Abbiamo appena visto dell'attacco al Mrzli
(31/5) che non rientra nelle offensive vere e proprie ma nella conquista di
posizioni privilegiate per lo sviluppo delle successive operazioni (vedi
sotto piantina). In
tale ambito anche lungo tutto l'arco Alpino che andava dallo Stelvio al
Tonale, dal lago di Garda all'altopiano di Asiago, dalla Marmolada alla
Carnia scattarono le operazioni militari. Una forza di quasi 500.000 italiani si
contrapponeva a 80.000 soldati imperiali poco esperti e male armati (si trattava spesso delle landsturm
territoriali, la maggioranza dell'esercito di campagna era sul fronte
orientale e sarebbe arrivata qualche mese dopo). A differenza di noi
loro conducevano e condurranno per mesi una guerra difensiva arroccati in postazioni dominanti
e trincee protette da diversi ordini di reticolati per proteggere la
loro inferiorità numerica. Avrebbero fermato
chiunque si lanciasse in attacchi frontali improvvisati.
La guerra in Cadore: OBIETTIVO PUSTERIA
Il piano operativo
generale ideato da Cadorna prevedeva un'azione principale sul fronte giuliano
a est per superare la linea dell'Isonzo e attestarsi sulla linea della Sava, tra Kranj e Lubiana
!!!; un'azione difensiva strategica sul fronte tridentino per non
incorrere in loro offensive verso la pianura, alle nostre spalle, e offensive parziali in Cadore e in Carnia
da parte della IV ARMATA (Cortina sarà subito nostra)
con obiettivo la linea ferroviaria a
Dobbiaco (Toblach) e S. Candido
(Innichen) 2 capitoli
in Val Pusteria, linea che collegava Lienz con Innsbruck via Fortezza (in Alto Adige)
e Brennero. Oltre Lienz lungo la Drava la Carinzia che avremmo raggiunto
dalla Val Canale
(Tarvisio) con obiettivo (per il momento) Villach.
"…fummo informati poco e male;
non fummo mai in grado di avere un'esatta situazione aggiornata delle
forze dei belligeranti, dei movimenti delle truppe e delle riserve,
dell'impiego dei nuovi mezzi e nuove forme di combattimento per l'offesa
e la difesa" . Affermazione in parte inesatta !!
del Gen. O. Marchetti
La guerra di movimento, che avrebbe permesso, se non altro, una più rapida penetrazione nel cuore dell'impero, lasciava
poco dopo il posto alla guerra di posizione, così com'era già successo ai tedeschi sul fronte occidentale
e in misura minore sul fronte orientale.
Era la trincea ormai la grande protagonista del conflitto, anche sul fronte italiano.
Un errore dell'autore-editore nella piantina. Attraverso il Predil non
si va da nessuna parte (anche con grosse difficoltà) e non andammo
oltre, se non di pochi Km, in qualsiasi altra parte del Fronte. Il
Predil non fu mai nostro anzi, sotto il suo tunnel, vi passarono i
materiali per lo sfondamento nord il 24/10/1917.
http://www.arsmilitaris.org/pubblicazioni/Grandeguerra/grande_guerra.htm
Fra gli obiettivi primari c'e
quindi il passaggio dell'Isonzo prima che gli Austriaci facciano saltare i
ponti di Pieris e Sagrado. Sull'altopiano di Asiago, e in altri punti
della catena alpina, entrano in azione i grandi forti (cintura dei
forti) che devono fronteggiare quelli Austriaci. Alle 4 del 24
maggio 1915 viene sparata dal forte di Verena la prima cannonata contro
l'ooposto nemico forte Verle (o Busa Verle) e, con essa, l'Italia entra ufficialmente in guerra
contro l'Impero Austro-Ungarico. Poco dopo rombano tutti gli altri
cannoni dei forti italiani sugli altipiani. Le nostre granate che
tempestano lo "Spitz" di Vezzena, ma che passano anche oltre,
cadono su Levico e Caldonazzo costringendo gli abitanti alla fuga. Gli Austriaci
lasciano Primolano e i suoi forti
(la
Frazione
di Cismon del Grappa sul Brenta a 2 Km dal vecchio
confine verso la Valsugana era posizione strategica per lo sbarramento
del Brenta e per la difesa delle strade che si dipartono da una parte
per Feltre e, dall'altra, per Asiago. Vennero costruite 4
opere fortificate sulla strada di Feltre (La Scala) e al Col del Gallo, nonché una fitta rete stradale per
permettere il rapido accesso delle artiglierie. L'avanzata italiana in Val Sugana ne azzerò
l’importanza fino alla ritirata del novembre del '17. Occupata dagli Austriaci
che, peraltro, vennero fermati in fondo valle, venne liberata l’anno
dopo con la battaglia finale di Vittorio Veneto)
raddrizzando la linea del fronte tra
Borgo Valsugana e Levico per raccordarsi con le linee fortificate del
Lagorai.
