LE OFFENSIVE ITALIANE DEL 1916    (2a parte ) 

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Merli, Cardelli, le auto blindate e le ultime offensive del 1916

LA 7a BATTAGLIA DELL'ISONZO: 14/19 SETTEMBRE 1916

Le trincee austriache, scavate in gran parte nella roccia alla profondità di metri 1,80, erano protette da parapetti di sacchi di terra blindati con scudi metallici e recintate da profondi ordini di reticolati, abilmente dissimulati. A tergo erano state scavate numerose caverne per il ricovero delle truppe durante il nostro fuoco d'artiglieria. Contro questa linea si effettuò, verso la metà di settembre (14-16), un primo attacco preceduto da fuoco intenso e rovinoso di artiglierie e di bombarde. Si cercò di colpire, per annientarlo, tutto quello che era stato riconosciuto; dalle lontane caverne da dove tuonavano le bocche da fuoco nemiche, agli osservatori blindati, dai quali era regolato il tiro delle artiglierie. Ad est di Gorizia occupata l'azione si limitò ad attacchi dimostrativi, per impegnare l'avversario ed impedirgli spostamenti di forze, nonchè ad ampliare la cintura difensiva. Sul Carso le truppe dell'XI Corpo d'Armata, cui era affidato invece il difficile compito di avanzare lungo il margine settentrionale dell'altopiano con obiettivo l'Hermada e l'altopiano di Tarnova, ottenevano subito notevoli successi, conquistando la zona di quota 265, ad occidente di Cima Grande (Veliki Hribach). Più a sud, in un primo slancio, le nostre fanterie occuparono Novavilla e l'altura di q.208 nord, ma violenti concentramenti di fuoco delle artiglierie nemiche ci obbligarono poi a sgombrare. Il 16 settembre altri nostri violenti attacchi ci davano il possesso del terreno ad est di Oppacchiasella, sino a q. 201, dell'importante altura di q. 208 sud e della linea di cresta dell'altura di q.144. I bersaglieri della I brigata (6-12° Rgt), trasferiti dalla Carnia, erano impegnati con la III armata, mentre il 15° Rgt. e il IV Btg. ciclisti stavano a q. 208 e sulla sinistra avevano il 47° Btg. autonomo Bersaglieri. L'occupazione di questa quota metteva in pericolo la 144, tenuta dagli austriaci e vero bastione sulla via di Trieste. Violenti piogge e vento e le necessità di rafforzare le posizioni raggiunte imposero una sosta nell'azione. Nel complesso catturammo 4.104 prigionieri, dei quali 111 ufficiali, con un ricco bottino di armi, munizioni e materiale vario. I restanti giorni del mese e la prima decade di ottobre furono dedicati (combattendo) al rafforzamento e miglioramento delle posizioni raggiunte, agli spostamenti delle artiglierie, allo studio delle nuove posizioni nemiche.

 

