Il primo inverno
di guerra (15/16) era stato affrontato in ritardo e i provvedimenti
presi, o non ebbero efficacia o raggiunsero solo in parte i reparti. Ci furono molti congelamenti, malattie infettive etc..
Solo l'inverno
successivo (16/17) si riuscì a migliorare la vita del soldato con il complesso delle
opere che andarono a regime rendendone più vivibile la vita. Un ulteriore progresso
nella vita di trincea e retrovia si ebbe, strano a dirsi, dopo la ritirata di Caporetto.
La 5a
battaglia dell'Isonzo 11/3-30/3
Il 12 marzo il
bollettino di guerra
"…dopo un'adeguata preparazione di fuoco, nonostante
le difficoltà del terreno reso impraticabile dalle intemperie,
reparti di fanteria irruppero in più tratti contro le posizioni
nemiche del Carso, verso la chiesa di
San Martino. Nella notte del 15, dopo un violento fuoco d'artiglieria e
di fucileria, l'avversario pronunciò due impetuosi attacchi giungendo
sino al margine delle nuove trincee italiane. Al mattino l'artiglieria
nemica rinnovò l'azione, persistendovi fino a notte; la saldezza delle fanterie italiane e il costante ed efficace appoggio
delle artiglierie permisero di mantenere le contrastate posizioni...."
L'offensiva Italiana, voluta dal Comando Francese per evitare che truppe
ed artiglierie austriache fossero mandate a sostenere i Tedeschi a
Verdun, continuò ancora violenta. Nella notte sul 19 e nel giorno
successivo, alle falde di Santa Maria di Tolmino, gli Austriaci
iniziarono un attacco che, fiaccato dal nostro fuoco, si risolse in
semplici avanzate di pattuglie che furono poi facilmente respinte
(vedi
http://digilander.libero.it/trombealvento/indicecuriosi/montesmerle.htm
il diario di Costa Isidoro). Lotta aspra ed accanita, durata circa 40 ore: si
combatté sulle alture a nord-ovest di Gorizia e si finì la mattina del
28 marzo…
"Dopo un'intensa concentrazione di fuoco d'artiglieria
sui nostri trinceramenti del Grafenberg, già danneggiati dalle
precedenti intemperie, la sera del 26 l'avversario sferrava con ingenti
forze un violento attacco. L'ostinata resistenza dei nostri trattenne
alle ali le irrompenti masse nemiche, mentre al centro il nemico
desisteva dopo un furioso
corpo a corpo". Sulle alture a nord-ovest di Gorizia, dopo un intenso
cannoneggiamento, la notte del 30 marzo, "…il nemico che aveva
raccolto ingenti riserve, sferrò un nuovo violento attacco. Questo,
iniziato all'estremità settentrionale delle alture del Podgora, si
estendeva in breve a tutta la fronte fino al Sabotino. Particolarmente
accanita fu la lotta nel settore a cavallo del torrente Peumica. Più
volte respinto, l'avversario rinnovava ogni volta con truppe fresche i
suoi vani e sanguinosi sforzi. Fu infine contrattaccato, sbaragliato,
messo in fuga". Peumica (torrente) Grafenberg, Podgora,
e il Peuma, Oslavia queste ultime
alture subito a ovest di Gorizia, oltre l'Isonzo.
Nel settore della III armata, oltre le cave di Selz, in combattimenti accaniti durati
tre giorni si distinse per slancio e tenacia la brigata "Acqui"
(17° e 18° rgt. ft.), comandata dall'eroico generale dei bersaglieri PAOLINI.
Numerosi contrattacchi nemici, sferrati quel giorno, la notte sul 31 e
la notte del 1° aprile, furono respinti e nel pomeriggio dello stesso
giorno i fanti dell'"Acqui" con un risoluto sbalzo ampliarono
l'occupazione conquistando un altro trinceramento. Lo stesso 29 marzo
diede prova di grande tenacia la brigata "Granatieri" la quale trattenne un
furioso attacco sferrato dal nemico contro le già sconquassate trincee
di San Floriano. In quei giorni invece sul Pal Piccolo in Carnia il 16°
Bersaglieri,
chiamato a riprendere una posizione con Alpini e fanteria (Brigata Lombardia)
lasciava sul
terreno il sottotenente
Michele Vitali da
Parma. Così, all'inizio del 1916, l' ordinamento del Corpo dei Bersaglieri.