In 4 giorni di bombardamenti ininterrotti il Verle austriaco fu colpito da
oltre 5.000 granate, vennero sparati quasi 20.000 colpi: vedere ancora
oggi il terreno circostante oltre che il forte. Il 30 maggio la
fanteria italiana tenta l'assalto al forte dal Basson ma finisce
miseramente intrappolata nel groviglio di campi reticolati posti a
protezione della linea, e martoriata dai cannoni dei vicini forti Luserna e dello Spitz. Primo
temerario tentativo di assalto anche verso lo "Spitz". "Bandiera Bianca"
sul Luserna semi demolito e preparativi finali d'assalto italiani, ma il
comando austriaco corre ai ripari sparando dal "Belvedere" e dal malconcio "Verle" nel frattempo rioccupato dalla
guarnigione e dallo Spitz sui "deboli" del Luserna che hanno osato
pensare a una resa.
Tentativi per annientare il forte italiano di
cima Verena. Il difficile obiettivo venne colpito con gli obici da 305
posti sul M. Costalta.
Uno dei due sbocchi
alla pianura, grazie a vecchie carte geografiche venete era rimasto a loro,
dopo il 1866, ed era stato munito di conseguenza. L'altro sbocco come
vedremo produsse il disastro di Caporetto. Il confine sud-orientale
invece scendeva lungo il fiume Judrio, per
lasciare poi questo prima di Medea, passando a Est di Palmanova (ma ad
ovest di Cervignano) e
riprendendo dopo volute la direzione verso il mare a Castions, Dogana
(Torre Zuino), Aussa fino alla laguna di Marano e Punta Guardia di
Finanza a Isola di S. Andrea.
Il 5 e 6 giugno vengono occupate Gradisca e
M. Fortin e più a sud Monfalcone (9/6). Negli stessi giorni la brigata
Ravenna passa l'Isonzo a Plava. L'operazione più riuscita è quella del
15 quando gli
Alpini del
Susa e
dell'Exilles
Cap. Albarello e S.Ten. Picco
con
azione di sorpresa conquistano il Monte Nero (m. 2240).
I Bersaglieri nei
primi giorni di guerra sono con il 41° btg. aut. (autonomo) al ponte di
Caffaro nelle Giudicarie, il 7° Rgt. in Trentino alla cima Cadria, il
4° sull'altopiano di Asiago, il 3° a San Pellegrino con la IV armata e l'8° in
Comelico sempre con IV armata (I Cda) (XVIII Btg. e XX (3°) al Col
di Lana, il V (8°) al Cavallino e il XLVIII Btg aut. al Monte Croce).
La divisione speciale bersaglieri (6°-9-11-12) dalla testata del Natisone sfocia sull'Isonzo col 9° sul Matajur e il 12° a Luico per il
Mrzli. Il 5° si porta sul Kolovrat mentre nella pianura i bersaglieri
ciclisti dei battaglioni 5-6-7-9-10-12 dilagano verso posizioni migliori
ai piedi del Carso. Alle ore 2 a.m di quel 24 maggio una compagnia di
bersaglieri ciclisti, partita da San Pietro al Natisone, passò il
confine a Stupizza e puntò verso Caporetto senza incontrare resistenza.
Nelle stesse ore un altro reparto di bersaglieri, partendo da
Cepletischis, in comune di Savogna, raggiunse la Valle dell’Isonzo
attraverso Luico.
