione ecc.): il rumore del
balloon-zero è caratterizzato dal suo aspetto diffuso, invadente, più o meno
sfuggente al dominio delle cose controllabili; sono rumori in libertà
nell’atmosfera. Vi è poi un balloon con il contorno a forma di denti di sega
che Gubern chiama balloon collerico. Tra
i balloons fuori della norma abbiamo ancora il balloon
iconico che non contiene parole bensì unità significanti iconiche,
ovvero simboli: in questo caso la collera viene rappresentata all’interno del
balloon da sequenze di saette, teschi ecc. Un particolare tipo di balloon
iconico è il dreamballoon che
permette di visualizzare la vita onirica (sogni veri e propri) o le fantasie e i
desideri (sogni ad occhi aperti) dei personaggi. Il contenuto usuale del balloon
è costituito dal lettering che
può essere di tipo manuale o tipografico; nel primo caso è importante il ruolo
del letterist, il professionista
preposto all’icarico di dare voce al racconto: egli attraverso una serie di
tecniche (tipo di calligrafia, grassetto ecc.) invita il lettore a modulare le
voci dei personaggi.
Il
messaggio verbale dei fumetti non si esaurisce tuttavia con i balloons e le
onomatopee (o balloons-zero); la
didascalia, un cartiglio dai contorni geometrici regolari interviene più o meno
frequentemente fornendo al lettore informazioni sulla dimensione
spazio-temporale del racconto (intanto… più tardi in città… ecc.) oppure
svolge la funzione di narratore, descrivendo personaggi, paesaggi, citazioni di
avvenimenti di albi precedenti ecc. Il cinema muto si avvalse della didascalia
mediante l’inquadratura di cartelli contenenti scritte, montati tra una scena
e l’altra; ed il fumetto, perfettamente coetaneo del cinema (entrambi sono
nati nel 1895 a poche settimane di distanza) se ne avvale molto spesso
tutt’ora.
Dylan Dog e l'elaborazione del lutto
La testata "Dylan Dog" arriva nelle edicole nell'Ottobre del 1986: l'autore, Tiziano Sclavi ha modellato le sembianze del protagonista sul tenebroso e pallido attore Rupert Everett, magrissimo e scavato, con il fascino di chi ha solitamente alle spalle due o tre ore di sonno. Dylan vive a Londra ed indossa costantemente una camicia rossa abbinata ad una giacca nera; svolge un'attività piuttosto singolare: l'indagatore dell'incubo. Per questo tipo di prestazioni riceve 50 sterline (circa 75 euro) al giorno più le spese, riuscendo così a mantenere un assistente ed un'automobile. A differenza dei colleghi delle avventure classiche Dylan riceve più pugni di quanti ne riesca a dare. Quasi in ogni episodio ha un flirt con una ragazza; spesso si tratta di una sua cliente.
Groucho Marx, assistente di Dylan Dog, ispirato all'omonimo comico, non ha niente a che vedere col noiosissimo e pedante Watson di Sherlock Holmes: capelli a cespuglio, occhialini tondi e baffi neri Groucho è continuamente impegnato a diffondere motti di spirito; non si tratta dei motti che Freud definisce tendenziosi, bensì di battute del tutto innocenti: "sapete perchè il pomodoro non riesce a dormire? Perchè l'insalata russa" è il primo balloon del personaggio nel N°1 "l'alba dei morti viventi". Le battute di Groucho servono per sdrammatizzare le frequenti crisi di Dylan.
Un altro personaggio fisso è l'ispettore Bloch, che si trova spesso a collaborare con Dylan Dog del quale è diventato amico, nonostante il protagonista accanto alla reputazione di acchiappafantasmi ne abbia una di ciarlatano.
