Il tramonto dell'impero (193-610)


La carriera di Aureliano

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"Storia Nuova"

 

 

Aureliano contro Zenobia 

 

(270-275) 

 

 

"Vedendo che i cavalieri di Palmira apparivano coraggiosi nelle loro pesanti e robuste armature e sapendo che per esperienza erano di gran lunga superiori ai suoi, Aureliano protesse la fanteria collocandola al di là del fiume Oronte. Diede ordine ai cavalieri romani di non attaccare subito la cavalleria, ancora fresca, dei Palmireni, ma di attendere il loro assalto e dare l'impressione di ritirarsi..."

 

Brani tratti dall'edizione Rusconi (1977). Traduzione e note di Fabrizio Conca

Poco o nulla si sa dello storico greco Zosimo. Vissuto probabilmente all'inizio del VI secolo, avvocato che difendeva i beni dello stato nelle cause legali, pagano e anticristiano, scrisse una storia degli imperatori da Augusto (31 a.C. - 14 d.C.) all'assedio di Alarico (410). L'Historia Nea ci è arrivata integra, salvo la parte relativa a Diocleziano (284-305) che è andata perduta. 

Il titolo è quello originale. Probabilmente l'aggettivo "nuova" indica la diversità della stessa rispetto ai testi cristiani. Le ultime cinque parti (libri) su sei narrano infatti le vicende degli imperatori da Costantino (312-337) in poi, evidenziandone gli errori, attribuiti alla corrotta religione cristiana, che viene additata come la causa della rapida e inarrestabile decadenza dell'Impero Romano. 

A volte Zosimo è impreciso, ma, più che altro, sembra poco documentato. Altre volte è del tutto incoerente, soprattutto quando cambia volontariamente la cronologia di alcuni eventi, per i suoi scopi propagandistici. In ogni caso resta una buona fonte, in modo particolare per l'altrimenti poco documentato periodo che va dalla sconfitta romana di Adrianopoli (378) al sacco di Alarico a Roma (410). 

L'unico imperatore cui Zosimo dedica particolare attenzione prima di Diocleziano è Aureliano, del quale tratta in ben quindici capitoletti sui settantatré della prima parte. Questo testo è l'unica fonte scritta in cui si parli esplicitamente della riforma monetaria, confermata dai ritrovamenti archelogici.


Confronta con L'impero in pericolo (235-280)

 

Dalla Historia Augusta

Claudio II

 

Consulta la biografia completa, con l'elenco di tutte le fonti utilizzate, sul sito internazionale:

DIR - De Imperatoribus Romanorum

 

Aureliano contro Zenobia


da Zosimo

Brani scelti

Prime battaglie

Pochi sono i riferimenti temporali presenti all'interno dell'opera. Aureliano fu eletto dai soldati dopo la morte del fratello di Claudio (268-270), Quintillio, ucciso dai soldati nel giro di qualche settimana.

48. Aureliano, preso il potere, partì da Roma e si diresse ad Aquileia; da lì marciò verso le province della Pannonia, avendo appreso che gli Sciti (suevi e sarmati per la Storia Augusta, vandali secondo Desippo) si preparavano ad assalirle. Mandati avanti alcuni esploratori che annunciassero di ammassare in città viveri, animali e tutto ciò che fosse utile contro i nemici, pensò in questo modo di aggravare la fame che li minacciava.

I barbari passarono il fiume (Danubio) e ingaggiarono in Pannonia un'incerta battaglia: al sopraggiungere della notte non si sapeva quale dei due eserciti avesse riportato la vittoria. Durante la notte i barbari ripassarono il fiume e allo spuntare del giorno inviarono ambasciatori per concludere un accordo.


Mentre Aureliano viaggiava dall'Illiria verso Roma ci fu un nuovo attacco di germani e forse l'imperatore ripartì senza neanche arrivare all'Urbe.

Desippo è uno storico ateniese che visse a metà del III secolo e descrisse il periodo delle invasioni gotiche.

Mappa della frontiera germanica

49. Quando l'imperatore seppe che gli Alamanni e i popoli vicini si preparavano a invadere l'Italia, alquanto preoccupato, com'era naturale, per la sorte di Roma e dei territori limitrofi, lasciò in Pannonia una consistente guarnigione e si diresse in Italia. Ingaggiata battaglia ai confini dell'impero, presso l'Istro, sterminò migliaia di barbari.