L'8a BATTAGLIA DELL'ISONZO 9/12 OTTOBRE 1916

Il mattino del 10 ottobre, dopo la preparazione di artiglierie e bombarde che durò tutto il pomeriggio del 9 e la mattina del 10 ottobre, fu dato il via una nostra nuova azione offensiva. Vi parteciparono alcune unità della II Armata, con l'intento di allargare la nostra occupazione sulle alture ad oriente della Vertoibizza (nella zona di Gorizia), e le truppe della III Armata, che dovevano completare l'assalto della linea nemica sul Carso, parzialmente conquistata con gli attacchi di settembre. Ad Oriente di Gorizia, dopo adeguata preparazione delle artiglierie, le nostre truppe s'impadronivano il 10 dell'altura di quota 95, a sud-est di San Pietro, e ponevano piede sul costone di Sober. Nelle giornate dell'11 e del 12 violenti contrattacchi nemici furono respinti dalle fanterie della brigata Treviso (115° e 116° reggimento) e del 7° reggimento (Cuneo), con perdite per l'avversario tanto gravi che sul fronte di un solo battaglione furono accertati 400 cadaveri nemici (il 50% della forza). Il giorno 13, la nostra occupazione fu estesa a tutto il costone del Sober. La difesa di Novavilla era stata rafforzata dal nemico e costituiva una vera cittadella, irta di mitragliatrici. Erano anche state potentemente accresciute le difese dell'altura di q.208 nord. Nel pomeriggio del 10 ottobre, accertati gli effetti efficaci del nostro fuoco di artiglieria e bombarda, le fanterie della III Armata assalivano e conquistavano tutta la linea nemica nel tratto di fronte tra il Frigido e la q. 208 sud: Novavilla e le alture attorno alla q.208 furono conquistate dopo lotta particolarmente accanita. All'assalto del Veliki Hribach andavano questa volta quelli della I brigata bersaglieri (gen. Montanari) trascinandosi un battaglione di fanteria del 78° già in postazione. Nell'oscurità non venne rintracciato il battaglione nella posizione in cui era segnalato e si dovette aspettare fino al mattino. Sotto il tiro avversario che annientava i reparti venne infine l'ordine di attaccare poiché la cima era considerata sgombra in quel momento. Il Gen. Montanari si rese subito conto che quella era una informazione sbagliata, i portaordini della prima linea erano stati tutti falcidiati e molti reparti erano rimasti quindi privi di informazioni e ordini, ma non si poteva contraddire l'ordine. Il risultato fu la perdita di 700 uomini. Più a sud, nostri reparti riuscivano a spingersi sino alle prime case di Jamiano; ma, sottoposti a intenso fuoco di artiglieria, dovettero poi ripiegare. Si inserisce qui il caso del 47° che spingendosi in avanti restò isolato scoprendo i fianchi della Brigata Modena. Ne seguì un'inchiesta che non fece che accrescere il malumore nelle unità.

Lo stesso Cadorna era intervenuto in un "Breefing" caldeggiando che gli attacchi si svolgessero in maniera meno scolastica e sfruttassero l'onda del successo. Per la protezione dei fianchi e del tergo di chi attaccava si dovevano impegnare rinforzi affluenti alla linea. E qui stava il problema: di rinforzi freschi ormai s'era al lumicino.

Nella giornata dell'11 l'attività delle artiglierie fu ostacolata fin dal mattino da fitta nebbia. Con truppe fresche il nemico lanciò ripetuti contrattacchi; mantenemmo tutte le posizioni conquistate il giorno prima e compimmo nuovi progressi sulla strada di Castagnevizza. Il 12, con vigoroso balzo le nostre truppe, partendo dalla linea nemica conquistata fra il Frigido e la q. 208 sud, occupavano tutto il terreno antistante sino alla seconda delle linee nemiche ad oriente del Vallone, raggiungendo le falde occidentali del Monte Pecinka e le prime case di Loquizza e di Boscomalo (Rudi Log). Nelle fanterie che vanno all'attacco in questa tornata c'è anche il Sergente Maggiore Merli Severino , gia decorato del 12°, che sul Veliki Hribach trascina i suoi uomini alla vittoria. Nel complesso dell'azione prendemmo 8.219 prigionieri, dei quali 254 ufficiali; 31 lanciabombe, 46 mitragliatrici, 5.000 fucili, 2.000 casse di bombe e cartucce e materiale vario da guerra. Dichiarazioni unanimi di prigionieri affermarono le gravi perdite subite dalle unità nemiche, talune delle quali furono quasi distrutte. Più volte, nel corso della terza decade di ottobre, iniziò il fuoco di preparazione delle artiglierie; pioggia e nebbia ne impedirono però la prosecuzione. L'avversario intanto rafforzava in fretta le proprie linee e chiamava nuove truppe, come svelava l'intenso movimento di treni nelle stazioni di Opicina, Nabresina e Duttogliano. ... Dal 10 al 12 ottobre si ebbero 23.802 soldati e 782 ufficiali persi tra gli italiani, e 39.800 militari e 813 ufficiali tra gli austriaci. Con l'8a battaglia, la linea del fronte era arrivata a pochi chilometri dalle difese della città di Trieste. Gli austriaci, per restringere il fronte ed avere più truppe sulle nuove linee, arretrarono di alcune centinaia di metri, abbandonando in pratica il vallone di Gorizia e ritirandosi su una nuova linea che faceva perno sul monte Santo e, verso il mare, si appoggiava alle colline dell'Hermada. Paolo Antolini

