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IL VINO

La storia

Le origini del vino sono talmente tanto antiche da affondare nella leggenda. Alcune di esse fanno risalire l'origine della vite sino ad Adamo ed Eva, affermando che il frutto proibito del Paradiso terrestre fosse la succulenta Uva e non l'anonima Mela. Altre raccontano di Noè che avendo inventato il Vino pensò bene di salvare la Vite dal diluvio universale riservandole un posto sicuro nella sua Arca

Venendo a tempi più recenti, sono in molti ad affermare che la vite sia originaria dell'India, e che da qui, nel terzo millennio a.C., si sia diffusa prima in Asia e in seguito nel bacino del Mediterraneo

E' storia che in occidente la coltura della vite e la pratica della vinificazione erano note in Armenia (la Mesopotamia). Qui si compì la prima rivoluzione dell'umanità, con l'abbandono del nomadismo da parte di qualche comunità e la conseguente nascita dell'agricoltura. E' la "mezzaluna fertile" una area geografica limitrofa al corso dei fiumi Tigri ed Eufrate, madre dei cereali e laboratorio della scoperta dei processi fermentativi da cui discendono il pane, il formaggio e le bevande euforizzanti, così come noi le conosciamo oggi.

Alcuni geroglifici egiziani risalenti al 2500 a.C. descrivono già vari tipi di vino. Nell'antico Egitto la pratica della vinificazione era talmente consolidata che nel corredo funebre del re Tutankamon (1339 a.C.) erano incluse delle anfore contenenti vino con riportata la zona di provenienza, l'annata e il produttore (delle DOC ante litteram!); qualcuna conteneva del vino invecchiato da parecchi anni. Gli Egizi normalmente bevevano birra, che Erodoto chiama vino di orzo, precisando che essi usavano questa bevanda perché nelle loro terre non esistevano viti. Erodoto ignorava che invece in Egitto si produceva il vino che era offerto con vivande ai sacerdoti. La testimonianza è data dal ritrovamento di affreschi, nella tomba di Nakt della XVIII dinastia (1420-1411) con riproduzione della vendemmia e nella tomba di Userhat, regno di Amenofi (1450-1425), con riproduzione della pigiatura e registrazione delle giare.

 

 

Dall'Egitto la pratica della vinificazione si diffuse presso gli Ebrei, gli Arabi e i Greci. Questi dedicarono al vino una divinità: Dionisio, Dio della convivialità.

Contemporaneamente, nel cuore del mediterraneo, la vite iniziava dalla Sicilia il suo viaggio verso l' Europa, diffondendosi prima presso i Sabini e poi presso gli Etruschi i quali divenirono abili coltivatori e vinificatori e allargarono la coltivazione dell'uva dalla Campania sino alla pianura Padana.

Presso gli antichi Romani la vinificazione assunse notevole importanza solo dopo la conquista della Grecia. L'iniziale distacco si tramutò in grande amore al punto da inserire Bacco nel novero degli Dei e da farsi promotori della diffusione della viticoltura in tutte le province dell'impero. Dal canto suo il vino ha contribuito alla nascita dell'impero romano: i Romani infatti erano a conoscenza delle proprietà battericida del vino e come consuetudine lo portavano nelle loro campagne come bevanda dei legionari. Plutarco racconta che Cesare distribuì vino ai suoi soldati per debellare una malattia che stava decimando l'esercito.

La nascita del Cristianesimo e il conseguente declino dell'Impero Romano, segna l'inizio di un periodo buio per il vino, accusato di portare ebbrezza e piacere effimero. A ciò si aggiunse la diffusione dell'Islamismo nel Mediterraneo tra l'ottocento e il millequattrocento d.C. con la messa al bando della viticoltura in tutti i territori occupati. Per contro furono proprio i monaci di quel periodo, assieme alle comunità ebraiche, a continuare, quasi in maniera clandestina la viticoltura e la pratica della vinificazione per produrre i vini da usare nei riti religiosi.

La pigiatura dell'uva

Bisognerà comunque attendere il Rinascimento per ritrovare una letteratura che restituisca al vino il suo ruolo di protagonista della cultura occidentale e che torni a decantarne le qualità. Nel diciassettesimo secolo si affinò l'arte dei bottai, divennero meno costose le bottiglie e si diffusero i tappi di sughero tutto ciò contribuì alla conservazione e al trasporto del vino favorendone il commercio.

Momenti di vendemmia

 

La vendemmia medioevale

 

 

 

La pianta

 

I terreni adatti alla vite

Albariza

Terreno bianco in superficieformato da depositi di diatomite, che si trova nella zona dello Jerez

Alluvionali

Depositi lasciati da corsi d'acqua, composti per la maggior parte da limo, sabbia e ghiaia, molto fertili

Ardesia

Roccia dura di colore grigio intenso formatasi dalla compressione di diversi sedimenti. Cattura e trattiene facilmente il calore. Base di ottimi vini in particolare nella zona della Mosella

Argilla

Terreno a grana fine, che trattiene bene l'acqua, è freddo, acido e piuttosto difficile da lavorare. Un terreno troppo argilloso rischia di soffocare le radici delle piante, una percentuale di argilla mescolata ad altri suoli è benefica

Calcare

Roccia sedimentaria costruita essenzialmente di carbonati. Il suo carattere alcalino favorisce generalmente la produzione di uve dal tasso di acidità piuttosto alto

Galestro

nome dato in Toscana ai suoli rocciosi e scistosi presenti nella maggior parte dei migliori vigneti della regione

Gesso

Roccia alcalina tenera, fresca e porosa, da cui nascono uve dall'alto contenuto in acidi

Grave

Terreno granuloso di natura silicea che assicura un ottimo drenaggio. Acido e poco fertile, le viti che vi sono impiantate spingono in profondità le proprie radici in cerca di elementi nutritivi: il sottosuolo determina i caratteri delle uve

Lignite

Una materia scura che sta tra il carbone e la torba, calda e molto fertile, tipica dei vigneti della Champagne e della Germania

Marna

Argilla calcarea e fredda che ritarda la maturazione dell'uva e ne aumenta l'acidità. Presente in molte zone viticole di grande pregio

Quarzo

Minerale tra i più comuni ed abbondanti, è presente in numerosi terreni. Il suo ph elevato riduce l'acidità del vino

Sabbia

Piccole particelle di rocce e di minerali disgregati dal tempo, che trattengono poco l'acqua ma che costituiscono un terreno caldo ed areato, con buon drenaggio. I terreni sabbiosi sono facili da lavorare e sono adatti ai vitigni precoci

Scisto

Roccia cristallina a grana grossa che ben trattiene il calore. Ricca di potassio e magnesio, è povera di azoto e sostanze organiche

Silice

Roccia che trattienee riflette ottimamenteil calore ma non l'acqua. Un'importante componente silicea è presente in buona parte dei terreni del bordolese. Questo tipo di terreno è spesso associato al caratteristico profumo di pietra focaia presente in certi vini

Terra rossa

Terreno sedimentario argilloso, a volte con componente silicea, che deposita dopo che dal calcare si sono depositati i carbonati. Famose le terre rosse di alcune regioni australiane

Tufo

Nome dato a rocce di origine vulcanica, presente in importanti regioni viticole, come la Loira

Vulcanici

I terreni vulcanici hanno una doppia origine: da una parte la lava, dall'altra gli elementi proiettati nell'atmosfera in seguito all'eruzione. Il 90% delle rocce vulcaniche, a base di lava, sono basaltiche mentre il resto formato da andesite, retinite,riolite e trachite

 

 

La vite

 

(la pianta)

 

(la fiorescenza) (il grappolo)

 

La vite (dal latino “vite”, derivato dall’indoeuropeo viere = curvare, intrecciare) è un arbusto rampicante, diffuso in vaste aree del nostro pianeta comprese tra il 20° e 50° grado di latitudine Nord e il 20° e 40° di latitudine Sud. E’ una pianta molto resistente, in grado di resistere fino a 15°C sotto zero in inverno, ma che predilige temperature comprese fra 8° e 13°C per il germogliamento, fra 16 e 20°C per la fioritura e fra 18°C e 23°C per la maturazione. Predilige i terreni calcari, preferibilmente ben drenati, e una buona esposizione al sole. Teme le avversità atmosferiche soprattutto la grandine e le gelate nel periodo della fioritura in quanto distruggono le gemme e i fiori impedendo la formazione dei frutti e danneggiando talvolta anche il raccolto dell’anno successivo. L’umidità nella fase di maturazione dell’uva favorisce l’insorgere di malattie quali il marciume e la muffa grigia o botrite che causano la rapida alterazione del vino. Teme alcuni parassiti vegetali quali l’Oidio e la Peronospera che vengono combattuti con trattamenti preventivi a base di zolfo (per l’Oidio) e rame (per la Peronospera). Tra i parassiti animali il più temuto è la Fillossera

Il ciclo vitale della vite

Il germogliamento, ossia lo schiudersi delle gemme, avviene nel mese di marzo. Vi sono tre tipi di gemme: le gemme pronte o estive che danno origine solo a rami improduttivi (detti femminelle), le gemme dormienti o ibernenti che si apriranno l’anno successivo in primavera per produrre germogli con fiori e frutti, le gemme latenti che restano inattive anche per parecchi anni e si schiudono solo in caso di necessità, ad esempio dopo una gelata, per dare origine a rami improduttivi detti polloni. La fioritura, ossia la formazione dei fiori, avviene fra la fine di aprile e l’inizio di giugno a seconda della latitudine. I fiori sono ermafroditi e l’impollinazione è anemofila ossia avviene grazie al trasporto del polline da parte del vento. L’allegagione è la trasformazione dei fiori in frutti (acini) e avviene solitamente a luglio. Solo una piccola parte dei fiori (circa il 15-20%) si trasforma in frutti, gli altri cadono (colatura) o si allungano trasformandosi in viticci (filatura), entrambi i fenomeni sono una forma di autoregolazione della pianta per evitare di disperdere le proprie disponibilità nutritive. In alcuni casi particolari, quali carenze nutritive o avversità climatiche, si aggiunge un terzo fenomeno detto acinellatura che consiste nell’arresto della crescita di acini già formati. Nella fase dell’invaiatura, i frutti formati crescono di dimensioni e si colorano di rosso o di giallo a seconda del tipo di uva, in questo periodo l’uva contiene pochi zuccheri ed è ricca di acidi. Nel periodo che va dall’invaiatura alla raccolta avviene la maturazione, che dura circa 40-50 giorni. In questo periodo l’acino aumenta di volume, continua a colorarsi e soprattutto si arricchisce di zuccheri. Inoltre si forma sulle bucce una sostanza cerosa bianca detta pruina, la quale protegge gli acini dagli agenti atmosferici avversi e trattiene dei microrganismi trasportati dal vento che si chiamano lieviti e che sono i responsabili della fermentazione

Il primo raccolto dell’uva avviene solo dopo tre anni dalla piantagione ed è piuttosto scarso. La produzione comincia ad essere soddisfacente solo dopo 5 anni, la qualità del vino migliora progressivamente con l’età della vite, ma quando la pianta raggiunge i 30 - 50 anni la produzione comincia a diminuire fino ad essere non conveniente col protrarsi degli anni

Il frutto

L'uva

 

Il frutto della. vite è l’uva, questa, dal punto di vista botanico è una infruttescenza, dovuta cioè alla trasformazione dell’infiorescenza della pianta. I frutti singoli si chiamano bacche, meglio noti con il nome di acini e, sono sostenuti nel grappolo, si originano da ramificazioni di natura erbacea e legnosa, che funzionano da conduttrici degli alimenti del terreno per mezzo della linfa ascendente.

 

 

Struttura del grappolo Il grappolo può assumere varie forme: piramidale, conico, cilindrico con acini compatti o sparsi. La lunghezza è molto variabile in dipendenza dalla varietà e può andare da pochi centimetri sino a mezzo metro per alcune varietà coltivate in Sud America. Mediamente per le uve dei nostri climi la lunghezza del grappolo si aggira sui 15 - 20 cm. Gli acini possono avere forme diverse: sferici, subrotondi, ellittici e ovali. Il diametro può oscillare dai 10 ai 25 millimetri mentre il medio va normalmente da 1,5 a 2,5 grammi. Il colore della buccia varia dal nero violaceo o bluastro al rosso più o meno vivo, al grigio, al giallo dorato, al verdastro. Il grappolo d’uva comprende le seguenti parti: il raspo o graspo con un asse centrale o rafide; i peduncoli, i racimoli con i pedicelli su cui si inseriscono gli acini; gli acini si suddividono a loro volta in buccia, in semi o vinaccioli ed in polpa.

 

Parti del grappolo

 

Il raspo o graspo. Nelle uve coltivate in i raspi mediamente costituiscono dal 3% al 5% in peso dei grappoli; la loro composizione chimica media è la seguente: acqua

Acqua 75 – 80 %

Zuccheri 1%

Tartrato acido di potassio 1%

Acidi organici (malico, tartarico, ecc.) 0,3 - 0,6 %

Tannino 2 – 3,5 %

Sostanze minerali 2 - 2,5 %

Sostanze azotate 1 - 1,5 %

 

Come risulta evidente un componente molto abbondante è rappresentato dal tannino; è stato, infatti, calcolato che in media i raspi di un chilo d’uva contengono quasi un grammo di acido tannico. E’ proprio per questa sua ricchezza in acqua, tannino e sostanze minerali che il raspo riveste una notevole importanza nei riguardi della vinificazione; infatti, nelle regioni dove i vini risultano troppo tannici, è conveniente provvedere alla diraspatura totale o parziale durante la fase di pigiatura.

 

L’acino. Il peso, la forma ed il volume degli acini variano a seconda del vitigno, dell'andamento stagionale e del grado di maturazione. L’acino si suddivide in tre parti: esternamente si ha la buccia o fiocine (botanicamente detta epicarpo); nella parte mediana si ha la polpa (botanicamente detta mesocarpo); internamente si hanno i semi o vinaccioli (botanicamente detti endocarpo). La parte più importante dell’acino è data dalla polpa, infatti, è da questa che si ottiene il mosto. Per quanto riguarda il peso, le bucce e i vinaccioli rappresentano il 18% - 20% del peso umido dell'acino.

1- il pedicello 2- vinaccioli 3- polpa o sarcoparco

 

(Le forme dell'acino)

 

La buccia. E' l'involucro entro cui sono contenuti la polpa ed i vinaccioli ed è molto importante dal punto di vista enochimico e microbiologico. In peso rappresenta il 7% - 10% dell’acino, allo stato umido. La buccia presenta la seguente composizione chimica: acqua 78 - 80%, tartrato acido di potassio 0,2 - 0,3%, acidi organici 1%, sostanze minerali 1,5 - 2%. Sono inoltre presenti altre sostanze come la cellulosa, i coloranti e le cere. La buccia è costituita da parecchi strati di cellule che esternamente sono rivestite da una sostanza cerosa o pruina; questa ha la funzione di isolare gli acini dagli agenti esterni, ma serve soprattutto a trattenere i microrganismi portati dal vento, dalla polvere o dagli insetti e che in seguito assicureranno la fermentazione del mosto. Dalle cellule interne schiacciate della buccia sono stati isolati per distillazione degli oli essenziali che, se pur in minima quantità, sono capaci di conferire al vino degli aromi caratteristici (Moscati, Malvasie, Brachetto, ecc). Questi oli essenziali appartengono agli alcoli terpenici. Va precisato che non si debbono confondere questi aromi con gli eteri del vino che si formano durante la fermentazione e l'invecchiamento. Nella buccia si trovano inoltre localizzate le sostanze coloranti e, secondo studiosi francesi, le quantità più elevate di ferro.

I Vinaccioli. Sono i semi della vite ed in peso costituiscono il 3% - 4% dell'acino. Esistono uve senza semi, dette apirene, ma per lo più si tratta di uve da tavola e non da vino. La forma dei vinaccioli è tipicamente piriforme con una parte rigonfia ed appuntita o becco; la loro composizione chimica è la seguente: acqua 35% - 40%, sostanze grasse 10% - 12%, tannino 5%, cellulosa e sali minerali. Il componente principale dei vinaccioli è l’olio che, estratto e reso commestibile, può essere venduto come olio di semi di vinaccioli. Quest’olio trova normalmente impiego in sostituzione dell’olio di lino in quanto è, come questo, un olio semisiccativo. I vinaccioli contengono anche quantità assai elevate di sostanze tanniche, che trovandosi nella cuticola del seme, vengono in parte solubilizzate durante la fermentazione. Per ottenere dei vini poco tannici, quindi, si dovrà evitare il contatto prolungato del mosto con le vinacce.

La polpa. E’ la parte più importante dal punto di vista sia tecnologico sia quantitativo, perché essa, insieme all'acqua, contiene la maggior parte delle sostanze che costituiscono il mosto. Una volta che l'uva è giunta a maturazione il peso della polpa e del mosto si equivalgono, la parte mediana della polpa che è la più abbondante, è la più ricca di zuccheri (oltre 20% ) ma la più povera di tannino. La parte interna che circonda i vinaccioli è la più povera di zuccheri e ricca in acidi. Seguendo l’accrescimento dell'acino si hanno tre fasi:

periodo erbaceo: si formano oltre agli zuccheri per l’attività fotosintetica, grandi quantità di acido malico;

periodo dell’invaiatura: continua l'ingrossamento dell'acino e incomincia l’accumulo degli zuccheri. La clorofilla scompare ed il colore compare, dapprima come macchioline sparse e, successivamente, colorando tutto l'acino;

periodo della maturazione: si ha un forte accumulo di zuccheri, l’acidità diminuisce per ossidazione degli acidi e per neutralizzazione da parte del potassio e del calcio.

 

I vitigni

 

La vite è una pianta che viene coltivata in centinaia di diverse varietà, dette vitigni, e ciascuna di esse produce un vino diverso. Il gusto del vino dipenderà anche dal tipo di terreno in cui è coltivato, dal clima, e dalle tecniche di vinificazione e di maturazione, ma tutti i vini prodotti dall'uva dello stesso vitigno hanno qualcosa che li accomuna e li caratterizza. Qui di seguito vengono elencati alcune qualità di vitigni con le proprie caratteristiche.