Quello che si stava scatenando
sugli altopiani sarebbe stata una delle più grandi battaglie della 1a
Guerra Mondiale. Tra l’Adige e il Brenta si fronteggiarono quasi un
Milione di soldati ed in palio c'erano le sorti
reali
del conflitto, il più grave pericolo corso dall’Italia, maggiore
o uguale di quello della ritirata di Caporetto.
Il ritiro sul
Piave, paventato sempre da Cadorna ed effettivamente attuato l'anno
successivo, ci consentiva di accorciare notevolmente il fronte che s'incuneava
nell’Impero, permettendo una difesa più razionale. La rotta
dell'altopiano invece precludeva al crollo del fronte dal Brenta a Vicenza e Padova (sedi del comando), accerchiando tutto il fronte orientale
e aprendo la strada per Milano.
L’imponente ondata della Strafexpedition travolse tutte le postazioni
italiane e fu fermata proprio sugli ultimi spalti rocciosi. Nella Val
d’Astico, sopraffatte le posizioni di Tonezza, fu addirittura occupata
la piana di Arsiero, allo sbocco dell’alta pianura Vicentina
sovrastata dal Cengio già conteso. Qui gli Austriaci furono fermati dall’eroica difesa approntata a tenaglia
su questo Monte dai Granatieri ad un passo dall'abisso. Nella
ritirata italiana vengono fatti saltare ed abbandonati i forti di Verena,
di Campolongo e di Punta Corbin. Gli austriaci avanzano (muovendo per la
Val d’Assa e tra i boschi del Campolongo, conquistando il Kaberlaba, il
Lemerle e il Boscon attorno a Cesuna(Asiago)),
fino alla Bocchetta Paù che
sovrasta Cogollo del Cengio. Cadono
le Melette di Gallio
come pure le postazioni del Sisemol e di Val Bella, a sud di
Asiago-Gallio. Dopo un mese di sanguinose battaglie, a metà
giugno, la grande offensiva fu bloccata a pochi passi (nel vero senso
del termine) dalla vittoria tra i fitti e meravigliosi boschi
dell'altopiano. L’avanzata fu tamponata con l’arrivo
in massa, spesso alla spicciolata e con mezzi di fortuna, di truppe e
riserve (gli
anziani
territoriali) provenienti dagli altri fronti e da tutte le regioni d’Italia.
A tale scopo era stata approntata una armata di riserva la Va prelevando
reparti anche dal Carso e da altri fronti oltre che nelle retrovie (vedi
link Strafexpedition sopra). L'attacco
previsto per il 10 aprile potè cominciare, causa le condizioni
meteorologiche, solo il 14 maggio sera. Gli attacchi andranno avanti
fino al 25 giugno quando Conrad stoppa la grande offensiva riservandosi
per qualche settimana offensive localizzate limitate, sfruttabili in caso di successo. Sono gli italiani che cercano
ora di riprendersi posizioni di
difesa
migliori.
La
consistenza dell'esercito italiano dopo le grandi offensive scendeva
sotto il milione di uomini e per rimpinguare le fila si era costretti a
richiamare nuove classi o i rivedibili già incorporati per il servizio
territoriale e distrettuale. Altre truppe erano state richiamate
dall'Albania, appena il Comando Supremo ne riacquistò la disponibilità
(28/2/1916). Dal 14 maggio la preparazione d'artiglieria andò avanti per
alcuni giorni, mentre Cadorna riuniva la Va armata e spostava
velocemente truppe dall'Isonzo.
I Bersaglieri erano già presenti sul
fronte alpino con 4 reggimenti il 5-9-13-14°. In tutta fretta, sui
pedali, vennero
spostati anche i Ciclisti del I-II-V-VI-VII-IX- e XII° battaglione.
Sulla Cima Portule
(detta dagli austriaci Kempel)
i ciclisti del VI e VII non ebbero fortuna e chi non fu ucciso venne
fatto prigioniero.
da
Aquile in Guerra -Guerra Bianca Gaspari Ed. 2006.