La protezione di Roma

Intanto si aggravava la situazione nelle zone vicine a Roma; alcuni senatori, che avevano ordito trame contro l'imperatore, furono processati e condannati a morte. Roma, che prima ne era priva, venne allora cinta di mura. I lavori, iniziati da Aureliano, furono completati sotto l'impero di Probo. In questo periodo Settimio, Urbano e Domiziano tramarono una insurrezione; scoperti, furono subito puniti.

Qui Zosimo è molto impreciso: Aureliano combattè gli iutungi (forse un gruppo di alamanni) a Piacenza (270), a Fano e a Pavia (271).

 

 

 

La battaglia di cavalleria ad Antiochia

50. Mentre questa era la situazione in Italia e in Pannonia, l'imperatore decise di fare una spedizione contro i Palmireni, che avevano ormai occupato le province dell'Egitto e di tutto l'Oriente, fino ad Ancira di Galazia, e che avevano intenzione di impadronirsi della Bitinia, fino a Calcedone.

L'imperatore dunque avanzò con il suo esercito; annetendo all'impero Ancira, Tiana (in Cappadocia) e una dopo l'altra tutte le città fino ad Antiochia, dove, avendo trovato Zenobia con ingenti forze, l'affrontò in battaglia.

Vedendo che i cavalieri di Palmira apparivano coraggiosi nelle loro pesanti e robuste armature e che per esperienza erano di gran lunga superiori ai suoi, Aureliano collocò la fanteria al di là del fiume Oronte, e diede ordine ai cavalieri romani di non attaccare subito la cavalleria, ancora fresca, dei Palmireni, ma di attendere il loro assalto e dare l'impressione di ritirarsi: raccomandò di perpetrare questa tattica finché notassero che soldati e cavalli nemici, gravati dalla fatica e appesantiti dalle armi, fossero costretti a rinunciare all'inseguimento.

I cavalieri dell'imperatore rispettarono gli ordini: appena videro che gli avversari erano ormai senza forze e giacevano distrutti sui cavalli stremati, si fermarono, passarono al contrattacco, trafissero alcuni nemici con le lance, e calpestarono quelli che cadevano da soli dai loro cavalli. Nella confusione alcuni venivano uccisi dai propri cavalli.

Mappa dell'oriente
Zabdas e Zenobia fuggono da Antiochia con un trucco

51. Tutti quelli che si erano salvati con la fuga entrarono in Antiochia; allora Zabdas, il generale di Zenobia, fu assalito dal timore che gli antiochieni, informati della vittoria di Aureliano, lo assalissero.

Trovato un tale che assomigliava all'imperatore, gli fece indossare un abito che, verosimilmente, Aureliano portava in combattimento e lo condusse attraverso la città, come se avesse fatto prigioniero l'imperatore. Con questo trucco ingannò gli antiochieni e di notte poté uscire di nascosto dalla città con i militari rimasti, e insieme a Zenobia si diresse a Emesa (odierna Homs, in Siria).

L'imperatore, che aveva intenzione di radunare la fanteria allo spuntare del giorno e di attaccare da entrambi i lati i nemici ormai in rotta, quando seppe che Zenobia era fuggita, entrò in città e fu accolto con entusiasmo dai cittadini.

Aureliano perdona i ribelli

Appena scoprì che molti avevano abbandonato la città per paura di subire ritorsioni, in quanto partigiani di Zenobia, diffuse ovunque proclami per richiamare i fuggiaschi, attribuendo ciò che era accaduto a un'involontaria necessità più che a una libera scelta.

 

Zabdas corrisponde al romanizzato "Saba" della "Storia Augusta" e di altre  fonti

52. I fuggiaschi, quando seppero dei proclami, accorsero e approfittarono della benevolenza dell'imperatore, il quale, dopo aver risolto i problemi della città, si diresse a Emesa.

Sfida sul colle

Un contingente di cavalieri nemici aveva occupato il colle sovrastante il sobborgo di Dafne (a sud di Antiochia) pensando di sfruttarne l'altezza. Aureliano ordinò ai soldati di accostare gli scudi per formare una fitta falange, e di restare compatti salendo il colle per respingere dardi e pietre, se mai ne avessero scagliate.

I soldati eseguirono gli ordini scrupolosamente e, dopo aver effettuato la salita, si scontrarono con i nemici in condizioni di parità, mettendoli in fuga: alcuni si sfracellarono cadendo dallo strapiombo, altri furono massacrati dagli inseguitori o da quelli che non erano saliti e stavano aspettando i nemici alla base del colle.

