STORIA
DI ROMA La
seconda guerra punica - I° Parte
Amilcare in Spagna - Annibale - L'invasione dalle Alpi - Le sconfitte del Ticino, del Trebbia e del Trasimeno - Quinto Fabio Massimo temporeggia - Canne Amilcare
Barca non si dava per vinto. Nel 237 a.C. convinse il re cartaginese
Annone il Grande
a concedergli una spedizione in Spagna. Partendo dalle colonie che già
si trovavano nella penisola iberica, Amilcare intendeva dominare quel
territorio ricco di risorse naturali (oro, rame, ferro, stagno). Alla
morte di Asdrubale, nel 221 a.C., Annibale, appena venticinquenne, divenne
il generale in capo dell'esercito cartaginese. Annibale
si apprestava ad invadere l'Italia romana da nord, nel 218 a.C. attraverso
le Alpi.
Il suo esercito era composto da 50.000 fanti e 90.000 cavalieri, nonché
da trentasette elefanti. Passato l'Ebro, attraverso non senza difficolta
i Pirenei, e qui si trovò di fronte alle popolazioni galliche.
Roma aveva
affidato il comando delle operazioni a due consoli: Publio Cornelio
Scipione, patrizio, e a Tiberio Sempronio Longo, plebeo.
Il Primo doveva partire per la Spagna, il secondo sbarcare in Africa
per colpire Cartagine al cuore.
Nel 217 i romani affidarono le sorti della città a un nuovo dittatore: il generale Quinto Fabio Massimo, di discendenza patrizia e già vittorioso contro i liguri. Egli non decise di attaccare Annibale, ma si limitò a fortificare le mura della città. Annibale, in conseguenza di ciò, decise di non attaccare subito Roma, proseguendo nel suo piano di accerchiamento: egli intendeva conquistare i popoli italici sia del nord che del sud, in modo tale da indebolire la supremazia romana e schiacciarla nella morsa di una generale insurrezione popolare. Incontrata una imprevista resistenza a Spoleto, saltò la città ostile e si diresse verso l'Apulia (l'odierna Puglia). Le colonie romane di Lucera e Venosa lo contrastarono però vigorosamente, cosicché decise di dirigersi verso la Campania in direzione del Sannio. Quinto
Fabio Massimo adottava una tattica attendista. Il suo esercito seguiva
quello cartaginese da vicino, senza ingaggiare battaglia, nell'attesa
di trovarsi sul terreno favorevole per attaccare.
Fatto sta che i cartaginesi continuavano a saccheggiare i paesi che
attraversavano, e lo scontento cominciava a farsi largo tra il popolo. In effetto un occasione si presentò a Fabio Massimo: l'esercito cartaginese si era imbottigliato fra Teano e Cales. Fabio Massimo controllava l'uscita della valle, ma Annibale, con uno stratagemma degno di Ulisse, riuscì a cavarsela anche questa volta: ordinò di attaccare delle fascine sui fianchi di una mandria di buoi e poi, appiccato il fuoco, la scagliò contro l'esercito romano. Lo scompiglio fu tale che i cartaginesi ebbero il tempo di fuggire. Nella
primavera del 216, scaduta l'investitura di Fabio Massimo, furono eletti
due nuovi consoli: Lucio Emilio Paolo, patrizio, e Caio Terenzio Varrone,
di "esemplare" estrazione plebea (figlio di un macellaio,
egli stesso in passato garzone).
La parola d'ordine era attaccare finalmente Annibale per cancellare la "vergognosa" tattica attendista di Fabio Massimo. Lo scontro tra i due eserciti avvenne a Canne, sconosciuto villaggio nei pressi del Gargano. I romani avevano a disposizione 50.000 fanti e 6.000 cavalieri, i cartaginesi 35.000 fanti e 10.000 cavalieri. L'esercito romano era però gravato del disaccordo tra i due consoli, l'uno era contro le decisioni dell'altro, il patrizio contro il plebeo. Annibale tese inoltre una trappola: finta la diserzione di 500 numidi, giunti presso i romani, i soldati sguainarono all'improvviso le spade contro i legionari. Annibale era strategicamente superiore ai due consoli, la polvere accecava l'esercito romano e la cavalleria cartaginese accerchiò facilmente i nemici. Fu una strage. L'attacco romano fu deciso da Varrone all'insaputa del console patrizio. I romani lasciarono sul campo 45.500 fanti 2.700 cavalieri. Morirono Lucio Emilio Paolo e i tribuni militari Gneo Servilio Gemino e Marco Minucio Rufo, oltre a ottanta senatori partiti come volontari. Varrone si rifugiò a Venosa. Canne fu la sconfitta più pesante della seconda guerra punica: la Gallia Cisalpina era da tempo in rivolta, solo qualche avamposto romano ben difeso presidiava le zone del nord, con la sconfitta di Canne anche il sud della penisola era in balia dell'invasore, con Roma ora vi era solo l'Italia centrale, ovvero l'Etruria, l'Umbria, il Piceno e il Lazio. A Roma le donne piangevano i morti, il clima generale era di paura, se non ti terrore: Annibale sembrava invincibile, e nulla sembrava impedire al generale cartaginese di impadronirsi anche della capitale. |