Storia

Vicende storiche

Le testimonianze più antiche della presenza umana nel Fluminese risalgono al neolitico antìco (grotta di S'Acqua Gelada a Buggerru), mentre poco più recenti sono quelle della grotta di Padre Nocco (verso Grugua), e di S'Oreri.

Il passaggio dall'economia caccia-pesca a quella agro-pastorale, determinò l'abbandono delle grotte, che continuarono comunque ad avere grande importanza come luoghi dì culto, ed alla costruzione di villaggi di capanne protetti da recinti megalitìci e da costruzioni di difesa.

Sìamo giunti quindi al periodo nuragico che ha lasciato numerose ed importanti tracce nel territorio.

Le costruzioni nuragiche non sono imponentì come ìn altre zone della Sardegna, ma sono varie ed ancora tutte da esplorare.

Già nell'antichità i giacimenti minerari del Fluminese venivano regolarmente sfruttati

I Fenicio-Punici, che iniziarono a frequentare le nostre coste nel VI secolo avanti Cristo, lasciarono un'importantissima testimonianza, specie quei reperti ritrovati nel tempio punico di Antas.

I Romani che si imposero sui fenicio-punici, intensificarono l'attività estrattiva, espropriarono tutte le terre per poi affittarle agli abitanti. Imposero numerose tasse fra cui la decima.

Nella stessa valle mineraria di Antas, i Romani eressero il più grande edificio sacrale antico in Sardegna.

L'attività mineraria decadde con il colasso dell'Impero Romano e rimase a modesti livelli in perìodo bizantino e giudicale.

Intanto però nascevano, sparsi nel territorio, piccoli villaggi ad economia agro-pastorale (Fluminimaggiore, Frongia) o mineraria (San Nicolò, Seguris, Antas).

Questi centri non ebbero però mai vita facile, sia per i ripetuti assalti barbareschi, sia perché il Fluminese era zona di frontiera tra i Giudicati di Cagliari ed Arborea e vi avvenivano frequenti fatti d'armi fra i due eserciti.

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Nel 1206 Guglielmo di Massa, Giudice di Cagliari e Ugo di Bassu, Giudice di Arborea, si accordarono sui confini.

Questo avvenimento fu decisivo per il futuro del Fluminese. Esso venne spezzato in due parti e così rimase per oltre sei secoli. La parte meridionale ricca di boschi e miniere divenne parte dell'Iglesiente, subendo le stesse vicende storiche.

La parte settentrionale con Fluminimaggiore, pur essendo assai periferica rispetto al Giudicato di Arborea, ne subì l'influsso nell'economia, nelle tradizioni, nel dialetto.

Nel 1421 Alfonso, re d'Aragona, occupata ormai la Sardegna diede in Feudo al Nobile Gessa di Iglesias una grande estensione di terreno,con il Fluminese incluso. Questo periodo feudale durò quasi trecento anni, durante i quali ci fu una progressiva diminuizione della popolazione a causa della malaria, della peste e delle incursioni arabe. Il monte sopra Portixeddu si chiama "su Guardianu" perchè ospitava una vedetta per l'avvistamento delle navi arabe. I villaggi della zona (Antas, Seguris e Flumini Mayori) si spopolarono.

La situazione cambiò quando, alla fine del 1660, Eleonora, l'ultima dei Gessa, sposò il Visconte Ignazio Asquer.

I nuovi Feudatari, infatti, impiantarono grandi vigne nella conca di Grugua, fecero un rimboschimento di gelsi per tentare l'allevamento del baco da seta, eressero il borgo di Sant'Angelo e, nel 1704, firmarono la concessione che autorizzava tre famiglie di Terralba (Pinna, Maccioni e Serpi) a rifondare l'antico paese di Flumenmayor.

Anche grazie alle franchigie concesse, il paese ebbe uno sviluppo costante.

Gli abitanti erano 462 nel 1728, 948 nel 1751, 2500 nel 1861.

Attorno alla metà del secolo scorso il Fluminese attirò gli speculatori continentali e stranieri.