Il 23 maggio 1916 alle ore 10 una compagnia di
Schützen del gruppo Ellison ed un reparto di alta montagna travolgevano
i territoriali italiani, respingendo anche attacchi dei fanti della
brigata Alessandria accorsi a sostegno. Nel pomeriggio la nuova linea
austriaca a Portule era rinforzata da due btg. di Schützen, mentre anche
le cannoniere della Bocchetta sono neutralizzate con la cattura dello
stanco presidio, dopo tre notti insonni. Alle 14,30 vengono butati nella
bolgia il VI e VII Btg bersaglieri ciclisti, naturalmente con i mezzi a
valle vista l'altezza. L'artiglieria italiana è inesistente ma non
quella austriaca che inquadra i nostri guidata da segnalazioni e
telefoni da campo. La mattina del 25 il VII che stava in riserva viene
fatto letteralmente a pezzi dall'artiglieria nemica che li ha
inquadrati. Il VI accerchiato deve arrendersi: Col. Cottone: «I resti
del 6° privi di munizioni vivamente riattaccati vengono accerchiati e
inevitabilmente presi dal nemico Infatti l’accerchiamento del 6° era
diventato effettivo dato il tiro d’interdizione dell’artiglieria nemica
e quello dei lanciabombe di grosso calibro. Questi ultimi reso
impossibile il tentativo di accorrere dei nostri rincalzi accorciarono
il loro tiro fino a colpire in pieno la prima linea del 6° che
arditamente tentò l’ultima resistenza lanciandosi alla baionetta Tale
notizia è portata da due sottotenenti dei bersaglieri che al momento
della cattura riuscirono a sfuggire sebbene inseguiti da vivo fuoco» A
sera tutta la linea di Portule era perduta. Cessava ogni speranza
italiana di riprendere la Bocchetta.
In uno dei nostri audaci contrattacchi, il 10
giugno, fu
mortalmente ferito il Maggior Generale MARCELLO PRESTINARI
(bersagliere), che in Eritrea era rimasto a
comandare il forte di Adigrat, dopo Adua
http://digilander.libero.it/fiammecremisi/approfondimenti/adigrat.htm
"Motivazione
della medaglia d'oro: Comandante di una brigata
di Milizia Territoriale in riserva sull'altopiano di Asiago, assunse con giovanile
entusiasmo, il comando di altra brigata permanente, già impegnata in
prima linea e guidandone animosamente all'attacco i reggimenti, incontrò
bella morte chiudendo con un mirabile esempio di illuminato ardimento,
una esistenza, tutta contesa di episodi di valore - Regione Pontecche
Gallio Asiago 10/6/1916".
Altrettanto
avvenne qualche giorno dopo con un altro ex Bersagliere il Col.
Brigadiere Eugenio di Maria neo comandante della Brigata Sassari morto a
Casera Zebio il 27 giugno 1916 (vedi biografia)
Dissidi personali si frapponevano da tempo tra il
ministro della guerra Zuppelli e
Cadorna, e successivamente col primo ministro Salandra (si dimetteranno
entrambi). Cadorna per
carattere non conferiva con nessuno, anzi era solito dire se " Se volete parlare con
me, mettetevi in divisa e seguite la
via gerarchica del rapporto".
Il 1° giugno
in piena crisi militare Salandra conferisce con Cadorna e deplora per
l'ennesima volta la sua condotta (militare e politica). Il 10 giugno in
parlamento, convinto di avere con se la maggioranza dei
voti, denuncia la situazione e si trova sfiduciato sia dalla
opposizione che dai suoi.
L'incarico di formare il nuovo governo viene dato a Piero Boselli.
Il 4
giugno intanto i Russi attaccavano in Galizia sbaragliando gli
Austriaci, che non avevano alcun aiuto dai tedeschi (impegnati sulla
Somme in una imminente offensiva). Se gli austriaci
avevano sottratto uomini a questo fronte per l'Italia, ora bastava resistere
ad ogni costo sul posto in attesa che i soldati asburgici riprendessero la strada
per la Russia: di più il nostro avversario
non era in grado di fare.
