In campo finanziario possiamo genericamente definire il rischio come la probabilità di non percepire un guadagno a seguito dell’investimento o di subire una perdita sul capitale investito.
Di norma, l’investimento azionario e quello obbligazionario si distinguono per l’ampiezza del rischio assunto dall’investitore, maggiore per il primo e più contenuta per il secondo.
In ambito azionario, l’investitore si assoggetta al rischio di perdita completa del capitale, nel caso in cui abbia acquistato titoli di una società che fallisca. Si pensi, per restare in Italia, al caso del fallimento della Parmalat: gli azionisti di quella società hanno perduto tutto il loro investimento iniziale.
Senza arrivare al fallimento (situazione estrema) l’azionista si assume costantemente il rischio collegato all’andamento della società in cui ha investito.
Semplificando, si può dire che se tale società farà meno utili del previsto, il valore della singola azione diminuirà, e di conseguenza si ridurrà anche il valore del capitale investito.
La perdita di valore dell’investimento azionario può essere molto marcata anche se si è investito in società solide, nei periodi di andamento negativo dell’economia.
A volte può capitare che ci vogliano molti anni prima che l’investitore, che ha acquistato azioni di una società in difficoltà o appena prima di una crisi economica, possa recuperare anche solo il valore iniziale del capitale investito.
Al contrario, se l’azienda genera più utili del previsto, il valore della nostra azione ne guadagnerà. A volta bastano poche settimane per avere dei guadagni paragonabili a quelli che si potrebbero avere dopo molti anni investendo in obbligazioni.
L’elevata rischiosità dell’investimento azionario impone, prima di investire direttamente su una società comprandone azioni, di informarsi molto bene sulle sue attività e, effettuato l’acquisto, di monitorarne costantemente l’andamento.
Anche in ambito obbligazionario il rischio maggiore al quale l’investitore va soggetto è quello di acquistare titoli emessi da una società (o anche da uno Stato, seppure molto raramente) che non è in grado di ripagare i propri debiti e dunque fallisce.
In questo caso generalmente non si perde tutto, ma viene riconosciuta all’obbligazionista una percentuale (anche se a volte modesta) dell’investimento iniziale.
Fatta eccezione per l’ipotesi estrema del fallimento dell’emittente, in caso di andamento insoddisfacente dell’attività aziendale da esso condotta, il detentore di obbligazioni – a differenza dell’azionista – non subisce conseguenze definitive.
Il prezzo della obbligazione potrà avere un andamento oscillante ma, salvo appunto il caso del fallimento, si continuerà a percepire le cedole previste per la durata dell’investimento ed a scadenza si sarà rimborsati con le modalità concordate.
Alcune obbligazioni, per le loro caratteristiche specifiche, quali affidabilità del debitore, brevità della durata (pochi mesi, un anno), predefinizione dell’interesse pagato, hanno addirittura oscillazioni di prezzo limitatissime durante la propria esistenza, quasi assenti.
E’ questo, ad esempio, il caso dei BOT (Buoni Ordinari del Tesoro), obbligazioni emesse dallo Stato italiano, di breve durata (massimo 1 anno) e a rendimento fissato al momento del loro collocamento sul mercato.
Qui di seguito vengono riportati dei grafici, liberamente tratti dal sito della borsa di Milano, che rappresentano gli andamenti degli ultimi 10 anni (circa) di una singola azione (Generali) , di un titolo di stato decennale (Btp 1/7/1997 - 1/7/2007 ced. 6,75%) e l'andamento di un anno di un titolo di stato annuale (BOT)
Generali '97-'07
Btp '97 - '07
Bot '07
Ad esemplificazione di quanto si esponeva, si vede come il BOT sia uno strumento che ha un andamento regolare del proprio prezzo nel tempo, in quanto assicura un rendimento certo e senza rischio (sebbene contenuto) in un tempo ridotto.
Il BTP ha invece un andamento contraddistinto da oscillazioni nei prezzi, pur essendo una obbligazione che proviene dallo stesso emittente del BOT (lo Stato italiano), perché la sua durata nel tempo è molto maggiore.
Il tempo che manca alla scadenza dell’obbligazione incide in maniera significativa sul prezzo (e quindi sul valore) della stessa, ma - per quanto importa qui – va notato che alla sua scadenza nel 2007 il BTP in esempio comporterà la restituzione all’investitore che lo detiene di un capitale pari al suo valore nominale.
Un titolo azionario ha invece un andamento che dipende dalle variabili alle quali si accennava in precedenza e pertanto non determinabile a priori.
In ciò consiste, in ultima analisi, la rischiosità propria dell’investimento azionario rispetto a quello obbligazionario
Bisogna ricordarsi che sicurezza e rendimento non vanno mai insieme !