FILIPPO CORRIDONI

"Scomparve nella mischia senza essere più ritrovato, come nelle storie leggendarie degli eroi” (Amilcare De Ambris)

Filippo Corridoni nasce a Pausula (oggi Corridonia), in provincia di Macerata, il 19 agosto 1887 e cade in combattimento sul Carso, alla "Trincea delle Frasche", il 23 ottobre 1915. Nella prima giovinezza è mazziniano. Uscito dalla scuola superiore industriale  di Fermo, si trasferisce nel 1905 a Milano dove è impiegato come disegnatore presso la ditta Miani-Silvestri. Si getta subito nella lotta sociale, militando nelle schiere del Sindacalismo Rivoluzionario. Egli pensa che il sindacalismo operaio possa creare uno stato nello stato e, successivamente, procedere alla conquista del potere. Austero, incurante di pericoli e di privazioni, sa infondere nella folla il fascino dei suoi ideali. Sostiene con stoica fermezza una lunga serie di battaglie contro il padronato che lo portano anche a persecuzioni ed esilio. Nel 1908 è con Alceste De Ambris a Parma per il più grande e più lungo sciopero agrario del sindacalismo rivoluzionario italiano. E' segretario della Camera del Lavoro di San Felice sul Panaro (1909) poi esule a Nizza. Di fronte alle evidenze di una impossibile rivoluzione proletaria punta su una riforma a cui partecipi una nuova classe dirigente borghese in grado di precorrere i tempi ed di affrontare le sfide nuove del progresso, ma anche dei regolamenti internazionali e dei nazionalismi. L’internazionalismo ha subito duri colpi, quando le rimostranze popolari italiane dalmate non vengono sostenute dal socialismo austriaco che si schiera apertamente col nazionalismo (lì si chiamerà anni dopo nazionalsocialisti). Quando nel 1913 fonda l'Unione sindacale milanese ha già il presagio dell'impossibile realizzazione del suo programma, acuito l'anno dopo dalla esperienza fallimentare della settimana rossa. Allo scoppio della guerra dichiara apertamente di trovarsi di fronte all'immaturità proletaria e a moltissimi problemi da risolvere in comune con le altre classi sociali. Fa generosa ammenda e, richiamando le moltitudini all'idea di patria e di dovere nazionale, si schiera a fianco di Mussolini per l'intervento. Benché inabile alle fatiche di guerra riesce a farsi inviare, volontario, al fronte.
Il suo reggimento non è pero in linea e lui cambia provvisoriamente per il 142°. Ritorna spesso, dopo difficili missioni, provato dalle fatiche e dai disagi, ma sempre ripete la sua frase abituale: "Dobbiamo assolutamente vincere ad ogni costo. Il nemico deve essere schiacciato". Il 23 ottobre 1915 muove all'assalto della Trincea delle Frasche in testa alla sua compagnia (non ci sono più ufficiali), anima i compagni e canta gli inni della patria. Qui cade colpito a morte. Viene decorato con medaglia d'argento, trasformata poi in oro alla memoria.

Ho amato le mie idee più di una madre, più di qualsiasi amante cara, più della vita. Le ho servite sempre ardentemente, devotamente, poveramente. Ché anche la povertà ho amato, come San Francesco d'Assisi e frà Jacopone, convinto che il disprezzo delle ricchezze sia il migliore ed il più temprato degli usberghi per un rivoluzionario

CORRIDONI FILIPPO Soldato Disegnatore di macchine, 32° reggimento, 3a compagnia luogo di nascita: Pausula (MC) Data del conferimento: 30/4/1925 R.D. . Motivo del conferimento:

Soldato volontario e patriota instancabile, col braccio e con la parola, tutto se stesso diede alla Patrio con entusiasmo indomabile. Fervente interventista per la grande guerra, anelante della vittoria, seppe diffondere la sua tenace fede fra tutti i compagni, sempre di esempio per coraggio e valore. In testa alla propria compagnia, al canto di inni patriottici, muoveva fra i primi, e con sereno ardimento, all'attacco di difficilissima posizione, e tra i primi l'occupava. Ritto con suprema audacia sulla conquistata trincea al grido di "Vittoria! Viva l'Italia! Incitava i compagni, che lo seguivano, a raggiungere la mèta, finché cadeva fulminato da piombo nemico. Trincea delle Frasche (Carso), 23 ottobre 1915


L’azione in cui caddero Corridoni ed altri volontari milanesi viene narrata da Dino Roberto, volontario milanese e suo fraterno amico: “Corridoni durante l’espugnazione della trincea era rimasto miracolosamente illeso. S’era visto cadere tra le braccia l’amico Robolini. Nella trincea conquistata non c’erano ufficiali. Egli assunse la responsabilità del comando,tra il frastuono della battaglia e le grida disperate dei feriti. Due violenti ritorni offensivi del nemico furono ributtati, mentre incombeva la minaccia di aggiramento alle ali. Corridoni allora con pochi uomini si precipitò alla difesa della destra. La situazione però si faceva critica. Gamberoni fu mandato in cerca di rinforzi. Mentre questi arrivavano, Corridoni, levatosi in piedi per additare loro la strada agitando il berretto e gridando: “Vittoria,vittoria, viva l’Italia” cadde colpito alla fronte da una palla nemica. Fu vano ogni soccorso”. Il maggiore De Martino, comandante della I Brigata del 32° Reggimento, narra in seguito: “Durante l’assalto trovai Corridoni sulla trincea nemica, con una mano stringeva il berretto che aveva agitato come un vessillo. (…) Avvenne così, spontaneamente, una breve sospensione del combattimento. Col tenente Scartasini frugammo dappertutto per trovare il cadavere di Pippo Corridoni, dove io l’avevo visto poche ore prima non c’era più . (A. Scrimali, F. Scrimali, Il Carso della Grande Guerra. Le trincee raccontano, Edizioni Lint, Trieste1992, pp. 322, 335-339, rid.) http://www.fiammacanicatti.it/libri/Filippo Corridoni.pdf
 

 

La Trincea delle Frasche era un forte trincerone austriaco alle spalle (si raggiunge a piedi) del carso di Sagrado sulla strada Castelnuovo-S. Martino. Insieme con la contigua "trincea dei razzi" fu oggetto di ripetuti sanguinosi attacchi delle nostre fanterie, durante la terza e la quarta battaglia dell'Isonzo (ott. nov. 1915). Il 23 ott. dopo lunga e dura lotta, il 32° regg.to fanteria (Brigata Siena) del quale facevano parte i volontari milanesi riuscì a porvi piede per la prima volta; nell'impeto di quell'assalto cadde Filippo Corridoni (med. d'oro). Per tutta la notte successiva i fanti resistettero nella trincea conquistata alla furia degli attacchi che il nemico scatenava, ma alla fine sotto un bombardamento infernale, non giungendo rinforzi, furono costretti ad abbandonarla. Fu fatto per tutta la giornata un armistizio locale, per sgomberare i morti e feriti dalle due parti, ma il corpo di Corridoni non venne rintracciato. "Nella mattina del 24 dopo la riconquista da parte austriaca la scena del campo di battaglia che si presentò agli occhi dei due avversari era così tragica da spingerli a siglare una tregua temporanea di due ore per il recupero dei cadaveri e dei feriti. Fu un avvenimento eccezionale. Poichè le artiglierie tacevano come per un accordo anche loro i più animosi uscirono a raccogliere i feriti, ma di Corridoni si persero le tracce".  Anche il 1° Rg.to Bersaglieri bis (poi 15°), il giorno 28 dello stesso mese, riusciva ad occupare di slancio la contesa trincea e ad oltrepassarla, ma più tardi, investito da tutti i lati da fuoco violentissimo era costretto a ripiegare tenendo però quota 164. L'onore della conquista definitiva spettò alla Brigata Sassari (151° e 152° fanteria per gli austriaci i Rote Teufel-i diavoli rossi, dal colore rosso delle mostrine). I valorosi fanti della Sassari, portatisi il 12 novembre, fin sotto le linee avversarie, ed occupate due piccole doline ad esse antistanti, mediante il volontario sacrificio di audaci pattuglie, riuscirono ad aprire dei varchi nei reticolati. “Avanzano altri plotoni del 151° e del 152°, con magnifico slancio guidato con mirabile esempio dagli ufficiali. Sotto un intensissimo fuoco d’artiglieria e di mitragliatrici, dopo ripetuti assalti riescono ad impadronirsi della posizione “Trincea delle Frasche”... “Gli austriaci erano stati costretti a cedere. Il giorno dopo cadeva anche la Trincea dei Razzi.” Nelle vicinanze delle "frasche", oltre al cippo totem Corridoni (vedi a sx sopra) troviamo quello della Brigata Sassari. Poco distante ancora lungo il tracciato della “Tortuosa” la “Dolina dei Bersaglieri collegata alle Frasche da una galleria. La galleria, scavata e abilmente sfruttata dai militari austriaci, venne successivamente riutilizzata, dopo la conquista, dalle truppe italiane che la ampliarono e consolidarono.