Le ali
dell'esercito italiano sostennero l'urto, il centro in parte
cedette di 10/20 km. Sulle ali si doveva contare il Coni Zugna che 4
giorni dopo lo scampato pericolo del 29 Maggio,
arrestò il nemico
al
Passo
Buole, con il sacrificio di 49 ufficiali e di 1038 soldati caduti. Da allora la località
assunse il nome di "Termopili d'Italia".
Mentre noi ci battevamo negli ultimi lampi
dell'offensiva sugli altipiani,
nella Somme(in Francia) aveva luogo una delle più grandi battaglie del fronte
occidentale. Iniziata il 24 giugno del 1916, vedeva in campo più di 50
!! divisioni inglesi supportate solo da 12 francesi (il resto impegnato a
Verdun). Da parte tedesca le truppe impegnate arrivarono fino a 48
divisioni, partendo da un iniziale dislocamento di una dozzina. I comandi inglesi, guidati dal generale Haig,
schierarono 1.000 cannoni campali, 180 cannoni pesanti, 245 obici
pesanti, tutti concentrati nella zona dell'offensiva, perché
l'obbiettivo era di far precedere l'attacco della fanteria da un
bombardamento costante delle posizioni nemiche, per indebolirne le
difese strutturali. Ma i soldati tedeschi, approfittando del terreno
gessoso particolarmente facile da scavare, si erano potuti rifugiare nei
trinceramenti senza subire particolari danni dal nemico. Quando le
truppe inglesi si lanciarono all'assalto, trovarono un linea difensiva
integra, e furono sterminati. Gli inglesi per giunta andavano
all’attacco frontale in quatto/otto file (alla maniera ottocentesca) esponendosi al fuoco incessante
delle mitragliere nemiche. Si calcola che sui 60.000 uomini perduti dai
britannici nel primo giorno di attacco, una gran parte sia stata uccisa
nella prima ora del conflitto. Meglio andò ai francesi, che attaccarono
con maggiore avvedutezza, procedendo in gruppi sparsi che prima
conquistavano pochi metri per volta (sfruttavano le ondulazioni e i
crateri del terreno) e coprivano il sopraggiungere di
nuovi compagni. Decisamente inferiori furono le perdite tedesche, in un
conflitto che favoriva i difensori e
rendeva arduo il compito degli attaccanti.
A peggiorare la situazione generale venne,
il 29 giugno, l'attacco sul Carso coi
Gas al S. Michele. I risultati parziali sia in termini tattici, che
di
vite umane, non compromisero più di tanto la situazione del fronte, sguarnito come sappiamo per rinforzare l'altopiano. Se lo
sforzo principale venne attuato sugli altipiani anche gli altri fronti
furono interessati in misura minore da attività bellica. In queste attività vanno
considerati anche gli scontri in Valsaisera (Valbruna), allo Schwarzenberg, alla Strechizza, da parte
di 2 compagnie alpine e di altre
2
dell'11° reggimento (XXXIII Btg) Bersaglieri che portarono al reggimento una medaglia d'argento a fine
conflitto. Questo è ricordato come l'unico scontro a cui abbia
partecipato Benito Mussolini. http://dibe.altervista.org/esame/valbruna.htm
GORIZIA: LA
6a BATTAGLIA DELL'ISONZO
http://www.esercito.difesa.it/root/storia/1gm_16_6_gorizia1.asp
lo schema tattico
9 agosto 1916 Battaglia di Gorizia:
…. Cadorna tenta di uscire da queste sabbie mobili, da questo strano gioco dell’oca, con un equilibrio che serve solo a logorare le forze. Il 20 luglio 1916
(passato il pericolo trentino) comincia il trasferimento truppe e artiglierie per la conquista di Gorizia. Compaiono le prime automobili blindate. Dal 6 agosto assidui bombardamenti colpiscono le postazioni austriache sui monti Podgora, Sabotino, Montesanto, San Gabriele, San Daniele. Non basta: Dopo migliaia di granate, in quella desolazione, ancora assalto
frontale! E’ uomo contro uomo, ci si guarda negli occhi prima di
infilzarsi con la baionetta. In uno dei contrattacchi, gli austriaci adoperano gas asfissianti. E qui rimane intossicato il maggiore di fanteria Rodolfo Graziani
(futuro Maresciallo d'Italia), che, a stento riesce a salvarsi.
