Biassa
A Biassa, non ci sono solo i biassei.
In questi ultimi anni, durante i quali gli indigeni autoctoni si sono spinti verso altre
mete (pure io: vivo a Santo Stefano Magra), una folta schiera di foestri li ha
rimpiazzati. Non esploro le ragioni della fuga (degli autoctoni) e nemmeno quelle
dell'arrivo (dei foestri) ... ci ho ripensato: la gente se n'è andata per le
oggettive difficoltà di recupero del centro storico, stanti i vincoli
paesaggistici imposti dalle Autorità e l'altrettanto oggettiva carenza di
servizi. Per questo gli indigeni si sono rivolti altrove, alla ricerca di
case abitabili ed economicamente abbordabili. Infatti, solo chi è alla
ricerca di un luogo caratteristico, ancorché impraticabile, può
affrontare con animo (e portafogli) saldo il restauro di un'abitazione del
centro storico. Perchè vi è il rischio reale che una tale abitazione non
sia adatta alle esigenze di una normale famiglia, quanto piuttosto
risultare una meravigliosa e tipica seconda casa.
Esaurito lo sfogo, affermo che a Biassa c'è anche la chiesa di San Martino.
Ecco il campanile in una foto del 1963, con tanto di matrimonio: autore, ed officiante,
Don Alfonso Ricciardi, e qua sotto, l'interno della chiesa, probabilmente durante il
medesimo evento. La chiesa in stile romanico, realizzata interamente in
arenaria (sul portale laterale di servizio è scolpita la data 1888), è testimone
delle capacità dello scalpellino biasseo, che, evidentemente, non
coltivava solo la vite. Intorno al paese, vi sono le cave dalle quali veniva estratta
un'arenaria praticamente indistruttibile, che solo in pochi riuscivano a lavorare. Mi
risulta addirittura che, negli anni venti, con l'arenaria, e l'opera, dei biassei, sia
stata pavimentata qualche piazza di città sudamericane e italiane.
nato |
La chiesa è dedicata a San Martino, il famoso Vescovo di Tours, quello che divise a metà
il mantello con il povero mendicante, e grazie al quale il buon Dio ci regala uno
scampolo d'estate alle soglie dell'inverno. Si festeggia l'undici di novembre, che,
chissà perchè, è anche il giorno della festa dei cornuti. Almeno così racconta in giro
qualche malvagio denigratore. Al suo interno, si trovavano diverse opere d'arte, ed ex
voto di cospicuo valore, rimosse a cura della Curia. Perché, purtroppo, da quando il mitico Don Alfonso non c'è più, dalla chiesa
è cominciato a sparire qualcosa, e questo atto, pur se doloroso, si è reso necessario.
Sono pure state rimosse le fotografie che metteva in mostra in chiesa,
perché turbavano il nuovo sacerdote. Un vero peccato: ci
davano ogni volta una nuova piccola emozione. Senza retorica, ci
ricordavano come eravamo. Avrebbero potuto essere utilizzate per una
mostra permanente, magari nella vecchia compagnia, costruita più o meno
nel 1500 ed era la sede della Confraternita della Santa Croce. Don
Ricciardi la utilizzava come locale di sgombero e ci aveva infilato dentro
un 'bigliardino', alias calcio balilla, che andava con £20, il famoso
ventino. Alla fine della messa, dava qualche ventino a noi chierichetti:
erano gli anni del Signore compresi tra il 1965 eil 1975. Qualche volta,
per farlo contento, il ventino lo mettevamo noi. Attualmente risulta
inagibile, ma è bellissima! Ha il soffitto arricchito da splendidi
affreschi realizzati nel XIX secolo, come ben spiega Giuseppina Mormandi
nel volume dedicato alla Confraternita. Se l'edificio venisse
restaurato, potrebbe ospitare un museo nel quale esporre altri pezzi della nostra
storia e realizzare eventi quali conferenze etc. etc.. |
Come
la serratura della chiesa di San
Martin Vecchio, che risale al XIII secolo. A destra, invece, ecco ciò che
ne è rimasto: un pezzo dell'abside.
E avete notato il panorama
della pagina precedente? Si nota il Verugoli al netto della selva di
ripetitori che lo impreziosiscono. A me pare che stia meglio, non solo di
salute! |
Ma avanti..... c'è dell'altro!
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