Per la classificazione dei vari vitigni la commissione internazionale dell'Office International de la Vigne et du Vin usa una scheda denominata ampelografica, la quale per ogni tipologia di vitigno ne disegna le caratteristiche quali:

Nome vitigno

Sinomini

Nomi errati

Selezioni clonali

Caratteristiche vegetative: portamento-vigoria-grappolo-acino-foglia-epoca germogliamento-epoca maturazione

Attitudini: resistenza al vento-resistenza al freddo invernale/primaverile-sensibilità malattie crittogamiche-predisposizione a manifestare sintomi di virosi e virus-simili-arricciamento-accartocciamento-giallume infettivo-sensibilità agli insetti e parassiti animali-sensibilità al disseccamento del rachide-resistenza alla clorosi-

Terreni di coltura

 

 

I VITIGNI NEL MONDO

 

AIREN

E' la varietà più diffusa al mondo, occupa quasi un terzo dei vigneti della Spagna, da dove proviene. E' il principale componente del Brandy; insieme al Tempranillo, viene utilizzata per produrre vini rossi leggeri. Nel sud della Spagna è chiamata anche Lairén. Per molti aspetti è assimilabile al francese Ugni Blanc e, quindi, al nostro Trebbiano. Infatti è un'uva quasi neutra, spesso utilizzata per produrre vini di pronta beva o bianchi più pesanti ma con marcate sensazioni di ossidazione.

ALBALONGA

Si tratta di un incrocio prodotto in Germania, nell'Assia Renana, ottenuto da Riesling e Sylvaner. Nelle annate buone viene utilizzato anche per la produzione degli Auslese, in quanto è facilmente attaccabile dalla Botrytis cinerea.

ALBANA

Molto diffusa in Emilia Romagna, è stata menzionata nel XIII secolo dall'autore medioevale Pier de' Crescenzi. Il clone più comune è l'Albana Gentile di Bertinoro, seguito da Albana della Serra, Albana della Compadrona, Albana della Bagarona e Albana della Gaiana. Germoglio ad apice espanso, verde biancastro o giallastro; foglia grande, pentagonale a tre lobi, grappolo molto lungo, cilindrico alato, semispargolo, con acini medio-grossi, sferoidi, polpa succosa e dolce. Ha una buona vigoria ma scarsa fertilità delle gemme basali, per cui necessita di potatura lunga. Ha una produttività buona e predilige terreni collinari argillosi piuttosto siccitosi e ben esposti. Fornisce vini di buona gradazione alcolica e acidità, con profumi fruttati. E' adatta anche per produrre passiti.

ALBAROLA

Uva neutra, molto utilizzata in Liguria e nelle Cinque Terre, ma si trova anche in Toscana. Dà un vino bianco dal colore giallo paglierino chiaro, talvolta con riflessi verdognoli, dal profumo accentuato di erba di campo. Il suo colore piuttosto scarico gli ha dato il sinonimo di Bianchetta. Anticamente era conosciuta anche come Calcatella, a causa degli acini sul grappolo 'calcati' uno sull'altro. Ha foglia medio-piccola, orbicolare o pentagonale, intera o trilobata; grappolo medio-piccolo con peduncolo corto, cilindrico-conico, con una o più ali, compatto; acino medio-piccolo, ellissoidale molto corto, spesso deformato nei grappoli particolarmente compatti, con buccia sottile e mediamente pruinosa, di colore bianco-verdastro e, a piena maturità, bianco-giallastro.

ALICANTE BOUSCHET

Uva tintora molto diffusa, creata dal vivaista Henri Bouschet a partire da un incrocio inventato dal padre tra Petit Bouschet e Grenache. Al di fuori della Francia è coltivata soprattutto in Spagna, dove è chiamata Garnacha Tintorera, ma anche in Portogallo, Corsica, ex Yugoslavia, Israele e Nord Africa. Il vitigno è presente anche in Toscana e Sardegna. Le sue doti migliori sono nel colore e nel potenziale alcolico

ALIGOTE

La seconda uva bianca in Borgogna dopo lo Chardonnay. Si tratta di un vitigno vigoroso ma dalla produttività variabile, capace di dare vini di buona acidità, a volte anche più energici dello stesso Chardonnay, ma con rese molto inferiori. Non sopporta bene il rovere poiché i suoi aromi sono troppo delicati. Il grappolo è di forma conico-cilindrica, con acini di dimensioni irregolari. E' molto popolare in Romania, dove supera i 10.000 ha, ma anche in Bulgaria, Ucraina, Moldova, Georgia, Kazakistan, dove è utilizzato prevalentemente per la produzione di spumanti. In misura nettamente minore si trova anche in California e Cile.

ALVERLHO

E' un vitigno a bacca rossa coltivato prevalentemente nella valle del Douro (Portogallo), ma anche in Dão e Tras-os-Montes. In passato era chiamato Alvarello, in Galizia. E' affine all'uva della Galizia Brancellao

ANSONICA

Uva bianca coltivata prevalentemente in Sicilia con il nome di Inzolia e, in minima parte sulle coste dell'alto Lazio e in Toscana (soprattutto nell'Isola d'Elba). Ha foglia medio-grande, pentalobata, di colore verde chiaro; grappolo grosso, con chicchi radi ma grandi e regolari, buccia giallo-dorata tendente all'ambrato. Dà il meglio di sé con climi caldi e ventilati. Si ossida facilmente. Può dare vini di corpo e lungo invecchiamento. In Sicilia costituisce un'apprezzata componente aromatica (noce) di molti vini bianchi secchi, spesso in uvaggio con il Catarratto.

ARAMON BLANC

Mutazione del più noto Aramon Rouge, vitigno estremamente produttivo, ma che proprio per questo dà vini estremamente deboli e privi di caratteristiche di finezza, ma molto resistente all'oidio. Nonostante ciò, fu il vitigno più diffuso in Languedoc tra la metà dell'Ottocento e la metà del Novecento. Successivamente è stato soppiantato dal Carignan.

ARBOIS

Fino alla fine degli anni ottanta era la terza varietà più coltivata nel dipartimento Loir-et-Cher. Chiamato anche Pineau Menu e Petit Pineau, è un vitigno vigoroso che dà vini di buona morbidezza. Si può trovare nei bianchi Touraine e Valançay, in uvaggio con Sauvignon o Chardonnay.

ARNEIS

Vitigno piemontese originario del Roero. In passato veniva chiamato anche Bianchetta o Nebbiolo Bianco. Al di fuori del Piemonte, è presente anche in Sardegna. Ha germoglio con apice cotonoso, di colore bianco-verdastro con orli sfumati di rosa. La foglia è di media grandezza, cuneiforme o pentagonale con tre o cinque lobi (dipende dai cloni); grappolo medio o medio-piccolo, cilindrico-piramidale, spesso alato; l'acino è medio-piccolo ed ellissoidale, di colore giallo-verdastro con abbondante pruina. Ha notevole vigoria ed elevata fertilità. Dà vini bianchi di buona personalità con piacevoli sensazioni fruttate, da consumare entro uno-due anni a causa della non abbondante presenza di acidità. Ne esiste anche una versione passita.

ARRUFIAC

Conosciuto anche come Ruffiac, è grazie ad André Dubosc della cooperativa di Plaimont (Francia sudoccidentale) se non è scomparso. Produce vini poco alcolici, ma con il caratteristico profumo di pietra focaia. Insieme al Petit Courbu compone il Pacherenc du Vic-Bilh, un vino bianco dolce dal gusto di miele e frutta, con a volte un lieve sentore di rovere.

AUXERROIS

Varietà a bacca bianca molto usata in Alsazia , Mosella francese e Lussemburgo. Ha molte affinità con il Pinot Bianco. E' detta anche Auxerrois Blanc de Laquenexy, dal nome della località dove è situato l'istituto viticolo che l'ha studiata. Ha bassa acidità ma se si riducono le rese, pratica purtroppo ancora poco adottata, si ottengono soprattutto nella Mosella, vini eccellenti e capaci di lungo invecchiamento. E' componente importante dell'Edelzwicker, il famoso vino prodotto in Alsazia.

AVANA

Raro vitigno piemontese, con germoglio mediamente tormentoso, con foglioline verdi-giallastre. Il grappolo è di media grandezza, conico o cilindrico allungato, spargolo, con acini grandi o medio-grandi a forma sferoidale o ellissoidale, di colore blu scuro, con buccia ricca di pruina.

AVARENGO

Raro vitigno piemontese, della zona del pinerolese, dal grappolo di media grandezza, piramidale alato, mediamente serrato, con acini medio-grandi, sferoidali o discoidali, di colore blu o violetto, ricchi di pruina

BACO NOIR

 

Incrocio tra Folle Blanche e una varietà di Vitis riparia; è presente in Bourgogne, Anjou e nelle Landes, ma anche in Canada e negli Stati Uniti dell'Est. Ha la particolarità di dare vini fumé, ricchi di estratto e senza aromi "foxy", capaci anche di un buon invecchiamento.

 

BACCHUS

Incrocio ottenuto in Germania da un incrocio di Sylvaner e Riesling con il Müller-Thurgau. Si tratta di un vitigno che matura precocemente e dà rese pari a quelle del Müller-Thurgau, inoltre può essere coltivato in zone dove il Riesling non è in grado di maturare; tutti vantaggi molto apprezzati dai viticoltori. E' presente in grande quantità in Assia Renana, dove fra l'altro è utilizzato nell'uvaggio dei Qualitätswein bestimmter Anbaugebiete (QbA), cioè quei vini di qualità media la cui legislazione tedesca consente l'aggiunta di zucchero. E' presente anche nei Kabinett in Franconia è utilizzato come monovitigno dove dà vini molto interessanti.

BARBERA

Originaria del Monferrato, diffusa ampiamente in Piemonte e Lombardia, ma anche nel centro Italia; recentemente ha iniziato a diffondersi in alcune zone dell'Appennino Tosco-Emiliano, della Campania e più sporadicamente nel resto del meridione. Insieme al Sangiovese è il vitigno a bacca rossa più utilizzato in Italia. I suoi sinonimi sono numerosi: Barbera Grossa, Barbera Fina, Barbera Nera, Barbera Nostrana, Barberone, Barbera Dolce, Barbera a raspo verde, Barbera a raspo rosso ecc. Ha germoglio ad apice espanso, verde-biancastro, con foglioline apicali a doccia, cotonose sulla pagina inferiore. La foglia è pentagonale a cinque lobi, il grappolo è cilindrico-piramidale, compatto con acino medio, ellissoidale di colore blu intenso, con buccia sottile ricoperta da pruina; polpa succosa, dolce-acidula. E' facilmente attaccabile dalla Botrytis e, quindi necessita di arieggiamento fra un grappolo e l'altro. Dà un vino dal colore rubino intenso, profumo fruttato e vinoso, di buon corpo, abbastanza acido-tannico. Negli ultimi anni sta cambiando fisionomia, grazie ad un abbattimento delle rese e a sistemi di vinificazione più moderni, non ultimo l'introduzione dell'uso della barrique, ad opera di Giacomo Bologna (Bricco dell'Uccellone), che conferisce al vino un tocco speziato e ne smussa l'acidità grazie ai tannini dolci del legno. Il risultato è in molti casi entusiasmante, al punto da aver portato la Barbera a livelli competitivi con altre tipologie più blasonate come Barolo e Barbaresco, con conseguente sensibile aumento dei prezzi al pubblico. Il 1997 è stato senz'altro l'anno del grande successo di questo prodotto, con molte punte di assoluta eccellenza, ma anche le annate successive promettono grandi cose. La Barbera è presente da sola o in percentuale, in moltissime D.O.C., non solo piemontesi e lombarde, ma anche in Emilia, Veneto, Liguria, Umbria, Lazio, Campania e Puglia.

BAROQUE 

Varietà a bacca bianca estremamente rara, presente ormai solo a Tursan, in Francia sudoccidentale. Dà vini con notevole alcolicità, ma con aromi delicati di pere mature.

BELLONE

Uva bianca, caratteristica del Lazio, soprattutto nella provincia di Roma. Ha molti sinonimi fra cui Cacchione, Pampanaro, Bellobuono, Uva Pane, Zinnavacca, Arciprete, Pacioccone. Ha foglia grande, pentagonale e pentalobata; grappolo medio-grande, conico-cilindrico, a volte con un'ala, semiserrato o serrato; acino medio, rotondo con buccia spessa, di colore giallastro con screziature marroni, con buona presenza di pruina. Ha un'elevata vigoria e una produttività mediamente abbondante.

BIANCHETTA

Citata fin dal '500 e da alcuni autori ritenuta indigena del Trevigiano, dato che maturava più precocemente, veniva utilizzata per "ingentilire" il Prosecco, soprattutto nelle annate fredde. Coltivata spesso in zone alte e difficili, insieme al Verdiso, ha una notevole vigoria, foglia verde opaco, grappolo verde-giallastro di media grandezza, dotato di una grande ala, tanto da sembrare doppio.

BLAUBURGER

Vitigno a bacca rossa di origine austriaca, ideato dal Dr. Zweigelt da un incrocio di Portugieser e Blaufränkisch. Dà rossi leggeri di qualità medio-bassa.

BOMBINO BIANCO

Una delle uve bianche più diffuse in Italia meridionale, in particolare in Puglia, ma anche in Emilia Romagna, Lazio, Marche e Abruzzo, dove viene chiamata Trebbiano d'Abruzzo. Fra i suoi sinonimi, Pagadebit e Straccia Cambiale utilizzati in Emilia Romagna, alludono alla sua convenienza, in quanto è un vitigno di elevata produttività. Ha foglia di media grandezza, tri-pentalobata, grappolo medio-grande, conico o cilindrico-conico, spesso alato, semi spargolo; l'acino è medio-grande, rotondo, con buccia spessa e consistente, di colore giallo-verdolino, con macchie marroni. Se utilizzata con alte produzioni, dà vini neutri e assai poco interessati, ma con basse rese e vinificazioni accurate, può dare vini di spessore e lunga durata, come il Trebbiano d'Abruzzo di Edoardo Valentini.

BONARDA PIEMONTESE

Detta anche Bonarda di Chieri o Bonarda del Monferrato. Viene spesso confusa con la Croatina o con l'Uva Rara, che sono vitigni ben distinti. E' coltivata pervalentemente nelle province di Torino e Asti, ma è presente anche nel Pinerolese, in Valsusa e nel Canavese. Ha germoglio bianco-verdastro con tratto apicale interamente rosso. La foglia è di media grandezza, cuneiforme-pentagonale, più larga che lunga, spesso priva di lobi, ma a volte ne ha tre o cinque. Il grappolo è medio-grande o grande, leggermente spargolo, con due o tre ali; acino medio-piccolo, ellissoidale, di colore blu-nero, con abbondante pruina sulla buccia. Ha notevole vigoria e buona fertilità, con qualche raro caso di acinellatura. Dà vini colorati, con discrete componenti aromatiche e buona capacità di invecchiamento

BOSCO

Probabile vitigno autoctono ligure, proveniente da Riomaggiore nelle Cinque Terre. Ha foglia medio-grande, pentagonale, pentalobata; grappolo medio, per lo più cilindrico, abbastanza spargolo; acino medio-grosso, sferoide o ellissoide, buccia consistente di colore giallo paglierino tendente all'ambrato.

BOURBOULENC

Varietà a bacca bianca molto antica, di probabili origini greche (Asprokondoura), molto usata nel sud della Francia. Matura tardi ma conserva una notevole acidità, è autorizzata in molte denominazioni provenzali e del Rodano meridionale, ma quasi sempre in uvaggio. Mescolata con il Maccabéo e il Grenache Blanc produce i vini bianchi Minervois o Corbières Blanc in Languedoc-Roussillon.

BRACHETTO

Vitigno piemontese con numerosi sinonimi: Borgogna nei dintorni di Canelli, Brachettone nel Roero, Brachèt nel Canavese, Brachetto Migliardi o di Montabone tra Acqui e Nizza Monferrato, Braquet (quasi scomparso) nei dintorni di Nizza Marittima. E' coltivato esclusivamente in Piemonte e in una zona dell'Argentina. Ha germoglio con apice verde-giallastro con sfumature aranciate sugli orli; foglia di media grandezza, orbicolare intera o, più raramente, trilobata; grappolo di media grandezza o medio-piccolo, cilindrico e alato, con acini di media grandezza, ellissoidali, blu-violacei con buona quantità di pruina. Ha vigoria media e fertilità contenuta (è facilmente attaccabile da virus). E' ideale per la produzione di vini dolci, aromatici, frizzanti o spumanti e per passiti. Caratteristico è il suo intenso profumo di rosa.

BRUCIAPAGLIAIO

Cultivar a frutto bianco (detta in dialetto Brusapajà), presente nelle Cinque Terre (Liguria), resistente alle crittogame, dall'acino color bianco-giallastro. E' fra quei vitigni destinati a scomparire, di cui si conservano alcune piante, proprio con lo scopo di salvaguardare il materiale genetico e storico della vite in Liguria.

BRUGNOLA

In Valtellina è chiamato Brugnola forse per la forma ellittica dell'acino e la grandezza che lontanamente ricordano quelle della prugna. Il vino che si ottiene, pure rubino, è vivo di acidità, non molto di corpo (al massimo 10,5 gradi di alcool), e di limitato pregio. In Emilia Romagna, dove è chiamato Fortana, è utilizzato anche per la produzione del Lambrusco.

BRUNELLO

Variante "nobile" del Sangiovese, detta, in Toscana, Sangiovese Grosso o Brunello nella zona di Montalcino (SI), Prugnolo Gentile nella zona di Montepulciano (SI) e Sangiovese di Lamole presso Greve in Chianti (FI). E' di qualità molto elevata, ha caratteristiche spiccate ed è in grado di dare vini di pregio elevatissimo, fra i migliori d'Italia e del mondo. Da un censimento dei vigneti effettuato nel '90, risultava che di questa varietà di Sangiovese ne esistevano in tutto 1.100 ha contro gli oltre 86.000 del Sangiovese comune. Ha foglia media, trilobata o pentalobata, di colore verde chiaro; grappolo medio, compatto, cilindrico-piramidale, alato; acino medio-grande, rotondo-ellissoidale, con buccia consistente, violacea e ricca di pruina.