" Le fluide formazioni ciclistiche sono tra
le prime a tagliare il confine e a guizzare per tutte le strade come
mute di veltri usciti di catena... doganieri austriaci in fuga, pali nero
gialli confinari abbattuti e distrutti..fossati e torrenti guadati a
rompicollo, portaordini trafelati, vento lieve di piumetti rapidi nella
conquista di paesi che si destano e brillano al sole. Su
tutto il sorriso di maggio che veste di luce il primo giorno di
guerra" Don Giovanni Petricig: ”Alle 4, i nostri soldati,
partendo da Jainich, sono già nel territorio austriaco. Alle 16.30
arrivavano sul Corada senza sparare perché libero”. Il fatto di
essere penetrati così in profondità nel territorio nemico senza
incontrare opposizioni, meravigliò non poco le truppe italiane, che
erano preparate a combattere non appena oltrepassata la linea di
confine. Gli austriaci avevano diffuso notizie false e si erano ritirati
sui monti, dove erano state allestite le opere di difesa. «Questo
sovrapporsi di notizie” scrive Del Bianco “per se stesse
incontrollabili spiega in parte, come durante i primi giorni di guerra,
la Divisione di cavalleria (di Palmanova, ndr) varcato il confine, forse
per timore di imboscate, si attardasse prima di giungere all’Isonzo,
mentre a Gorizia si attendevano le truppe italiane a mezzogiorno del 24
maggio 1915 !!!". La divisione austriaca del generale Ervin Zeidler, che
difese poi strenuamente la città, giunse sulle posizioni del Podgora che
la sovrastano e precedono
appena 4 o 5 giorni dopo. Zeidler si meravigliò e molto di
non esservi stato preceduto dagli italiani.
"Questa sarà una guerra breve alla garibaldina"
si
sente ripetere "entro la fine dell'estate torneremo a casa
vittoriosi".
La brillantezza delle offensive, il movimento, non era nel nostro
DNA.
Ci vorranno 41 mesi per chiudere la partita
!!!. Mesi
di angoscia, di trincee, di filo spinato. Così lascerà scritto un
anonimo bersagliere
"Qui è stato più crudele vivere che
morire"
I "vecchi"
In linea a fianco dei giovani presta servizio un
vecchio leone, decorato del 1866, Radamisto Stanislao, sergente di 72
anni (classe 1843), ma anche un generale, sottotenente a Custoza nel 1866, Cossu
Giuseppe e un Tenente Volontario Francesco Lorenzo Pullè classe 1850 (volontario,
già con Garibaldi nel 1866) con una carriera politica (senatore) e d'insegnamento
in corso, il Gen. Marcello
Prestinari classe 1847 e per finire il Generale Alberto Crispo Cappai classe
1851sottotenente dei Bersaglieri a Porta Pia nel 1870 e al momento
Comandante del Corpo d'armata di Bari.
Dalle posizioni fin'ora conquistate, ma con un mese lasciato al
nemico per rafforzarsi, il comando supremo sferra la
prima delle dodici battaglie d'attacco dette dell'Isonzo. Il
mattino del 23 giugno il primo settore ad essere impegnato è quello del Sabotino-Oslavia. Qui si infrangono gli attacchi delle brigate Re,
Casale, Pistoia, Perugia, Lombardia, Livorno, Napoli e Ravenna. Il
giorno 26 è il M. S. Michele - Sei Busi ad essere interessato agli
attacchi. Seconda battaglia 18/7-3/8: l'attacco si sviluppò su tutto il
fronte carsico da Gorizia al mare con obiettivo le solite cime del Sabotino e
del S. Michele. Sul Podgora (m. 240) il 19 il III btg carabinieri e il 12°
Casale si batterono all'ultimo sangue lasciando sul terreno il 40% degli
uomini fra morti e feriti.
Al Grafenberg (le colline di Oslavia, del Peuma o Piuma, del Calvario
o Podgora fronteggiano Gorizia ad Ovest di qua dall'Isonzo dal Lenzuolo bianco a Lucinico e sono
protette dall'artiglieria del Sabotino - 609 m)
fu la volta dei Finanzieri e della Brigata Re. Sul
S. Michele i reiterati attacchi a quota 170 e Bosco Cappuccio portati
dalle Brigate Brescia,Siena e Ferrara aprirono la strada all'11°
ciclisti di Sante Ceccherini
e ai fanti della Brigata Regina e della Bologna per la conquista della
vetta. 1600 i prigionieri austriaci. Il massiccio contrattacco austriaco
però riportò i reparti al punto
di partenza. L'attacco venne reiterato dalle Brigate Bari, Piacenza e dall'8°
Bersaglieri ciclisti che raggiunsero nuovamente la vetta. Qui il 21
luglio il bersagliere
Francesco Rismondo
da Spalato (irredento) venne fatto
prigioniero forse ferito e di lui non si seppe più nulla. Solo una
successiva indagine scaturita da testimoni che dissero d'averlo visto al
patibolo a Gorizia il 10 agosto portò al conferimento nel 1952 !!! della
Medaglia d'oro. Anche questa volta gli austriaci con le truppe ungheresi Honved reagirono in massa riportando
le posizioni al punto di partenza. Sante Ceccherini scende per ultimo
ricevendo gli elogi del Re e più tardi la Legion d'Onore Francese. Dei
1000 uomini che lo hanno seguito rispondono all'appello in 200.