LA 9a BATTAGLIA DELL'ISONZO 31 OTTOBRE -  4 NOVEMBRE 1916

Il giorno 31 ottobre, migliorate le condizioni atmosferiche, una nuova offensiva fu avviata nella zona ad est di Gorizia e sul Carso, con la consueta preparazione di fuoco d'artiglierie e bombarde. Accertata l'apertura di larghi squarci nelle linee nemiche, alle 11 del 1° novembre le fanterie furono mandate all'assalto. Il collegamento Artiglieria Fanteria, per evitare fuoco amico nell'avanzata, si servì di un nuovo espediente. Sulle spalle di molti soldati degli scaglioni di prima fila veniva messo un grande cerchio bianco, visibile dagli osservatori d'artiglieria, che garantiva il tiro nel settore immediatamente antistante l'attacco e non sui nostri. Sul Carso, le truppe della III Armata avevano per obiettivo la seconda delle linee costruite dal nemico nella zona ad oriente del Vallone e a nord della strada Novavilla-Selo. Tale linea passava ad 800 metri ad occidente della vetta di Cima Grande (Veliki-Hribach) e scendeva in direzione meridiana sino a Lucatic.  Di qui si allacciava, a sud di q. 208, al tratto di prima linea tuttora in mano all'avversario. Nella zona più importante, in corrispondenza dell'aspro ciglione settentrionale del Carso, gli Austriaci avevano costruito una doppia linea; ossia a distanza di 500 a 800 metri da quella principale correva una serie di formidabili trinceramenti, chiamati dagli Austriaci "Reserverstellung", i cui i capisaldi erano Cima Grande (Veliki-Hribach) e il Pecinka. Le fanterie dell'XI Corpo d'Armata espugnarono le ripide e boscose alture di Cima Grande e di Monte Pecinka e conquistarono tutto il terreno sino alle alture di q. 376 e 308 ed il quadrivio di q. 202 sulla strada di Oppacchiasella e Castagnevizza. A mezzodì di tale strada, la linea nemica fu in più punti superata e mantenute le conquiste fatte contro gli insistenti ritorni offensivi dell'avversario. Si sacrificarono le fanterie della brigata "Cremona" (21° e 22° reggimento). Il giorno 2, mentre sulle posizioni ad est di Gorizia si resisteva con successo ai ripetuti ritorni controffensivi dell'avversario, sul Carso le fanterie della 4a e 45a divisione (brigata Spezia: 125° e 126° reggimento; brigata Barletta: 137° e 138° reggimento; brigata Toscana: 77° e 78° reggimento; brigata Lombardia: 73° e 74° reggimento; brigata Trapani, 143° e 144° reggimento) e i bersaglieri della 1a brigata (6° Coralli e 12° Ceccherini) con rinnovata energia conquistavano l'intero fronte che dal Monte Faiti per l'altura di q. 319 va alla q. 229 sulla strada di Castagnevizza, circa 700 metri ad ovest di questa località. La I brigata, che era rimasta isolata sul Pecinka veniva ora dai nostri comandi data per distrutta e tutto il settore posto sotto tiro della nostra artiglieria. Il gen. Montanari invece aveva individuato una grossa caverna e li aveva messo gli uomini. Il pericolo dai colpi sia italiani che austriaci era sventato. Riuscì anche, nonostante fosse ferito, a contattare i nostri. Gli Austriaci, prima di andarsene, avevano sabotato l'impianto d'aerazione e il rischio di un attacco con gas all'imbocco sarebbe stato devastante. L'intervento di unità di cavalleria e bersaglieri rinforzate dalle nuove squadriglie di Autoblindo Lancia fu ben presto accantonata dalle impervie condizioni del terreno. Il soldato stesso molte volte affondava fino alla cintola nel fango. Più a sud furono mantenuti i progressi fatti il giorno precedente, nonostante gli intensi bombardamenti nemici. Infine nella giornata del 3 novembre, nella zona ad oriente di Gorizia l'azione si limitò ad intenso duello delle artiglierie, mentre sul ciglione settentrionale del Carso le truppe della 49° divisione assalirono le forti alture del Vucognacco (Volkovniak), di q.123 e di q.126. Più a sud con un vigoroso balzo di più di un chilometro fu raggiunta la q. 291 e spinta l'occupazione sulla strada di Oppacchiasella sino a 200 metri da Castagnevizza. Verso q. 208 sud folte masse nemiche lanciarono un violento contrattacco; ma furono arrestate e disperse dai tiri concentrati delle nostre artiglierie. Nel complesso dell'azione prendemmo 8.982 prigionieri, dei quali 259 ufficiali, 24 pezzi, di cui 13 di medio calibro, 9 lanciabombe 62 mitragliatrici, alcune migliaia di fucili, grandi quantità di munizioni, di strumenti da zappatore e materiale vario di ogni specie.

