[news] : [artisti] : [gruppi & associazioni] : [eventi recenti] : [storia] : [definizioni] : [testi] : [links] : [contact] # Lune parlanti #di Walter Gasperoni Lune parlanti, lune calanti, lune crescenti, lune pallide, lune rosse, lune evidenti, lune emergenti, il meglio di voi è sempre dall’altra parte, per questo siete da sempre le vagabonde dell’arte. Non facevo altro che guardare al lato chiaro delle cose, di voi era l’unico che potevo vedere. Lato chiaro, lato oscuro, dai tic di Selene alle frittate che sorridono, lunatiche sempre con i tic di sempre. Parlanti e dolenti, calpestate da stivali invadenti, da brindisi indolenti, da poesie impotenti. Coperte da nuvole deformi, siete sempre nella testa di artisti enormi. Lune basse nei deserti africani con piccole stelle in quelli indiani. Piccole curve irriverenti, satelliti senza concorrenti, nei pozzi riflettenti tutti i “voglio” dei bambini, innamorati e dementi. Delle vite delle donne scandite i momenti, della terra ingravidate le sementi. Con democrazia non pagate i sogni solo ai prepotenti, accecate tutti i delinquenti e ridate ai vecchi tutti i denti che dai dentisti sono stati cavati, e sono tanti. Martellate con poesie e canzoni tutti i potenti, comandate riso e frutti per gli indigenti, restituite tutti i disegni e le pitture ai non vedenti, e ai muti date parole suonanti, piccole grandi lune parlanti.
# Ubu Re al Regio di Parma nel 1982 #di Renato Falavigna Venti anni fa, dopo l’esperienza del Centro Universitario Teatrale di Parma, con Giorgio Belledi, pensammo di riscrivere in chiave operistica Ubu Re di Alfred Jarry. Il progetto fu realizzato e la prima esecuzione assoluta avvenne il 2 dicembre 1982 per l’inaugurazione della stagione lirica 1982-83 del Teatro Regio di Parma. L’opera ebbe un buon successo di critica e di pubblico, anche se alcuni melomani-loggionisti (stupiti) dissero che il linguaggio teatrale un po’ scurrile, non era conforme a quello che ci si aspetta nei confronti del linguaggio operistico. Evidentemente dimostrarono una scarsa preparazione culturale necessaria per fruire nuovi contenuti melodrammatici espressi in quella insolita rappresentazione di “Teatro in musica”. Il progetto e la sua realizzazione comportò da parte mia una scelta per creare una corretta espressività comunicativa della parola cantata in quel fenomenale ambito drammaturgico. Infatti, in tutta l’opera Père Ubu e Mère Ubu, si esprimono tenendo conto dell’indivisibile legame tra l’enorme e invadente presenza scenica del loro corpo fisico, unitamente alla particolare interpretazione vocalistica; mentre tutti gli altri personaggi si comportano scenicamente e musicalmente in ordine alla tradizione melodrammatica. Con il Prologo inizia l’opera in un immaginario luogo irreale, fuori dal tempo, Père e Mère Ubu tra il sonno e la veglia...Poi l’Atto Primo in casa Ubu dove si aspetta a un pranzo pantagruelico il Capitan Bordura e i suoi uomini per organizzare ed attuare, con propositi di conquista del potere, una congiura per il regicidio di Venceslao re dei Polacchi. L’indomani, la scena si svolge prima nella sala del Trono dove si assiste all’entrata del re Venceslao e la regina, la quale con accenti romantici, narra di un sogno premonitore dove Père Ubu uccide il re e la Terra si copre di sangue, ma nessuno le dà retta. poi la scena della rivista militare ed ecco Père Ubu pestare un piede al re e gridare “Merdra”, il segnale della rivolta. Vengono uccisi il re e due dei tre figli; Bugrelao, il principe ereditario, si salva fuggendo, mentre Père Ubu si impossessa della corona e per ingraziarsi il popolo, assieme a Mère Ubu, distribuisce a manciate il tesoro dello Stato. Subito dopo per rimpinguare le casse, bisogna uccidere i nobili, i magistrati e i finanzieri e confiscarne i beni. A questo punto inizia una specie di concerto di “Concertato” di fine atto con l’allestimento di una macchina suppliziale: “La macchina dello scervellamento”. Una scena che prelude al Grand Guignol (chiamato così in Francia il Teatro del terrore), ma che ho ambientato in un luogo di ritrovo spettacolo come il Cabaret con la Canzone e i Couplet dello “Scervellamento”. Nell’Atto Secondo la drammaturgia cambia collocandosi in un ambito di parziale Simbolismo. L’eco della famosa parola (merdra) che certamente scandalizzato moltissimi spettatori, continua ad aleggiare nel