CABERNET FRANCESE

Varietà di origini francesi, nella zona della Gironda, utilizzata prevalentemente in assemblaggio col più diffuso Cabernet Sauvignon. Vi sono alcuni casi in cui viene utilizzata quasi in purezza, dando risultati a volte eccellenti, come nel caso dello Château Cheval Blanc in Francia o del Campo Buri prodotto in Veneto. Generalmente, però, ha caratteristiche meno affascinanti, è meno tannico, ha sentori erbacei in buona evidenza e di frutta matura meno complessa, se non del tutto assente nei casi di alte rese. I suoi sinonimi sono Cabernet, Gros Cabernet, Cabonet, Grosse Vidure, Bordò, Breton (in Loira, dal nome dell'abate che lo importò). Ha foglia media, pentalobata; grappolo medio, piramidale, semi-spargolo, alato; acini di diversa grandezza per la difficoltà di impollinazione, generalmente medi, sferoidi, buccia molto resistente, di colore blu-nero, molto pruinosa. E' un vitigno che si trova a suo agio in climi continentali freddi come quelli della zona centrale della Loira e del Libournais, o nelle zone elevate del nord-Italia. Si sta diffondendo in molte zone del globo, come in California, in Australia, in Argentina e in Nuova Zelanda.

CABERNET SAUVIGNON

Vitigno di origine bordolese, nelle zone del Médoc e delle Graves, è senz'altro la varietà più rinomata al mondo per la produzione di vini di grande qualità e longevità. Viene spesso usato in assemblaggio con Cabernet Franc e Merlot, uvaggio che ha preso il nome di bordolese, dove è stato introdotto. In Italia ne esistono molte versioni, sia in purezza che con altri vitigni rossi. Ha grandi capacità di adattamento alle più disparate condizioni climatiche e tecniche di vinificazione, mantenendo le sue caratteristiche di riconoscibilità pur esprimendo perfettamente anche quelle del terroir. E' in grado di produrre vini intensi già nel colore, ricchi di tannini e sostanze aromatiche, capaci di lungo invecchiamento; grazie alla grande struttura di questo vitigno, si possono osare lunghe macerazioni e affinamento in legno, soprattutto rovere francese, che gli consentono di esprimere nel tempo un bouquet complesso e affascinante. Ha foglia media, pentalobata e dentellata; grappolo medio-piccolo, oblungo, cilindro-piramidale, di buona compattezza, con un'ala spesso evidente; acino di dimensioni medie, quasi rotondo, con buccia molto resistente, blu-nera con sfumature violacee, ricca di pruina.

CANAIOLO NERO

E' l'uva che apporta morbidezza nella composizione del Chianti; nel Settecento era addirittura più popolare del Sangiovese. Oggi è utilizzata soprattutto nelle regioni centrali d'Italia, sempre in assemblaggio, salvo qualche caso sporadico. I suoi sinonimi sono Caccione Nero, Uva dei cani, Uva merla, Uva donna, Canaiuolo, Cannaiola, Tindiloro. Ha foglia medio-piccola, pentalobata, più raramente trilobata, di colore verde scuro e opaca; grappolo medio, piuttosto spargolo, tozzo o piramidale, con una o due ali; acino medio, rotondo e regolare, buccia consistente blu-violacea con molta pruina. Ha poca vigoria.

CANNONAU

Varietà sarda, probabilmente omonima della Garnacha spagnola e della Grenache francese. I suoi sinonimi principali sono: Cannonao, Cannonadu, Canonau, Cannonatu. Ha foglia media, trilobata o pentalobata, verde lucida; grappolo medio, serrato, conico o cilindrico-conico, raramente alato; acino medio, rotondo, con buccia sottile nero-violacea, ricca di pruina. Ha una buona vigoria ed è molto produttiva.

CARIGNAN

E' l'uva a bacca nera più coltivata in Francia, qualitativamente scarsa, ma molto produttiva. Incontra ancora notevole resistenza all'espianto, soprattutto in Languedoc. In Italia è chiamata Carignano ed è presente in Sardegna, mentre in Spagna è detta Cariñena. Se si pensa che è molto sensibile all'oidio e alla peronospora, è soggetta al marciume e può essere infestata dai vermi dell'uva, viene da chiedersi perché è ancora così massicciamente coltivata, al punto da aver costretto molte denominazioni a tenerne conto, pur non apportando ai vini caratteristiche interessanti o che ne giustifichino la presenza. L'unico fattore rimane, quindi, la sua grande capacità produttiva che però, dato il netto cambiamento che il processo vitivinicolo sta avendo in tutto il mondo, non è più ragione sufficiente. Ha foglia di media grandezza, pentagonale e pentalobata; grappolo medio, conico o cilindrico-conico, spesso piramidale, alato, compatto o semi-compatto; acino medio, ovoidale, con buccia di medio spessore, blu-violacea e pruinosa. Forse la sua migliore espressione la trova proprio in Sardegna, in particolare nel Terre Brune della Cantina Sociale di Santadi.

CATARRATTO BIANCO LUCIDO

E' un vitigno a bacca bianca, coltivato quasi esclusivamente in Sicilia, intorno a Trapani e nelle Isole Eolie, dove è chiamato Castellaro. Insieme al Catarratto Bianco Comune è la seconda varietà bianca più diffusa in Italia, dopo il Trebbiano. Pur essendo di qualità superiore al Catarratto Comune, il suo rapporto è di 1 a 6. Ha foglia piccola o media, orbicolare e tondeggiante, pentalobata; grappolo medio, cilindrico o conico, semplice, compatto, a volte anche alato; acino medio o piccolo, sferoide o ellissoidale, regolare con buccia spessa, giallo dorata e lucida e con buona quantità di pruina.

CHAMBOURCIN

Ibrido francese a bacca nera nato per resistere alle malattie fungine. Alla fine degli anni '80, nella regione del Muscadet era ancora la terza varietà per superficie vitata. Si tratta di un vitigno molto vigoroso e produttivo, capace di dare vini di buona qualità o, comunque, migliore di quella di gran parte degli ibridi, con caratteristiche di colore intenso, spiccata aromaticità e assenza di sentori selvatici (foxy). Non è autorizzato nelle A.O.C. e neanche nei Vins de Pays. E' stato coltivato a fini sperimentali nel Nuovo Galles del sud (Australia).

CHARDONNAY

Si tratta di uno dei più grandi vitigni a bacca bianca del mondo. Nato in Borgogna, è ormai diffuso su quasi tutto il globo ed è così popolare che non ha praticamente sinonimi (tranne Morillon in Stiria). Ha un'incredibile varietà di componenti aromatiche, che emergono in modi diversi a seconda dei terreni e dei climi dove viene coltivato. Anche con rese relativamente alte, riesce a produrre vini di buona qualità. Se si superano, però gli 80 ql./ha, c'è una notevole caduta qualitativa, mentre se si riducono fortemente le rese, si ottengono vini di grandissima caratura. Il suo unico punto debole è nel precoce germogliare, con rischio in zone fredde come Chablis e Champagne, di gelate primaverili. La buccia sottile degli acini può favorire il marciume. E' fondamentale il momento della vendemmia che, se avanzata, dà vini con acidità troppo bassa. E' ingrediente essenziale dei migliori spumanti del mondo; ha grandi capacità di invecchiamento. Le talee di Chardonnay sono ricercate in tutto il mondo, con conseguente contrabbando delle stesse ad opera di produttori ambiziosi. Attualmente si producono grandi vini con questo vitigno nei luoghi più disparati del pianeta: Nuova Zelanda, Israele, Australia, California, Cile, Argentina ecc. L'Italia vanta una lunga tradizione, specie nella fascia subalpina, nella coltivazione di questo vitigno che, per molti anni, probabilmente a causa di errori di vivaisti, è stato spesso scambiato con il Pinot Bianco. Oggi, viene prodotto in quasi tutta la nazione con risultati variabili. Si possono trovare ottimi Chardonnay in Piemonte, Friuli, Veneto, Trentino, Valle d'Aosta, Toscana e Sicilia. Unico limite, se così si può dire, quasi tutti i grandi Chardonnay italiani vengono prodotti con passaggio nei legni (barrique), provocando inevitabilmente una certa omogeneità nel risultato finale. Ha foglia di media grandezza, intera, ondulata e liscia; grappolo medio-piccolo, compatto a forma cilindrico-conica, con a volte due ali poco pronunciate; acino piccolo, sferoide, con buccia sottile e pruinosa, di colore verde-giallo. Matura nella seconda quindicina di agosto.

CILIEGIOLO

Varietà della Toscana centrale, forse importata dalla Spagna nel 1870; prende il nome dal colore e dal caratteristico aroma che richiama la ciliegia. Pur essendo in grado di dare ottimi vini e sostegno al Sangiovese, è in forte diminuzione (circa 5.000 ha). Ha foglia media o grande, pentagonale, trilobata o pentalobata; grappolo grosso, semi-compatto o compatto, allungato, cilindrico, piramidale, alato; acino medio-grosso, arrotondato con buccia di medio spessore, di colore nero-violaceo, ricca di pruina.

CINSAULT

 

Varietà a bacca nera di origine nordafricana, affine al Grenache, diffusa da secoli in Languedoc (Francia meridionale) e in Corsica, dove è prevalente. Resiste bene alla siccità ed è molto produttiva; se dà alte rese, se ne ottengono vini ordinari, mentre se si porta la produzione di vino sotto i 40 hl/ha si otteniene un aroma motlo intenso e piacevole che, a tratti, ricorda la vernice. E' ideale per la pruduzione di vini rosé; nel Rhône è autorizzato come componente dello Châteauneuf-du-Pape, anche se non è molto utilizzato. Negli anni 50/60 l'Algeria, che faceva parte costituzionalmente della Francia, ne era grande produttrice ed il vino che se ne otteneva veniva utilizzato prevamente per tagliare quello francese, soprattutto in Bourgogne. Ancora oggi il Cinsaut è molto importante in Marocco, Tunisia, Libano e Algeria. In Italia è probabilmente presente nella zona di Brindisi (Puglia) con il nome di Ottavianello.

CODA DI VOLPE

Antica varietà campana a bacca bianca, citata da Plinio il Vecchio nella sua "Naturalis Historia". Il suo nome deriva dal latino "Cauda Vulpium", per la sua forma caratteristica che ricorda appunto la coda della volpe. Fino a qualche anno fa era considerato un vitigno minore e veniva utilizzato più che altro in assemblaggio con altre varietà. Oggi ha dimostrato, invece, di poter raggiungere livelli davvero interessanti, vinificato in purezza. Ha molti sinonimi fra cui Coda di Pecora, Pallagrello Bianco, Durante e Falerno. Ha foglia grande, pentalobata, di colore verde chiaro; grappolo grosso, spargolo, a volte serrato, di forma piramidale, alato; acino piccolo e regolare, sub-rotondo, buccia consistente giallastra e pruinosa. Ha una buona produttività ma è poco vigorosa; matura mediamente nella seconda quindicina di settembre.

CORTESE

Vitigno a bacca bianca, la cui provenienza non è certa, anche se si ritiene abbia origine dalle provincie di Alessandria, Novara e del Tortonese. Già conosciuto in Piemonte sin dal XVIII secolo, è chiamato anche dialettalmente Corteis, Courteis e Courteisa. Ha foglia media, pentagonale, pentalobata, più raramente con sette lobi, di colore verde cupo con nervature chiare; grappolo medio-grande, conico-piramidale con ali sviluppate, spargolo; acino medio-grande, ellissoidale con buccia sottile, di colore giallo dorto carico se esposto al sole, presenza di pruina in quantità modesta. Ha vigoria elevata, è poco tollerante all'oidio e facilmente attaccabile da botrite. Si adatta a diversi tipi di terreno purché non umidi e troppo fertili, dà il meglio di sé in collina con buona esposizione e climi asciutti

CORVINA VERONESE

Varietà a bacca rossa originaria della Valpolicella. E' diffusa in tutto il Veronese, ma è presente anche in Lombardia nella zona del Garda. Ha molte sottovarietà fra cui la Corvina piccola (o Corvina gentile), la Corvina media, la Cruina e la Corvina grossa (che non va confusa con il Corvinone). I sinonimi più conosciuti sono Corba, Corbina, Corgnola, Corvina Nera, Corvina Reale, Corvina Doppia e Rizza. Il vino prodotto con quest'uva in purezza è di colore rubino intenso, corposo e ricco di sapori. E' un vitigno vigoroso, di fioritura tardiva, che matura tra la fine di settembre e l'inizio di ottobre e di buona resistenza al freddo invernale. Durante il processo di appassimento, per la produzione del Recioto e dell'Amarone, è spesso soggetta all'attacco della Botrytis cinerea, a causa della compattezza dei grappoli. Ha foglia di media grandezza, pentagonale e pentalobata; grappolo medio, cilindrico piramidale, compatto, spesso provvisto di un'ala pronunciata; acino medio, con buccia spessa, di colore blu-violetto, ricoperta di abbondante pruina.

CRIOLLA GRANDE

E' il vitigno a bacca rosa più coltivato in Argentina; se ne ricavano vini bianchi e rosati mediocri, prevalentemente per il consumo interno. Ciononostante è fra le prime venti varietà per superficie vitata al mondo. Nella zona di San Juan viene detta Criolla Sanjuanina, ma è più diffusa nella provincia di Mendoza, dove è l'uva più coltivata. La buccia della Criolla Grande è rosa scuro, fatto che consente la produzione dei rosati, ma la qualità è decisamente bassa; la sua diffusione è dovuta, probabilmente, al fatto che fu una delle prime ad essere coltivata nelle Americhe.

DOLCETTO

Uno dei più antichi riferimenti a questo vitigno a bacca nera è del Nuvolone (1798), che lo ricorda coltivato prevalentemente nelle zone di Acqui e Alessandria. Anche il Gallesio (1839) lo ritiene di origine monferrina, anche se ne testimonia la coltura sulle Alpi e gli Appennini liguri col nome di Ormeasco. Ha foglia medio-piccola, pentagonale, generalmente quinquelobata; grappolo medio-grande, conico allungato con ali ben sviluppate, spargolo; acino piccolo, ellissoidale molto corto; buccia di colore blu-violetto molto pruinosa.

DOMINA

Vitigno a bacca nera, ottenuto in Germania dall'incrocio fra Portugieser e Spätburgunder (Pinot Noir). Dal primo ha preso la notevole capacità produttiva, dal secondo la maturità, il colore e i tannini, ma senza riceverne le caratteristiche di eleganza e fruttosità. E' coltivato prevalentemente nelle zone più fredde della Germania, in Franconia e Ahr.

DURELLO

Vitigno a bacca bianca, della zona dei Monti Lessini nel vicentino, detto anche Durella. Le sue origini sono lontanissime, risalgono all'epoca preistorica, i ritrovamenti delle ampelidee fossili, antenate dell'attuale vitis vinifera, effettuati a Vestananova di Bolca nell'alta Valle d'Alpone, ne rappresentano una chiara testimonianza. Due secoli fa, intorno al 1750, studiosi come Alcanti e Maccà lo identificavano nell'antico "occhio di pernice". Il Durello è un vitigno vigoroso, resistente alle malattie e si adatta con facilità a terreni di tipo argilloso-calcareo. Il grappolo è di media grandezza, piramidale e compatto, spesso dotato di un'ala; acino con buccia piuttosto spessa e coriacea (da cui deriva probabilmente il nome del vitigno), tannica. Oltre che nell'area dei Monti Lessini, se ne può trovare in piccole percentuali sulle colline intorno a Pontremoli nell'Alta Lunigiana, risulta fra i vitigni raccomandati in provincia di Massa Carrara e partecipa all'uvaggio della IGT Valle di Magra.

ERBALUCE

E' uno dei vitigni a bacca bianca piemontesi più antichi, le cui origini rimangono ancora misteriose, anche se si ritiene provenga dalle umide valli prealpine a nord di Torino. Il suo nome è dovuto al fatto che i grappoli, nei periodi autunnali, acquistano riflessi ramati e rosati sotto la luce del sole (alba-lucente). Ha molti sinonimi, fra cui Albaluce, Uva Rustia, Erbalus, Bianchera e Bianc Roustì. Con questo vitigno si producono vini secchi, spumanti, passiti e passiti liquorosi. Molto rinomato è il Caluso Passito. Ha foglia media, pentalobata, di colore verde chiaro; grappolo medio-lungo a forma conica allungata, talvolta alato, di compattezza media; acino sferico, medio, con buccia di colore giallo ambrato, ricca di pruina.

FALANGHINA

Vitigno a bacca bianca, più volte confuso con altri, le cui origini rimangono incerte; le notizie raccolte risalgono più o meno al 1825. Attualmente è diffuso prevalentemente in Campania e trova il suo habitat ideale nell'isola di Procida, nella zona dei Campi Flegrei e nel Sannio, dove forse era già coltivato in epoca romana. Una delle migliori qualità di quest'uva è che, qualunque sia la zona dove viene coltivata, il vino che se ne ricava conserva inalterate le sue caratteristiche organolettiche. E' chiamata anche Fallanghina, Uva Falerna, Biancuzita, Falerno Veronese, Falanghina Verace. Ha foglia media o piccola, cuneiforme, raramente orbicolare, trilobata e meno spesso pentalobata; grappolo lungo o medio, di media grandezza e compatto, cilindrico o conico, con un'ala corta; acino medio, sferoide, regolare; buccia spessa e consistente, di colore grigio-giallastro, con buona presenza di pruina. La vigoria è buona e la produttività media e costante; matura nella seconda metà di settembre

FIANO

Vitigno a bacca bianca, originario dell'Italia meridionale, presso Lapìo, ad est di Avellino. Il suo nome deriva con molta probabilità dalle uve "apianae". Se ne ottengono vini robusti e di buona finezza aromatica. Ha foglia orbicolare, di media grandezza, trilobata o pentalobata; grappolo piccolo o medio, serrato, piramidale con un'ala piuttosto sviluppata; acino medio, ellissoidale, con buccia resistente giallo dorata, con scarsa pruina. Ha buona vigoria e dà ottimi risultati in terreni di origine vulcanica. Matura tra fine settembre e inizio ottobre. Se ne conoscono molti sinonimi fra cui Fiore Mendillo, Santa Sofia, Minutola, Fiana o Foiana, Latino Bianco.

FRAPPATO

Varietà a bacca rossa, nota fin dal XVIII secolo, di origine incerta. Alcuni studiosi la ritengono originaria della provincia di Siracusa, altri affermano che sia stata introdotta dalla Spagna. E' molto diffusa in Sicilia, ed in particolare nell'area di Vittoria. I suoi sinonimi più usati sono Frappato Nero di Vittoria e Frappatu. Ha foglia media, pentagonale, glabra e di colore verde intenso; grappolo lungo, serrato, in molti casi serratissimo, al punto che quando gli acini giungono a maturazione possono rompersi con una certa facilità ed essere soggetti al marciume; può presentare una o due ali; acino medio, quasi rotondo, con buccia grigio bluastra o rossastra.

