Pepe, Durando, Zambeccari, Bruzzesi, i fratelli Sgarallino, Quetto lo schiavo nero e le prime imprese
italiane di GARIBALDI
'offerta
da tutta Italia di combattenti (16.000 Napoletani con Guglielmo
Pepe, Siciliani, 17.000 Pontifici di cui 7.000 regolari del
Gen. Durando*, toscani) non fu
certo rifiutata, giacché l'esercito sardo era molto inferiore a quello
austriaco. I restanti
volontari erano civili organizzati (o disorganizzati) da qualche
esponente intellettuale locale, vestiti con improvvisazione, con lo
schioppo più vecchio che ci fosse (ferraglia spesso pericolosa), con
addestramento insufficiente e con rifornimenti inesistenti. Il valore di
questi uomini non fu da meno degli altri, basti ricordare gli studenti
toscani a
Curtatone e Montanara. Non staremo qui a far l'analisi di tutti i
volontari che operarono, anche localmente (vedi guardie civiche e
Guardie Nazionali),
ma solo di quelli che
in reparti organici, parteciparono a fatti d'armi con distintivi del corpo (divise) e inquadrati nelle divisioni piemontesi. Si
trattava solitamente di compagnie, anche se la loro consistenza variava
dalla forza di una compagnia a quella di un battaglione. Molti di questi
reparti transiteranno poi nell'esercito regolare, (vedi tabella a fondo) ed i
comandanti seguiranno tutta la carriera militare, molti fino al grado di
Generale. I volontari di Vignola del 1859 ad esempio sono ancora presenti come
XXIII BTG "Castel di Borgo" nell'esercito italiano attuale (12°
reggimento Brigata Aosta). Vedremo in altro capitolo i bersaglieri di
Manara alla Repubblica Romana, così come dei
bersaglieri di Garibaldi. Nell'organico delle camicie
rosse, c'era un corpo di bersaglieri con divise non riconducibili alle
nostre, impiegato in tutte le spedizioni. Si ha anche notizia di
formazioni di Bersaglieri spontanei siciliani associatesi a Garibaldi
nella spedizione dei Mille. Una detta dei
Bersaglieri del Faroche
parteciperà alle battaglie di Milazzo, Messina con
giovani provenienti da Noto e da altre parti della Sicilia al Comando
del Generale Fabrizi nella omonima brigata. Altre formazioni volontarie si
formeranno nella seconda e terza guerra di Indipendenza.
Volontari svizzeri legione Vicari-Simonetta
Manzoni: “... il 18 marzo del ‘48, prima delle
Cinque gloriose Giornate una colonna di volontari mosse da
Lugano... e partecipò attivamente alle battaglie...”. Fallita l’insurrezione,
“... la rabbiosa reazione dell’Austria che nel settembre
dichiarò un blocco il quale costrinse duemila ticinesi a
rimpatriare dalla Lombardia...”.
http://digilander.libero.it/fiammecremisi/approfondimenti/ticinesi.htm
Fra i
vari personaggi che costituivano la cerchia guerresca di Garibaldi c’era Angelo
Pigurina "Portoghesi" cagliaritano (1815)
già compagno di moti (1834) ed esule come lui in
Sudamerica. Nel 1848 era ritornato e qui sul Lago Maggiore (Luino)
era finito coi Bersaglieri Pavesi del 2° corpo dove trovarono la
morte Franzini Benedetto, Lanza Urbano Pietro, Marangone Emilio,
Sora Angelo ed altri ricordati nel monumento eretto a Garibaldi.