Scrive un bersagliere:
Caro padre, noi bersaglieri ciclisti, nel pomeriggio dell'8 agosto abbiamo ricevuto l'ordine di oltrepassare l'Isonzo e di entrare di slancio a Gorizia. La bicicletta mi s'inchioda alle costole. Ed il manubrio si impiglia ovunque, facendo vibrare i cespugli. Quasi impossibile nasconderci. Siamo un bersaglio ridicolo per le mitragliatrici! Ad osservarci nell'azione ci sono i giornalisti Luigi Barzini ed Ugo Ojetti, che, accompagnano ufficiali alleati in visita al fronte. Si cade come stracci, ruzzolando sul greto del fiume. Una scarica, poi un'altra. E' una vergogna, questa, di morire sotto gli occhi delle cineprese e della stampa.
Il 9 agosto 1916 le truppe entrarono
finalment
a Gorizia. Sembrò un successo (costato però 21.630 morti e 52.940
feriti) e invece sei giorni dopo Cadorna fu costretto a
sospendere l'offensiva di fronte all'energica resistenza dell'esercito
austriaco. Gli
austriaci, dopo aver abbandonato la testa di ponte sul
lato destro dell'Isonzo, si erano portati su una nuova linea di difesa
preparata da tempo. La nostra vittoriosa offensiva dell'agosto
ci aveva dato il giorno 9, oltre all'occupazione della piazza di Gorizia
e del sistema difensivo carsico ad ovest del Vallone, il possesso delle
pendici occidentali delle alture che da Monte San Michele al Frigido (Vipacco)
si ergono ad oriente della città di Gorizia. Sul Carso, passato il
Vallone, avevamo posto piede sulle alture di Nad Logem, di Oppacchiasella, del Colle Nero (Crni Hrib) e di Monte Grasso
(Debeli), arrestandoci contro la prima delle linee di difesa ad oltranza.
IL VALLONE
Il Vallone è stato per due anni,
l’anticamera della prima linea, il luogo , dove si abbandona l’ultima
speranza, e si dà, rassegnati , un addio alla vita. I costoni di
Devetaki, di Palikisce, di Boneti, con quelle case sbrecciate e dirute,
con quegli artiglieri a fianco dei pezzi, con quei radi alberi, che
segnano la strada di Doberdò e abbelliscono Mikoli, parevano un mondo
febbricitante, fantastico, innaturale. I reggimenti, che venivano dalle
lontane retrovie, o da altri fronti, vi penetravano di mala voglia, chè
né osterie c’erano, né cucine, né donne: e la morte pareva che ti stesse
sempre sospesa sul capo, come una mannaia di ghigliottina. E però vi si
sentivano a disagio, lo maledivano. Ma quando il Vallone, dopo dieci
giorni di ospitalità, dovevano, una bella sera, lasciarlo per la prima
linea, che cosa avrebbero dato per rimanervi! …Nel Vallone, di sera,
faceva fresco e, dovunque ci si volgesse, un sorso d’acqua lo trovavi.
Vallone non era ancora Carso, nel giudizio di qualche fante. Vi
cadevano, a coppie, i 305: a mazzi , gli shrapnells e gli spring-granate.
Ma, nel Vallone, in quelle centinaia di uomini che vi vivevano, la morte
sceglieva appena i più segnati dal destino; e gli altri: potevano
cantare, andar dal cantiniere, far quattro chiacchiere alla buona. …
Tratto da : Il Vallone -Come ho visto il Friuli,Roma,1919 Mario PUCCINI
( 1885-1953)
Dopo Gorizia, CADORNA, senza
prendersi altro tempo, sferrerà una dietro l'altra, dal 14
settembre al 4 novembre
altre tre battaglie sull'Isonzo (la 7a, 8a, 9a),
ottimisticamente indicate come le "tre spallate". Tutto per
non deludere le aspettative dei politici, sempre a sollecitare un
risultato rilevante da mettere davanti agli alleati. Purtroppo, nonostante le gravi perdite di altri 37.000 morti
e 88.000 feriti, i "tre urti" otterranno scarsi risultati a livello strategico e di
conseguenza anche su quelli politici. Così il 16 Settembre più a Sud.