contesto melodrammatico e il racconto che si fa sempre più immaginario, dove, come dice Apollinaire: “...Il lirismo diventa satira, dove la satira, esercitandosi al di sopra della realtà, supera a tal punto l’oggetto da distruggerlo e sale così in alto che la poesia a stento può toccarla, mentre la trivialità assurge qui al gusto stesso e, per un fenomeno inconcepibile, diviene necessaria”. Vari episodi caratterizzano l’andamento di quello che sarà poi il Teatro dell’Assurdo, Surrealista e d’Avanguardia. Dopo la precipitosa fuga per sfuggire a Père Ubu, la regina con il figlio principe Bugrelao è allo stremo delle forze e, dopo una invocazione al figlio affinché riconquisti il trono, muore. Scoppia una guerra, lo Zar di Russia interverrà con le sue truppe in favore della Polonia per rimettere sul trono il giovane principe Bugrelao. Dopo alterne vicende ha la meglio Père Ubu e nel finale dell’opera si assiste a una scena immaginaria, direi Patafisica, scende dall’alto del palcoscenico una navicella sulla quale salgono Père e Mère Ubu. Tutti chiedono: “Dove andate Père Ubu ?”, Ubu risponde: “Noi seguiremo la corrente e nuove imprese ci attendono. La Luna ci aspetta già”. – (Il Coro): “Rimanete Père Ubu”, ma Ubu: “La Polonia è piccola per noi...benché se non ci fosse la Polonia non ci sarebbero i Polacchi”. (Lentamente la navicella sale portando in orbita Père Ubu e Mère Ubu). Sipario. Per quanto riguarda le scelte musicali di cui al progetto iniziale, devo confessare che prima di iniziare il lavoro compositivo della parte musicale, mi posi, inutilmente, il seguente interrogativo: La parola del linguaggio Patafisico parlato esprime lo stesso compito espressivo, quando la parole stessa viene cantata ?. Ovviamente non trovai la risposta, nonostante i vari ripensamenti. Proprio perché la Patafisica è la Scienza delle soluzioni immaginarie; per la quale non esistono verità assolute, ma solo relative e sempre mutevoli; e tutti i principi possono essere affermati o contraddetti, in nome della assoluta libertà creativa dell’artista, fuori da schemi precostituiti. (Un grande contributo alla realizzazione dell’opera diedero la regia di Bogdan Jerkovic, la concertazione e direzione d’orchestra di Antonello Allemandi e la scenografia e i costumi di Carlo Savi). [Walter Gasperoni è nato nel 1943 nella Repubblica di San Marino, dove vive e lavora. Tra le sue principali esposizioni personali vanno ricordate quelle nelle gallerie Mazzoli (Modena, 1981), Galleria Diagramma (Milano, 1982), Galleria Murnik (Como, 1984), Galleria Campanile (Bari, 1992), Galleria Pio Monti (Roma, 1994), Studio d’Arte Raffaelli (Trento, 1996) Loggia degli Zavattieri (Vicenza, 2000), Una Arte (Fano, 2001).] [Renato Falavigna è nato a Guastalla nel 1927. Nel 1953 si diploma in Musica Corale e direzione di Coro al Conservatorio di Parma. Nel 1956 si diploma in Composizione. Frequenta a Cremona i Corsi di Paleografia Musicale nel 1957 e due anni dopo inizia l’attività di compositore di musiche di scena presso il Centro Universitario Teatrale di Parma e l’insegnamento nelle Scuole Medie Superiori. Nel 1969 è docente presso il Conservatorio di Musica di Milano. Alcuni anni più tardi è docente presso il Conservatorio di Musica di Parma. Nel 1985 ottiene la nomina ministeriale di Direttore del Conservatorio di Musica di Alessandria e nel 1989 sempre con nomina ministeriale è Direttore del Conservatorio di Musica di Parma fino al 1996. Ha fatto parte della Commissione Artistica Teatrale del Teatro Regio di Parma dal 1965 al 1982. Ha composto musiche di scena per una sessantina di spettacoli per varie compagnie professionali italiane e straniere. Ha lavorato con molti registi tra i quali: G. Pressburger, B. Jerkovic, G.C. Sbragia, V. Puecher, L. Puggelli, T. Conte, P. Formentini, G. Belledi, G. Dall’Aglio, R. Giavampietro e altri. Nel campo della musica Lirica, Sinfonica e da Camera ha composto: Ubu Re (A. Jarry), La Sonata di Kreutzer (L. Tolstoi), Historia di Abraham et Isaac (per Soli, Coro e Orchestra), La Torre di Babele (G. Pressburger). Per il 23° Premio Italia della Rai ha composto il Don Chisciotte per grande Orchestra. Ha collaborato con il Maestro Rubino Profeta alla revisione critica dell’opera Stiffelio di Giuseppe Verdi e ha realizzato la revisione critica e la riduzione per Canto e Pianoforte dell’opera Leonora di Ferdinando Paer.] |