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Alcuni cenni generali alla 1° guerra mondiale

La causa occasionale che diede inizio alla Grande Guerra

Il 28 giugno 1914 lo studente serbo Gavrilo Princip assassinò l'arciduca Francesco Ferdinando erede al trono asburgico, e la consorte, a Sarajevo. Questo evento fece precipitare verso la guerra una situazione internazionale da anni carica di tensioni politiche, economiche e sociali, coinvolgendo non solo tutti gli stati europei, ma successivamente anche il Giappone e gli Stati Uniti d'America.

Le cause profonde della Guerra

Se ci limitiamo, per ora al piano politico- diplomatico, occorre osservare che numerose erano le questioni di attrito fra gli stati europei. Negli ultimi due decenni dell'Ottocento, grazie all'azione del cancelliere tedesco Bismarck, si era venuto costituendo un sistema di stati fondato su tre cardini fondamentali: la formazione di un blocco di stati alleati, dominato dalla Germania e comprendente la Russia, l'Austria, e l'Italia; l'isolamento della Francia; la neutralità della Gran Bretagna. Questo sistema di relazioni internazionali aveva cominciato a dissolversi. L'emarginazione nel 1890 di Bismarck, costretto alle dimissioni dal nuovo Kaiser Guglielmo II, aprì infatti la strada alla definizione di una politica estera più aggressiva, intesa ad affermare la centralità dell'impero guglielmino.

L'inizio delle operazioni militari

L'attentato di Sarajevo consentì all'Austria-Ungheria e alla Germania di mettere in atto la loro volontà di guerra. La prima infatti intendeva risolvere a proprio favore la questione balcanica; la seconda, fiduciosa in un atteggiamento neutrale della Gran Bretagna, sperava di travolgere la Francia prima ancora che la Russia completasse la sua mobilitazione. La Germania infatti, convinta della superiorità del suo esercito, prevedeva che le operazioni belliche si svolgessero nel giro di poche settimane in una vera e propria "Guerra-lampo". L'ultimatum lanciato il 23 luglio dall'Austria alla Serbia fu formulato in termini inaccettabili poichè prevedeva la violazione della sovranità dello stato serbo. Il governo serbo si oppose alla richiesta che funzionari austriaci partecipassero alle indagini sull'attentato, ma si dichiarò comunque disposto al dialogo. Ciò nonostante, il governo austriaco decise di aprire subito le ostilità.
La dichiarazione di guerra dell'Austria alla Serbia del 28 luglio 1914 fa scattare il meccanismo delle alleanze militari: in pochi giorni il conflitto si estende da un lato alla Germania, alleata dell'Austria, e dall'altro alla Russia e alla Francia, che si affiancano alla Serbia. L'Italia, invece, proclama la propria neutralità. Nel 1915 l'unico evento positivo per le potenze dell'Intesa era presentato dall'entrata in guerra dell'Italia.
A partire dall'agosto del 1914 l'opinione pubblica italiana si era divisa in due fazioni nettamente contrapposte: i neutralisti ( cattolici, socialisti e parte dei liberali) auspicavano, per bocca di Giolitti, la concessione pacifica da parte dell'Austria delle terre irredente, mentre il fronte composito degli interventisti (nazionalisti, democratici, repubblicani, ex socialisti come Mussolini) premevano con accese discussioni e violente manifestazioni di piazza per l'entrata in guerra dell'Italia.
A tali manifestazioni partecipò, nelle ”radiose giornate di maggio” anche Gabriele D’Annunzio, il “poeta vate” rientrato per l’occasione in Italia dal “volontario esilio” in Francia.
Dopo lunghe trattative con entrambi i contendenti, il ministro degli esteri italiano Sonnino firma il 26 aprile 1915 il segretissimo patto di Londra in base al quale gli alleati garantiscono all'Italia consistenti vantaggi territoriali ( Trentino, Istria, parte della Dalmazia) in cambio dell'appoggio militare.
La notizia della scelta del governo viene accolta nelle piazze con grandi manifestazioni di entusiasmo. I neutralisti, da canto loro, accettano il fatto compiuto; pur senza arrivare alla proclamazione di una qualche forma di “union sacre” alla francese, i socialisti, e soprattutto i cattolici, finiscono per appoggiare lealmente, anche se senza entusiasmo, lo sforzo bellico. Quasi tutti, del resto, sono convinti che il conflitto avrà breve durata, qualche mese al massimo; anche per questo, l'impreparazione militare ed economica dell'Italia del 1915 non viene valutata in tutta la sua gravità. Tra giugno e dicembre le forze italiane impegnano gli austriaci nelle prime quattro sanguinose battaglie dell'Isonzo e riescono ad avanzare , sia pure lentamente, verso est. A fine anno, però, vengono bloccate dai nemici, i quali, superata la crisi sul fronte orientale, sono in grado di schierare un maggior numero di uomini e di mezzi sul confine occidentale; anche in quest'area ci si avvia quindi verso una estenuante guerra di posizione.

La fine della guerra

Nell’ anno cruciale, il 1917, che vide tra l’altro l’esplosione della rivoluzione bolscevica e l’ ingresso nel conflitto degli Stati Uniti, sul fronte italiano si consumò una delle pagine più dolorose del conflitto, ovvero la disfatta di Caporetto cui è dedicato un approfondimento ulteriore in questo stesso sito.
Per la storia nazionale e per la storia locale un evento di fondamentale importanza fu la cosiddetta “battaglia del solstizio”, di cui ricorre per altro quest’ anno il novantesimo anniversario.  

