STORIA
DI ROMA La
prima guerra punica
Cartagine - Il casus belli - La prima guerra punica - Il bilancio Il
dominio romano si estendeva
ormai dall'odierna Emilia fino alla Calabria, ma un nuovo nemico si
stagliava all'orizzonte, una fiorente, ricca e prestigiosa città
punica costruita su uno sperone tunisino: Cartagine. L'occasione che diede inizio alle ostilità fu l'occupazione di Messina da parte di un gruppo di mercenari campani, i mamertini. Chiamati in un primo tempo dal vecchio tiranno di Siracusa Agatocle per combattere i cartaginesi, essi si erano impadroniti poi della rocca di Messina. Il nuovo tiranno siracusano, Ierone, gli aveva costretti alla resa, tanto che i mamertini invocarono l'aiuto di Cartagine e di Roma. Ma Cartagine fu più lesta e si impadronì facilmente di Messina sconfiggendo Ierone. A questo punto, fu chiaro ai romani che il dominio fenicio in Sicilia era troppo pericoloso e strategicamente importante. Roma aspirava a controllare l'intera penisola, e sud non poteva tollerare la presenza ingombrante dei fenici. L'esercito
romano era comandato dal console Appio Claudio, detto Caudex.
Nel 264 a.C. decise di attaccare i cartaginesi
e conquistare Messina. L'impresa andò a buon fine, e questo
fu quanto mai sorprendente, poiché l'esercito cartaginese era
forte sia sui mari che sulla terra, potendo contare sull'appoggio di
collaudate truppe mercenarie. I romani si rafforzarono anche sul mare: per contrastare la supremazia cartaginese munirono le proprie navi di un rostro per abbordare le navi nemiche e combattere così corpo a corpo (l'arrembaggio). Al
comando di Caio Duilio la nuova flotta affrontò i cartaginesi
a Milazzo nel 260 a.C. e li sbaragliò.
Grande fu la sorpresa dei cartaginesi e lo stupore degli stessi romani.
Furono tributati gli onori dovuti a Caio Duilio e alla sua flotta, venne
eretta nel Foro una colonna costruita con i rostri delle navi nemiche. Nell'attesa
di una risposta, i cartaginesi riorganizzarono l'esercito con l'aiuto
di cavalieri della Numidia e mercenari iberici e greci. Il comando dell'esercito
fu affidato a Santippo, un mercenario spartano. Questa volta le sorti
della guerra girarono a favore dei cartaginesi che sbaragliarono l'esercito
romano e catturarono Regolo. A
questo punto i romani si concentrarono sulla Sicilia. Riuscirono
a battere i cartaginesi a Panormo (Palermo) nel 250. Ma nel 247 apparve
nell'Isola un agguerito e valente generale nemico, Amilcare Barca (Barca
significava Fulmine). Egli riuscì a sconfiggere
i romani con continuità e a rinconquistare quasi tutta la Sicilia,
spingendosi ad insidiare anche Cuma, ma ben presto, per mancanza di
risorse, dovette cedere la riconquista.
Oltre ad ottenere il possesso della Sicilia, i romani avevano conquistato anche la Sardegna e la Corsica. Artefici di queste conquiste furono Cornelio Scipione, Marco Claudio Marcello e Caio Flaminio, console plebeo, il quale, per onorare la vittoria, fece costruire la via Flaminia che congiungeva Ariminum (Rimini) all'Urbe romana. I romani avevano poi imparato a navigare e avevano costruito in un lasso di tempo relativamente breve una flotta navale in grado di battere la più prestigiosa potenza del Meditterraneo. Conseguenza di ciò anche la nascita tra i romani di un certo amore per il commercio, che trovava ormai sfogo nella supremazia su quel mare che avrebbero in seguito chiamato nostrum. |