I Conti Torelli


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Montechiarugolo

Luoghi torelliani

IL CASTELLO
La struttura attuale fu innalzata nei primi decenne del sec. Xv nei pressi delle prime architetture difensive, costruite molto probabilmente due secoli prima, intercettabili ora nel nucleo a Nord della Torre. Fu Guido torelli, investito del feudo nel 1406, a commissionare opere di ristrutturazione ed ampliamento ad un architetto militare, di probabile formazione lombarda. L'impostazione architettonica e' tardo-mediovale (fine XIV - inizio XV sec.), facilmente rintracciabile anche nelle mura coronate da merli ghibellini che ancora oggi abbracciano il borgo e nei loro elementi costitutivi: baluardi a struttura quadrata, beccatelli di sporto dalle mura provvisti di caditoie per la difesa piombante rivellini quadrati ed aperti sul lato posteriore per proteggere gli accessi. Ulteriori elementi tipicamente difensivi sono il largo e profondo fossato asciutto, scavato a Sud e a Ovest, e la ragguardevole altitudine sul lato volto a Est, rispetto al torrente Enza. All'epoca il Castello risultava ben difendibile, ma con la diffusione ed il rapido potenziamento delle artiglierie durante la seconda meta' del XV secolo, si rivelo' ben presto inefficiente e del tutto insufficiente. Fu adibito quindi a pura residenza signorile, sulla scia delle mutate condizioni storico-politiche che caratterizzarono il 1500, mantenendo pero' esterioramente le caratteristiche difensive e militari. La pianta dell'edificio e trapezoidale; la torre e' collocata nel vasto cortile interno, sul fianco Ovest. In tutti i lati le possenti mura esterne recano, incastonato in una cornucopia, lo stemma marmoreo della famiglia Visconti, con cui Guido Torelli era debitore di onori e ricchezze. Si possono ancora notare gli incavi dei bolzoni dell'antico ponte levatoio nelle murature del ponte che da' accesso al cortile interno, nel quale alloggiano statue in pietra del XVIII secolo, secondo lo stile del celebre scultore Boudard, operante presso la corte dei Borboni di Parma.

CHIESA DI SAN QUINTINO
L'attuale Chiesa è stata ricostruita nei primi anni di questo secolo, su progetto dell'architetto Camillo Uccelli, in sostituzione della primitiva chiesa romanica risalente alla prima metà del XIII sec.; della vecchia Chiesa resta la parte absidale esterna ed i locali adiacenti al Campanile (questi della seconda metà del '600). Nella prima cappella a sinistra un pregevole "Ecce Homo" in terracotta policroma attribuito a Giuseppe Sbravati (fine '700). Nella seconda cappella, statua lignea di "Cristo Morto" (sec.XVI), ridipinta e nelle nicchie statue in legno di "S. Francesco" e "S. Antonio" del sec. XVII. Bellissima pala d'altare con "Assunzione" attribuita a Clemente Ruta (primo quarto sec. XVIII), già in deposito presso il Santuario annesso al Collegio Salesiano. In un piccolo locale a destra dell'altar maggiore , sono stati recentemente riscoperti e restaurati (1986-1987) una serie di affreschi, in vari riquadri, della fine del '400, raffiguranti una "Annunciazione", un "S.Quintino ed il povero" ed una "Madonna con S. Lucia", opera di un ignoto pittore locale, di ottima mano rinascimentale. Al centro della parete una "Madonna della Misericordia" che apre il mantello a protezione di quattro giovani nobili, con la scritta sottostante "Hoc opus fecit fieri Ursina - A.D. MCDLXXXIII (1483)"; tale scritta consente di individuare nei quattro giovani i figli di Marsilio Torelli (Francesco, Cristofero, Barbara e la stessa Orsina), feudatario di Montechiarugolo.
(http://www.castellidelducato.it)

ABBAZIA DI SANTA FELICOLA
Ricordata già dal 924 d.C. in documenti conservati all'Archivio di Stato di Parma, l'Abbazia di Santa Felicola fu eretta in priorato nel 1018, quando attorno al primo oratorio sorse il Monastero ad opera dei canonici regolari di S. Agostino. L'abbazia raggiunse la sua maggiore estensione attorno alla metà del sec. XII, possedendo terreni sino a S. Ilario e Montecchio, oltre la sponda dell'Enza. Forse a questo periodo risale l'edificazione, vicino al guado del torrente in corrispondenza del monastero, del cosiddetto Oratorio del Romito con annesso Ospizio. Nel 1313 l'Abbazia fu incendiata dai ghibellini, durante la guerra di Gioacchino Sanvitale contro Parma e da allora visse una lunga decadenza. Il priorato venne aggregato alla chiesa di S. Sepolcro, che ne possedette i beni sino al 1789, quando passarono per bolla papale all'Ospedale di Parma, che li permutò con altri beni della famiglia dei Conti Simonetta. Nella chiesa di S. Sepolcro sono state traslate e sono tuttora conservate sotto l'altare maggiore le reliquie di Santa Felicola. L'abbazia, che porta ancora i segni delle antiche vestigia, è stata trasformata negli anni in abitazione privata e non è visitabile.

CONVENTO DI SANTA MARIA DELLE GRAZIE E L'ORATORIO DEL ROMITO
Marsilio Torelli nel 1489 dispose la costruzione di un convento nei pressi di Montechiarugolo "ad edificazione e conforto spirituale della popolazione". Solo nel 1523 vennero però ultimati i lavori, grazie all'impegno di Damigella Trivulzio, che lo donò ai Frati Minori. Ad esso venne annesso l'Oratorio del Romito, costruito negli anni di maggior splendore dell'Abbazia di Santa Felicola in corrispondenza di un guado sull'Enza, per i viandanti. Rimasto in stato di abbandono per molti secoli, il Romito venne riedificato dai frati del Convento nel XVII sec.: il paliotto dell'altare in scagliola con l'Annunciazione di Maria, porta infatti la data del 1713. Con l'avvento di Napoleone il Convento e il Romito furono soppressi e passarono ad usi profani; il Convento restò di proprietà dello Stato che lo adibì a caserma e quindi a fabbrica di polvere da sparo. Ceduto all'asta nel 1870 con altri beni demaniali, passò in proprietà prima alla famiglia Giovanardi, quindi ai Bocchi di Montechiarugolo e alla famiglia dei Conti Politi; l'ultima erede di questa casata lo lasciò in eredità alla pia società di Don Bosco. In passato destinato ad Istituto Agrario Salesiano, è attualmente sede di una scuola media Salesiana. L'oratorio subì altre vicende in mano a diversi proprietari: ultimi ed attuali, dal 1867, i Marchesi Lalatta Costerbosa.

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