L'arrivo nella piana di Emesa

L'imperatore oltrepassò Apamea, Larissa e Aretusa (a sud di Antiochia lungo il fiume Oronte). Quando vide l'esercito di Palmireni e alleati formato da settantamila uomini, si accampò di fronte a loro, con la cavalleria dalmata, i Mesi e i Pannoni, i soldati del Norico e della Rezia che formavano le truppe celtiche.

C'erano anche i pretoriani, i migliori di tutti, scelti secondo il merito; con essi si era schierata la cavalleria dei Mauritani. Dall'Asia erano giunte le truppe di Tiana e alcuni tra i contingenti più coragggiosi di Mesopotamia, Siria, Fenicia e Palestina; questi ultimi portavano, con le altre armature, mazze e bastoni.

La grande battaglia

53. Nello scontro la cavalleria romana ritenne opportuno ritirarsi un po', per evitare che i soldati si ritrovassero all'improvviso accerchiati dal gran numero di cavalieri palmireni, che erano superiori e cavalcavano intorno a loro.

Ora, poiché i cavalieri palmireni, rompendo lo schieramento, si gettavano all'inseguimento di quelli che si ritiravano, si verificò il contrario di quanto voluto dai romani: erano inseguiti e si trovavano in condizioni di inferiorità numerica. Moltissimi soccombettero. 

Allora tutto il peso della battaglia gravò sulla fanteria: i Romani fecero una grande strage. L'insolito attacco con le mazze da parte dei Palestinesi lasciò sbalorditi i Palmireni. Cadaveri di uomini e cavalli furono disseminati in tutta la pianura. Quelli che avevano potuto fuggire raggiunsero la città.

Mappa dell'oriente

 

Assedio a Palmira

54. La sconfitta, naturalmente, scoraggiò Zenobia. Si tenne una riunione e tutti rinunciarono all'unanimità ad ulteriori operazioni su Emesa, poiché ormai la città era ostile a Palmira e parteggiava per i Romani. Decisero di tornare alla loro capitale e riflettere con più calma sul da farsi, protetti dalle fortificazioni.

Aureliano, informato della fuga di Zenobia, entrò in Emesa, accolto con entusiasmo dai cittadini; trovate le ricchezze che Zenobia non era riuscita a portare con sé, si diresse subito verso Palmira. Fermatosi dinanzi alla città, circondò le mura e l'assediò, procurandosi dalle province vicine i rifornimenti per i suoi uomini. 

55. Gli assediati si difendevano nella speranza che gli avversari cedessero per mancanza di rifornimenti. Invece avveniva il contrario, e allora decisero di correre verso l'Eufrate, per chiedere aiuto ai Persiani.

Fecero salire Zenobia su una cammella - sono più rapide dei cammelli e superano in velocità i cavalli - e la condussero fuori dalla città. Aureliano, irato per la fuga, con la consueta energia mandò subito alcuni cavalieri all'inseguimento. Costoro la raggiunsero mentre stava per attraversare il fiume, la fecero scendere dall'imbarcazione e la condussero dall'imperatore. Aureliano, quando se la vide innanzi, fu preso da una grande gioia; ma, ambizioso com'era, s'irritò al pensiero che la cattura di una donna non lo avrebbe reso famoso presso i posteri.

Mappa dell'oriente

 

56. I pareri dei Palmireni chiusi nella città erano discordi: alcuni erano disposti ad affrontare qualunque pericolo, e a combattere con tutte le forze contro i Romani; altri protendevano dalle mura i ramoscelli dei supplici e chiedevano perdono per le azioni intraprese.

Appena l'imperatore accettò la supplica esortandoli ad avere coraggio, si riversarono fuori dalla città con doni e vittime sacrificali. Aureliano onorò le vittime, accolse i doni e li lasciò andare senza punirli. Divenuto signore della città, si impadronì delle ricchezze, di ogni altro oggetto e delle offerte votive.

Giudizio di Zenobia

Ritornato ad Emesa fece giudicare Zenobia e i suoi complici. Zenobia pretese di non avere responsabilità e coinvolse molti altri con l'accusa che, come donna, l'avevano ingannata; tra questi c'era pure Longino, le cui opere sono di grande utilità a coloro che si interessano di cultura.

Quando fu accertata la sua colpevolezza l'imperatore lo condannò a morte. Longino superò con tale nobiltà la sentenza da consolare coloro che si affliggevano per la sua sorte. Anche altri, denunciati da Zenobia, furono puniti.