I Ciarella, i Modigliani, i Boldetti trasformarono le grandi leccete, celebrate da famosi viaggiatori, in carbonella per alimentare le industrie marsigliesi mentre i giacimenti minerari, appena scalfiti da Punici, Romani e Pisani, furono riscoperti dai francesi della Malfidano che li sfruttarono con metodi modernissimi.

Il grande sviluppo minerario determinò un rapido incremento demografico con la nascita di vari villaggi minerari (Buggerru, Pranu Saltu, Gennamari, Baueddu, Arenas). La popolazione nel 1901 era di 10.053 persone.

Da quel momento, però, iniziò il decadimento segnato da gravi crisi in coincidenza delle due grandi guerre e dal crollo della borsa del 1929.


Personaggi

Tante strade del paese sono intitolate a personaggi che qui sono nati o che nel paese hanno vissuto e operato. Nel 1704 i feudatari di Fluminimaggiore erano il Conte Ignazio Asquer e la moglie Donna Eleonora Gessa. Il territorio era vasto e disabitato . Il conte chiamò tre persone di Terralba e le incaricò di far venire altre famiglie per insediarsi nel territorio. Queste persone sono Pedro Maccioni, Francisco Pinna e Pedro Serpi. Nel soffitto della Sala del Consiglio Comunale c'è una pittura che rappresenta i tre terralbesi nell'atto di firmare il documento davanti a il Conte Asquer. Questi sono i primi personaggi che hanno fatto la storia di Fluminimaggiore.

Un altro personaggio al quale è dedicata una strada è Antioco Giuseppe Lepori. Lui è stato l'unico fluminese ad aver partecipato Con l'esercito Sardo -Piemontese alla guerra in Crimea nel 1853. Per il coraggio dimostrato la Regina d'Inghilterra gli diede una medaglia al valor militare e per lo stesso motivo, il Re Vittorio Emanuele II gli diede quella d'argento. Combattè valorosamente anche nelle battaglie di Palestro e di San Marino e divenne invalido a causa delle ferite riportate in battaglia.

Francesco Fenu era invece un personaggio molto abile nel suo lavoro. Era nato a Cagliari nel 1852, a Flumini si trasferì nel 1870 per fare il maestro e l'impiegato postale, ma diventò presto Segretario Comunale. Per la sua bravura veniva chiamato spesso dal Prefetto di Cagliari per esaminare i compiti dei futuri Segretari. Il Sindaco di Piombino, venuto a conoscenza della sua bravura lo chiamò per riordinare le loro pratiche, ma Fenu tornò presto a Flumini. Per i suoi meriti venne nominato Segretario a vita.

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Il Canonico Onorio Melis era chiamato da tutti Nonnu che in fluminese vuol dire padrino. Si diceva che avesse fatto da padrino a più di 500 bambini e anche se questo non risulta ci dimostra quanto fosse amato. Fu nominato Parroco di Flumini nel 1884 e siccome in quel tempo non c'era la casa parrocchiale pensò di costruirla lavorando anche lui come muratore . Morì molto povero nel 1934 e venne seppellito prima nel cimitero, ma poiché i fluminesi lo ricordavano sempre con affetto nel 1974 trasportarono le sue ossa nella chiesa e le misero sotto il suo busto di marmo. Lasciò la casa da lui costruita alla parrocchia che da allora è sempre stata la casa del parroco.

Fra gli industriali venuti dal continente è da ricordare Enrico Serpieri. Era Segretario della Repubblica Romana ed amico di Garibaldi e di Cavour. Quando cadde la Repubblica Romana il cavalier Serpieri scappò dalla polizia del Papa e venne in Sardegna. Era esperto nel lavorare le scorie dei minerali lasciate nelle discariche dagli antichi romani. A Flumini costruì una fonderia e li gli operai trovarono un pane di piombo dimenticato in mezzo alle scorie dagli antichi romani. Serpieri lo donò al Museo di Cagliari. Fu consigliere comunale, primo presidente della Camera di Commercio di Cagliari. Quando tornò a Rimini dove era nato fu eletto Deputato.