FREISA

Vitigno piemontese a bacca rossa, ricordato già nel 1799 dal Conte Nuvolone, è diffuso prevalentemente nell'Astigiano, nei dintorni di Casale Monferrato, Alessandria e Cuneo. Ne esistono almeno due varietà: La Freisa Piccola, presente prevalentemente in zona collinare e la Freisa Grossa, più produttiva ma che dà vini con minor carattere e personalità; questa seconda varietà è detta anche Neretta Cuneese o Freisa di Nizza ed è molto utilizzata nel Pinerolese e nel Saluzzese. Se ne trova qualche centinaio di ettari anche in Argentina. Ha foglia medio-piccola, trilobata, raramente pentalobata, verde chiaro; grappolo allungato, quasi cilindrico, lievemente alato, piuttosto spargolo; acini medi leggermente ovali o sub-rotondi, con buccia sottile, resistente e con abbondante pruina, il colore è nero-bluastro. Matura fra la fine di settembre e la prima decade di ottobre.

GARGANEGA

Vitigno probabilmente originario della Grecia, trova l’epicentro di produzione nelle zone di Soave e Gambellara nel Veneto. In Sicilia è diffuso il Grecanico, vitigno pressoché identico alla Garganega. Ha foglia media, pentagonale, quinquelobata, con denti molto pronunciati, lembo verde opaco un po’ bolloso, glabro; grappolo lungo, cilindrico, con ali molto pronunciate, relativamente spargolo, con rachide che spesso spacca in punta. Acino medio sferoide, di colore giallo dorato; buccia spessa; polpa succosa, di sapore semplice

GEWURZTRAMINER

Vitigno a buccia rosa, dalle origini discordanti. Goethe, ampelografo tedesco, lo identificava (1876) come originario di Tramin nel Tirolo, l'attuale Termeno (Bz). Per il Di Rovasenda (1877) ed il Galet (1990) era, nella versione a bacca rossa, proveniente dall'Alsazia, mentre il Bronner (1857) ha identificato sul Reno delle viti selvatiche del tutto simili a questo vitigno. Ha molti sinonimi, come Roter Traminer, Traminer Rosa, Termeno Aromatico, Savagnin Rose (Francia), Clevener, Roter Nürberger, Livora (Repubblica Ceca), Formentin Rouge (Ungheria), Mala Dinka (Bulgaria) e Runziva (Croazia). La foglia è piccola, pentagonale e tondeggiante, trilobata a volte quinquelobata; grappolo piccolo, tozzo, tronco-conico, a volte con 1-2 ali, compatto; acino medio, leggermente allungato, con buccia spessa di colore variabile da grigio a rosso-bruno, pruinosa. La polpa ha il caratteristico sapore aromatico che ricorda la rosa. Ha vigoria media e produzione scarsa ma costante.

GRACIANO

Varietà a bacca rossa, in passato molto diffusa nella Rioja (Spagna del Nord), detta anche Graciana. Ha caratteristiche aromatiche molto spiccate ma, a causa delle rese bassissime, è andata progressivamente scomparendo. Oggi ne esiste circa lo 0,5% di tutto il vigneto della regione, mentre è incoraggiata in Navarra. La vite germoglia molto tardi ed è soggetta alla peronospora, ha però tutte le caratteristiche per dare vini di grande carattere ed estratto. In Francia è conosciuta come Morrastel ed è coltivata in poche zone del meridione; di recente è stata impiantata anche in Languedoc. La varietà esiste anche in California ed Australia sotto il nome di Xeres, mentre in Argentina vanta la più ampia superficie vitata.

GRECANO DORATO

Varietà a bacca bianca, probabilmente appartenente alla stessa famiglia del Garganega, è molto usata in Sicilia dove è stata importata, come suggerisce lo stesso nome, dai Greci. Ne sono coltivati circa 5.000 ha, fa parte di alcune d.o.c. ed ha alcune affinità aromatiche con il Sauvignon, anche se è un vitigno del quale non sono state ancora completamente espresse le qualità. Ha foglia media, pentagonale, quinquelobata, piu' marcati i lobi superiori, denti irregolari molto pronunciati, lembo un po' rugoso, verde opaco, quasi glabro. Grappolo lungo, cilindrico, alato, con ali piu' o meno pronunciate, semispargolo o semicompatto con acinellatura piu' o meno evidente. Acino medio, sferoide, di colore giallo dorato, dalla buccia spessa e consistente.

GRECO BIANCO

Vitigno a bacca bianca, di cui non si conosce l'origine con certezza. E' un fatto che la sua coltivazione, nota fin dai primordi di Roma, avveniva sulle pendici del Vesuvio. E' presente in varie regioni d'Italia, con aspetti e nomi diversi; quello che rappresentiamo in fotografia è caratteristico della Liguria, e differisce per alcune particolarità dal Greco di Tufo della Campania e dal Greco Bianco della Calabria. Ha foglia piccola, pentagonale e quinquelobata; grappolo grande e allungato, piramidale o cilindrico, alato e piuttosto compatto; acino medio-piccolo, ellissoidale corto con buccia molto pruinosa di colore verde-giallastro che tende all'ambrato se esposta a lugno al sole.

GRIGNOLINO

Vitigno a frutto rosso diffuso fin dal '700 in Piemonte dal quale attualmente vengono ricavati due vini D.O.C., il Grignolino del Monferrato Casalese, prodotto nei terreni collinari del Monferrato, ed il Grignolino d'Asti, prodotto nella zona collinare che circonda la citta' di Asti. Si tratta di vini di non grande struttura, da bersi nei primi due-tre anni successivi alla vendemmia, freschi e piacevoli, dal sapore asciutto, leggermente tannico, amarognolo con retrogusto caratteristico. Vanno serviti alla temperatura di 15-17°C. (ma in estate anche piu' freschi) abbinandoli ad antipasti all'italiana, minestre sia in brodo che asciutte, torte di verdura, carni bianche in umido, fricassee di carne.

Germoglio medio, cilindrico o piramidale, alato, compatto, acini piccoli o medi, subovali, buccia di colore rosato piu' o meno intenso, pruinosa, sottile, polpa succosa e molto sapida. Foglia media pentagonale , trilobata, con denti molto pronunciati, lembo un po' rugoso, verde scuro, con tomento sulla pagina inferiore. Grappolo ad apice espanso, cotonoso, bianco sfumato in rosso carminato con foglioline apicali spiegate, verdi, abbastanza tomentose, con sfumature bronzate.

 

HARSLEVELUE

Varietà ungherese a bacca bianca, aromatica, che contribuisce con i suoi profumi speziati ad arricchire il bouquet del Tokaji dolce. Matura piuttosto tardi ed è facilmente attaccabile dalla Botrytis cinerea (la famosa muffa nobile). Viene utilizzata anche nella produzione di vini da monovitigno, con caratteristiche qualitative molto variabili; quando raggiunge la migliore qualità, offre vini di colore oro-verde, densi, ricchi di aromi intensi. Il termine Harsleveue significa "foglia di tiglio" e viene tradotto in molti sinonimi, fra cui Feuille de Tilleul, Lipovina, Lindenblättrige. La varietà è coltivata prevalentemente a Debro, ma anche a Siklòs e nella zona di Villany (estremo sud dell'Ungheria) dove dà vini di corpo. Si trova anche in Slovacchia e Sudafrica.

LAMBRUSCO A FOGLIA FRASTAGLIATA

Vitigno a frutto rosso diffuso particolarmente in Emilia Romagna, dove da' origine alle D.O.C. "Lambrusco di Sorbara", "Lambrusco grasparossa di Castelvetro", "Lambrusco reggiano", "Lambrusco salamino di S. Croce". E' un vino dalla spuma vivace, evanescente, dal colore riosso di varia intensita', dal profumo gradevole con sentore di violetta; sapore asciutto o amabile, fresco, sapido armonico e frizzante.

Germoglio ad apice espanso, quasi lanugginoso, verde biancastro con bordi rosati, foglioline apicali spiegate, poco pelose, verdi-giallastre con sfumature bronzate. Foglia grande, pentagonale, lanceolata, con lobi molto pronunciati, lembo liscio, quasi glabro, verde di media intensita'. Grappolo lungo, piramidale, spesso con un'ala molto pronunciata, mediamemte compatto; acino medio, subrotondo con ombelico visibile, di colore blu-nero, buccia consistente e pruinosa, polpa succosa, dolce, acidula.

 

LAMBRUSCO GRASPAROSSA

Vitigno a bacca rossa di probabili origini selvatiche (vitis silvestris) ed in seguito addomesticato. E' molto diffuso nelle province di Modena e Mantova ed è detto anche Lambrusco di Castelvetro e Lambrusco di Spezzano. Ha foglia media, rotondeggiante, pentagonale, a volte intera o trilobata, di colore verde cupo; grappolo medio, allungato e spargolo, piramidale con un'ala molto pronunciata; acino medio, quasi ovale, con buccia spessa e consistente, di colore blu-nero ricoperta da abbondante pruina. Ha buona vigoria e produttività abbondante e costante; matura a inizio ottobre. Il vino che se ne ricava è fruttato e frizzante, viene vinificato prevalentemente in rosso, ma a volte anche in bianco o rosato; va bevuto giovane.

LAMBRUSCO MARANI

Varietà a bacca rossa proveniente probabilmente dalle "vitis labrusche", viti selvatiche spontanee degli Appennini. Insieme alle altre varietà di Lambrusco, costituisce l'uvaggio del vino omonimo, prodotto in Emilia, principalmente nelle province di Modena, Parma e Reggio Emilia, ma anche in provincia di Mantova e in alcune zone del Piemonte, Trentino e Basilicata. Ha foglia media rotondeggiante, trilobata e poco dentellata; grappolo medio-grande, allungato, cilindrico-piramidale, abbastanza compatto, spesso con un'ala abbastanza pronunciata; acino medio, sferoide; buccia spessa e consistente, di colore blu-nero, pruinosa

LAMBRUSCO DI SORBARA

Vitigno a frutto rosso diffuso particolarmente in Emilia Romagna, dove da' origine alle D.O.C. "Lambrusco di Sorbara", "Lambrusco grasparossa di Castelvetro", "Lambrusco reggiano", "Lambrusco salamino di S. Croce". E' un vino dalla spuma vivace, evanescente, dal colore riosso di varia intensita', dal profumo gradevole con sentore di violetta; sapore asciutto o amabile, fresco, sapido armonico e frizzante

Germoglio ad apice espanso, quasi lanugginoso, verde biancastro con bordi rosati, foglioline apicali spiegate, poco pelose, verdi-giallastre con sfumature bronzate. Foglia grande, pentagonale, lanceolata, con lobi molto pronunciati, lembo liscio, quasi glabro, verde di media intensita'. Grappolo lungo, piramidale, spesso con un'ala molto pronunciata, mediamemte compatto; acino medio, subrotondo con ombelico visibile, di colore blu-nero, buccia consistente e pruinosa, polpa succosa, dolce, acidula.

LAMBRUSCO SALAMINO

Vitigno a frutto rosso diffuso particolarmente in Emilia Romagna, dove da' origine alle D.O.C. "Lambrusco di Sorbara", "Lambrusco grasparossa di Castelvetro", "Lambrusco reggiano", "Lambrusco salamino di S. Croce". E' un vino dalla spuma vivace, evanescente, dal colore riosso di varia intensita', dal profumo gradevole con sentore di violetta; sapore asciutto o amabile, fresco, sapido armonico e frizzante.

Germoglio ad apice mediamente espanso, cotonoso, verde-biancastro, con sfumature rosse, foglioline apicali spiegate, lanugginose, verdi-biancastre con sfumature bronzee. Foglia media, pentagonale, trilobata, di colore verde piuttosto intenso a lembo bolloso. Grappolo piuttosto piccolo, cilindrico con un'ala molto pronunciata, piu' o meno compatto, acino medio, sferoide, di colore blu-nero e di media resistenza allo stacco, buccia consistente, polpa succosa di sapore semplice, acidulo

 

LUMASSINA

 

Vitigno a bacca bianca, di probabili origini liguri, coltivato prevalentemente nella provincia di Savona e, in misura minore, di Genova. Ha foglia medio-grande, orbicolo-cuneiforme, intera o trilobata; grappolo medio-grande, piramidale con 2-3 ali, è piuttosto allungato; l'acino è medio-piccolo, rotondo o ellissoidale corto, con buccia di colore verde, mediamente pruinosa. Ha buona vigoria e una produttività media, matura molto tardivamente e conserva una notevole acidità. La Lumassina è ideale per dare un apporto equilibrato di freschezza ai vini liguri che la prevedono.

 

MALVASIA DEL CHIANTI

Vitigno di origini antichissime, originario della Grecia e delle Isole Egee, diffuso oggi nella maggior parte dei Paesi mediterranei, nell'isola di Madera, nell'Africa del Sud ed in California. Il suo vino, generalmente chiamato in inglese Malmsey, e' dolce con una stupenda tinta dorata. Quello di Madera e' forse il piu' famoso. In Italia la sua coltivazione e' diffusa dal Piemonte alle Puglie, dall'Alto Adige alla Sicilia, alla Sardegna, ed e' impiegato per la produzione di ben 11 Malvasie D.O.C., e nell'uvaggio di almeno altri 50 vini D.O.C.. Vinificato opportunamente, può anche dare un vino bianco secco di grande carattere, ed affiancato in uvaggio ad altri vitigni, contribuisce ad arrotondare le caratteristiche del vino, stemperandone le spigolosita'.

Germoglio ad apice espanso, lanugginoso, biancastro, con foglioline apicali piegate, lanugginose, verdi-biancastre, con riflessi dorati. Foglia medio-grande, pentagonale, quinquelobata, lebo un po' bolloso di colore verde-bottiglia, tomentoso sulla pagina inferiore. Grappolo grande, lungo, con ali evidenti, abbastanza compatto; acino medio sferoide di colore paglierino-dorato con riflessi verdognoli ed abbastanza resistente allo stacco, buccia pruinosa, polpa succosa di sap ore caratteristico

 

MALVASIA DEL LAZIO

Vitigno di origini antichissime, originario della Grecia e delle Isole Egee, diffuso oggi nella maggior parte dei Paesi mediterranei, nell'isola di Madera, nell'Africa del Sud ed in California. Il suo vino, generalmente chiamato in inglese Malmsey, e' dolce con una stupenda tinta dorata. Quello di Madera e' forse il piu' famoso. In Italia la sua coltivazione e' diffusa dal Piemonte alle Puglie, dall'Alto Adige alla Sicilia, alla Sardegna, ed e' impiegato per la produzione di ben 11 Malvasie D.O.C., e nell'uvaggio di almeno altri 50 vini D.O.C.. Vinificato opportunamente, può anche dare un vino bianco secco di grande carattere, ed affiancato in uvaggio ad altri vitigni, contribuisce ad arrotondare le caratteristiche del vino, stemperandone le spigolosita'.

Germoglio aperto, setoloso, verde pallido con foglioline apicali aperte, quasi glabre, verdi-giallastre. Foglia medio-grande, pentagonale, quasi intera con lobi poco pronunciati, lembo liscio, verde scuro, glabro anche sulla pagina inferiore. Grappolo medio-grande, tronco-conico con ali evidenti, mediamente compatto; acino medio, rotondo, di colore giallastro, buccia consistente e pruinosa, con ombelico evidente, polpa succosa di sapore semplice, dolce.

MALVASIA NERA DI LECCE

Vitigno di origini antichissime, originario della Grecia e delle Isole Egee, diffuso oggi nella maggior parte dei Paesi mediterranei, nell'isola di Madera, nell'Africa del Sud ed in California. Il suo vino, generalmente chiamato in inglese Malmsey, e' dolce con una stupenda tinta dorata. Quello di Madera e' forse il piu' famoso. In Italia la sua coltivazione e' diffusa dal Piemonte alle Puglie, dall'Alto Adige alla Sicilia, alla Sardegna, ed e' impiegato per la produzione di ben 11 Malvasie D.O.C., e nell'uvaggio di almeno altri 50 vini D.O.C.. Vinificato opportunamente, può anche dare un vino bianco secco di grande carattere, ed affiancato in uvaggio ad altri vitigni, contribuisce ad arrotondare le caratteristiche del vino, stemperandone le spigolosita'.

Germoglio ad apice espanso, cotonoso, bianco-giallastro con sfumature rosate, foglioline apicali piegate, cotonose, biancastre. Foglia grande, pentagonale, quinquelobata, lembo spesso, di colre verde cupo, liscio, pochissimo il tomento. Grappolo medio-grosso, semicompatto, tronco conico con ali evidenti; acino medio-grosso con stacco abbastanza facile, sferoide di colore blu scuro, buccia pruinosa, sottile, polpa carnosa, di sapore semplice

MARZEMINO

Germoglio ad apice espanso, cotonso, bianco verdastro, con bordi violacei, foglioline apicali spiegate, cotonose, verdastre con orli rosati. Foglia media, pentagonale, trilobata, lembo bolloso, ondulato, verde scuro con nervature infossate, cotonoso sulla pagina inferiore, denti pronunciati. Grappolo medio-lungo con due corte ali, cilindrico piramidale, semi-compatto; acino medio, sferoide, di colore blu-nero, buccia pruinosa, abbastanza consistente, polpa un po' consistente, di sapore semplice, leggermente rosata

MOLINARA

Germoglio ad apice espanso, verde biancastro, con orli rosati, sublanugginoso, foglioline apicali spiegate, sublanugginose, di colore verde chiaro con sfumature bronzee. Foglia medio grande, appena trilobata, pentagonale-orbicolare, lembo liscio, un po' ondulato, glabro sulle due pagine. Grappolo medio, allungato, cilindrico-piramidale, acino medio, sferoide di colore rosso-violaceo, buccia abbastanza consistente, molto pruinosa, con ombelico evidente, polpa di media consistenza, dolce, di sapore semplice

MONTEPULCIANO

Citta' della toscana in provincia di Siena e vitigno a frutto rosso in nessuna relazione tra loro. Nei vigneti che circondano citta' toscana si produce il Vino Nobile di Montepulciano D.O.C.G., da uve áangiovese grosso (localmente chiamato Prugnolo gentile), Canaiolo nero, Malvasia del Chianti e Trebbiano Toscano. E' uno dei piu' prestigiosi vini rossi italiani, adatto a lungo invecchiamento (due anni di affinamento in botti di legno sono obbligatori), da bersi alla temperatura di 18°C in abbinamento ad arrosti di carni rosse, pollame nobile, caggiagione e selvaggina. Il vitigno Montepulciano, invece, e' diffuso principalmente nell'Italia centro-orientale dove concorre all'uvaggio di molti vini D.O.C. e da solo, con una piccola aggiunta di Sangiovese (massimo 15%), da' vita al Montepulciano d'Abruzzo D.O.C., vino rosso corposo, dal sapore asciutto, sapido, morbido, leggermente tannico, da sottoporre solo a breve invecchiamento e da bersi alla temperatura di 16-18°C con primi piatti al sugo di carne, grigliate di carni bianche e rosse, agnello brodettato, pollo e coniglio alla cacciatora.