Nei capitoletti 57 e 58 Zosimo narra i presagi divini che avevano annunciato, da una parte e dall'altra, il ritorno di Palmira e dell'oriente sotto l'Impero Romano.

59. Aureliano dunque si diresse in Europa, portando con sé Zenobia e il figlio, insieme a tutti quelli che avevano partecipato alla rivolta. 

La stessa Zenobia morì, dicono, di malattia o digiuno. Gli altri, ad eccezione del figlio, annegarono nello stretto di Bisanzio

La campagna si concluse verso Giugno del 272.

 

 

 

 

 

Cassio Longino, retore e filosofo neoplatonico, dopo aver insegnato ad Atene si recò a Palmira dove fu maestro di Zenobia.

 

Secondo la versione, generalmente accettata, della Historia Augusta, Aureliano fece partecipare Zenobia al trionfo tenuto a Roma e poi le assegnò una villa a Tivoli.

Seconda campagna contro Palmira

60. Aureliano, mentre era in cammino per l'Europa, fu raggiunto dalla notizia che alcuni Palmireni si erano guadagnati l'appoggio di Apseo, già coinvolto nelle trame precedenti, e facevano tentativi presso Marcellino, nominato dall'imperatore prefetto della Mesopotamia e corrector d'Oriente, per vedere se era disposto ad assumere le insegne imperiali. Marcellino voleva riflettere e rinviava la sua decisione, i Palmireni lo importunarono varie volte con richieste analoghe. Continuando a dare risposte evasive, rivelò le insidie ad Aureliano, ma i Palmireni, fatta indossare la porpora ad Antioco, trattennero Marcellino in città. 

61. Informato di queste cose, l'imperatore si diresse in Oriente. Ad Antiochia si fece vedere in una gara ippica, meravigliando tutti per la sua improvvisa apparizione. Poi si diresse a Palmira. Senza combattere si impadronì della città e la distrusse. Lasciò libero Antioco: non lo ritenne degno nemmeno di una punizione, tanta era la sua irrilevanza. Dopo aver sottomesso gli abitanti di Alessandria che erano in agitazione e meditavano una rivolta, entrò in trionfo a Roma ed ottenne un'accoglienza entusiastica dal popolo e dal senato.

Costruì anche il tempio del Sole e lo ornò magnificamente con le offerte di Palmira, collocandovi le statue del Sole e di Belos.

 

Antioco corrisponde ad "Achilleo" nella Historia Augusta.

 

"Indossare la porpora" significa "essere eletto imperatore" poiché  in questo periodo il mantello di porpora del comandante dell'esercito fu riservato esclusivamente al sovrano.

La distruzione di Palmira risale al 274.

Belos è la divinità solare adorata dai palmireni e identificata col Baal semitico.

Altre gesta di Aureliano

Sistemate queste cose, catturò senza fatica Tetrico e gli altri ribelli. E gli inflisse le punizioni che si meritavano.

Poi distribuì pubblicamente monete in argento di nuova lega, dopo aver disposto che il popolo restituisse quelle false: in tal modo eliminò confusioni nei contratti commerciali. Onorò inoltre il popolo romano con distribuzioni di pane. Dopo aver dato queste disposizioni partì da Roma.

Con Tetrico finisce la separazione del "regno delle gallie" (260-274). Tetrico divenne poi amministratore imperiale in Italia.

Complotto contro l'imperatore

62. Mentre l'imperatore si trovava a Perinto, che oggi ha cambiato nome in Eraclea, fu ordita questa insidia. Tra i funzionari di corte c'era un certo Eros, che aveva il compito di rendere pubbliche le sentenze dell'imperatore. Aureliano lo minacciò per qualche colpa ed egli fu assalito dalla paura. Temendo che le minacce fossero messe in pratica, parlò con alcune guardie del corpo che riteneva abbastanza spavalde. Mostrò loro alcune false lettere facendo credere che fossero dell'imperatore (si esercitava nell'imitazione calligrafica da molto tempo). Dalle lettere si poteva dedurre che sarebbero stati condannati a morte e quindi Eros li persuase ad assassinare l'imperatore.

Le guardie attesero che Aureliano uscisse dalla città senza scorta sufficiente, lo assalirono a colpi di spada e lo uccisero. Il suo esercito lo sepellì in quello stesso luogo, con grandi onori per le imprese e i pericoli che aveva affrontato per lo Stato.

Aureliano fu ucciso nell'autunno del 275.

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