La Battaglia del solstizio è una celebre battaglia, combattuta nel giugno 1918 dal Regio Esercito Italiano da una parte e dall'esercito austro-ungarico dall'altra. Fu l'ultima grande offensiva sferrata dagli austriaci nel corso della prima guerra mondiale e si spense davanti alla valorosa resistenza dei soldati italiani.
Gli austriaci, causa le loro gravi difficoltà di approvvigionamento, volevano raggiungere la fertile pianura padana, sino al Po. Ne erano tanto sicuri, da avere preparato in anticipo i timbri ad inchiostro, da usare nelle zone di occupazione. A differenza di Caporetto, questa volta gli italiani conoscevano in anticipo i piani del nemico, compreso data e l'ora dell'attacco, tanto che nella zona del Monte Grappa i colpi di cannone delle artiglierie italiane, anticiparono l'attacco degli austriaci, lasciandoli disorientati. Le artiglierie del Regio Esercito, appena dopo la mezzanotte, spararono migliaia di proiettili di grosso calibri, per quasi tre ore, tanto che gli alpini che salivano a piedi sul M.te Grappa videro l'intero fronte illuminato a giorno. Ai primi contrattacchi italiani sul M.te Grappa, molti soldati austriaci abbandonarono i fucili e scapparono, tanto che i gendarmi riuscirono a bloccare i fuggitivi nella piana di Villach.
La mattina del 15 giugno 1918, gli austriaci arrivando da Pieve di Soligo-Falzè di Piave, riuscirono a conquistare il Montello e il paese di Nervesa. La loro avanzata continuò successivamente sino a Bavaria (sulla direttiva per Arcade), ma furono fermati dalla possente controffensiva italiana, supportata dall'artiglieria francese, mentre le truppe francesi erano stazionate ad Arcade, pronte ad intervenire, in caso di bisogno. La Regia Aeronautica italiana, mitragliava il nemico volando a bassa quota per rallentare l'avanzata. Colpito da un cecchino austriaco moriva il magg. Francesco Baracca, asso dell'aviazione italiana.
Le passerelle gettate sul Piave dagli austriaci il 15 giugno 1918 vennero bombardate incessantemente dall'alto e ciò comportò un rallentamento nelle forniture di armi e viveri. Ciò costrinse gli austriaci sulla difensiva e dopo una settimana di combattimenti, in cui gli italiani cominciavano ad avere il sopravvento, i nemici decisero di ritirarsi oltre il Piave, da dove erano inizialmente partiti. Centinaia di soldati morirono affogati di notte, nel tentativo di riattraversare il fiume in piena.
L'esercito Austro-Ungarico attraversò il Piave anche in altre zone. Le sue truppe arrivarono sino al cimitero di Spresiano, ma vennero respinte. Conquistarono pure le Grave di Papadopoli ma si dovettero successivamente ritirare. A Ponte di Piave percorsero la direttiva ferroviaria Portogruaro-Treviso, dopo alcune settimane di lotta, nella zona di Fagarè, vennero ricacciate dai nostri Arditi. Passarono il Piave anche a Candelù, Zenson e Fossalta, ma la loro offensiva si spense in pochi giorni. Nella zona di Fossalta si trovava allora Ernest Hemingway, giovane scrittore statunitense e futuro premio Nobel per la letteratura, che prestava servizio come autista di autoambulanze. Ferito dalle schegge di una bomba, sarà poi decorato con la medaglia d'argento. Da questa personale esperienza e dal successivo ricovero in un ospedale milanese, ne trarà un libro dal titolo: "Addio alle Armi".
A Fagarè, sulla provinciale Oderzo-Treviso, si trova l'Ossario ai caduti della Grande Guerra. Fu edificato nel punto in cui gli austriaci raggiunsero la massima avanzata, convinti di arrivare presto a Treviso. Vicino all'Ossario si trova la parete, sulla quale c'è ancora la famosa scritta, fatta probabilmente da un soldato"Tutti eroi o il Piave o tutti accoppati". Gli Arditi o truppe d'assalto, forti della fama che li accompagnava, ricacciarono gli austriaci sulla riva del Piave, da cui erano venuti. Non facevano prigionieri e andavano all'attacco con il pugnale tra le labbra, tanto che la loro presenza terrorizzava il nemico.
A Nervesa si trova l'Ossario ai caduti italiani sul Montello, con piccolo museo storico annesso. Verso Pederobba, sulla strada che porta a Feltre si trova invece quello francese. A Tezze di Piave si trova il cimitero militare britannico e nel tempio votivo di Ponte della Priula, ci sono i resti di diversi soldati trovati anche di recente, sul greto del Piave.
Gli austriaci tra feriti, prigionieri e morti ebbero quasi 150 mila perdite. Le perdite italiane furono circa 90mila.
Il generale croato Boroevic, comandante delle truppe austriache del settore e fautore dell'offensiva capì che ormai l'Italia aveva superato la disfatta di Caporetto. Infatti, non solo si esauriva la spinta militare dell'Austria, ma apparivano anche i primi segnali di scontento tra la popolazione civile austriaca, per la scarsità di cibo. Gli Stati Uniti avevano isolato per mare gli Imperi Centrali e la penuria di risorse si faceva sentire. Quindi la vittoria dell'Italia era rinviata di soli quattro mesi.
Vanno ricordati, oltre ai combattenti francesi, statunitensi e britannici, anche quei soldati cecoslovacchi che passarono dalla parte dell'esercito italiano. Essendo costoro cittadini dell'Impero austro-ungarico, se catturati venivano giustiziati, in quanto considerati traditori della patria. Sul viale alberato che portava da Conegliano a S. Vendemiano, ne vennero impiccati a decine.
La ricorrenza della battaglia viene ricordata ogni anno, il 15 giugno e celebrata come la festa dell'Artiglieria.

Cadorna e Vittorio Emanuele

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la battaglia del solstizio

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