Germoglio ad apice espanso, cotonoso, con foglioline apicali piegate, di colore verde pallido, tomentoso sulla pagina inferiore. Foglia media, pentagonale , quinquelobata, lembo piano di colore verde molto scuro, tomentosa sulla pagina inferiore. Grappolo medio, piu' o meno compatto, cilindrico-conico, spesso alato, acino medio, subovale di colore nero-violaceo, a stacco non troppo facile, buccia consistente, pruinosa, polpa succosa, leggermente rosata, di sapore semplice

MOSCATO

Vitigno aromatico a frutto bianco, diffuso fin dall'antichita' in tutto il Mediterraneo ed attualmente coltivato in ogni regione italiana, dove da' origine a ben 15 D.O.C. I vini prodotti con uva Moscato sono dolci, gradevoli e profumatissimi, e da zona a zona sono vinificati in maniera diversa per cui le tipologie spaziano dal filtrato dolce, allo spumante, al passito, al liquoroso. E' il vitigno base per la produzione dell'Asti Spumante che rappresenta da sempre uno dei piu' grandi successi enologici e commerciali dell'Italia in tutto il mondo

MULLER THURGAU

 

Vitigno di recente creazione, ottenuto dai ricercatori tedeschi incrociando il Sylvaner con il Riesling. E' molto diffuso in Germania ed in Austria. In Italia viene coltivato con successo in Trentino, in Alto Adige ed in Valle d'Aosta, dove forma 5 diverse D.O.C.. Il vino che se ne ricava ha colore giallo paglierino con riflessi verdognoli, prufumo delicato e lievemente aromatico, sapore asciutto, fresco, fruttato ed armonico. E' consigliabile servirlo alla temperatura di 10°C, in abbinamento a piatti di pesce magro, al forno, al cartoccio, con salse bianche o in souffle'.

NASCO

E' uno dei vitigni a bacca bianca più antichi della Sardegna. Il suo nome potrebbe derivare dal latino "Muscus", da cui i termini dialettali Nuscu, Nascu. La sua diffusione limitata all'entroterra del porto di Karales lascia supporre che sia arrivato nell'isola tramite questo approdo. Il vino che se ne produce ha un caratteristico sentore "muschiato", ancor meglio esaltato da un eventuale residuo zuccherino (non a caso la tipologia più frequente è come vino da dessert). Ha foglia media, orbicolare, pentalobata, di colore verde medio; grappolo medio, semi-serrato o semi-spargolo, cilindrico-conico, spesso alato, con due ali marcate e piramidale; acino medio, rotondo, con buccia sottile e morbida, giallo dorata, spesso con screziature marroni e buona presenza di pruina. Ha vigoria media, ma scarsa produttività e poca resistenza ai parassiti.

NEBBIOLO

Vitigno autoctono piemontese, il cui nome potrebbe derivare da "nebbia", in quanto gli acini sono ricoperti da abbondante pruina; per altri potrebbe derivare dalla stessa parola, ma per il fatto che è un'uva che viene vendemmiata in ottobre avanzato, quando è avvolta dalle nebbie mattutine. Un'altra ipotesi, più antica, gli attribuiva il nome da "nobile", per la sua grande generosità e gagliardia. Si tratta comunque dell'uva rossa italiana più pregiata e difficile; come il Pinot Noir di Bourgogne perde le sue caratteristiche uniche di finezza ed eleganza se piantato fuori della sua regione, così il Nebbiolo, che trova l'apice del suo splendore nelle zone intorno a Barolo e Barbaresco (Piemonte) e in Valtellina (Lombardia), non ha più quello spessore, quella forza e quella "nobiltà" che lo rendono unico al mondo, fuori da quei territori a lui così congeniali. Sono stati identificati tre cloni principali, Lampia, Michet e Rosé. Il Michet è una specie di Lampia colpita da virosi, che dà basse rese ed esprime aromi e gusto particolarmente intensi, mentre il Rosé produce vini dal colore molto scarico e sta via via scomparendo. La maggiorparte dei vignaioli preferisce comunque lavorare su una miscela delle tre uve, proprio per dare al prodotto finale una maggior complessità. Il Nebbiolo è molto usato anche in Valle d'Aosta, dove è chiamato Picoutener, mentre nelle aree piemontesi di Boca, Bramaterra, Fara, Gattinara, Ghemme, Lessona e Sizzano è chiamato Spanna. In Valtellina prende il nome di Chiavennasca. Fuori dell'Italia se ne trova in quantità limitata in Sud America, dove le alte rese ne penalizzano fortemente la qualità, mentre in California si è ottenuto qualche risultato interessante. La foglia è di media grandezza, pentagonale-orbicolare, trilobata, di colore verde bottiglia opaco; grappolo medio-grande, piramidale allungato, alato, piuttosto compatto; acino medio, rotondo-ellissoidale, buccia sottile ma resistente, di colore violaceo scuro, molto pruinosa.

NEGRO AMARO

Germoglio ad apice espanso, cotonoso, giallo-biancastro con orli vinosi, foglioline apicale a gronda, cotonose, biancastre con sfumature rosate. Foglia grande, pentalobata, con lobi superiori piu' evidenti e sovrapposti, lembo spesso, a coppa, rugoso, con leggero velluto nella pagina inferiore. Grappolo medio, serrato, conico o tronco-conico, acino medio-grosso, un po' ovoidale, con ombelico visibile, polpa succosa, di sapore semplice, dolce

PERERA

Varietà coltivata già nel secolo scorso nella provincia di Treviso; veniva utilizzata in piccole percentuali nella vinificazione del Prosecco, soprattutto nella zona di Valdobbiadene, per aumentarne il profumo e l'aroma. Il nome è dovuto, probabilmente, al gusto particolare (di pera) della polpa dell'acino, oppure alla forma che richiama una pera rovesciata. Il vitigno è molto simile al Prosecco, con grappoli leggermente più grandi, acini di colore giallo intenso e foglie verde scuro, lucide e lisce.

PICCOLIT

Vitigno a frutto bianco di antichissime origini, celebrato da sempre per il vno dolce che se ne ricava, ma scarsamente diffuso a causa della difficolta' della sua coltivazione, dovuta alla facilita' con cui e' attaccato dalle infezioni crittogramiche e ad una malattia che lo colpisce nel momento dell'infiorescenza, decimandone i grappoli potenziali. Si stima che attualmente ve ne siano impiantati circa 400 ettari, la maggior parte dei quali in Friuli, dove il Picolit ha trovato il suo Rinascimento, imponendosi, nonstante la scarsa produzione, nel mercato dell'altissima qualita'.

PIGATO

Vitigno di probabile origine ligure, affine al Vermentino, con il quale è stato più volte confuso. Viene coltivato quasi esclusivamente nelle provincie di Savona, Imperia e Genova. Deve il suo nome per le macchie rugginose che spesso si presentano sull'acino in piena maturità. Ha foglia di media grandezza, pentagonale e pentalobata; grappolo medio, abbastanza compatto, corto, a forma conica, semplice o alato; acino medio, sferoide allungato, con buccia di medio spessore con buona presenza di pruina, di colore dorato-ambrato con macchie diffuse. Ha buona vigoria e produttività abbondante. Matura a fine settembre.

PIGNOLA

Vitigno di notevole vigoria, coltivato in Lombardia, prevalentemente nella Valtellina, di produzione abbondante e resistente alle malattie. Il suo nome deriva dal grappolo che è molto compatto a forma di pigna, con acini sferoidi, di color blu-nero, di media consistenza, succosi. Nelle migliori annate si ottiene un vino di colore rubino vivo, di buona fragranza, fresco, un po' tannico, mediamente alcoolico (11 gradi circa) e di corpo, sapido, gradevole.

PIGNOLO

Antico vitigno a bacca nera originario del Friuli. Il Pignolo (detto anche Pignul) deriva il suo nome dalla particolare conformazione del grappolo. E' stato più volte citato nella storia della viticoltura dal Gallesio (1817-19), dall'Acerbi (1825), da Odart (1849) e dal Di Rovasenda (1877). Ha foglia piccola, trilobata (a volte anche pentalobata); grappolo di piccole dimensioni, cilindrico, semplice e serrato; acino piccolo, rotondo, buccia pruinosa e spessa, di colore nero. Ha media vigoria e dà i migliori risultati in terreni argilloso-calcarei ed in annate piuttosto calde. La produzione è scarsa ma costante.

PINOT BIANCO

Famiglia di vitigni a frutto bianco e rosso, molto diffusi in Francia dove rappresentano la componente principale dell'uvaggio di alcuni dei piu' prestigiosi vini del mondo, quali lo Champagne (Pinot nero e Pinot meunier), e la Borgogna (da uve Pinot Nero si producono lo Chambertin, il Musigny ed il Roman‚e-Conti). In Italia e' particolarmente diffuso nelle zone a vocazione spumantistica, quali l'Oltrepò Pavese, il Trentino, l'Alto Adige e la Franciacorta. Le D.O.C. italiane di Pinot, nelle sue varieta' "bianco", grigio" e "nero" sono ben 4O, ma impianti di questo vitigno si stanno diffondendo in ogni regione dando origine a vini di grande pregio e successo, ma classificati per legge come "vini da tavola".

Germoglio ad apice mediamente epanso, cotonoso, biancastro, con foglioline apicali spiegate, cotonose, biancastre. Foglia media, tondeggiante, trilobata, lembo a coppa, un po' bolloso, di colore verde scuro. Grappolo medio-piccolo, cilindrico, spesso alato, compatto, acino sferoide, medio-piccolo, mediamente resistente allo stacco, buccia piuttosto leggera, polpa succosa, dolce e di sapore semplice

PINOT GRIGIO

Famiglia di vitigni a frutto bianco e rosso, molto diffusi in Francia dove rappresentano la componente principale dell'uvaggio di alcuni dei piu' prestigiosi vini del mondo, quali lo Champagne (Pinot nero e Pinot meunier), e la Borgogna (da uve Pinot Nero si producono lo Chambertin, il Musigny ed il Roman‚e-Conti). In Italia e' particolarmente diffuso nelle zone a vocazione spumantistica, quali l'Oltrepò Pavese, il Trentino, l'Alto Adige e la Franciacorta. Le D.O.C. italiane di Pinot, nelle sue varieta' "bianco", grigio" e "nero" sono ben 4O, ma impianti di questo vitigno si stanno diffondendo in ogni regione dando origine a vini di grande pregio e successo, ma classificati per legge come "vini da tavola".

Germoglio ad apice espanso, tomentoso, verde-biancastro, con foglioline apicali spiegate, tomentose, verdi biancastre. Foglia piccola, cordiforme, trilobata, lembo largamente piegato a coppa, bolloso di colore verde cupo. Grappolo piccolo, cilindrico, spesso con un'ala, compatto, acino piccolo ovoidale, spesso deformato per latroppa compattezza del grappolo, stacco abbastanza facile; buccia grigio-rosa, leggera, pruinosa, polpa succosa di sapore semplice

 

PINOT NOIR

 

Si tratta di uno dei vitigni a bacca nera più pregiati e difficili al mondo. Il suo habitat naturale è la Bourgogne, dove dà ancora oggi vini insuperati per fascino ed eleganza. E' una pianta che chiede molto, sia al viticoltore che al vinificatore, non dà risultati regolari, ha bisogno di climi relativamente freddi, con buona escursione termica giorno/notte e, quando le condizioni e la qualità dei terreni lo permettono (predilige quelli calcarei), è in grado di offrire vini di rara bellezza. Per questo motivo è stato impiantato in quasi tutte le regioni vinicole del mondo, ad eccezione di quelle con climi caldi che produrrebbero vini "cotti", privi delle caratteristiche che hanno reso tanto famoso il Pinot Noir. Le origini del vitigno risalgono, probabilmente, a quasi duemila anni fa; la sua presenza in Bourgogne è citata già nel quarto secolo d.C. (anche se a quel tempo si chiamava Morillon Noir). In Francia ne sono stati riconosciuti ufficialmente ben 46 cloni; anche la Champagne ha un ruolo importante nella selezione clonale del Pinot Noir. Mediamente tende a germogliare precocemente, il che lo espone al rischio di gelate primaverili e alla colatura; soffre anche gli attacchi della peronospora dell'oidio, del marciume (alcuni cloni hanno la buccia sottile), le virosi che producono arricciamento ed accartocciamento fogliare; è proprio la sua fragilità che ha portato, negli anni settanta, ad una diffusa selezione clonale.

Ha un'infinità di sinonimi, fra cui Pineau, Franc Peneau, Moirien, Savagnin Noir, Plant Doré, Vert Doré, Klevner, Blauburgunder, Blauer Spätburgunder, Morillon, Auvernat, Borgogna Nero. Ha foglia media o medio-piccola, tondeggiante e trilobata; grappolo piccolo (12-15 cm.), cilindrico, spesso alato, quasi compatto; acino di media grandezza, sferoide o leggermente ovale; buccia mediamente consistente, di colore blu-nero, pruinosa.

POLLERA NERA

PROSECCO

Vitigno a frutto bianco particolarmente adatto alla produzione di vini spumanti, diffuso soprattutto in Veneto, nella provincia di Treviso. Qui, dalle sue uve, con piccole aggiunte di altri vitigni a frutto bianco, si ricavano due diversi vini D.O.C., il Prosecco di Conegliano Valdobbiadene ed il Prosecco di Montello e dei Colli Asolani. Entrambi i disciplinari prevedono la possibilita' di realizzare vini tranquilli, frizzanti e spumanti, secchi oppure amabili e dolci. E' un vino da servire ben fresco (8°C) soprattutto nelle versioni spumantizzate, ottimo da aperitivo con stuzzichini saporiti e da fine pasto. Il prosecco tranquillo si abbina ottimamente con antipasti di pesce delicati, pescce di lago e di mare in umido e arrosto, seppie in umido con verdure, polpi affogati.

Germoglio ad apice espanso, lanugginoso, verde-biancastro, con foglioline apicali spiegate, di colore giallastro, tomentose sulle pagine inferiori. Foglia piu' che media, pentagonale, trilobata, lembo ondulato, bolloso, di colore verde opaco, abbastanza tomentoso sulla pagina inferiore. Grappolo grande, piramidale, semispargolo o spargolo, con acinellature piu' o meno evidente, acino medio, sferoide-ovoidale, irregoalre; buccia giallo-dorata, punteggiata, pruinosa, sottile; polpa succosa, acidula a sapore leggermente aromatico

Vitigno a bacca nera, di probabili origini liguri, in particolare dell'alta Lunigiana, da cui si è andata diffondendo verso la bassa Valle Magra. Oggi è presente in modo sporadico nei vigneti della Lunigiana. Ha foglia medio-piccola, trilobata o pentalobata; grappolo medio-grosso, compatto, spesso alato; acino medio, rotondo o ellissoidale molto corto, sovente deformato a causa della compattezza del grappolo; buccia fine, molto pruinosa, di colore grigio-violetto.

PRIMITIVO

Germoglio ad apice espanso, lanugginoso, verde chiaro con orlo carminato, foglioline apicali spiegate, un po' lanugginose, verde chiaro con sfumature rossastre ai bordi. Foglia media, pentagonale, quinquelobata, lembo verde cupo, ondulato, lanugginoso sulle pagine inferiore, denti molto evidenti. Grappolo medio, conico-cilindrico, semicompatto, alato; acino medio, sferoide, di colore blu; buccia relativamente spessa e pruinosa, plpa succosa di colore vinoso e di sapore speciale, dolce

REFOSCO

Vitigno a frutto rosso particolarmente diffuso nella zona nord-orientale del Veneto ed in Friuli Venezia Giulia, dove origina ben 5 diverse D.O.C.: Refosco (nostrano o dal peduncolo rosso) Colli Orientali del Friuli, Refosco dal peduncolo rosso Aquileia, Refosco dal peduncolo rosso Grave del Friuli, Refosco dal peduncolo rosso Lison-Pramaggiore, Refosco Latisana. Il refosco e' un vino dal colore rosso violaceo intenso che tende al granato con l'invecchiamento; ha profumo vinoso, caratteristico e sapore asciutto, pieno, caldo, leggermente amarognolo. E' consigliabile servirlo alla temperatura di 16-18°C (leggermente piu' fresco se giovane o in estate)

RIBOLLA

Vitigno autoctono friulano a frutto bianco, recentemente rivalutato ed inserito nell'ambito della D.O.C. Colli Orientali del Friuli. Produce un vino dal colore giallo paglierino chiaro tendente al verdognolo, dal profumo caratteristico e sapore asciutto, vinoso, fresco ed armonico. E' consigliabile servirlo alla temperatura di 10°C in abbinamento a minestre e passati di verdura, pesci di mare e di lago salsati o brodettati.

Germoglio ad apice espanso, quasi lanugginoso, giallo dorato con foglioline apicali spiegate, lanugginose sulla pagina in media, tondeggiante, quasi intera, lembo liscio, di colore verde-chiaro, glabro. Grappolo piuttosto piccolo, cilindrico-piramidale, giustamente compatto, acino medio, sferoide, sferoide, di colore giallo alabastro, con peduncolo visibile; buccia consistente e pruinosa, polpa succosa, neutra, dolce, leggermente astringente

RIESLING ITALICO

Vitigno a fruttobianco diffuso in Germania particolarmente nella zona del Reno e della Mosella. In Italia e' particolarmente diffuso nell'Oltrepò Pavese, in Emilia Romagna, in Trentino ed in Friuli Venezia Giulia dove si contano ben 15 D.O.C. di Riesling, nelle varieta' "italico" e "renano". E' un vitigno che si presta ottimamente anche alla produzione di vini spumanti secchi.

