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LA STORIA

1 -Livorno, Genova, Shanghai

2 -Il viaggio

3 -Shanghai

4 -La guerra

5 -Tientsin





APPROFONDIMENTI

Breve storia del Montecuccoli e degli incrociatori leggeri

Equipaggio 1937-38



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4 - La guerra



La politica estera dei militari giapponesi era basata sulla convinzione che i paesi vicini accogliessero volentieri il Giappone come la nazione che li avrebbe liberati dall'oppressione occidentale. Il nazionalismo tuttavia si stava rapidamente diffondendo in Cina e man mano che l'impero giapponese si accresceva aumentava la volontà dei cinesi di resistere. La notte del 7 luglio 1937 avvenne uno scontro accidentale tra truppe cinesi e giapponesi in manovra a 12 km da Pechino nei pressi del Ponte Marco Polo. Il governo giapponese cercò di comporre la cosa localmente ma quello cinese, stanco di questo modo di procedere, che andava sempre a svantaggio dei cinesi, chiese una soluzione di fondo. Anche il governo di Tokyo, ormai dominato dai militari, fu d'accordo sulla richiesta. Nel frattempo, il 14 agosto, aerei cinesi tentarono di bombardare unità da guerra giapponesi in rada a Shanghai. Colpirono però le abitazioni e ciò causò una grossa battaglia attorno alla città, mentre i combattimenti si estendevano sempre più anche sul fronte nord. Questo episodio, chiamato "Bloody Sunday" diede il via alla guerra a Shanghai. L'obiettivo manifesto dell'aviazione cinese era la nave ammiraglia Idzumo, ormeggiata alla banchina della Nippon Yusen Koisha, vicino al Consolato Generale Giapponese, appena ad est dello sbocco di Soochow Creek. Ma le bombe caddero nel Wang Pu non lontano dal Bund, di fronte allo Shanghai Club, in una zona abbastanza distante dal Consolato Giapponese, uccidendo molti civili. Il Settlement si riempì di rifugiati provenienti dall'area cinese di Chapei e Kiangwan.

"Quando iniziarono i contrasti tra cinesi e giapponesi il comando internazionale di Shanghai diede ordine a tutte le legazioni che erano nella città di mettersi in stato di guerra; era un ordine non definitivo ed ogni legazione faceva nella propria zona quello che credeva più opportuno. "

I giapponesi, non più minacciati a Tientsin per l'arrivo di rinforzi, volsero la propria attenzione verso Shanghai, che riuscirono ad occupare il 13 settembre dopo furiosi combattimenti. All'inizio delle ostilità le prime forze italiane a difesa della Concessione Internazionale furono un distaccamento di marinai della Carlotto, sotto il comando del Tenente di vascello P.L. Tavanti. Poi il 21 agosto arrivò a Shanghai da Tientsin la Lepanto, comandata dal C.F. Bacigalupi, con truppe di rinforzo del Battaglione San Marco. Qualche giorno dopo l'arrivo dei 764 Granatieri di Savoia e del Montecuccoli (14 e 15 settembre) i Granatieri e un piccolo gruppo di marinai del Montecuccoli presero il posto dei marinai della Lepanto e del Battaglione San Marco che tornarono a Tientsin. I soldati italiani affiancarono il contingente inglese di 2500 uomini e quello americano di 1400.

"Così anche gli italiani, nella loro Concessione, il 6 gennaio ebbero l'ordine di costruire le fortificazioni; attorno a tutta Nanking Road avevamo eretto postazioni con torrette d'avvistamento, trincee, reticolati. In fondo a Nanking Road c'erano i giapponesi, perchè la Concessione Italiana segnava proprio il confine tra la zona internazionale e quella Giapponese. Dal nostro posto di controllo verificavamo la gente che andava da un quartiere all'altro."

Il settore italiano era costituito da una striscia di terreno lunga tre chilometri che si trovava tra le difese degli Americani ad est e degli inglesi ad ovest. Scrive l'Ammiraglio Da Zara:"Dipendevano dal comandante superiore navale oltre Montecuccoli, Lepanto e Carlotto, i mille granatieri di Savoia arrivati di fresco per concorrere alla difesa del Settlement di Shanghai, il battaglione di stanza a Tientsin, la guardia navale alla Legazione di Pechino e un piccolo reparto dislocato a Hankow. In Cina si combatteva ovunque: dal Nord al Sud, da Canton alla Grande Muraglia, lungo lo Jang-tze-kiang e lungo lo Hoangho. Dove la guerra non era ancora giunta infierivano la pirateria e il brigantaggio; dove l'odio contro i giapponesi non trovava bersaglio, sfociava in espressioni cruente di xenofobia. Bisognava dunque proteggere direttamente e indirettamente i connazionali delle Dogane e delle Poste, le Missioni, i piroscafi battenti bandiera italiana, i Consolati, e collaborare, al tempo stesso, alla difesa di tutti i bianchi e alla tutela dei loro interessi."