Un personaggio molto curioso della storia di Flumini è Carlo Marx che venne dalla Germania e diventò direttore delle miniere di Gutturu Pala e Pubusinu . Andava d'accordo con gli operai e aveva molti amici. Era amico anche del Canonico Melis e insieme andavano spesso a caccia. A lui si era affezionato un corvo che lo seguiva in tutti i suoi spostamenti e quando l'ingegnere veniva a Flumini, il corvo lo seguiva e andava a posarsi sul campanile, perché Marx andava a far visita al Canonico Melis. Un giorno la guardia comunale vide il corvo sul campanile, prese il fucile e lo uccise. Fu grande il dispiacere di Marx e il sindaco suo amico, punì la guardia non tanto perché aveva ucciso un corvo ma perché aveva ucciso il corvo di Carlo Marx.

Lord Brassey ai primi del Novecento era il padrone di parecchie miniere . Era inglese e quando visitava le sue miniere almeno un giorno voleva pranzare con tutti i suoi operai. Era ben voluto da tutti. A Flumini volle costruire un piccolo ospedale per gli operai e vi fece riservare due posti per gli altri abitanti del paese. La sua macchina fu la prima a passare nel nostro paese e tutti la chiamavano "sa carrossa chenza de cuaddusu".La guardavano da tutte le parti perché erano convinti che i cavalli fossero nascosti dentro. Nel 1869 il Governo mandò in Sardegna una Commissione di inchiesta per constatare le condizioni delle miniere.

Nella comissione c'era anche Quintino Sella che era deputato e ingegnere esperto di miniere. La relazione che lui fece diceva che le condizioni degli operai erano molto brutte e che il Governo doveva fare qualcosa per migliorarle. Disse anche che bisognava collegare Fluminimaggiore con Iglesias e con Guspini con una strada larga perché in quel tempo c'era solo un sentiero. Raccomandò che a Iglesias si costruisse una scuola per i capi operai poi volle che si concedessero ai minatori dei pezzetti di terreno intorno ai cantieri, in modo che potessero coltivare un piccolo orto per le cose necessarie alla famiglia. A Iglesias fecero un comitato per fargli un monumento , il Comune di Fluminimaggiore diede 100 lire, Carlo Marx con i suoi operai diede 50 lire.

*Rielaborazioni da"Quaderni di storia fluminese3"
Personaggi Avvenimenti Curiosità della storia di Fluminimaggiore e della Sardegna dal 1704

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Miniere

Storie di miniera

Personaggi


*Racconto di un viaggio fatto da un turista francese nel territorio di Flumini nell'800

Un turista francese di nome Bennet venne a visitare il territorio di Flumini nella seconda metà dell'800. Con il suo accompagnatore visitò la miniera di Acquaresi e da lì venne a Flumini.
Durante il viaggio a cavallo vide che tutta la montagna era disboscata e sul terreno c'erano ancora tanti alberi tagliati. Bennet si meravigliò molto per la distruzione di quel bosco e chiese come mai avessero permesso di fare una simile distruzione. L'accompagnatore gli spiegò che quel bosco l'aveva fatto tagliare un commerciante di Livorno di nome Modigliani per fare il carbone da vendere alla Spagna (Emanuel Abram Modigliani, banchiere del Papa, da Roma si era trasferito in Toscana. Nel 1866 in Sardegna acquistò 12.000 ettari di terreno del Salto Gessa ed ebbe la concessione mineraria per coltivarvi alcuni giacimenti di piombo).
Il libro, che è scritto in francese, dice queste parole: "il avait fait un contract avec le gouvernement espagnol pour une fourniture de charbon de bois ".
Continuando il viaggio arrivò a Gutturu Pala per visitare quella miniera e, vedendo il bosco circostante, rimase meravigliato per la sua bellezza e la sua grandezza e disse che era tanto bello che in tutta l'Europa non ce n'era un altro così bello, nemmeno quello di Fontanaineblau del re di Francia. Bennet dice che era stato ospitato dal padrone della miniera che era tedesco e noi pensiamo che fosse l'ingegnere Carlo Marx.
A proposito del bosco che aveva distrutto Modigliani , abbiamo letto un documento del secolo scorso dove c'è scritto che il Comune chiedeva a Modigliani di pagare 1000 lire per i danni che aveva fatto per il taglio abusivo del bosco di Pauli (Paui).