Germoglio ad apice espanso, vellutato, verde-biancastro con sfumature gialle, con foglioline apicali spiegate, lanugginose, biancastre. Foglia media, quasi intera e trilobata, lembo verde chiaro, lucente, denti pronunciati. Grappolo medio-piccolo, cilindrico, compatto, con un'ala; acino medio, sferoide, di colore giallo piu' o meno carico: buccia consistente, con ombelico evidente, polpa succosa, dolce, di sapore semplice

RIESLING RENANO

Vitigno a fruttobianco diffuso in Germania particolarmente nella zona del Reno e della Mosella. In Italia e' particolarmente diffuso nell'Oltrepò Pavese, in Emilia Romagna, in Trentino ed in Friuli Venezia Giulia dove si contano ben 15 D.O.C. di Riesling, nelle varieta' "italico" e "renano". E' un vitigno che si presta ottimamente anche alla produzione di vini spumanti secchi.

Germoglio ad apice espanso, cotonoso, biancastro, con foglioline apicali spiegate e biancastre. Foglia di media grandezza, tondeggiante quasi intera, lembo spesso, ondulato, di colore verde scuro, nervature alla base rosso-violacee, evidenti. Grappolo piccolo, compatto, tozzo, acino medio-piccolo, sferoide di color giallo ambrato, buccia consistente, polpa succosa di sapore delicatamente aromatico

RONDINELLA

Germoglio ad apice espanso, verde giallastro con sfumature rosate, poco peloso, con foglioline apicali spiegate, giallo bornzee, profondamente lobate, pagina inferiore appena setolosa. Foglia di media grandezza, pentagonale, profondamente quinquelobata, pagina inferiore setolosa. Grappolo medio-grande, piramidale, alato, mediamente compatto, acino medio, sferoide, di colore nero violaceo, buccia molto pruinosa, consistente; polpa succosa, di sapore semplice, dolce

ROSSESE

Vitigno a bacca rossa, di probabili origini liguri, anche se alcuni studiosi affermano che sia stato importato dai Doria, che possedevano in Dolceacqua un castello sin dal 1270. Ha foglia medio-grande, pentagonale eptalobata; grappolo di medie dimensioni o medio-grande, piramidale con 1-2 ali, più o meno spargolo; acino da medio a medio-piccolo, ellissoidale corto, con buccia di medio spessore, di colore blu-nero-violetto, con buona presenza di pruina. La produzione è condizionata da fenomeni di colatura e acinellatura.

ROSSOLA

 

Uva a maturazione tardiva, a grappolo cilindrico e acino sferoide di color violetto; la produzione è regolare, con una potenzialita alcoolica di circa 11 gradi. Si ottiene un vino color rubino, di buona fragranza, fresco di acidità, un po' tannico, mediamente di corpo, sapido. Viene coltivata quasi esclusivamente in Valtellina (Lombardia).

SANGIOVESE

E' uno dei vitigni italiani più antichi ("sangue di Giove"), per alcuni era già noto agli Etruschi. E' senz'altro l'uva a bacca rossa più diffusa in Italia, soprattutto in Toscana, Umbria, Emilia Romagna. Vi sono molte tipologie di Sangiovese, ma vengono comunque divise in due categorie: Sangiovese Grosso, il più pregiato, del quale viene coltivata una quantità limitata, quasi totalmente nella zona di Montalcino (SI), dove viene chiamato Brunello (ne parliamo in una scheda apposita) e nella zona di Montepulciano (SI), dove prende il nome di Prugnolo Gentile; Sangiovese Piccolo, il più comune, che prende vari sinonimi, a seconda delle zone, fra cui Morellino presso Scansano. Ma il numero di cloni è davvero enorme e c'è una netta differenza fra un Sangiovese romagnolo e uno toscano o umbro. All'estero viene coltivato in California (Napa Valley e Sonoma County), con buoni risultati; è molto conosciuto anche in Argentina, specialmente nella provincia di Mendoza, ma il vino che se ne produce è sostanzialmente diverso.

SAUVIGNON

E' senz'altro la varietà a bacca bianca più importante e popolare, insieme allo Chardonnay, dalla quale si ricavano alcuni fra i migliori vini bianchi del mondo. E' bene specificare Blanc, in quanto ne esistono altre varietà fra cui, a seconda del colore degli acini, il Sauvignon Gris o Rosé (che dà vini di maggior corpo), apprezzato nel bordolese e in Loira, il Sauvignon Jaune, Noir e Violet; infine il Sauvignon Vert o Sauvignonasse, da alcuni considerato parente stretto del Tocai Friulano, molto diffuso in Cile, con caratteristiche inferiori al più noto Sauvignon Blanc (minore estratto, maggior rusticità, ridotta capacità di invecchiamento ecc.). E' un'uva dall'aroma penetrante che ne consente l'immediato riconoscimento; fra i sentori tipici: uva spina, ortiche, muschio e pipì di gatto (qualità che si esprimono al meglio nel Sancerre e nelle zone centrali della Loira). In California, Australia e Nuova Zelanda, è stata sperimentata la fermentazione e la maturazione in rovere, dando luogo a vini dal gusto decisamente più complesso, ma con la perdita di quelle caratteristiche di freschezza e aromaticità che lo hanno giustamente reso famoso. Ciò nonostante, con questo metodo sono stati prodotti, grazie ad accurate selezioni in vigna e a dosaggi sempre più calibrati del legno, grandissimi Sauvignon capaci di lungo invecchiamento. Accompagnato dal Sémillon e in minor misura dal Muscadelle, produce, nel Sauternes, uno dei più grandi vini dolci al mondo, di grande longevità. Pianta molto vigorosa, necessita di una buona potatura verde, per evitare un eccessivo rigoglio vegetativo. In Italia, ancora oggi, i migliori Sauvignon sono prodotti in Friuli e in Alto Adige, nella quasi totalità maturati in acciaio.

Ha foglia media, tondeggiante, trilobata o pentalobata, di colore verde intenso; grappolo medio-piccolo, cilindrico, alato, compatto; acino medio-grosso, sub-rotondo, con buccia spessa, verde-dorata e punteggiata, con abbondante pruina.

TEROLDEGO

Vitigno a frutto rosso diffuso in Trentino dove, nell'ambito del Campo rotaliano, cui fanno capo i comuni di Mezzocorona, Mezzolombardo e la frazione di Grumo nel comune di S. Michele all'Adige, da' origine alla D.O.C. Teroldego Rotaliano. E' un vino molto piacevole, caratterizzato da un colore rosso rubino piuttosto intenso, talora con orli violacei, tendente al rosso mattone con l'invecchiamento; il profumo e' particolarmente intenso, caratteristico, gradevolmente fruttato, e si fa etereo e persistente con l'invecchiamento; il sapore e' asciutto, sapido, leggermente tannico, corposo, con lieve gusto di mandorla, e piacevole retrogusto amarognolo. Va bevuto alla temperatura di 18°C (piu' fresco in gioventu') abbinandolo a polenta al sugo di carne, arrosti di carni bianche e rosse, stufati di manso, trippe in umido, formaggi vaccini stagionati. Viene prodotto anche nel tipo Rosato.

TINTA RORIZ

Ufficialmente riconosciuto fin dal 1800, è l'unico vitigno a bacca nera di alta qualità del Douro che viene coltivato in modo estensivo anche fuori dal Portogallo. Recenti ricerche hanno dimostrato che è simile, se non proprio uguale, al Tempranillo spagnolo. In esso si combinano bene la qualità e la quantità, riuscendo a fruttare quasi due volte e mezzo in più rispetto al Touriga Nacional. I suoi grappoli compatti con gli acini a buccia spessa non rischiano mai di maturare troppo. Il Tinta Roriz rende bene in tutte e tre le zone, ma, essendo molto sensibile alla mancanza di minerali, vegeta meglio in terreni ricchi. La qualità dipende molto dalle annate e dal tipo di terreno. La percentuale di alcol ed il grado di acidità medi sono simili al Touriga Nacional, mentre l'intensità del colore è minore e diminuisce con il passare del tempo. L'aroma, anche se forte, non è così complesso come quello del Touriga Nacional. I sentori predominanti sono di legno, raspo ed erba, ma nelle annate migliori questo vino si arricchisce di fiore di eliantemo e di frutta fresca quale il gelso e il lampone. Risulta aggressivo al palato a causa della preponderanza di un tannino potente e concentrato. Il retrogusto è lungo e fruttato. In generale si presenta spigoloso, allappante e molto intenso, decisamente secco.

TINTO CAO

Varietà già conosciuta nel 1600, il Tinto Cão è stato classificato nel 1791 come uno dei migliori vitigni in Portogallo, che dà vita ad un vino "colorito, forte e generoso". Dopo il Touriga Nacional è la varietà meno produttiva. Crescendo in piccoli grappoli con acini con buccia spessa, risulta resistente al caldo e alla luce diretta del sole ma, poiché il succo tende ad ossidarsi, vegeta meglio in luoghi freschi. Il frutto non ha tanta possibilità di raggiungere la piena maturazione quanto le altre quattro varietà. Quando cresce in luoghi freschi, l'alcolicità si aggira intorno al 12% con un leggero bouquet di fiori che diventa più delicato col passare del tempo. Il suo colore è meno intenso e la sua struttura è più delicata rispetto agli altri vitigni. Inoltre impiega circa cinque anni per mostrare appieno le sue qualità intrinseche. Ha un aroma floreale, abbastanza persistente e di gusto rotondo. Quando cresce in luoghi caldi, l'aroma è molto più speziato ma non risulta né piacevole da giovane, né fine da vecchio. E' stato piantato in via sperimentale anche a Davis in California.

TOURIGA FRANCESA

Nonostante il nome, Francesa, questo vitigno è rigorosamente del Douro con nessuna connessione con una qualsiasi varietà francese. E' stato menzionato per la prima volta con questa denominazione solo nel 1940. Anche se risulta di alta qualità ed interesse, è meno fine delle altre varietà di Touriga. Il colore è buono e abbastanza duraturo, ma non tanto quanto per il Nacional o il Roríz. Il Touriga Francesa raggiunge presto la maturazione in grappoli di media grandezza e la sua produttività è maggiore del Touriga Nacional e del Tinto Cáo e minore del Tinta Roriz. Anche se abbastanza adattabile a terreni diversi, esso necessita di un clima caldo per ottenere il grado alcolico necessario al Porto: raggiunge circa il 12% di gradazione alcolica, ha un eccellente PH di 3,45 ed è ricco di fenoli. Il suo aroma è il più floreale fra tutti con predominanza di rosa. Nelle buone annate si evidenzia anche il sentore di eliantemo. Meno aggressivo del Roriz, il profumo di frutta e la nota tannica sono ben bilanciati ma non di grande qualità. Nonostante abbia un gusto persistente ed intenso, si sente molto la terra. Malgrado quanto detto, esso risulta un ottimo vino da taglio per la sua struttura e per le sue componenti aromatiche fiorite.

TREBBIANO ROMAGNOLO

Il suo sinonimo principale è Trebbiano della Fiamma, dovuto ad un clone leggermente diverso, dagli acini più ambrati. E' il vitigno a bacca bianca più coltivato il Emilia Romagna, in particolare nella provincia di Ravenna. Fa parte della famiglia dei Trebbiani, non è in grado di fornire particolari qualità al vino, ma è molto produttivo e resistente ai parassiti, pertanto è ancora molto usato e presente in numerose d.o.c.. La coltivazione di Trebbiano Romagnolo raggiunge i 20.000 ha ed è seconda solo al Trebbiano Toscano (60.000 ha). Ha foglia media, pentalobata; grappolo medio-grande, conico-piramidale, compatto o semispargolo, alato; acino medio, sferoidale, con buccia consistente, di colore verde-giallognolo, ricca di pruina.

TREBBIANO DI SOAVE

Detto anche Trebbiano di Lugana, di Verona, Turbiana, Terbiana, vitigno a bacca bianca coltivato nella zona del veronese e del bresciano, spesso vinificato assieme al Garganega. Fa parte della famiglia dei Trebbiani; di questa varietà sono coltivati oltre 2.000 ha, concentrati prevalentemente in Veneto. Matura leggermente più tardi del Trebbiano Toscano (metà ottobre). Ha foglia media, pentagonale, trilobata; grappolo medio, allungato a piramide, con un'ala, piuttosto compatto; acino medio, sferico, con buccia verdastra e punteggiata, spessa e consistente. Il suo miglior contributo lo dà come apporto al Garganega nel Recioto di Soave.

TREBBIANO TOSCANO

Vitigno a bacca bianca, della numerosa famiglia dei Trebbiani, molto diffuso nell'Italia Centrale. E' di gran lunga il più coltivato (60.000 ha); la sua così vasta diffusione è dovuta alla grande produttività e alla buona resistenza alle malattie, ma dà risultati mediocri sul piano organolettico, a causa della spiccata acidità e della sua scarsa aromaticità. La famiglia dei Trebbiani è presente in quasi 80 d.o.c., in alcuni casi fa parte dell'uvaggio di alcuni vini rossi come il Chianti e il Barco Reale di Carmignano, regola che non è stata ancora modificata dai tempi del Barone Ricasoli che, più di un secolo fa, ne fu l'ideatore. Ha molti sinonimi, fra cui Castelli Romani, Bobiano, Procanico (Umbria), Santoro, Albano, Albanella (Marche). In Francia è l'Ugni Blanc o Saint-Emilion, utilizzato per produrre anche il Cognac e l'Armagnac. In Spagna è utilizzato per la produzione del Brandy. Matura un po' prima del Trebbiano di Soave e del Trebbiano Romagnolo. Se si fa eccezione per il Vin Santo dove dà ottimi risultati grazie all'appassimento sui graticci, supportato anche dalla presenza aromatica della Malvasia, l'unico Trebbiano in purezza che meriti davvero attenzione è il Trebbiano d'Abruzzo di Edoardo Valentini, un vino ricco, intenso e estremamente longevo, tanto che molti sono convinti che non si tratti di Trebbiano ma di Bombino Bianco. Ha foglia medio-grande, pentagonale, pentalobata; grappolo grande, allungato (anche fino a 25 cm.), semi-compatto e alato; acino medio, discoide, di forma piuttosto regolare; buccia di medio spessore, giallo-verde o giallo-rosato, a seconda dei cloni, abbastanza pruinosa.

VERDICCHIO

Vitigno a frutto bianco diffuso nella zona centrale delle Marche, dove da' origine alle D.O.C. Verdicchio dei Castelli di Jesi, in provincia di Ancona, e Verdicchio di Matelica, in provincia di Macerata. In entrambi i casi e' ammessa l'aggiunta di una piccola percentuale (massimo 15%) i Malvasia Toscana e Trebbiano toscano. Il Verdicchio e' un vino dal colore paglierino tenue, brillante; profumo delicato, caratteristico, sapore asciutto, armonico, con retrogusto gradevolmente amarognolo. Si serve alla temperatura di 10°C in abbinamento a primi piatti con salse a base di pesce, pesci dalle carni delicate cotti con salse a base dello stesso vino, triglie all'anconetana, primi piatti importanti e carni bianche cucinate semplicemente. Viene prodotto anche nel tipo spumante.

Germoglio ad apice espanso, cotonoso, verde biancastre con sfumature rosate ai bordi, foglioline apicali un po' piegate, di colore verde biancastro con fumature rosate, cotonose sulla pagine inferiore. Foglia media, pentagonale, trilobata, lembo leggermente ondulato, verde scuro, cotonosa la pagina inferiore. Grappolo medio, compatto o semicompatto, conico alato, acino medio, rotondo, di colore verde giallastro, buccia consistente ed un po' pruinosa, polpa succosa di sapore semplice, dolce

 

VERDISO

Probabilmente originario della zona dei Colli Euganei, viene citato già nel '700 come presente nella zona di Conegliano; nel XIX secolo è così diffuso da superare per produzione qualsiasi altro vitigno a bacca bianca della zona. Impiegato nella produzione del Prosecco, per aumentarne l'acidità e la sapidità, è importante per equilibrare la componente acida nelle annate calde e nelle esposizioni più favorevoli. Oggi si cerca di valorizzarlo utilizzandolo in purezza, per ottenere un vino gradevole ed armonico. Ha grappolo di media grandezza, con peduncolo molto lungo ed erbaceo; acino di colore giallo citrino. Le nervature delle foglie rimangono verdi più a lungo della lamina ed in autunno, l'aspetto è quello di un reticolo verde disteso sul giallo del vigneto.

VERDUZZO

Vitigno a frutto bianco molto diffuso in Veneto e Friuli Venezia Giulia, dove origina ben 7 diverse D.O.C.: Verduzzo (friulano) dei Colli Orientali del Friuli, Verduzzo friulano Aquileia, Verduzzo friulano Grave del Friuli, Verduzzo friulano Isonzo, Verduzzo friulano Latisana, Verduzzo friulano Lison-Pramaggiore, Verduzzo friulano Piave. Il Verduzzo e' un vino dal colore giallo dorato piu' o meno carico; profumo vinoso, caratteristico e fruttato; sapore asciutto o amabile, fruttato, di corpo, lievemente tannico.

Germoglio ad apice espanso, tendenzialmente lanugginoso, di colore verde biancastro con foglioline apicali spiegate, leggermente tomentose, di colore verde con sfumature bronzee. Foglia quasi intera o appena trilobata, tondeggiante, lembo quasi piano, liscio, quais glabro nelle due pagine. Grappolo medio piccolo, tronco piramidale con ali, semicompatto, acino medio, un po' elissoidale, di colore verde giallastro o dorato secondo l'esposizione, buccia dura e pruinosa con ombelico visibile, polpa succosa, dolce, un po' aromatica

 

VERMENTINO

Vitigno di origini discordanti; taluni ritengono che sia nato in Spagna e poi si sia diffuso sulle coste tirreniche settentrionali dove ancora oggi è ampiamente coltivato: Francia (Languedoc-Roussillon), Liguria, Sardegna, Corsica e Toscana. In varie regioni della Francia è noto come Malvoisie Précoce d'Espagne o Malvoisie à gros Grains. In Lunigiana prende il nome di Vermentino Reale. In Corsica è l'uva bianca più coltivata. In Sardegna viene vendemmiato abbastanza precocemente per mentenerlo più ricco di acidità. Per molti studiosi è affine al Pigato e alla Favorita. Ha foglia di media grandezza o medio-grande, orbicolare o pentagonale, pentalobata o, più spesso eptalobata; grappolo medio, conico o cilindrico alato, talvolta con un'ala lungamente peduncolata, tra spargolo e mediamente compatto; acino medio o medio-grande, da rotondo a ellissoidale molto corto, con buccia di medio spessore, di colore giallo-verdastro che, se ben esposta al sole, tende al giallo-dorato o ambrato; in questo caso, sulla superficie si formano delle macchie caratteristiche di color ruggine, dette 'piggie' o 'pigghe', come per il Pigato.

