STORIA
DI ROMA Le
leggi agrarie, il Decemvirato, l'invasione di Brenno
Coriolano
- La
legge agraria
- I
decemviri
- La
legge di Valerio e Orazio
-
Continuavano frattanto le infinite guerre con i popoli vicini. Una vittoria molto importante fu ottenuta da Caio Marzio a Carioli sui volsci. Per questo il generale fu portanto in trionfo e chiamato il Coriolano. Ma chi lo voleva console dovette arrendersi alle sue poco diplomatiche dichiarazioni contro la plebe. Egli era di origini patrizie e non aveva ancora digerito le concessioni fatte sul Monte Sacro e l'istituzione dei tribuni. I tribuni lo denunciarono, e nel processo che seguì fu messa a voto dalle tribù la possibilità di un suo esilio, ciò che in realtà accadde. Indignato dalla decisione, Coriolano si rifugiò ad Anzio per guidare un esercito di Volsci contro la sua città. Narra la leggenda che solo l'intervento della madre, cui il figlio era molto affezionato, riuscì ad impedire la vendetta. Coriolano si ritirò a vita privata (alcuni dissero fosse stato ucciso dai volsci sentitisi traditi). I romani, privati i nemici dell'abilità del generale, ebbero gioco facile e sventarono l'ennesima minaccia. Nel
486 a.C. Spurio Cassio riformò i principi di distribuzione delle
terre conquistate. Prima di allora la divisione delle terre aveva favorito
i patrizi e il demanio a scapito della plebe. La legge di Spurio era
stata ideata per una più equa distribuzione delle terre, ma questo,
non c'è da stupirsi, rese inviso il legislatore ai patrizi e
ai grandi latifondisti, motivo per cui venne gettato dalla rupe Tarpea. Nel
462 a.C., un tribuno della plebe, Caio Terentillo Arsa, propose una
legge che aveva il compito di limitare il potere dei consoli, i quali
venivano accusati di esercitare la giustizia e le leggi con troppa disinvoltura
(da
ricordare che le leggi non erano ancora state codificate per iscritto
e tutto si fondava sulle sole consuetudini). Alla
fine si decise, nel 451, di dare pieni poteri legislativi a un collegio
composto di dieci patrizi, il decemvirato, i quali avrebbero elaborato
dieci tavole (poi divenute dodici), sulle quali si sarebbero messe per
iscritto, con qualche aggiunta, le leggi che fino allora erano state
tramandate solo oralmente
(si narra che nel 454 vi fu un'ambasciata romana che si recò
in Grecia appositamente per studiare la legislazione di Solone). I
decemviri dovevano prendere le loro decisioni all'unanimità,
ogni membro aveva potere di veto. Il primo decemvirato venne sciolto
dopo un anno, il secondo venne eletto accogliendo tra i suoi membri
alcuni esponenti plebei (ma solo i più ricchi). Ennesimo
episodio della lotta tra patriziato e plebe sono le leggi emesse dai
due consoli che seguirono l'esperienza del decemvirato.
La
caduta di Veio è datata 396 a.C. Più volte Roma era entrata
in contrasto con la città etrusca, Veio contendeva all'Urbe le
saline del Tirreno e si intrometteva nelle regole di navigazione del
Tevere, contrastandola in prestigio e ricchezza. Con
la presa di Veio comincia il lento declino della civiltà etrusca.
Già dopo la battaglia di Cuma del 474, contro i siracusani, gli
etruschi avevano perso la supremazia marittima e si erano ritirati all'interno.
Ora Roma si era annessa il territorio laziale occupato dai veienti.
Nel
390 a.C. accadde un fatto inaspettato, una pagina tra le più
vergognose della storia di Roma (tanto che gli storici, pare, si affacendarono
a indorare la pillola assocciando al fatto gesta leggendarie ed eroiche
che ne mitigassero l'onta). La
situazione di stallo che si creò indusse i galli a chiedere un
riscatto di 1.000 libbre d'oro. Il riscatto fu pagato e i galli se ne
andarono, non senza essere sbaragliati dal console Furio Camillo, il
conquistatore di Veio, il quale riuscì persino a recuperare l'oro
estorto (ma molto probablimente questa fu la versione storica consolatoria).
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