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# PATAFLUENS #

Di Domenico Quaranta

XIV. L'esperienza insegna all'uomo che la sventura è sempre in agguato. In questa attesa, egli dissipa la sua angoscia inventando o adottando sventure immaginarie.
XV. Quando il narratore sorride e disdegna la morte, il suo racconto viene chiamato un romanzo comico.

[Queneau, Raymond, Une histoire modèle, 1966, Éditions Gallimard, Paris. (Trad. It. Di Mariolina Romano, Una storia modello, 1988, Torino, Giulio Einaudi Editore s.p.a.9)]

PATAFLUENS.
Ovvero: le tragicomiche avventure di Onesimo sulle rive del Po, con preambolo serioso e predicozzo finale dello stesso.


"Il sonno della ragione produce mostri." Ma quando anche la ragione comincia a fare scherzi di questo tipo, allora solo le 'soluzioni immaginarie' possono venirci in aiuto. Ed aprirci una via di salvezza. Se il mondo è 'out of joint', ridere di esso vuol dire denunciarne l'assurdità, maturare un distacco che non significa fuggire dalla realtà o rifugiarsi nel nirvana: significa piuttosto cercare nell'immaginario un rifugio dalla tragedia, ma anche la chiave che può riportare il mondo nei cardini e gli strumenti più adatti per rivelare al mondo la palese nudità del re. Una mente inaridita è la morte della speranza e della forza di reagire al male. Il segreto per sopravvivere sta nella capacità di sorridere davanti alle macerie, e persino sotto le macerie (come i bambini di Belgrado che, nascosti nei loro rifugi, mandavano in giro per il mondo un ironico messaggio via e-mail).