*ALTRI VIGNETI IN FASE DI PREPARAZIONE

 

 

La vinificazione

La vinificazione è la lavorazione che consente la produzione del vino; essa si compie attraverso una serie di operazioni che sono: la pigiatura, la diraspatura, la sgrondadura, la torchiatura e la vinificazione vera e propria. Vediamo di seguito le singole operazioni.

 

LA PIGIATURA  

 

Consiste nel far uscire il mosto dall'acino, in modo da farlo venire in contatto con i lieviti che opereranno la fermentazione e che si trovano sulla buccia. La pigiatura può essere effettuata secondo due modalità: spinta e sommaria. La pigiatura spinta ha lo scopo di schiacciare tutti gli acini in modo da ottenere tutte le sostanze che essi contengono, soprattutto quelle dell'interno della buccia. I casi in cui si effettua la pigiatura spinta sono i seguenti:

 

Per ottenere vini che devono essere invecchiati a lungo;

Per i vini rossi aromatici;

Per i mosti che devono essere concentrati;

Per tutti quei vini in cui si vuole estrarre dalle bucce il maggior quantitativo di sostanza colorante.

Si fa la pigiatura sommaria quando si vogliono ottenere vizi di "pronta beva", che non hanno quindi bisogno di un lungo periodo di maturazione (vini giovani o vini novelli) quali ad esempio i vini bianchi, che sono sempre morbidi e delicati. Si fa ancora una pigiatura sommaria per quelle uve che hanno sapore anormale e non gradevole; quando si vogliono ottenere vini bianchi da uve nere (vinificazione in bianco). Per quanto riguarda alcune lavorazioni particolari, come il vin santo, la pigiatura può essere effettua, come avveniva anticamente, con i piedi; anche se oggi tale pratica è molto onerosa, dal punto di vista tecnico pigiare l'uva con i piedi è qunanto di meglio si possa fare in quanto il piede dell'uomo può far uscire dall'acino tutto ciò che interessa, senza rompere i vinaccioli è senza schiacciare i raspi. La pigiatura meccanica è effettuata mediante apparecchi che prendono il nome di pigiatrici; queste si dividono in semplici, che cono quelle che effettuano il solo lavoro di pigiatura, ed in composte, che si dividono, a loro volta, in due tipi:

pigiadiraspatrici, che effettuano la pigiatura e la diraspatura;

torchi continui, che effettuano sia la pigiatura sia la di torchiatura delle vinacce.

Le pigiatrici semplici possono essere a cilindri e a rulli scanaellati; con queste ultime, che lavorano a compressione, l'uva è frantumata, in modo non violento, ma semplicemente per schiacciamento tra i rulli di ferro scannellati e rivestiti di gomma. Uno dei rulli non è fisso al proprio asse ma può allontanarci ed avvicinarci automaticamente, nel caso in cui qualche corpo estranee sia presente nell'uva. Tra le pigiatrici composte ricordiamo la pigiatrice diraspatrice elicoidale centrifuga ad asse orizzontale che ha il pregio di effettuare una pigiatura completa ed uniforme. Esiste anche una pigiatrice diraspatrice centrifuga ad asse verticale; in questo tipo di macchina il mosto cade in basso seguito dalle bucce e dalle polpe cariche di liquido; i raspi invece, in quanto più leggeri, risalgono verso l'alto ed escono da un foro che si trova lateralmente alla tramoggia di carico delle uve. I torchi si dividono in discontinui e continui e trovano impiego nella pigiatura di certe uve particolari e, soprattutto, per l'esaurimento delle uve pigiate e delle vinacce fermentate e vergini. I torchi discontinui si dividono in:

Torchi a vite e a leva, molto usati nelle piccole cantine, vengono azionati quasi sempre a mano. In essi la forza motore è amplificata da una vite alla quale viene trasmessa da una leva che può essere semplice o multipla. Nel sistema a leva multipla il moto alternativo del la leva è trasformato in moto circolare continuo mediante "arpionismi".

Torchi idraulici, il principio su cui si basano i torchi idraulici è quello di Pascal: "La pressione esercitata in un qualsiasi punto di un liquido, si trasmette con uguale intensità in tutti i sensi". Quindi se viene esercitata una pressione su di un pistone a piccola superficie, essa sarà trasmessa su un pistone a superficie maggiore, amplificata secondo il rapporto fra le superfici:

La pressione che si esercita sulle vinacce è dell'ordine dei 10 - 18 Kg/cm2. I torchi idraulici possono dividersi in:

torchi idraulici a pressione ascendente;

torchi idraulici a pressione discendente;

Torchi continui elicoidali. In questi torchi l'uva pigiata arriva nella tramoggia dove un sistema di pareti mobili a mascella afferra la massa solida e la comprime su di un'elica molto corta e di grande diametro. L'elica afferra la massa e la trasporta in una gabbia metallica finemente forellata sospingendola poi verso la bocca di uscita. La massa solida è così costretta a percorrere un lungo tratto di gabbia forellata in questo modo si addensa e viene spremuta; un restringimento regolabile della bocca di scarico aiuta la fase di spremitura. Questo tipo di torchio presenta numerosi vantaggi quali ad esempio un minimo impiego di mano d'opera, rapidità di lavorazione, possibilità di alimentazione e scarico a mezzo di nastri trasportatori. Questi torchi sono anche detti velocipresse e superpresse.

Torchi continui e pressa - filtro pneumatica Willmes. Sono costituiti da un cilindro in acciaio inossidabile. munito di numerose fenditure e corazzato di anelli di acciaio; presenta, internamente, un grosso polmone in gomma che si gonfia mediante aria compressa. Tra i vantaggi di questa pressa si ricorda: risparmio di tempo e di mano d'opera, aumento di resa, eliminazione delle sfregamento e maciullamento delle bucce. La pressa Willmes può servire per il trattamento delle uve intere, per quello delle uve pigiate e diraspate, per le vinacce vergini o fermentate e per le feccie. La compressione si effettua portando la pressione all'interno del polmone al valore prestabilito e mantenendola per un certo tempo.

 

LA DIRASPATURA

 

E' l'operazione che separa i graspi dagli acini e viene effettuata nei seguenti casi:

vinificazione di uve molto ricche di tannino e d'acidità; in questo caso, infatti, lasciando i raspi in macerazione si arricchirebbe ulteriormente il mosto e quindi il vino in tannini, sostanza molto abbondantemente nei raspi;

nel caso si debbano vinificare uve non perfettamente mature e quindi già con acidità abbondante;

nel caso di vinificazione di uve danneggiate dalla grandine, dalle malattie crittogamiche e dagli insetti;

nel caso di vinificazione di uve mature, che presentino però i graspi verdi (pericolo di sapori erbacei);

nel case di uve stramature o appassite nelle quali i graspi si presentano secchi e quindi in grado di assorbire quantità sensibili di alcool e conferire cattivi sapori;

quando si vogliono ottenere vini morbidi, delicati e di pronta beva;

nel caso della preparazione dei vini liquorosi che hanno la caratteristica di essere robusti, ma non aspri;

nel case di vinificazione nei climi meridionali, per non avere un inizio troppo rapide nelle fermentazioni;

nel caso della preparazione di vini bianchi da uve nere.

Non è consigliabile diraspare nei seguenti casi:

quando si vinificano uve scialbe, poco ricche di acidità, di tannino e di zucchero;

nel case si debbano vinificare uve molto ricche di sostanze azotate, uve provenienti da viti eccessivamente produttive, uve coltivate in terreni eccessivamente concimati In queste casi si é osservato che la presenza dei graspi diminuisce il pericolo di formazione delle casse ossidasiche;

quando lo stato dei graspi è normale, cioè ne troppo secchi, ne troppo verdi;

nel caso si debbano preparare vini, robusti, austeri. sia per il consumo diretto che per il taglio con altri vini. In alcuni casi per quei vini che debbono essere lungamente invecchiati;

nel case di vinificazione in climi freddi, per ottenere un più regolare e breve processo fermentativo.

 

LA SGRONDATURA

 

Con questa operazione si ricava, dalle uve pigiate, una parte del mosto (detto mosto fiore) e delle vinacce ancora umide e ricche di mosto. La sgrandatura può essere condotta anche senza macchine, facendo sgrondare le uve su recipienti forati. Oggi le moderne cantine sono fornite di macchine chiamate sgrondatori meccanici costituite da gabbie cilindriche rotanti; in esse arriva l'uva pigiata ed esce dai fori il mosto, mentre la vinaccia sgrondata esce dalla parte opposta all'ingresso dell'uva. Nella vinificazione in bianco e in rosato, è di grande aiuto ricorrere all'uso della sgrondatura per separare il mosto fiore dalle vinacce. La vinaccia che esce dallo sgrondatore può passare poi ai torchi continui e ai torchi idraulici. L'operazione di sgrondatura consente di ottenere in modo continuo oltre il 50 - 60% di mosto fiore.

Gli sgrondatori si classificano in base al loro funzionamento:

sgrondatori che agiscono per setacciatura;

sgrondatori che agiscono per setacciatura accompagnata da una leggera pressione;

sgrondatori che agiscono per sedimentazione o setacciatura dovuta ad azione centrifuga.

Affinché gli sgrondatori diano il massima rendimento è importante che la loro alimentazione avvenga con uve pigiate in presenza dei raspi; questi, infatti, aiutano la separazione del mosto dalla parte solida con azione di drenaggio.

 

LA TORCHIATURA

 

Questa operazione è la più faticosa e costosa del processo di vinificazione. Può essere effettuata su vinacce non fermentate, su vinacce fermentate e sull'uva. La torchiatura è l'operazione che mira a sottrarre alle vinacce la maggior parte del mosto e del vino che esse contengono; nel caso di vinacce fermentate l'operazione deve essere effettuata immediatamente dopo la svinatura, in quanto ci troviamo di fronte ad una materia prima instabile, facilmente soggetta alla acidificazione ed alla perdita di alcool. E' opportuno accertarsi, prima di passarle al torchio, che le vinacce, specialmente in superficie, siano sane. Va ricordato che torchi idraulici operano con un'azione di pura compressione mentre i torchi continui elicoidali operano con un’azione combinata di compressione e di sfregamento, con prevalenza dell'una e della altra a seconda delle soluzioni meccaniche adottate. Infine occorre fare una distinzione tra vinacce di uve bianche, che solitamente ci torchiano vergini, e quelle di uve resse, che normalmente si torchiano fermentate.

 

 

 

 

LA VINIFICAZIONE

 

La vinificazione del vino si può distinguere essenzialmente in due categorie, la vinificazione in bianco o in rosso con altre particolari quali la spumantizzazione, la vinificazione in rosato, la macerazione carbonica

LA VINIFICAZIONE IN BIANCO

Per vinificazione in bianco si intende quel sistema di produzione del vino che separa immediatamente le vinacce e i raspi dal mosto ottenuto per pigiatura e pressatura delicata dei grappoli.

Questa tecnica, applicata sia alle uve bianche che alle uve rosse per ottenere vini bianchi, evita ogni forma di macerazione e fermentazione del mosto con le vinacce, impedendo a queste di cedere, oltre al colore, anche altre sostanze che possono conferire al vino caratteristiche aromatiche poco gradite.

Il mosto così ottenuto si lascia riposare per due o tre giorni alla temperatura di 10° C in contenitori adeguati, permettendogli così di depositare sul fondo le numerose particelle solide ancora presenti (fecce). E’ questa la fase di chiarificazione o illimpidimento del mosto . Separate le fecce dal mosto inizia la vera e propria fermentazione ovvero la trasformazione del succo d’uva in alcool e anidride carbonica per opera dei microrganismi chiamati lieviti. Nelle moderne aziende enologiche si utilizzano lieviti selezionati che “guidano” la fermentazione verso il risultato voluto, facendo in modo che si sviluppino maggiormente alcuni aromi graditi a discapito di altri meno desiderabili. A questo punto il vino è pronto per essere conservato per un tempo variabile dai quattro agli otto mesi sino a maturazione. Seguirà quindi la fase dell’imbottigliamento e del consumo.

LA VINIFICAZIONE IN ROSSO

Per vinificazione in rosso si intende quel sistema di produzione di vino in cui le parti solide dell’acino, ovvero bucce e vinaccioli, restano in contatto con il mosto per un tempo variabile. Questa fase è detta di macerazione e permette alle bucce e ai vinaccioli di trasferire al mosto i pigmenti, i tannini e le sostanze aromatiche in loro presenti in quantità proporzionale al tempo stesso di macerazione che varia a seconda del tipo di vino che si vuole ottenere: dai sette ai quindici giorni se si desidera un vino corposo e colorato,; da uno a quattro giorni se si desidera un vino più leggero. La fermentazione viene aiutata dall’aggiunta di lieviti selezionati e presto gli zuccheri trasformati in alcool aiutano sciogliere le parti solide che, a causa della produzione di anidride carbonica, tendono verso l’alto, formando il cosiddetto cappello che dovrà essere disperso diverse volte durante l’arco della giornata, per permettere alle parti solide di rientrare a contatto con il mosto. Questa operazione chiamata follatura o rottura del cappello, viene eseguita manualmente con uno strumento idoneo detto follatore, o con il metodo del rimontaggio che consiste nel disperdere le vinacce prelevando con pompe un terzo del mosto dal basso del contenitore facendolo ricadere a pioggia dall’alto sul cappello. I moderni recipienti di fermentazione sono invece dotati di agitatori meccanici. Oltre ai vantaggi già descritti, la follatura permette una dispersione rapida del calore originato dalla fermentazione che non deve mai superare i 30° C e un altrettanto rapido allontanamento dell’anidride carbonica con immissione di ossigeno che favorisce la moltiplicazione dei lieviti. Impedisce inoltre l’acetificazione del vino.

Quando gli zuccheri sono stati già trasformati in alcool, la produzione di anidride carbonica cessa e il cappello scende nel fondo della vasca. A questo punto si procede al travaso del vino purificato dalle vinacce in altro contenitore, oppure si può prolungare di qualche giorno la macerazione se si vogliono ottenere vini più robusti.

Dopo il travaso inizia la fermentazione malolattica che consiste nella trasformazione dell’acido malico, responsabile del gusto acido del vino, in acido lattico, che donerà al futuro vino un gusto meno aspro e più gradevole.

Se il vino ottenuto con la vinificazione in rosso è ben strutturato e particolarmente importante può essere ulteriormente arricchito dalla sosta per diversi mesi all’interno delle barriques, piccole botti in rovere francese della capacità di 225 litri ciascuna, seguita dall’affinamento in bottiglia che può durare da un minimo di sei mesi fino a diversi anni.

LA VINIFICAZIONE IN ROSATO

Il vino rosato è molto leggero di corpo e scarso di colore. Può essere ottenuto dalla vinificazione di uve rosse in cui la buccia è poco ricca di colore, oppure può essere ottenuto da un uvaggio cioè dalla mescolanza di uve rosse e bianche. Di solito però per produrre vini rosati si utilizzano uve rosse vinificate in bianco, cioè senza bucce o con breve macerazione delle vinacce che vengono separate dal mosto dopo brevissimo tempo e la fermentazione prosegue senza le parti solide.

LA SPUMANTIZZAZIONE

La spumantizzazione consiste in una rifermentazione del vino, appositamente scelto, mediante l’aggiunta di zucchero e lieviti selezionati. Esistono due principali metodi di spumantizzazione: il metodo Champenois e il metodo Charmat.

Il metodo Champenois avviene direttamente in bottiglia e con questo sistema si ottengono lo Champagne e i migliori spumanti secchi italiani. In sostanza si tratta della rifermentazione in bottiglia di un vino bianco, detto vino di base, ottenuto con la vinificazione in bianco, a cui si aggiunge dello sciroppo zuccherino e dei lieviti selezionati. Il vino così trattato viene imbottigliato provvisoriamente e le bottiglie vengono disposte in cataste in un ambiente che non superi i 10°-12° C. Inizia qui la rifermentazione del vino detta anche presa di spuma che può durare dai due ai sei mesi. In seguito le cataste vengono sfatte e rifatte più volte per rimettere in sospensione le fecce depositatesi nelle bottiglie.

Inizia ora la maturazione del vino, ormai spumante, che può durare anche alcuni anni. A questo punto si procede al rémuage, ovvero all’eliminazione delle fecce dalla bottiglia che vengono inviate sulla punta ed espulse tramite una rapida stappatura. La parte di spumante persa si rimpiazza e in alcuni casi, per dare una caratteristica particolare al prodotto, si aggiunge del mosto, del vino o del distillato di vino.

Con il metodo Charmat la rifermentazione o presa di spuma del vino di base avviene in un’autoclave di grandi dimensioni. Una seconda autoclave, collegata alla prima, riceve il vino rifermentato e lo separa dalla feccia mediante filtrazione o centrifugazione. Lo spumante così ottenuto passa in una terza autoclave e infine all’imbottigliamento. Tra la presa di spuma e l’imbottigliamento trascorrono circa due o tre settimane. Questo metodo di spumantizzazione è più adatto alle uve aromatiche come il Moscato e la Malvasia.

Il Moscato spumante prodotto in Gallura è il risultato di un’unica fermentazione. Per la presa di spuma viene infatti utilizzato non il vino di base ma il mosto stesso conservato in appositi contenitori refrigerati fino all’avvio del processo di spumantizzazione.

LA VINIFICAZIONE CON MACERAZIONE CARBONICA

La vinificazione con macerazione carbonica comprende due fasi successive.

Nella prima l’uva vendemmiata non è sottoposta ad alcuna pigiatura e viene inserita a grappoli interi in un recipiente a chiusura ermetica Lo spazio che resta libero viene riempito di anidride carbonica. In queste condizioni le cellule degli acini, ancora vive, sono costrette dal gas e dall’assenza di ossigeno a produrre glicerina e altri composti demolendo intanto gli acidi ed in particolare l’acido malico. In questo modo si otterrà un succo meno acido. Il peso dei grappoli sovrastanti schiaccia intanto gli acini sottostanti da cui si liberano piccole quantità di mosto che cominciano a fermentare. La macerazione dura da cinque a venti giorni, secondo la temperatura (20-30°C).