Nuove intemperie di eccezionale violenza e che tuttora perdurano (la relazione è del 30 dicembre - Ndr) in tutto il teatro di guerra vennero a turbare ancora più gravemente che per il passato le condizioni di vita, delle nostre truppe e ad impedire lo sviluppo di operazioni in grande stile. L'inizio del secondo inverno di guerra poneva a dura prova la mirabile resistenza dei nostri soldati. Nella zona montuosa caddero in grandissima quantità le nevi, in non pochi punti, l'altezza dello strato di neve raggiunse, in altri lo superò, anche i 4 metri.Il predominio di venti umidi e caldi fu causa di frequenti rovinose valanghe e di slittamenti di estesi campi nevosi; donde interruzioni nelle comunicazioni e dolorose quanto inevitabili perdite di vite umane.

Tuttavia l'opera di salvataggio, già organizzata sulla esperienza del precedente anno (Ndr; furono i due più rigidi e nevosi inverni degli ultimi 60 anni- ) e diretta dalle maggiori autorità militari, recatesi sul posto nei momenti più gravi, valse a risparmiare maggiori danni e ad evitare gravi crisi. Nella zona bassa, piogge quasi incessanti provocarono piene di fiumi, allagamenti e frane. Il suolo invaso dalle acque si rese, in più punti impraticabile e obbligò sovente i nostri soldati a vigilare sulle linee di difesa immersi nel fango. Fu dunque in tutto il tratto delle operazioni una vera battaglia contro l'avversa natura, che, dura tuttora ostinata. 

Nei rari intervalli di sosta delle intemperie, si svolsero per iniziativa nostra o del nemico, piccole azioni tattiche dirette da parte dell'avversario a riconquistare talune delle posizioni perdute e da parte nostra ad ampliare e rettificare il fronte raggiunto. Più importanti fra i contrattacchi tentati dal nemico furono quelli che con accanita insistenza esso diresse nelle giornate dal 14 al 17 novembre nella zona ad oriente di Gorizia contro le nostre posizioni sulle pendici nord-ovest dall'altura di San Marco, accompagnandoli con bombardamenti di estrema violenza. Ma, nonostante ogni sforzo, riuscì solo ad occupare qualche elemento di trincea più avanzata. Altro attacco nella zona ad oriente della Vertoibizza, contro le nostre posizioni di q.102, fu nettamente respinto il 17. Sul Carso, con frequenti piccoli sbalzi, ampliammo la nostra occupazione specialmente nel settore a nord della strada da Oppacchiasella a Castagnevizza, dove il 10 novembre avanzammo di circa 700 metri da q.291 a q.309.  

Ma la guerra non si svolge solo qui, su tutti i fronti gli attacchi e contrattacchi sono giornalieri. Non fanno testo perchè non si chiamano offensive. Ai piedi del Pasubio in Vallarsa il VII ciclisti, come sempre a disposizione in un quadro più ampio di conquista del Col Santo e del Costone di Portule perdeva la vita il 10 ottobre Cardelli Torquato offertosi volontario per una missione pericolosa.

MEDAGLIERE DEL 1916 

COMBATTIMENTI

Argento II ciclisti Oslavia Gennaio Agosto 1916
Argento III ciclisti quota 144 a Monfalcone 15 settembre 1916
Argento IV  ciclisti Monfalcone 6 agosto 1916
Argento V  ciclisti quota 144 a Monfalcone 15 settembre 1916
Argento XI ciclisti quota 85 a Monfalcone 15 settembre 1916
Bronzo I ciclisti Alpe di Cosmagnon  10 ottobre 1916
           

                

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