Quello riassunto nelle poche righe qui sopra è uno dei messaggi più potenti della Patafisica, ed il motivo fondamentale per cui ho deciso di raccontarvi quanto è successo il 7 e l'8 settembre a Casalmaggiore, sulle rive del Po. Per due giorni, l'immaginario si è materializzato nelle strade della bella cittadina cremonese, dove si sono svolte mostre all'aperto, performance, rappresentazioni teatrali, concerti, microconferenze, etc. Percorrete lo scenario reale di Casalmaggiore con la consapevolezza di poter incontrare da un momento all'altro qualcosa che reale non è, una soluzione immaginaria che accampa con tracotanza i suoi diritti di cittadinanza. La sorpresa è dietro l'angolo. Andate a passeggiare sulle rive del Po e seguite l'approdo di una squadra di velisti. Ciechi. Poco più in là, una strana imbarcazione in legno pavoneggia una ruota (e cos'altro potrebbe pavoneggiare?) su cui l'homo quadratus di Leonardo pare crocifisso e condannato dal fluire ininterrotto del fiume ad un eterno roteare attorno al suo umbilicus. L'eterno supplizio vi turba, turbamento che non vine meno nemmeno quando scoprite che si tratta di un'opera di Andrea Visioli che mette in atto i principi della Mulinazione Eridanea. Il termine vi ricorda qualcosa, ma mentre cercate di rispolverare quelle due leggi della fisica che avete studiato al liceo, un tale distinto ed affabile vi si fa incontro, chiedendovi gentilmente di sottoscrivere una petizione rivolta al Presidente della repubblica Francese e al Sindaco di Parigi. Con compunzione, il signore vi spiega che la petizione invoca l'immediato ripristino degli zebedei dell'angelo che corona la sepoltura di Oscar Wilde, distrutti da un vandalo e mai più ricostruiti. Il fine vi sembra nobile, e firmate.
Frattanto siete tornati nella grande piazza di Casalmaggiore, dove una spirale di metallo a cui sono appese delle scarpe ed altre bizzarre sculture e installazioni hanno occupato a forza uno spazio di solito riservato a Garibaldi o a qualche fontana. Su un palco montato per l'occasione, un uomo imponente, con un'eloquenza che farebbe arrossire per l'imbarazzo un filmato Luce, distribuisce cravatte e diplomi secondo un ordine evidentemente casuale, dal momento che non comprende anche voi. Si tratta dell'Imperatore Analogico Enrico Baj. Fra gli incravattati, notate un ragazzo in canottiera, anarchico fin nei capelli, mai resi edotti del fatto che al mondo esiste un tale chiamato barbiere. Lo avvicinate per chiedergli che cosa faccia per meritare cotanto onore. "Non faccio lo scultore", risponde.
Ripromettendovi di tenervi informati sulla futura inattività di questo giovane bresciano in trasferta a Massa per gli studi di non scultura, consumate rapidamente una piadina. Quindi, pensando che la cosa potrebbe facilitarvi la digestione, vi indirizzate verso un portone dove sta scritto "Museo del Bijou". Casalmaggiore è stato un importante centro di produzione di medaglie, gioielli e monili di diverso tipo. Così, mentre vi intrattenete ad osservare anelli, collane e orecchini di tutte le epoche e riflettete sulla moda del Cairo nell'autunno-inverno 1958 all'interno dello scuro edificio semisotterraneo scelto come sede del museo, sentite la voce di una gentile signora che dice: "avanti i prossimi dodici". Sempre sensibili alla voce delle gentili signore, entrate con altre persone in un locale scuro, in mattoni, voltato a botte e silenzioso. A terra, della sabbia decorata da strani geroglifici e circondata da un cerchio di candele (unica fonte di luce nella stanza). Davanti alla parete di sinistra sono appesi dei lucidi che riportano disegni tecnici relativi a uno strano marchingegno. In fondo alla stanza, un trabiccolo mascherato da un cilindro di tela decorato a spirale (la macchina dei disegni?). A destra, su un tavolo, un minaccioso coccodrillo e un'ondina dipinta su vetro. Dopo che, su ordine della gentile signora, vi siete tolti le scarpe, entra un inquietante individuo (il bravo Antonello Scarsi) che rompe il silenzio diventato opprimente con uno strano discorso sui viaggi nel tempo. Poi prende una candela, illumina i lucidi proiettando le ombre dei disegni sul muro, quindi esce, rientra con dei bicchieri d'acqua che vi porge invitandovi a sedere a tribordo del predetto trabiccolo. Che comincia a girare a velocità crescente. Il silenzio, la sospensione che vi fa trattenere il respiro, il ticchettare di un orologio vi permettono di capire: non si tratta di una congiura per bloccarvi la digestione: Siete in Apnea, per gentile concessione di Tania Lorandi. Trattenere il respiro vuol dire morire, uscire dal tempo, interromperne il corso. E creare l'unica condizione possibile per effettuare un viaggio nel tempo, come sostiene Jarry, che ha fornito il progetto del trabiccolo su cui montate. "Noi ci muoviamo nel senso del Tempo e con la stessa velocità, essendo noi stessi parte del presente. Se noi potessimo restare immobili nello Spazio assoluto, lungo il corso del Tempo, come a dire rinchiuderci improvvisamente in una Macchina che ci isola dal Tempo ... tutti gli istanti futuri o passati …sarebbero esplorati successivamente". Tutto è chiaro: il Tempo si è fermato, quindi, di necessità, la vostra digestione.
Ma non disperate: "Non ci sono soluzioni perchè non ci sono problemi", insegna Marcel Duchamp: non avete un maalox in tasca, quindi non avete mal di stomaco.