Pigurina fù poi ferito a Roma (3 giugno 1849) e di lui si seppe
solo che era ritornato in America dove morì, a 63 anni, il 19
agosto 1878. Un profilo più articolato qui
http://digilander.libero.it/fiammecremisi/approfondimenti/garibaldiritorno.htm
VII Compagnia ebrei di Torino. A partire dal 1848 si arruolarono nell'esercito
sardo come volontari 235 ebrei, saliti a 260 nella campagna del
1859. Nel 1860 entrarono nelle scuole militari di reclutamento 28
allievi ufficiali ebrei, seguiti negli anni successivi da molti
altri, tanto che l'annuario 1895 del Regio Esercito annoverava 700
ufficiali, in servizio attivo permanente o in ausiliaria, di
religione ebraica
Ebrei erano anche fra le fila di Garibaldi alla
Repubblica Romana, e non poteva essere altrimenti, e fra questi
l'inglese Carlo A. Blumenthal, che militava col nome di Scott
che combatterà ancora con lui nella guerra del ‘59 coi
Cacciatori delle Alpi poi ebrei nella Legione lombarda accorsa
sempre in difesa di Roma che comprende 5 ebrei, tra i quali il
giovane Ciro Finzi, che aveva combattuto a Milano sulle
barricate, e il giovane medico triestino Giacomo Venezian.
Entrambi cadono in difesa di Roma.
**Tito
Livio
ZAMBECCARI (Bologna 1802-1862),
Il conte Zambeccari diviene da subito Carbonaro
poi Mazziniano. In seguito ai moti del '21
va in Spagna (aiutante di campo del Col. Riego) poi nel 1826 in America Latina.
Partecipa prima alla lotta degli Uruguaiani contro il Brasile, poi
passato in Argentina asllo scontro tra unitari e federali delle
provincie ribelli ma dalla parte dei primi. Ritornato in Brasile e
affiliato alla massoneria diventa aiutante di campo di Bento Goncalves
che combatte per il Rio Grande do Sul contro l'imperatore del Brasile
Pedro. Nel 1836, nel corso di una battaglia, viene arrestato e tenuto prigioniero per tre anni. Liberato a condizione che lasci il continente, nel 1839 torna in Europa e nel 1841 in Italia, dove partecipa attivamente ai moti rivoluzionari del 1843 e del 1845 nello
Stato della Chiesa. Nel 1848 si mise a capo di un battaglione di militari
bolognesi che marciò sul ducato Estense di Modena. Carrara, Avenza, Carpi, Guastalla, Mirandola e Sassuolo avevano già
preso le armi e numerosi drappelli d'insorti marciavano su Modena mentre da Bologna avanzavano i volontari di Zambeccari e BIGNAMI. Nella colonna Zambeccari militarono fior di soldati e di patrioti fra i quali il più noto
è Felice Orsini. Nel 1849 Zambeccari venne eletto rappresentante alla Costituente Romana e nominato da Mazzini
- Comandante della Piazza d'Ancona - che difese contro le preponderanti forze austriache. Dopo una valorosa resistenza, cedette i poteri al municipio
(che trattò la resa), e andò esule a Corfù poi ad Atene. Muore a Bologna nel 1862.
L'avventura
sudamericana di Zambeccari nel racconto di Garibaldi
http://digilander.libero.it/fiammecremisi/carneade/garibaldi1.htm
****Jacopo e Andrea Sgarallino Bersaglieri Livornesi della Morte
Jacopo Sgarallino
Maggiore, nasce a livorno il 9 giugno 1823. Nel 1849 fu con il
Battaglione Giovanni dalle Bande Nere, ai confini toscani. Il 10 e 11
maggio dello stesso anno, prende parte alla difesa di Livorno nei
Bersaglieri della Morte
col fratello. Emigra anche lui per sfuggire alla cattura. Nel 1854-55
prende parte alla Campagna di Crimea e nel 1859 rientra in patria per
partecipare alla campagna di Lombardia nei Cacciatori delle Alpi di
Garibaldi. Fu in
Romagna con i volontari di Garibaldi, nel 1860, e
tra i mille da Marsala al Volturno dove si guadagna la medaglia
d'argento al Valor militare. Nel 1862
partecipa alla spedizione in Aspromonte e due anni dopo, nel 1864, è con
le camicie rosse della Polonia. Nel 1866 comanda la Cannoniera “Castenedolo” sul lago di Garda
e l'anno
successivo partecipa ad una spedizione in Grecia, con i volontari
comandati da Ricciotto Garibaldi. Nel 1867 combatte a Farnese, Viterbo e
Mentana, dove si distingue per audacia ed eroismo. Negli anni 1876-77 lo
troviamo al
comando dei volontari della Legione Italica in Erzegovina,
Montenegro e Serbia. Muore il 26 dicembre 1879.