Il III e XI° ciclisti sono accasermati a Staranzano quando
ricevono l'ordine di muovere in linea. L'obiettivo è quota 144 nei
pressi del lago di Doberdò nel cuore del Carso. I
reparti partono di notte, sotto un temporale violento che rende
difficile il pedalare su strade bianche, fangose e piene di crateri.
Alla salita del Selz si lasciano le biciclette e si prosegue a piedi. In
trincea da giorni ci sono il V° nostro e il Genova cavalleria
appiedato. Quota 144 è una fortezza naturale, con vari ordini di
reticolati e postazioni di mitragliatrici. I primi ad avanzare sono i tagliafili che devono scendere un valloncello in mezzo alla vegetazione
e risalire ai reticolati sotto l'incalzare dell'artiglieria.
Quando il
comandante del III° Razzini ritiene sufficienti i varchi lancia
l'ordine di assalto. Dopo le prime trincee conquistate facilmente (si fa
per dire), il fuoco delle armi automatiche arretrate si concentra con
maggior precisione sugli uomini. Il T.Col Paride Razzini viene colpito a
morte mentre attraversa l'ennesimo filo spinato. Ora gli austriaci
sparano a Shrapnels (bombe a frammentazione che esplodono in aria)
aprendo paurosi varchi fra gli uomini. La lotta si accende in corpo a
corpo con la baionetta e la vanghetta contro gli Honved Ungheresi.
Ammazzare o essere ammazzati. A prezzo di perdite spaventose la quota
144 è finalmente raggiunta da un pugno di uomini laceri sanguinanti e
sfigurati dalla fatica.
Così nelle memorie dell'Artigliere Antonio
Grasso: Giorno 16. Continua l'offensiva ed i nostri pezzi scaldano che bisogna mettere dei sacchi bagnati sopra per raffreddarli. Si spara ancora anche di notte ma facendo soltanto un colpo ogni quarto d'ora, e il nemico oggi non ha risposto nemmeno sulle nostre artiglierie e così si faceva fuoco tranquilli, come fare istruzione. La notte poi si sentono i nostri soldati d'arma a piedi che sparano e le bombarde che tutta la notte si sentono bene, perché noi siamo vicini a circa 3 chilometri dalle frontiere del nemico.
Sapemmo poi questa sera che le nostre armi a piedi si avanzarono facendo tanti prigionieri e prendendo il Monte Santo,
ma i bersaglieri che sono partiti per andare all'attacco il giorno prima hanno avuto molti morti e feriti, per la quale tanti sono qui dove dormiamo noi, feriti leggermente ed anche di quelli che non hanno potuto portarli via rimangono qui in condizioni non buone: ci fu detto poi che le nostre artiglierie, non si sa bene in che modo, hanno fatto fuoco sopra le nostre linee, anzi si dice che sia una batteria che è vicino alla nostra e che tirava sulla stessa posizione che tiravamo noi infatti nel più buono, quando si faceva fuoco accelerato, fu fatta cessare e noi abbiamo continuato.
Giorno 17. Oggi sempre continua l'offensiva, ma noi spariamo più poco perché abbiamo poche munizioni e poi perché non occorre, che di artiglieria ce n'è molta. Di giorno si spara molto colle artiglierie e di notte si sente molta fucileria e bombarde. Oggi alle 12 c'è stato l'assalto delle nostre armi a piedi e noi abbiamo allungato il tiro per non tirare su di loro.
Però sappiamo che da 350 bersaglieri che sono andati l'altro ieri all'assalto, oggi soltanto 125 pagnotte si mandarono per
loro.Giorno 20 [...] per le nostre povere armi a piedi oggi è stata una brutta giornata, sia per il tempo brutto, sia perché dovettero combattere accanitamente ma morendo assai, perché noi questa mattina abbiamo avuto 100 e più pagnotte che hanno portato indietro dalle prime linee, dei nostri bersaglieri che erano restati morti.
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