Leggendo le storie contenute negli albi di Dylan Dog ci s'imbatte subito in un continuo succedersi di morti cruente; la morte fa più ridere della vita stessa ed è una delle caratteristiche costanti delle trame. Un montaggio molto efficace permette di alternare alla rappresentazione realistica alcune serie di vignette che illustrano i ricordi, le fantasie e la vita onirica dei personaggi; talvolta il linguaggio iconico diventa dominante ed i balloons rimangono del tutto assenti per diverse pagine. All'interno dei balloons compaiono spesso degli asterischi che rimandano a citazioni di albi precedenti, o ad opere letterarie, poesie, racconti. Alcuni albi si ispirano direttamente ad Edgar Allan Poe, Franz Kafka o alla serie televisiva "ai confini della realtà". Assai frequenti anche i riferimenti alla psicoanalisi: nel N°30 il protagonista si trova alle prese con dei mostri che vengono evocati e materializzati da Danny, un bambino che non riesce ad uscire dalla fase edipica dello sviluppo psicosessuale; nel N°33, "Jekill" è un professore di psicologia che, in preda agli incubi, finisce per essere condannato a morte. Negli albi N° 34 e 68 vengono rappresentate le allucinazioni visive di alcuni personaggi che manifestano la fobia del buio. Nel N°62 uno scrittore di romanzi di fantascienza durante delle sedute di ipnosi condotte dal suo psichiatra, rivive le circostanze di morte del fratello minore.
Anallizzando le caratteristiche degli iati (passaggi di vignetta) di Dylan Dog, si può osservare che la comprensione di alcuni di essi richiede necessariamente l'accantonamento della logica causale; in particolare, il pensiero del protagonista sembra guidato dal fenomeno che Jung denomina sincronicità: la simultaneità di un determinato stato psichico con uno o più eventi esterni, che paiono paralleli significativi della condizione momentaneamente soggettiva. In Dylan Dog accade frequentemente che un elemento (un'immagine o una parola) presente in una vignetta venga riportato anche nella successiva, nonostante quest'ultima si riferisca ad un altro luogo o ad un altro momento (iato spaziale o temporale). I moderni fumetti di avventure di orrore e mistero hanno infatti ulteriormente sviluppato le tecniche di montaggio e di linguaggio iconico del genere nero; con Dylan Dog e Martin Mystère le invarianti che costituiscono gli elementi reiterati delle narrazioni vengono sostituite da riferimenti letterari; questi ultimi vengono segnalati ai lettori per mezzo delle didascalie o dei balloons dei protagonisti stessi, la cui personalità rimane l'unico elemento invariante.
Del passato di Dylan Dog si sa che egli era un agente di Scotland Yard con dei problemi di alcolismo; dopo essersi messo in proprio Dylan rifiuta qualsiasi invito a bere alcolici dichiarandosi astemio, ma a volte, specialmente quando è solo, rischia di andare incontro a ricadute. Così Groucho, in uno dei primi numeri, gli regala un clarinetto permettendogli di sostituire la meta delle pulsioni orali. Oltre al clarinetto Dylan trascorre il tempo libero in letture, cinema e modellismo.
Ravoni e Riva (1973) analizzano il successo del fumetto dell'orrore affermando che il piacere della paura corrisponde ad un incubo dal quale è sempre possibile tornare indietro: "il terrore ad un certo momento ha fine, la salvezza può essere ancora programmata. La storia lo conferma; nato alla fine della seconda guerra mondiale, il genere del fumetto dell'orrore detta a sè stesso regole infallibili: può avventurarsi in tutti i continenti della fantasia e della vita, ma a patto di avere la formula per ritornare senza troppe ammaccature." Cosicché il vegetariano Dylan Dog dopo ogni periodo di lavoro impegnativo, soprattutto mentalmente, tanto da condurlo all'insonnia, può concedersi alcuni giorni di riposo, almeno fino al prossimo cliente.