Andrea Sgarallino,
colonnello, nasce a Livorno il 26 ottobre 1819. Iscritto alla Giovane
Italia di Mazzini, partecipa alla campagna di Lombardia con i volontari
toscani nel 1848 dove a Montanara si guadagna la medaglia al valor
militare recuperando
la bandiera del battaglione caduta in mano nemica. Nel 1849, prima fu ai
confini toscani, Capitano nel battaglione Giovanni dalle Bande Nere,
successivamente al comando dei
Bersaglieri della Morte,
si distingue nella difesa di Livorno dall'invasione austriaca. Emigra
fino al 1859, per sfuggire alla cattura degli invasori, facendo il
marinaio nel Mediterraneo e fuori, restando sette anni in America del
Nord.
Partecipa alla corsa all'oro con la quale contribuisce in maniera
determinante a finanziare le imprese garibaldine. Nel1853 è implicato
nel processo Guerrazzi e condannato in contumacia a quindici anni di
lavori forzati per lesa maestà. Nel 1859 fu in Romagna con i volontari
comandati da Garibaldi e nel 1860 cooperò alla spedizione dei Mille,
sbarcando con i suoi volontari a Talamone dove si doveva creare un
diversivo. Si scontra con le truppe pontificie alle grotte di S. Stefano
e viene arrestato e condotto in carcere a Livorno. Con grave rischio,
fugge dal carcere e si dirige in Sicilia, dove raggiunge Garibaldi. Il 2
ottobre a Caserta viene ferito alla gamba destra e decorato con la
medaglia d'argento al valor militare. Nel 1866 prende parte alla
campagna del Tirolo, al comando della Cannoniera “Torrione” sul Lago di
Garda. Muore il 6 marzo 1887.
Volontario fra i volontari era Giuseppe Garibaldi appena tornato
dall'America del Sud
G.B. Cuneo Memorie di Garibaldi -..... Ma oramai per Garibaldi era
diventato impossibile rimanere più a lungo lontano dalla patria; e
veniva a mirabilmente secondare il di lui desiderio di ritornarvi e a
dare probabilità di buon esito ad progetto concepito in tempi remoti, la
straordinaria concitazione degl'Italiani residenti in Montevideo, i
quali eransi al lieto annunzio dei primi moti in Italia, sollevati alle
più sublimi speranze e cacciati da uno di quegli impeti di cuor
generoso, avevano in poco tempo per mezzo d'una soscrizione nazionale
raccolto una vistosa somma che essi destinarono fin dal primo momento
“per la spedizione in Italia comandata da Garibaldi”. Accompagnato da un
cento tra soldati, della legione ed altri volontari, salpava finalmente
da Montevideo nel mese di aprile del 1848 e dopo una lunga navigazione e
14 anni d'esilio onorato rivedeva e toccava la patria. Approdò Garibaldi
in Nizza ad abbracciarvi la vecchia madre con la moglie e i figli, che
aveva qualche mese prima avviati alla casa patema , quindi s’affrettava
a Genova per la via del mare con lo stesso legno, la Esperanza, che
avevalo trasportato coi compagni da Montevideo. Garibaldi non si fermò
che pochi momenti; prese difilato via per Torino ansioso di agire egli
pure essendo già la guerra dell’indipendenza inoltrata. Ma l’uomo ch’erasi
mosso dall'America, divorato dalla febbre di combattere per la gloria e
l’Indipendenza italiana, trovava nel Ministero d'allora fredda
accoglienza (prima però in Carlo Alberto), e parole che dovettero fare
una ben triste sensazione su quell'animo non d'altro bramoso che
d'opera, e persuaso che questo fosse titolo sufficiente ond'essere ben
accetto ad uomini che reggevano un paese, combattente contro
l'Austriaco. Noi lasciamo alla storia che dovrà trasmettere ai futuri la
spiegazione di tanti avvenimenti accaduti in questi ultimi due anni
tuttora avvolti nel mistero.