*I trasporti nel fluminese

La merce prima di arrivare a Flumini doveva passare nelle mani di vari operatori che ricevevano un compenso e aumentavano il prezzo dei rifornimenti.
I carrettieri non effettuavano i trasporti direttamente da cagliari, ma da Iglesias, dove la merce arrivava alla stazione dei treni, raggiungibile da Flumini in 8 ore circa con i carri a buoi.
Il viaggio di andata veniva affrontato preferibilmente durante la notte, perché così si arrivava in città di buon mattino, all'apertura dello scalo ferroviario e degli empori, dove procedevano con comodità alle operazioni di carico e scarico.
Era molto intenso anche il traffico dei carri con Portixeddu, dove ogni miniera aveva il suo villaggio dove confluivano sia i minerali dei nostri cantieri, sia le varie merci che giungevano da Carloforte o che erano in attesa di imbarco.


Vicende storiche de"Sa punta de su guardianu"

Rielaborazione di M.Elena Pani

Verso il 1500 la Sardegna era ancora dominata dagli spagnoli i quali non riuscivano a difenderla dai pirati saraceni che provenivano dal nord Africa.
Tra il 1500 e il 1600, Flumen Mayor, secondo l'antica denominazione, subì varie incursioni barbaresche, tanto da risultare disabitato nel 1682. Le navi (cariche anche di cavalli)provenienti dalle coste africane, sbarcavano i pirati nelle spiagge di Portixeddu, San Nicolò e Capo Pecora. Da lì bande di predoni si spostavano fino all'interno del territorio, derubando gli abitanti di tutti i loro beni: animali, oggetti preziosi e persino utensili da lavoro, ma soprattutto rapivano gli uomini più forti, le donne e i bambini.
Nella zona di Santa Lucia vi era un laghetto "sa piscina de is pippius" dove i turchi avevano la consuetudine di uccidere tutti i bambini piccoli che non potevano sopportare il lungo viaggio verso i mercati delle città nord africane. La tradizione dice che i fluminesi stanchi di queste crudeltà decisero di organizzarsi per poter controllare l'arrivo dei pirati e stabilirono su un monte, di fronte alla spiaggia di Portixeddu, un punto di vedetta dove stava un guardiano. Questa collina venne scelta perché è la più alta della zona (478 m. ) dopo punta Punta Mummulonis (499 m.) con la quale spesso viene confusa. Il servizio di vigilanza funzionava 24 ore su 24. Al minimo pericolo di invasione il guardiano suonava un corno o dava fuoco a delle enormi cataste di legna, se era notte, per avvisare la popolazione dell'abitato e della piana di is ortus de mari dell'arrivo dei predoni. In questo modo si dava loro il tempo di nascondere gli oggetti di valore e di fuggire verso l'interno per mettersi in salvo. La paura dei "turchi" era grande perché combattevano con le scimitarre e portavano morte e distruzione. Col passare del tempo la cima del monte prese il nome de "Sa punta de su Guardianu".
Dopo vari attacchi il paese fu abbandonato e rimasero nel territorio del fluminese solo poche abitazioni sparse nella vallata del Rio Mannu.
Per molti decenni la zona rimase quasi disabitata.
Nel 1704 il paese fu ricostruito dove si trova oggi.
I nuovi feudatari, per paura delle incursioni musulmane, stabilirono di risiedere alle falde meridionali del Monte Argento (is Concas) in luogo distante e non visibile dal mare alle navi dei pirati.
Il territorio che circonda Sa punta de su Guardianu è ricco di reperti archeologici. Vi sono stati rinvenuti i resti di una antica villa romana, i ruderi di un nuraghe e alcune "tombe dei giganti". Dalla sua sommità si domina l'intero Golfo del Leone e lo sguardo può spaziare per molte miglia.
Sulla sua cima si trova un ceppo geodetico individuato da La Marmora nei primi dell'Ottocento: è un punto di riferimento della rete topografica nazionale ed è visibile da grande distanza dall'alto

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