In una ricerca condotta da Minelli (1992) in alcune scuole medie inferiori e superiori di Roma, emerse che tra le ragazze ed i ragazzi che leggevano regolarmente Dylan Dog, molti di essi avevano già subìto un lutto importante (genitore o sorella/fratello). La percentuale scendeva nel gruppo dei lettori occasionali per crollare quasi a zero tra i non lettori. L'autore concluse che la lettura di Dylan Dog era uno strumento che molti adolescenti utilizzavano per l'elaborazione del lutto.
Analogamente ai protagonisti dei fumetti neri (Diabolik, Kriminal, Satanik), Dylan Dog presenta delle problematiche pre-edipiche e delle fissazioni pregenitali, soprattutto a livello orale, ma a differenza di essi non manifesta comportamenti antisociali.
L'editore di Dylan Dog intrattiene un rapporto con i lettori attraverso una rubrica di posta procurandosi informazioni sulle loro fantasie prevalenti.
Imbasciati e Castelli nella loro "Psicologia del Fumetto" (Ed. Guaraldi, Firenze, 1975) individuano le modalità attraverso le quali i fumetti comunicano l'espressione dell'Eros e dell'aggressività, riunendole in tre gruppi di riferimento:
1) il primo gruppo costituito per lo più dai fumetti comici (Disney, Jacovitti ecc.), rappresenta l'amore in modo "censurato e simbolico", mediante simboli iconici. I cuoricini colorati disegnati nell'aria lasciano al lettore "la possibilità di entrare in risonanza", vivendo i sentimenti che per lui sono più pregnanti nelle proprie fantasie amorose". Per quanto riguarda l'aggressività questo tipo di fumetto (comico classico) presenta ogni tipo di atrocità: vi sono infatti, analogamente alle favole tradizionali, divorazioni, sadismo, cannibalismo, precipitazioni e violenze di ogni tipo, seppure mascherate dall'effetto comico: "I vari gatti o topi o altri animalucci, crudelmente aggrediti o dilaniati, si ricompongono e tornano integri anche dopo le più tremende violenze... In tal modo si nega nella rappresentazione iconica, la conseguenza della violenza, offrendo al lettore il modo di deresponsabilizzazione, onde potere vivere senza senso di colpa le fantasie più sadiche e distruttive, o identificarsi con eroi che altrimenti sarebbero vissuti come veri mostri, e quindi sarebbero rifiutati".
2) In un secondo gruppo molto eterogeneo che includerebbe tra gli altri Lanciostory, Tex e Nick Raider, l'amore e l'aggressività sono rappresentati in modo "realistico" analogamente alle modalità cinematografiche prevalenti ed in relazione al costume morale dell'epoca ed al pubblico cui sono destinate.
3) Infine, una modalità di rappresentazione dell'Eros e dell'aggressività che Imbasciati e Castelli chiamano "iperbolica", caratterizzerebbe un terzo gruppo di fumetti costituito dai filoni nero e pornofavolistico dove nell'amore viene evidenziato soprattutto l'erotismo, mediante "un'immagine esclusiva ed ossessiva del nudo e del coito: essa sembra riassumere in un unico simbolo concreto tutta la più complessa gamma di comportamenti e vissuti dell'amore umano... L'accoppiamento può stare a significare non solo un coito, ma anche semplicemente un'attrazione, un corteggiamento, o essere sostitutivo di sentimenti ed emozioni. Questi ultimi vengono sostituiti dall'azione (accoppiamento)": In forte analogia con i processi di acting-out nevrotico caratteristici della psicopatologia caratteriale. Anche la violenza, come il sesso, è rappresentata per iperbole: uccisioni e supplizi si sprecano, cioè compaiono con frequenza e modalità spesso inadeguate alla trama della storia. In questo gruppo di fumetti i due elementi, Eros ed aggressività, si mescolano spesso dando origine a comportamenti sessuali perversi di tipo sadomasochistico.