Toccherà poi al 56° Btg autonomo replicare coi fanti della Pisa e della
Regina, ma il risultato non cambierà.
E' un
copione che viene replicato decine, centinaia di volte. Terza e
quarta battaglia 18/10-2/12: Queste offensive
ne formano una sola poiché
l'azione
ebbe solo una interruzione di 5 giorni, dal 4 al 9 novembre. La disfatta
dei Russi a Tarnow e l'andamento negativo generale ad Est e ad Ovest richiesero agli
italiani un nuovo attacco per alleggerire gli altri. Gli italiani
sono ancora numericamente superiori, ma le postazioni austriache non vengono
scalfite dal pesante cannoneggiamento. Attacchi
reiterati alle solite quote e cime con lievi progressi. La Siena tentava
la conquista della Trincea delle Frasche e nell'azione, il 23 ottobre, moriva il
sindacalista
Filippo Corridoni . All'attacco venivano ora mandati i
bersaglieri del 1°Rgt bis (poi 15°) del Colonnello Emilio De Bono e di rinforzo
anche i ciclisti del 1° e 11°. A quota 65-70 del Selz operava la
Brigata Speciale del
Gen.
Giuseppe Paolini
composta dai battaglioni ciclisti
3-4-8° e dal 76° fanteria. Le postazioni austriache sopraelevate
potevano vedere tutte le fasi della preparazione compreso gli uomini
corazzati (Farina) che si apprestavano a tagliare i fili. L'attacco più
volte ripetuto con furibondi corpo a corpo non portò ad alcun
progresso. Negli scontri il Generale Paolini venne ferito più volte ed
insignito della medaglia d'oro. All'appello questa volta mancavano 70
ufficiali e 1300 bersaglieri. Il 25 ottobre le perdite complessive sono
già di 39.000 uomini.
Sul fronte alpino trentino, in Val Cismon, intanto anche
il 2°
Bersaglieri andava all'assalto delle postazioni austriache di Malga Pioverna
Alta (vedi in questa sezione un racconto dettagliato). Ai primi di ottobre il neo sottotenente
Giuseppe Giulietti
(richiamato), in azione di apertura di un varco nei reticolati con
esplosivo, veniva ferito ma non desisteva dal successivo assalto. La
guerra di trincea
dopo quattro assalti (le chiamavano spallate, ma la
porta non veniva giù) non riusciti era diventata routine e in quelle
condizioni ci si preparava, nel Carso esposto ai freddi venti del Nord e
della Russia, ad un gelido inverno. La disciplina, dopo i rovesci, si inaspriva portando a forme di disubbidienza che per il momento le gerarchie militari non erano in grado
di gestire. In questo scenario va visto il caso che vede protagonista Il
Generale Graziani, uomo estremamente duro coi suoi stessi bersaglieri. A
fine guerra ne pagherà le conseguenze.
Ottobre 1915: gli attacchi italiani continuano inutilmente verso il Plaut, Bocca di Valle Orsara; il
Gen.
Andrea Graziani guida da Costa d’Agra l’assalto al Durer: al fallimento dell’azione si mette a sparare
sulle immediate retrovie per evitare una possibile nostra ritirata.
A finire sul banco degli imputati, con l'accusa di vigliaccheria, anche un gruppo di bersaglieri
che si "ammutina" seduta stante gettando viveri e bevande alcoliche in uno strapiombo. Graziani ordina allora alle artiglierie di sparare
anche contro di loro, causando molti morti. Queste azioni vengono messe
subito a tacere e per anni circoleranno solo tramite Radio Gavetta. Solo
con Caporetto si arriverà ad una "parziale" resa, più che di conti e di
metodi, di professionalità, responsabilità e capacità (commisurata ai mezzi
disponibili: non la famosa "carne da cannone" di cui Cadorna vantava
l'abbondanza).
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