La filosofia non fa per voi. Provate allora con la filologia, ascoltando un'interessante dissertazione di Paolo Albani sulla sonorità delle parole. Scoprite così che 'spleen' è il suono di "gocce di parole malinconiche che cadono dal rubinetto aperto della fantasia di un poeta romantico", e che 'witz' (pronunciato secco, more germanico) definisce uno "spostamento d'aria dovuto al passaggio improvviso di una sorpresa contenuta in un testo comico tedesco"; che, con opportuna iterazione della prima sillaba, 'co-co-co-co-coinè' è il "verso di una gallina colta che si riconosce nella propria comunità linguistica", che per simile fenomeno 'glo-glo-glo-glossa' indica gli "sciacqui di commenti prescritti nella ricetta di un critico strutturalista", e che i "dubbi esistenziali di uno scrittore bohémien che si tormenta come un'oca francese" si esprimono così: "Pourquoi? -quoi? -quoi? -quoi?" L'Albani sembrerebbe avere in serbo altre sorprese, ma ad una vostra incauta domanda ("come definirebbe teratologia?") il conferenziere comincia a correre per Casalmaggiore chiamando "Lemma!!! Lemma!!!" nella opinabile convinzione che sia il "modo più autentico di dare una voce al vocabolario".
Riprendendo la vostra passeggiata, cominciate a pensare che qualche signore in divisa potrebbe contribuire a mantenere l'ordine in un paese di matti. Detto e fatto. Per lo meno, non si può dubitare che siano in divisa i due tizi che arrivano con in mano una patata ed un tubo di gomma verde attraverso il quale lanciano slogan del Partito del Tubo. Un'antiquata divisa da ferrovieri, dato che tali sono i Santini del Prete (Franco Santini e Raimondo del Prete), che propongono a Casalmaggiore il supremo dilemma: "Tubi or not Tubi". Ferrovieri e non-artisti, ossia adepti della non-arte, come furono anche nonno Duchamp, zio Beuys e daddy Cavellini. Il loro DNA spiega anche la loro ironia, che è insieme ludica e rivelatrice: la divisa-maschera, esposta sul proprio corpo e decontestualizzata, è privata del suo significato reale, di cui mantiene ancora la suggestione; è ironizzata nel suo significato istituzionale, ma è anche la loro vera pelle, e la denuncia della finta pelle di molti e della loro ipocrisia. Maggiori difficoltà incontrate a capire la serie Patafisica?Patata?Tubero?Tubo?Partito del Tubo, e oscuro rimarrebbe anche il programma del Partito del Tubo, se non vi aiutassero le parole di Pablo Echaurren: "...il PdT vede in ogni campagna elettorale nient'altro più che una campagna, un terreno proficuo per mettere in essere il suo programma irriguo. Annaffiare, irrigare, bagnare la terra sono uno dei temi portanti del partito. Dopo il partito azienda, il premier operaio, solo il PdT può presentare senza timore di cadere nel ridicolo un candidato contadino... Tubi a serpentina Tuber alles!"

Ma la vostra mente sta già rincorrendo altri pensieri: vi siete ricordati che, in tanta confusione, non siete ancora riusciti a incontrare Papà Ubu. Ma a Casalmaggiore, come vi siete già tesi conto con i Santini del Prete, pensare a qualcuno vuol dire evocarlo. E Papà Ubu arriva, in piedi su un carro, sproloquiando secondo il suo solito: "...una volta ho fatto una guerra, ma era così stupida... che la rifarei subito! Mi ricordo, era una guerra di successione, nel senso che si succedeva ad un'altra: le guerre sono sempre così: una, e poi un'altra, e poi un'altra, e poi un'altra...". Lo sproloquio degenera in urla, e poi i un violento canto militaresco: "...abbiamo visto mani tagliate - il dito nel buco del culo - ed a noi ci hanno spaccato le tibie - il dito nel buco del culo - divorato lo stomaco - il dito nel buco del culo - trapassato i coglioni con i fiammiferi - il dito nel buco del culo - e poi molto dolcemente - siamo crepati - il dito nel buco del culo - Pregate per noi - il dito nel buco del culo - amen..."
Da Jarry fino al citato monologo di Simone Fagioli, la Patafisica ha sviluppato un fondo di pacifismo e di antimilitarismo anarchico, ed una critica della violenza che si esprime in forma aspra, violenta, grottesca e caricaturale. Il grottesco, esagerando la violenza fino al parossismo, la denuncia e insieme la esorcizza, come nelle rappresentazioni del demonio nei quadri rinascimentali. Da Bosh a Jarry, dal Vian della 'Java delle Bombe Atomiche' e delle 'Formiche' al 'Pinelli' di Baj, presentare il lato grottesco del male e della violenza vuol dire denunciarli e privarli di quell'aura di serietà, di grandezza e di sacralità che li rendono accettabili. Non solo. Colin, il protagonista di 'La schiuma dei giorni' di Vian, per guarire la donna che ama deve lavorare per un certo periodo in una fabbrica d'armi. I fucili sono prodotti da un seme che germoglia solo assorbendo calore umano. Colin fornisce il suo calore, ma il suo amore per Chloe è talmente intenso che dal seme nasce un fucile la cui canna termina in una bellissima rosa di acciaio.
Viaggi nel tempo, giochi di parole, ironiche celebrazioni ed improbabili partiti non sono giocattoli inutili, fughe dalla realtà, aborti di menti malate. Sono modi per cacciare il male, ma anche per sconfiggerlo. Perchè c'insegnano che l'immaginazione può trasformare un simbolo di morte in un simbolo d'amore. E che a chi spara non si risponde sparando, ma trasformando in rose i propri fucili.