STORIA DI ROMA
I
Consoli: l'istituzione della Repubblica
- La congiura
- Morte di
Bruto
- Porsenna
-
Dopo
l'esperienza della tirannide, Roma non volle più fidarsi della
forma di governo monarchica: Bruto decise che
il potere sarebbe spettato d'ora in poi a due praetores, poi
divenuti consoles (consoli): nasceva così la Repubblica.
Essi avevano reciproco potere di veto sulle rispettive decisioni, dovevano
consigliarsi e sentire il parere del Senato su ogni questione,
esercitavano la loro carica un mese ciascuno e alla fine del mandato
venivano confermati o destituiti dopo aver reso conto del loro operato. I primi due consoli furono Lucio Giunio Bruto e Lucio Tarquinio Collatino, vedovo di Lucrezia.
Quanto
la Repubblica fosse ancora fragile e poco salda lo dimostrarono le circostanze
che videro Bruto opposto ai figli. Bruto
sottopose il caso al Senato, e, con una freddezza e un amor di patria
fuori dal comune, fece uccidere seduta state i figli, flagellandoli
e tagliando loro le teste. Fu chiaro a tutti che Bruto era l'uomo che
non avrebbe mai permesso un ritorno alla tirannide, aldilà di
ogni considerazione. Ma Tarquinio non demordeva. Egli continuamente riuniva fra loro gli etruschi e tutti i nemici dell'Urbe. Accadde infatti che Tarquinia e Veia scesero in guerra contro Roma: la battaglia che ne scaturì prese il nome di Selva Arsia, dal bosco dove trovarono la morte, in duello, Bruto e Arunte, figlio di Tarquinio. La battaglia fu cruenta e caddero morti, oltre ai due capi, molti tra romani ed etruschi. La leggenda narra che vinsero i romani per un morto in più: caddero 13.000 etruschi e 12.999 romani. Il cadavere di Bruto fu portato in trionfo per Roma fra il cordolio generale della popolazione. Publio Valerio pronunciò una strepitosa orazione funebre. Ora era il solo console, e attese qualche tempo prima di nominare suo collega Spurio Lucrezio, il padre di Lucrezia, ma questi morì pochi giorni dopo. Gli successe Marco Orazio Pulvillo. Intanto Publio Valerio propose una legge in favore della popolazione che gli valse il soprannome di Pubblicola (favorevole al popolo, appunto): egli permise ai privati cittadini di poter citare in giudizio un magistrato che si fosse reso responsabile di atti punitivi ingiustificati.
Dopo
Veio e Tarquinia fu la volta di Lars Porsenna, re di Chiusi, bellicoso
personaggio etrusco foraggiato dal mai indomito Tarquinio. Il
secondo si rese protagonista di uno strataggemma più complesso.
Muzio decise, nonostante il parere contrario del Senato, di infiltrarsi
come disertore nel campo nemico, in modo da uccidere Porsenna in persona
e mettere fine all'assedio. La sua era quasi un'impresa suicida, infatti
riuscì solamente in parte. Accadde che Muzio uccise sì
un uomo, ma l'uomo sbagliato: egli non pugnalò Porsenna ma il
suo segretario. Di fronte alla minaccia della falsa congiura e rimasto colpito dal coraggio dell'uomo, rimasto mancino (scevola), Il re di Chiusi vide bene di firmare la pace con i romani, che da quel momento smisero di essergli nemici.
Mai
domo, Tarquinio cominciò a tessere la tela di una larga alleanza
fra popoli vicini e ostili ai romani. Tutti i
popoli che speravano di poter affrancarsi dall'egemonia di Roma e diventare
essi stessi egemoni aderirono alla Lega Latina. In seguito alla battaglia contro la Lega, venne sottoscritta la pace tra romani e latini nel 493 a.C.
Costretti da sempre a ogni sorta di guerra e sempre in prima linea, i plebei cominciarono a manifestare un diffuso malcontento: nonostante essi fossero il bracccio armato di Roma non ricevevano in cambio nulla che non fosse il disprezzo dela patriziato e la persecuzione dei debiti e delle tasse. Nella difficile situazione esterna, il peso della inevitabile crisi economica ricadeva sopratutto sulla classe più debole. La
situazione era quantomai pericolosa, per la prima volta si assisteva
alla frattura di quella pace sociale che aveva fatto la forza di Roma.
In più, Volsci, Equi e Sabini continuavano a minacciare di assediare
la città. Fu
il neo eletto console Menemio Agrippa a prendere in mano la situazione.
Egli portò le parti alla ragione mediando tra l'apparente incomunicabilità
che si era istaurata tra i due schieramenti. Ai senatori fece capire
che la plebe era indispensabile a Roma e che qualcosa avrebbero dovuto
concedere ad una popolazione che aveva contribuito attivamente alla
grandezza della città.
Recatosi poi sulla collina della plebe, Agrippa tenne un memorabile discorso in cui paragonava lo stato romana all'organismo umano. Ogni parte era indispensabile all'altra, senza un solo organo, anche se apparantemente poco attivo, tutto avrebbe smesso di funzionare e tutte le parti sarebbero morte. I plebei chiesero allora garanzie politiche precise: fu così che si decise di istituire i Tribuni della Plebe, ovvero due figure elette dal popolo durante i comizi tribuni (plebisciti) da affiancare ai consoli. I tribuni si sarebbero fatti portavoce delle istanze della plebe e avrebbero garantito sulla reale attuazione della giustizia sociale. I tribuni erano inviolabili, ovvero intoccabili per legge da eventuali colpi di mano dei patrizi, le loro case dovevano essere aperte sia di giorno che di notte in modo da accogliere ogni eventuale denuncia. Essi sedevano su semplici panche e non avevano la toga orlata di rosso. Il monte della plebe divenne sacro, come anche le leggi che sancivano, per la prima volta nella storia di Roma, l'importanza capitale della plebe e dei semplici cittadini di fronte al diritto e alla vita politica: era il 494 a.C., la prima elezione dei tribuni storicamente accertata è invece del 471 a.C. |