a destra Corridoni con Mussolini"Corridoni - scrisse di lui Benito Mussolini - era un nomade della vita, un pellegrino che portava nella sua bisaccia poco pane e moltissimi sogni, e camminava così, nella sua tempestosa giovinezza, combattendo e prodigandosi, senza chiedere nulla. Qualche volta un'ombra di malinconia gli oscurava la fronte, qualche volta la stanchezza delle piccole cose e dei piccoli uomini gli tremava nelle voce. La guerra fu sua, perché era una guerra di liberazione e di difesa; ma anche perché la guerra chiede ed impone la tensione, lo sforzo, il sacrificio. In questa guerra che deve decidere le sorti dell'umanità per almeno un secolo, in questa guerra, convenientemente rivoluzionaria, non nel senso politicante della parola, ma per il fatto che tutto è in giuoco, che tutto è in pericolo e molto andrà sommerso, e molto sarà, rinnovato, il posto di Filippo Corridoni non poteva essere fra i negatori solitari e infecondi in nome delle ideologie di ieri, e fra i pusillanimi che sono contrari alla guerra, perché la guerra interrompe e turba le loro abitudini, o documenta la loro infinita vigliaccheria. Filippo Corridoni fu l'anima dell'interventismo popolare. Convinse, commosse, trascinò. Volle che alla sua predicazione seguisse l'azione, e ne partì volontario. Volle deliberatamente entrare in combattimento. Era in lui, mentre correva alla prima trincea austriaca sul Carso, una disperata volontà di immolazione, e quando la trincea fu espugnata, egli balzò in piedi sul parapetto gridando nell'oblio totale di se stesso: - Vittoria, Vittoria ! Viva l'Italia ! - E cadde fulminato nella morte dolce che non corrompe le carni, e non fa più soffrire...".

Su Filippo Corridoni, una volta morto, venne alimentato un vero e proprio mito. Mussolini fu abilissimo nell'appropriarsi della sua eredità anche se questa era più da attribuirsi al Mussolini Ante Marcia. Non tutti furono d'accordo: non lo fu De Ambris, che dopo aver simpatizzato per il fascismo, divenuto antifascista, accusò Mussolini di appropriazione indebita di cadavere (letteralmente); non lo fu Giuseppe Di Vittorio, che, giovanissimo, fu amico di Corridoni e Dino Roberto che ebbe a dire "Corridoni mi disse - Mussolini ha tradito tutti, tradirà anche noi, ed al nostro ritorno in patria dovremo combatterlo aspramente per evitare che faccia ulteriormente del male all'Italia -". Le cose poi andarono dove i sindacalisti rivoluzionari le portarono: nel P.N.F. Da allora Corridoni diventa mito e simbolo di destra.

Torna all'indice di Carneade

Torna a paragrafo