Guglielmo Pepe  1783-1855

Allievo della Nunziatella, entra ancora 16enne nella milizia della Repubblica Napoletana del 1799. Combatte contro le bande del cardinale Ruffo e fatto prigioniero viene esiliato in Francia per la sua giovane età. Si arruola fra le truppe Napoleoniche e combatte a Marengo. Sceso a Napoli fu di nuovo arrestato. All'arrivo di Giuseppe Bonaparte, dopo tre anni di prigionia, viene liberato. Lo segue in Spagna ed anche qui incarcerato scampa per la terza volta alla forca, con l'evasione dal carcere. Raggiunge intanto il Murat che si è insediato a Napoli. Alla caduta di Napoleone riprende servizio nell'esercito Borbonico. Nel 1820 è a capo del pronunciamento degli ufficiali per la Costituzione. Dagli scritti di Guglielmo Pepe (generale degli insorti napoletani) 1820..

BERSAGLIERI NAPOLETANI

Avevo con me quattro reggimenti di cavalleria, quasi tutte le milizie della provincia di Avellino (circa 5.000), ed un battaglione di bersaglieri*. I carbonari in armi, ordinati in corpi sciolti, erano circa ventimila. Da Foggia attendevo il reggimento di cavalleria di Russo: cinquemila militi, e carbonari quanti più ne volessi. Mentre io dettavo istruzioni ai capi dei corpi, e studiavo come ordinare provvisoriamente alla meglio gli insorti, mi giunsero lettere del duca di Calabria e messaggeri del re, che mi assicuravano la concessione della costituzione da parte della Spagna. Quindi non vi era più bisogno di combattere. Pepe

Bersagliere Napoletano.. Sconfitto a Rieti (1821) dagli Austriaci prende di nuovo la via dell'esilio (Inghilterra). Rientrato a Napoli dopo i moti del 48, gli viene affidato il comando del corpo di spedizione che combatte la I guerra d'indipendenza. Dopo la sconfitta porta parte dei suoi uomini alla Repubblica Veneziana di Manin, dove si battè fino alla fine, come comandante generale. Ripresa la via dell'esilio muore a Torino nel 1855.

BATTAGLIONE CACCIATORI (O BERSAGLIERI)
Continuava con loro la tradizione istituita da Carlo III di disporre di corpi di fanteria addestrata al combattimento in ordine sparso, da destinare nelle zone impervie, fornita di armi maneggevoli e precise, e di grande preparazione atletica. Con R.D. del 25 luglio 1817 si formarono 5 battaglioni di cacciatori, con gli elementi delle compagnie di riserva di alcuni reggimenti che da sei erano passati a quattro compagnie. I cacciatori, detti anche "bersaglieri" (termine coniato non solo per i piemontesi), parteciparono alla lotta politica dei moti costituzionali del 1820/21 e per questo furono sciolti. Al rientro di Ferdinando I, vennero ripristinati con D.R. del 27 giugno e del 4 luglio 1823 con la formazione di 4 battaglioni di "Cacciatori Nazionali". Un quinto battaglione fu costituito il 1 febbraio 1827, sotto la direzione del tenente generale Nunziante. Decisa l'abolizione dell'unico battaglione del 2° reggimento "Siciliano", gli uomini che vi appartenevano, volontari e ufficiali che avevano acquistato il grado (pratica in uso in Europa sin dal XVII secolo) formarono il 6° battaglione Cacciatori, con D.R. del 3 gennaio 1828. " Ferdinando I per ricomporre l'armata nazionale per togliersi dall'occupazione austriaca ordinò la costituzione di due reggimenti siciliani, per motivi finanziari concesse i gradi subalterni a tutti i nati in Sicilia che avessero a proprie spese equipaggiato compagnie e plotoni "(Roberto M. Selvaggi, "Nomi e volti di un esercito dimenticato", pag. 54). Un 7° battaglione venne costituito (R.D. del 24 giugno 1840), a partire dal 1° luglio 1840, con gli uomini delle compagnie di riserva degli altri battaglioni di Cacciatori. Un battaglione, la "Croce di Malta", fu inviato in alta Italia nella guerra d'indipendenza del 1848, e, infine, un 9° battaglione venne formato il 5 gennaio 1859. I "Bersaglieri" costituivano la migliore specialità dell'esercito delle due Sicilie: ammirati e stimati dagli avversari, lo stesso Garibaldi lodò il loro valore. Si batterono con vigore anche nei momenti più difficili e furono i primi a dare una dura lezione ai garibaldini nel settembre 1860 a Caiazzo, con il 6° Cacciatori al comando del tenente colonnello Ferdinando La Rosa, che nell'impresa fu ferito a morte. Si chiamavano così anche alcune reparti di soldati mercenari esteri dopo l'ammutinamento degli svizzeri.  I reparti ammutinatisi furono sciolti e sostituiti con altre unità composte da militari esteri, specie bavaresi, e gli elementi rimasti fedeli provenienti dai disciolti reggimenti elvetici. Furono quindi creati tre Battaglioni di Cacciatori Bersaglieri Esteri, più un quarto di Veterani.