Segue quindi la seconda fase della vinificazione: l’uva macerata viene pigiata e il mosto avviato alla normale fermentazione alcolica, che avrà termine in due o tre giorni. Il vino così ottenuto deve avere almeno 11° e non più di 10 g/l di zucchero. Per legge non può essere immesso al consumo prima del 6 Novembre dell’anno di produzione delle uve. Per assaporarne appieno la freschezza e la fragranza deve essere consumato entro la primavera successiva alla vendemmia. I vini novelli prodotti da molte aziende enologiche Galluresi sono di ottima qualità e niente hanno da invidiare al famoso Beaujolais, il “nouveau” francese prodotto nella zona da cui prende il nome.

Dopo questa sommaria spiegazione qui di seguito entriamo in alcuni particolari della vinificazione:

  

 SISTEMI DI VINIFICAZIONE

 

I sistemi di vinificazione possono essere classificati nei seguenti tipi:

 

Vinificazione delle uve rosse con macerazione delle vinacce, con o senza raspi, per tempi più o meno lunghi.

Vinificazione delle uve bianche, senza contatto con le vinacce o solo con contatto parziale delle vinacce (vinificazione in bianco o vergine).

Vinificazione dei vini bianchi da uve rosse.

Vinificazione dei mosti di uva rossa senza contatto con le vinacce (in rosato o cerasuolo).

Vinificazione con macerazione parziale delle uve rosse ammostate con le proprie vinacce con o senza raspi (vinificazione in chiaretto).

Vinificazione con macerazione carbonica o metodo Flanzy.

Vinificazione per macerazione a caldo,

 

Vinificazione con macerazione delle vinacce. La presenza delle vinacce, anche prive dei raspi, produce nei mosti una fermentazione più attiva e più rapida in quanto le parti solide favoriscono l’apporto di ossigeno che facilita la moltiplicazione dei lieviti. L'uva appena ammostata con pigiatrici ad alta velocità. viene messa nei tini di fermentazione dove subirà la solfitazione, seguita poi dalla fermentazione. I tini di fermentazione non vanno riempiti completamente tenendo conto dell'aumento di volume del mosto fermentato e della utile e necessaria permanenza di uno strato di anidride carbonica sul cappello. Lo spazio da tenere libero varia dal 12% al 20% della capacità dei tini, le dosi di anidride solforosa per la solfitazione vanno da 8 a 0 grammi per ettolitro, per uve sane, e da 15 a 25 grammi per ettolitro per uve alterate. Dopo la prima fase di fermentazione con macerazione più o meno prolungata, si effettua la svinatura seguita dalla defecazione ed eliminazione delle sostanze indesiderabili. La fermentazione in rosse delle uve ammostate si può effettuare in tini aperti (con cappello emerso o sommerso) ed in tini chiusi. Nei tini aperti è necessario provvedere alle follature, in quanto il cappello di vinacce, emerse per azione dell'acido carbonico, forma una massa molto densa e dura che è necessario rompere mediante le follature, evitando cosi il pericolo di alterazione di questa massa dura. Mediante le follature si rimescola il mosto riducendo la durezza del cappello e regolando cosi la temperatura e la fermentazione. Le follature vanno effettuate almeno due volte al giorno. I follatori usati nelle piccole cantine possono essere di legno ed, in questo case, l’operazione è molto onerosa. Quelli usati nelle grandi cantine sono tutti ad aria compressa a bassa pressione in modo da poter arieggiare uniformemente il mosto e mettere a sua disposizione l'ossigeno di cui necessita nei primi momenti della fermentazione, ciò al fine di incrementare la crescita della flora lievitiforme. Nel caso dei tini chiusi a cappello sommerso, per arieggiare la massa si effettuano dei rimontaggi usando delle pompe e pescando la massa dal fondo del vaso di fermentazione e svinando il liquido dalla parte superiore del contenitore. La durata della fermentazione può essere breve (2 - 3 giorni), ed in questo caso non si tratta di fermentazione tumultuosa completa; in genere queste fermentazioni brevi sono caratteristiche dei climi meridionali, in quanto ci troviamo in condizioni ambientali che consentono un immediato inizio della fermentazione, ed inoltre perché l’alta temperatura e l'abbondante quantità di alcool, che si sviluppa in breve tempo, permette al mosto di arricchirsi del contenuto delle vinacce (sostanze coloranti). Spesso la svinatura deve essere effettuata forzatamente, in quanto non si ha altra mezzo per abbassare la temperatura. Tali fermentazioni brevi, sono adottate anche per i vini amabili, ed il prodotto che si svina è sempre torbido e deve essere sottoposto ad una fermentazione complementare. Le fermentazioni di media durata sono quelle che si protraggono per 5 - 8 giorni, sono caratteristiche dei climi temperati. Le fermentazioni di lunga durata sono quelle che si protraggono per 9 - 15 giorni ed oltre. Dopo questi tempi si hanno vere e proprie macerazioni; tali macerazioni sono da effettuarsi nel caso di vini che dovranno subire un lungo invecchiamento, in questo caso, infatti, è necessario che il vino sia ricco di sostanze coloranti, tannino ed acidità, al fine di sopportare bene un periodo di lungo invecchiamento e di superare altrettanto bene il processo di affinamento. Le fermentazioni devono essere seguite con il termometro, con le degustazioni ed eventualmente con le analisi di laboratorio. Nei climi caldi la vinificazione delle uve rosse deve seguire dei particolari criteri: occorre diraspare le uve, adottare tini di fermentazione di dimensioni ridotte, svinare anticipatamente, quando la temperatura raggiunge limiti pericolosi, ricorrere sempre alla solfitazione con anidride solforosa quale mezzo per lottare contro l’innalzamento eccessivo della temperatura che è il problema chiave della vinificazione nei climi meridionali. Oggi si può ridurre in parte l'inconveniente dell’alta temperatura ricorrendo alla refrigerazione o meglio ancora refrigerando i locali di fermentazione.

Vinificazione in bianco senza contatto o con parziale contatto con le vinacce. Questo tipo di vinificazione si esegue facendo avvenire la fermentazione del mosto fuori dal contatto delle bucce. Questo sistema di vinificazione si applica per ottenere vini bianchi limpidi e stabili partendo da uve bianche e, quando si vogliono ottenere vini rosati, da uve rosse. La vinificazione in bianco è tecnicamente molto più delicata di quanto non sia la vinificazione in rosso in quanto i vini bianchi sono più facilmente soggetti ad alterazioni microbiche e a fermentazioni anomale. Attualmente nei vini bianchi si cerca di ottenere caratteri di freschezza di gusto ed il cosiddetto sapore di fruttato, che ricorda un poco il sapore dell'uva da cui proviene il vino. Per ottenere vini bianchi di buona qualità, occorre partire da uve con una buona percentuale di acidità fissa, caratteristica questa dell’uva non troppo matura. E’ necessario quindi raccogliere le uve leggermente acerbe, al fine di ottenere vini bianchi di buona qualità. Le uve devono essere perfettamente sane, prive di attacchi da parassiti specialmente dalla muffa Botrytis. La vinificazione in bianco mira all'immediata estrazione del succo dal frutto, in maniera che la fermentazione riguardi solo la parte liquida, mentre la solida deve essere separata ed avviata alla distillazione. Nella vinificazione in bianco è sempre consigliabile la pigiatura senza la diraspatura per non maltrattare la materia prima. Occorre evitare, per quanto possibile, la produzione di feccia; la pigiatura o pressatura il raspo sono fattori positivi in quanto esercitano un’azione meccanica drenante durante la pressatura, tanto da aumentare in maniera considerevole la resa dei torchi. Si procederà quindi ad una pigiatura sommaria con pigiatrici a rullo, quindi la massa verrà pompata nei sistemi di esaurimento mediante pressatura. La validità della funzione del raspo è ampiamente dimostrata dagli ottimi risultati che si possono ottenere con la pressatura diretta delle uve, senza la pigiatura. I mosti bianchi devono contenere piccole quantità di fecce, di polifenoli, di leucoantociani, di ferro, dell’enzima polifenol –ossidasi, di potassio e calcio (che fungono da catalizzatori di ossidazione). Tutti questi composti aumentano in maniera considerevole con lo stritolamento delle parti vegetali. Il sistema migliore di pigiatura rimane senza dubbio la pressa orizzontale, anche se ha resa unitaria abbastanza ridotta. Per avere vini bianchi molto fini bisogna, ricorrere alla selezione dei mosti, scartando quelli di ultima pressatura. Per alcuni vini bianchi di particolare finezza occorre utilizzare solamente il 60% del mosto sgrondato, scartando il resto; è necessario ricorrere anche alla solfitazione del mosto mediante anidride solforosa, che svolge azione antisettica selettiva sui lieviti della fermentazione ed un'azione antiossidativa. La dose consigliabile di anidride solforosa nella vinificazione dei vini bianchi si aggira intorno ai 50 - 100 mg/lt, aggiunta da effettuarsi il più presto possibile. E' molto importante, nei mosti bianchi effettuare la defecazione, tale operazione consiste nell'allontanamento di tutte le materie fecciose e, di norma, precedere la alla fermentazione. Quando le parti torbide sono precipitate si procede al travaso del mosto, con le comuni pompe di cantina, e quindi si da l'avvio alla fermentazione degli zuccheri ricorrendo ai lieviti selezionati. Un metodo di defecazione attualmente molto usato consiste nella centrifugazione; la centrifugazione, infatti, è il processo di defecazione più completo in quanto si ottiene una sfecciatura perfetta del mosto con eliminazione di molte impurità. Si può far seguire alla centrifugazione una immediata, pastorizzazione ad elevate temperature 80 – 85 °C per inattivare la flora microbica naturale, distruggendo soprattutto i pericolosi enzimi polifenol-ossidasici che alterano il gusto ed il colore del prodotto e che sono agenti della casse ossidasica. La pastorizzazione va effettuata con i moderni scambiatori a piastre, aggiungendo eventualmente una quarta sezione di raffreddamento a salamoia, in modo da preparare il prodotto per la fermentazione a bassa temperatura. Per fermentazione a bassa temperatura si intende quella effettuata mediante raffreddamento del mosto con l'impiego di macchine refrigeranti al fine di poter compensare l’energia termica generata dalla fermentazione (25 calorie ogni grammomolecola di zucchero). Gli impianti di raffreddamento per fermentazioni a bassa temperatura si distinguono in: cantine condizionate a bassa temperatura. cioè termoisolate. con contenitori in acciaio inox; raffreddamento mediante scorrimento di acqua fredda (5°C) sul serbatoio di acciaio inox o di vetroresina.

Vinificazione dei vini bianchi da uve rosse. Anche in questo caso occorre utilizzare uve non troppo mature preferendo quelle ancora un po' acerbe. Le uve si torchiano leggermente e la vinaccia viene subito allontanata, la lavorazione del mosto cosi ottenuto può essere fatta secondo vari metodi; alcuni tecnici consigliano di refrigerare il mosto in modo da evitare ogni piccolo movimento di fermentazione, successivamente si fa gorgogliare aria nel mosto in modo da ossidare e precipitare le sostanze coloranti, quindi si filtra in modo da ottenere mosto incolore che viene fatto fermentare con i normali metodi ed accorgimenti. Altri tecnici ritengono superfluo il raffreddamento del mosto, in quanto ritengono di ottenere lo stesso risultato con il solo arieggiamento, al quale fanno seguire l'aggiunta di metabisolfito di potassio in ragione di 4 - 8 gr/hl. Non bisogna dimenticare che è necessario partire da uve di ottima qualità per avere i migliori risultati.

Vinificazione dei vini rosati o cerasuoli. I vini rosati sono quelli che si ottengono con la fermentazione in bianco delle uve rosse, cioè senza macerazione, ma con il breve contatto con le vinacce del mosto solfitato, travasato e fatto successivamente fermentare in bianco dopo averlo separatamente tolto dal contatto con le vinacce. I vini detti cerasuoli sono quelli nei quali la macerazione si prolunga per più tempo che nei rosati e cioè fino a quando inizia la fermentazione tumultuosa. Per la loro composizione assomigliano ovviamente più ai vini rossi che ai bianchi. Nel caso ci si trovi di fronte ad uve di colorazione molto intensa per preparare i vini rosati si adotta la lavorazione in bianco. Se al contrario le uve rosse sono a scarsa colorazione, per ottenere vini rosati é necessario effettuare una brevissima fermentazione in presenza delle vinacce, svinare e quindi terminare la fermentazione del mosto fuori dal contatto con le vinacce. Trattandosi di un tipo di vinificazione adottata per l'ottenimento di vini fini, la linea di lavorazione di questi vini deve prevedere attrezzature all'avanguardia; occorrono, infatti, pigiatrici diraspatrici che lavorino con molta delicatezza, del tipo a rulli pigianti rivestiti con gomma e con diraspatore lento. Con questi si effettua una semplice rottura dell’acino e non si rompono i raspi, il pigiato cosi ottenuto viene inviato nei tini di fermentazione dove subisce la macerazione che deve essere brevissima (24 - 48 ore), la solfitazione moderata al fine di non impedire la disacidificazione naturale e ridurre al minimo le sostanze tanniche; occorre anche provvedere alla immediata spremitura della vinaccia con sgrondo-presse per avere la massima quantità di mosto di primissima qualità.

Vinificazione in chiaretto. E' un tipo di vinificazione che si effettua vinificando in bianco i 3/4 dell'uva rossa; l'uva viene immediatamente pressata ed il mosto fiore viene subito avviato ai tini di fermentazione, a questo mosto di uve rosse vinificato in bianco, si aggiunge poi 1/4 dell'uva pigiata e diraspata rossa. Si tratta quindi di una vinificazione mista in presenza di una quantità di vinacce molto inferiore a quella della vinificazione normale. Si termina poi con la svinatura.

Vinificazione con macerazione carbonica. Il merito di questa tecnica di vinificazione si deve al francese Flanzy, che rifacendosi ad una considerazione del grande biologo Pasteur, diede il nome a questo tipo di vinificazione, nota anche come vinificazione in atmosfera anaerobica e cioè in assenza di ossigeno. Pasteur infatti scriveva che tenendo l'uva in grappoli in atmosfera di anidride carbonica, si potevano creare dei vini dotati di particolare fragranza e freschezza. Cosi si sarebbero ottenuti quei vini come il Beaujolais, noti come vini novelli. La tecnica consiste nel porre i grappoli interi, sani e ben maturi, in adatti contenitori dove si è creata un'atmosfera di anidride carbonica. Nel tino possiamo quindi distinguere tre fasi: una fase inferiore costituita da uno strato di mosto proveniente dal succo fuoriuscito dagli acini spaccati durante il riempimento del tino, una fase di uva intera immersa nel mosto, una fase di uva intera in ambiente di anidride carbonica. Dopo uno o due giorni dalla immissione dell'uva nel tino la parte liquida inferiore inizia a fermentare producendo anidride carbonica che mantiene il vino privo d'aria. L'uva viene lasciata in tali condizioni per un periodo che può variare da pochi giorni ad una trentina a secondo dello stato di sanità dell'uva e della temperatura; terminata la fermentazione si scarica il liquido di fondo, si vuota il tino del l'uva intera che viene pigiata o pressata. Nell’uva intera, durante il condizionamento, si sono avute modificazioni a carico di parecchi costituenti; una parte degli zuccheri all’interno degli acini vengono trasformati in alcool, per azione di enzimi endogeni, con formazione di anidride carbonica e di prodotti secondari simili a quelli che si formano ad opera dei lieviti. Inoltre si osserva una metabolizzazione degli acidi organi ci soprattutto de11’acido malico, che scompare dal chicco anche per più del 50% senza formazione di acido lattico, si può notare anche una diminuzione lieve dell'acido tartarico. Dal punto di vista organolettico si ha la formazione di sostanze volatili che sviluppano particolari aromi (profumo di fruttato intenso).

Vinificazione per macerazione a caldo o termovinificazione. Questo tipo di fermentazione consiste nel riscaldare il pigiato mediante speciali attrezzature quali scambiatori di calore funzionanti ad acqua calda o vapore, per tempi variabili da 5 a 30 minuti a temperature variabili da 50 a 80 °C. La fermentazione si può effettuare sul mosto ottenuto dalla torchiatura della massa o anche sul pigiato; in entrambi i casi è però necessario ricorrere al raffreddamento per assicurare regolarità al processo fermentativo. Gli scopi che si prefigge l’impiego del riscaldamento delle uve o del pigiato sono i seguenti:

estrazione del colore e delle altre sostanze per effetto della permeabilizzazione delle pareti cellulari e della plasmolisi dovuta al calore;

effetti sulla microflora per ottenere una sterilizzazione o una selezione dei lieviti responsabili della fermentazione;

inattivazione degli enzimi per prevenire la casse ossidasica o rottura ossidasica, in quanto viene inattivata la polifenolossidasi;

altri effetti secondari riguardano le caratteristiche di aroma del prodotto.

L'estrazione dei pigmenti fenolici viene privilegiata rispetto a quella dei tannini, l'effetto della temperatura è in stretta relazione al tempo di riscaldamento. Il miglioramento della stabilità è un altro effetto importante, infatti alcuni vini sono come, come è noto, molto sensibili alla casse ossidasica, provocata dalla presenza nel mosto e nel vino di polifenolossidasi. ed in modo particolare da attacchi di Botrytis Cinerea. L'effetto del calore consente di poter prevenire queste al terazioni, infatti è praticamente dimostrato che la polifenolossidasi è completamente inattiva a temperatura superiore ai 70°C, mentre a temperature oscillanti tra i 30 e 40°C, l'azione delle ossidasi è accelerata. E' quindi molto importante, nel trattamento termico delle uve o del pigiato, superare rapidamente questo intervallo di temperatura critica ed evitare il più possibile il contatto con l'aria. I vini così ottenuti presentano un corpo più pieno, un aroma più etereo e fruttato, un’intensità di colore notevole e forte resistenza all'ossidazione. Riassumendo, con questo trattamento avremo delle caratteristiche organolettiche migliori; per concludere si può affermare che il riscaldamento del pigiato di uve rosse permette di estrarre i costituenti della buccia che passano nel mosto pressando la massa prima della fermentazione. Questa estrazione è molto importante e più intensa di quella che si ottiene durante la vinificazione classica in presenza di vinacce e con la macerazione delle stesse.

 

 

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