Il lavoro delle donne nelle miniere

Ricerca di Maria Elena Pani

Merita un po' di attenzione il lavoro e il ruolo svolto dalle donne nelle miniere.
La loro presenza viene quasi sempre solo accennata se non del tutto ignorata quando si parla di storia delle miniere, anche se le donne hanno contribuito allo sviluppo delle stesse, rimettendoci spesso la salute e qualche volta anche la vita negli infortuni sul lavoro che spesso capitavano anche a loro così come agli uomini.

1937-Cernitrici durante la pausa pranzo

Perd'e e Fogu, Sa Funderia, Su Zurfuru, Terras Nieddas, S'acqua Bona ...... e altre .
Praticamente tutte le miniere del fluminese hanno visto le donne, ragazze e bambine fluminesi lavorare nei loro cantieri, come crivellatrici o come cernitrici , o più semplicemente come addette alle pulizie dei vari locali come gli uffici o le abitazioni dei dirigenti (direttori, ingegneri).
Nel 1865 a Men'e ferru uomini, donne e ragazzi lavorano con gli stessi orari, dodici ore per tutti .
Le donne e i ragazzi sono pagate 1 lira e 20 centesimi, gli operai generici 2 lire e25 centesimi, un po' di più gli operai specializzati e i meccanici. Il lavoro degli uomini era di sicuro poco rimunerato, ma c'è da star certi che quello delle donne a parità di lavoro era pagato molto meno, più o meno la metà.
Esisteva una legge sul lavoro delle donne in miniera emanata dal re Vittorio Emanuele III, ma non sappiamo, se nei cantieri così lontani da veri controlli e dove si poteva trovare facilmente della manodopera, queste leggi venissero rispettate.
Comunque pensiamo che tali normative non fossero state concepite rispettando la loro specificità di donne, di mamme e di bambine perché ricordiamo che venivano impiegate nei lavori in miniera già all'età di dieci anni. Il lavoro delle cernitrici consisteva nel pestare con la massetta le pietre mineralizzate per frantumarle e separare così i vari minerali dalle parti sterili. Non si svolgeva all'interno delle gallerie ma all' esterno, ed esponeva comunque le donne a diverse malattie perché veniva eseguito a mani nude. A contatto con le pietre mineralizzate le mani presto si coprivano di tagli attraverso i quali l'organismo assorbiva delle sostanze tossiche. Nelle donne incinte queste sostanze potevano facilmente provocare l'aborto.
A poco servivano gli stracci che venivano usati per fasciare le mani e cercare in questo modo di proteggerle.
Durante la crisi che aveva colpito l'economia italiana subito dopo la prima guerra mondiale, il presidente delle miniere, Lord Brassey inviò una lettera ai minatori nella quale si legge: "Desidero far capire la situazione difficilissima nella quale si trovano le nostre miniere in questo momento.......Gli uomini più validi sono andati in guerra. Sono stati rimpiazzati da quelli meno validi, da donne e da ragazzi che hanno fatto un bel lavoro nel mantenere la produzione........".
Le donne furono quindi una presenza fondamentale in quel periodo di crisi.
Erano tantissime le operaie che lavoravano nei cantieri ma pochissime le donne che vengono citate come proprietarie. Si sa che una donna presentò la domanda affinchè il marito fosse autorizzato ad aprire la miniera di S'Acqua Bona. In seguito la miniera cambiò più volte proprietà e per ben due volte furono donne ad esercitare questo diritto. Anche loro venivano da fuori così come tutti i proprietari maschi. L'impiego delle donne nelle miniere è proseguito fino ai primi anni sessanta.
In seguito il lavoro nelle miniere è sempre più diminuito, prima per le donne, poi a poco a poco anche per gli uomini fino ad arrivare alla chiusura definitiva di tutte le miniere.

Anche alle donne fluminesi spetta quindi il merito di avere mantenuto vive e attive le miniere partecipando all'evoluzione della loro storia , sia direttamente col lavoro sia indirettamente in tempi più recenti, sostenendo la causa dei loro padri, mariti, figli o fratelli nelle alterne vicende che hanno caratterizzato la storia delle miniere fino ai giorni nostri.

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