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Percezione dei fumetti e Gestalt classica
Il
fumetto nella sua storia ha sempre utilizzato, in maniera più o meno
consapevole, alcuni meccanismi psicologici, primi
fra tutti quello di immedesimazione
(identificazione) e
proiezione, che genera emozioni, fantasia ad occhi aperti, e tutta una serie di
dinamiche psicologiche atte a coinvolgere il lettore.Nel 1996 è uscito un libro
che vi consigliamo caldamente e che in poco tempo è diventato un classico “
Capire il fumetto – l’arte invisibile “di Scott Mc Cloud edito dalla
Vittorio Pavesio Production, che parla tra le altre cose di Closure.Closure è
un termine inglese quasi intraducibile che significa completamento per
inferenza, in base all’esperienza e si riferisce a una peculiare capacità del
nostro cervello che acquisisce nei primi anni di vita e che gli permette, in
pratica di riconoscere un intero dalla percezione di solo una sua parte.
Ad esempio: nella prima vignetta una ragazza avvicina le labbra a quelle
di un ragazzo, nella seconda questo ha un’aria sognante e felice; nessuno lo
ha visto ma tutti possiamo immaginare che i due si siano baciati !Un
altro esempio classico :nella prima vignetta Tin Tin mentre prende
l’aereo si rivolge al capitano Haddock : "fermo
capitano non di là, di qui!"
l’altra passerella nella seconda vignetta una hostess a bordo si prende
cura delle ferite del capitano. Ognuno immagina la caduta come vuole, ognuno
completa o riempie lo spazio tra le due vignette come preferisce; comunque le
risate sono assicurate !Questa operazione mentale, indicata come il segreto
dell’arte invisibile del fumetto, è stata codificata nella seconda metà
dell’800 dai fondatori della psicologia della forma o scuola della Gestalt :
I. Kohler e K. Koffka:
la tesi generale è che la percezione di una forma non è riconducibile o
non può essere colta in modo diretto sulla base dei suoi singoli elementi
costitutivi, ma sulla base del loro insieme e dipende anche dal modo in cui essi
stanno insieme. Nessuna delle linee che compongono i lati di un triangolo ha la
qualità “ triangolare “ che compare improvvisamente quando il triangolo è
percepito nella sua totalità.
Quando vediamo una persona seduta ad un tavolo, anche se non percepiamo
fisicamente le sue gambe, non pensiamo di trovarci di fronte ad un individuo
troncato, il nostro cervello completa la figura anche in assenza di stimoli
reali e diretti.Le modalità secondo le quali si costituiscono le forme sono
state classificate e descritte come Leggi della Forma, tra quelle classiche
formulate da M. Wertheimer nel 1923, oltre a quelle della somiglianza, della
vicinanza, vi è la legge dell’esperienza passata : elementi che per la nostra
esperienza sono abitualmente associati tra di loro tendono ad essere uniti in
forme. Ecco la closure.In effetti in quella sottile striscia bianca che separa
due vignette si cela uno spazio praticamente infinito, è stato chiamato luogo
della pre-comprensione ossia lo spazio entro cui si
articola la possibilità di comprendere ciò che stiamo guardando-leggendo.Per
noi è interessante vedere come tra l’autore di un fumetto e il suo pubblico
si instaura una collaborazione, da una parte mettere determinate vignette in una
determinata sequenza, con un preciso scopo, obbedisce alla legge fondamentale
della Gestalt per cui l’insieme delle singole parti (vignette) è diverso
dalla loro totalità (strip), e dall’altra la closure necessaria alla loro
comprensione (ad es. cambiamenti di scena, di soggetto, o di tempo), possono
essere prodotti solo dal lettore sulla base della propria esperienza e delle
proprie inclinazioni psicologiche.Vi proponiamo per finire un gioco, provate a
scoprire nella vostra raccolta di libri e di albi a fumetti chi ha utilizzato e
chi al contrario ha “forzato” le leggi della forma.Qualcuno dirà M.C. Esher….
Qualcuno dirà G. Crepax…. Vogliamo i nomi !