incontro in biblioteca
 
Una lunga storia: XIII sec. – 2008
 
Seguendo il filo conduttore delle proprietà sono emerse nuove conoscenze non solo sulla torre, ma anche sui proprietari, sul contesto urbanistico in cui era inserito questo edificio che, insieme alla chiesa di S. Giorgio, risulta essere tra i più antichi del nostro territorio.
Nel 2007 il comune di Dalmine ne ha acquisito la proprietà dall’azienda Tenaris. La Dalmine S.A. l’aveva acquistata il 3 marzo 1933 da Maria Elisa CAMOZZI, figlia di Gabriele. Rispetto alla famiglia Camozzi, sono molte le domande finora senza risposta. Ad esempio: in che anno e come acquistarono queste proprietà? Quanto costò l’acquisto di Dalmine? Perché furono costretti a vendere gli edifici negli anni ‘30? Perché l’atto di vendita venne registrato a Messina? Quante ville avevano in Dalmine? Quando e come avvenne il passaggio dei cimeli risorgimentali dalla villa museo di Dalmine al museo storico di Città alta?
Dalmine per secoli era appartenuta ai CANONICI REGOLARI LATERANENSI del convento di S. Spirito di Bergamo. Anche su questa congregazione religiosa le domande sono diverse. Ad esempio. In che anno e da chi acquistarono i beni di Dalmine? Quanto pagarono? Avevano un loro convento in Dalmine? O dove abitavano quando “venivano in villa”? Cosa coltivavano negli oltre cento ettari di terreno che possedevano? Quali redditi ricavavano dai beni di Dalmine? In che percentuale incidevano sulle entrate del convento di Bergamo?
Le conoscenze sui proprietari in Dalmine si fermavano, per ora, a fine QUATTROCENTO. Nella ricerca siamo riusciti a trovare documentazioni che spostano molto più in là le conoscenze su Dalmine, sulla organizzazione urbanistica medievale.
In particolare siamo in grado di descrivere che la “villa” di Dalmine in quel secolo aveva ancora una parte del fossato che la circondava e c’erano quattro torri e “torreselle”. Le guerre tra Milano e Venezia per il possesso della parte orientale della Lombardia, compresa Bergamo, avevano causato due importanti cambi nella proprietà di Dalmine. Fu una famiglia di Vicenza, i Da Thiene, a vendere ai Canonici Regolari Lateranensi i beni di Dalmine.  
In precedenza la Repubblica di Venezia aveva ceduto i beni di Dalmine a un capitano che era al suo servizio, un certo SCARAMUZZA DA FORLÌ. Per i suoi meriti nella difesa di Bergamo (e Brescia) era stato ricompensato proprio con le proprietà di Dalmine, togliendole a Guglielmo SUARDI, schierato invece a favore del Duca di Milano.
Ad inizio ‘400, nella cucina da cui si accedeva alla base della torre (dove ora c’è il cancello), fu tentata una truffa per impadronirsi di Dalmine. Protagonista della vicenda fu una sosia di Bernarda Visconti, prima moglie del cavalier Giovanni Suardi, sposato nel 1367, grande proprietario di Dalmine e tra gli uomini privati più ricchi di Lombardia. Bernarda era una dei 16 figli naturali del duca di Milano, Bernabò, che ebbe altri 15 figli legittimi. Le cronache dell’epoca la descrivono “parva, rotonda, carnoxa, traens in pillum rubeum, cum meronibus ghotarum grossis, multum audax et animoxa...”. Ma se era morta in prigione a Milano il 4 ottobre 1376, come poteva vendere i diritti di proprietà del marito? Per smascherare la truffa della finta vendita, nel 1424 venne celebrato a Milano un processo.
Ma perché e da chi era stata incarcerata? Chi fu suo complice nella truffa? A queste e ad altre domande si cercherà di rispondere in occasione dell’incontro.
 
Il contesto urbanistico medievale
di Dalmine
 
Dalla descrizione delle proprietà del XV secolo è possibile ricavare informazioni importanti per capire com’era questo villaggio. I testi la descrivono come villa, che nel latino medievale indicava un abitato formato da case sparse. Solo due erano gli edifici completi: quello con la torre e quello adiacente (attuale strada e parcheggio della Biblioteca), denominato in seguito sedume delle aie.
Dalmine aveva forma rettangolare, tipica del periodo del secondo incastellamento (XIII sec.), circondato da un fossato, di cui nel ‘400 erano rimasti solo due parti. La torre fu probabilmente costruita nella seconda metà del 1200 e non era affiancata da altri edifici. Anche Sabbio ebbe un suo castrum in questo periodo, mentre Mariano e Guzzanica erano fortificate già dall’anno Mille. Ancora nel ‘500 Mariano conservava una parte del fossato.  
Il paesaggio agricolo dell’epoca era dominato da castagni e dalla coltivazione della pianta del guado.
 
Foto di Desirèe Cividini