GLI SVIZZERI NAPOLETANI

Dell’Esercito napoletano facevano parte anche n.4 Reggimenti Svizzeri, chiamati dai napoletani “Titò”, che dal 1825 presero il posto degli Austriaci. Erano truppe fedelissime e nelle quali Ferdinando II poneva la più completa fiducia. Il 1° Reggimento era reclutato nei cantoni di Lucerna, Unterwalden, Obwalden, Uri e Appenzello; il 2° reggimento era dei cantoni di Friburgo e Soletta; il 3° Reggimento era dei cantoni Vallese, Svitto e Grigioni ed il 4° Reggimento del cantone di Berna (a sx). Il colore delle mostrine era celeste per il 1° Reggimento, verde per il 2°, blu per il 3° e nero per il 4°. Le grandi uniformi dei Reggimenti Svizzeri erano rosse. I musicanti di ogni Reggimento al contrario portavano l'uniforme dello stesso colore della mostrina del Reggimento e le mostrine del colore del Corpo di appartenenza. Le bandiere dei Reggimenti Svizzeri erano contraddistinte dall'avere su un verso lo stemma del Regno delle Due Sicilie, e al rovescio la croce bianca in campo rosso, simbolo della Confederazione Elvetica, con le armi dei cantoni dai quali il Reggimento aveva origine.

Il trattamento loro riservato era migliore di quello dei soldati napoletani. Erano indubbiamente dei privilegiati, ma costituivano un sicuro e solido puntello. 1° rgt. svizzeroI fatti tragici delle giornate del 1848 a Napoli, in Sicilia, in Calabria, confermarono l’assoluta fedeltà di queste truppe alla Corona. Successivamente, questo feeling si interruppe improvvisamente e sanguinosamente nel 1859, subito dopo la morte di Ferdinando II, in seguito all’ammutinamento del 1°; 2° e 3° Reggimento. La causa scatenante che determinò la rivolta e che causò decine di morti e centinaia di feriti, fu apparentemente causato dai nuovi accordi tra i Cantoni di arruolamento e la Corona Napoletana, ma anche da un presunto ordine di non prestare più servizio fuori dai confini. Si stabiliva, infatti, che nelle bandiere dei reparti Svizzeri non dovevano più essere apposti gli emblemi dei Cantoni di reclutamento. Ma ai tragici accadimenti non furono estranee le oscure manovre di agenti sabaudi, tendenti a minare le basi dei nuclei più compatti dell’organizzazione militare borbonica. La prova evidente di tali sospetti sta nel fatto che nelle tasche degli svizzeri morti e feriti furono trovate un consistente numero di monete d’oro. La rivolta fu stroncata dall’intervento dei reparti Napoletani e dal 4° Reggimento svizzero estraneo ai fatti. http://www.ilportaledelsud.org/svizzeri.htm
 

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