-Il 23 giugno1848 la nave era entrata in
porto (a Nizza) senza scontare la quarantena per lo sbarco dei
passeggeri. Garibaldi ha appena il tempo di salutare Anita, la mamma e i
figli e parte per Genova mentre l’autorità piemontese gli da assistenza
per i compagni. Garibaldi non intende entrare nelle dispute dei partiti
che da tre mesi si disputavano le prime pagine dei giornali su un futuro
dell’Italia che non era ancora cominciato. Garibaldi sa che si sta
combattendo contro l'Austria (che non è il Brasile sia come impero che
come territorio). Le guerre si vincono unendo le forze e due giorni dopo
l’arrivo emana un proclama dove dichiara di non essere mai stato
monarchico ma, nella a situazione attuale, bisogna passar sopra agli
schieramenti e offrirsi, con i suoi, al re di Sardegna, «che si è fatto
il rigeneratore della nostra penisola». Di tanti re ignavi e incapaci
Carlo Alberto è il portabandiera, ma Garibaldi non poteva saperlo. Il 29
Garibaldi è a Genova accolto dalla folla con battimani ed evviva.
L’incontro fra Mazzini e Garibaldi (il primo !!!) è fra sordomuti.
Garibaldi che è vissuto nel suo culto per 15 anni d’ora in poi lo
eviterà per le tante imprese, rivolte, insurrezioni senza senso vendute
agli adepti (Mazzini come C. Alberto sta su un altro pianeta). Si risente
l’indottrinato Medici della nuova linea ma il moribondo Anzani li
riunisce: “è un predestinato”, gli dice con parole profetiche. Francesco
Anzani muore il 5 luglio lui più giovane di Garibaldi, lui che come
disse il generale uruguayano Rodriguez non l’ho mai visto ridere,
sbraitare. Anzani parlava sempre a bassa voce e Garibaldi lo chiamava
"signor Anzani". Jessie White Mario disse che se Garibaldi era il
condottiero militare della Legione Italiana, Anzani era "il suo capo e
la sua guida morale". Per raggiungere Carlo Alberto a Roverbella, presso
Mantova, dove ha il quartier generale, si fa prestare 500 lire da un
amico. Il re lo riceve il 5 luglio. Lo accoglie freddamente. Ascolta la
richiesta di affiancarsi alle truppe regolari coi suoi volontari. Gli fa
osservare che i volontari devono confluire in battaglioni appositamente
istituiti, che bisogna rispettare delle regole. Lo invita a rivolgersi
al ministro della Guerra, a Torino e questo lo manda da quello degli
interni che dovrebbe fornirgli «mezzi necessari per dirigersi altrove»
(Venezia ?). Nel ritornare a Torino si ferma a Milano dove incontra il
Governo provvisorio che nella disperazione lo fa generale. Davanti
all'albergo il 14 luglio si raccoglie una folla osannante e pochi giorni
dopo i suoi. Il 21 luglio Garibaldi forma il Battaglione Anzani,
comandato da Giacomo Medici che ora ha il plauso di Mazzini. Ma questa
gente non ha di che vestirsi e mangiare, non è il Sudamerica delle
distese di mandrie. Il 25 luglio Carlo Alberto è sconfitto a Custoza, è
in rotta e si ritira su Milano che ora è minacciata direttamente. II 29
luglio ha l'ordine di difendere Brescia. Si uniscono a lui altri
volontari ma non c’è più nulla da fare e le fila si assottigliano.
Prende la via dei monti dove secondo lui potrebbe fare la guerriglia
come in Brasile, ma si vede che non conosce le Alpi. Da Monza si porta a
Como. Lungo il cammino si uniscono a lui Medici e Mazzini, semplice
milite, che non reggerà però alle fatiche, e si rifugerà subito in
Svizzera. E' ai laghi quando viene data notizia dell'armistizio Salasco
del 9 agosto. E’ inferocito e non desiste dai suoi propositi di battersi
..continua anche ..
Il 7 agosto 1848, dopo la
sconfitta di Custoza, si arruola volontario nel Corpo il 21enne Michele
Amatore, ex
schiavo nero
originario
del Sudan col nome Quetto . Negli anni fu da tutti ricordato come il Capitano
Moro. Insignito di medaglie e onorificenze si spense il 7 giugno 1883.