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San Donà-I primi giorni dopo Caporetto

La descrizione delle drammatiche giornate vissute qui a San Donà nei giorni immediatamente successivi alla disfatta di Caporetto sono narrate in un interessante volume di storia locale, oggi non facilmente reperibile se non in una ristampa del 1981, scritto da Mons. Dott. Costante Chìmenton nel 1928 ed intitolato “S. Donà di Piave e le ssuccursali di Chiesanuova e di Passarella” se ne trascrivono di seguito alcune parti. 
<<La ritirata del nostro esercito, iniziatasi il 25 ottobre 1917 si estese dalla valle Sugana al mare: per giorni e per notti di angoscia le colonne silenziose marciarono per le valli folte di abeti e per le rocce ignude e in mezzo ai campi spogli, finché il 9 novembre, sul tramonto, le ultime retroguardie passarono il Piave, e i reparti ritardatari della IV Armata salirono le pendici del Grappa per trincerarsi: dopo una settimana di fame, di umiliazioni, di stanchezza, i battaglioni superstiti si schierarono di nuovo in ordine di combattimento>>.
Così l’On. Del Croix descrive la ritirata di Caporetto e la fulminea opera di sistemazione e di difesa del nostro esercito.
La fiumana di profughi delle regioni del Tagliamento e della Livenza cominciò a riversarsi, il 28 ottobre, in S.Donà, senz’ordine e senza meta.Tutti avevano abbandonato le case per sottrarsi alla morte, portando con se le loro preziose miserie.Dal 29 al 31 ottobre la città di S. Donà di Piave fu invasa dal nostro esercito in vera dissoluzione: per S. Donà di Piave passò tutta la terza armata. Il primo novembre il centro di S. Donà pareva un camposanto, o meglio una località sulla quale incombeva lo spettro della morte: le comunicazioni si erano fatte impossibili; la lunga colonna di profughi e carriaggi, provenienti dal Friuli e dalla regione di Portogruaro, continuava lentamente il suo passaggio attraverso il ponte sul Piave.
L' autorità comunale non venne meno, in quei giorni, al suo compito delicatissimo: in un proclama al popolo il sindaco, cav. Giuseppe Bortolotto, raccomandò la calma, ed emanò le disposizioni più rigorose per impedire quello scempio alle abitazioni e alle proprietà, che avrebbe costituito un nuovo danno irreparabile.
Il giorno 4 novembre, domenica, cominciò l’esodo della popolazione.
Una figura importante fu quella dell’arciprete mons. Luigi Saretta che rimase vicino alla popolazione. La mattina del 5 novembre infatti disse: <<Non mi sento di dare consigli, né di assumere responsabilità; se il popolo parte io partirò; se il popolo rimane, e crede impossibile ormai la via della profuganza, il clero rimarrà in sua compagnia, compirà tutto il suo dovere, pronto a condividere la sorte della prigionia e le sofferenze e i patimenti che potranno essere inflitti dal nemico>>. Saretta s’impegnò nella salvezza degli arredi sacri.Questi furono distribuiti per le famiglie di San Donà che sarebbero rimaste invase: a queste famiglie fu affidato il compito della custodia. La casa canonica si era trasformata in un ritrovo di confusione estrema, vero porto di mare, dove accorrevano tutti coloro, che si sentivano tormentati dall'incertezza sulla decisione di andarsene. Il bando Cadorna aveva requisito tutti gli uomini, dal Tagliamento al Piave, dai sedici ai sessant’anni; a San Donà tutti obbedirono, ma non si poté, per mancanza di mezzi, provvedere al trasporto di tanta gente. I nuovi richiamati dovevano portarsi a piedi fino a Ponte di Piave, procedendo per la via di Noventa e Salgareda; ma dovevano essere più di 25 persone. Le suore dell’ospedale civile di San Donà, in numero di otto, si trovarono tutte sole, con due infermiere e con 160 ammalati. La notte del 5 novembre l'ospedale fu sgombrato a cura della C.R. dell'ordine di Malta, e le suore rimasero in quel vasto ambiente, ripieno di un ricco corredo sanitario. La mattina del 6 novembre, mentre il Genio Militare impartiva le ultime disposizioni per il brillamento del Ponte e del campanile, e nel paese regnava lo squallore, essi incominciavano i primi saccheggi e le prime devastazioni da parte dei soldati e dei borghesi, le suore di S.Donà, trasportando quanto potevano d’effetti personali e di materiale ospedaliero, per consiglio di Mons.Luigi Saretta, si trasferirono a piedi nella casa delle suore Giuseppine di Grisolera, al Conventino, ad undici chilometri da S.Donà. Il sindaco si era allontanato il 4 novembre.Con il sindaco dovette allontanarsi pure il segretario l'opera compiuta dal sindaco di S.Donà fu in quei giorni ammirabile conscio del suo dovere, partì quando vi fu strappato per forza; fu visto piangere sul ponte di S.Donà e a Musile: l'opera del sindaco Bortolotto si ricorda anche oggi nonostante la confusione di quei gioni, il sindaco poté raccogliere tutti i valori della Banca Mutua Popolare e dell'Esattoria, archivio e i documenti del municipio, l'incartamento dei Consorzi idraulici, tutto il voluminoso incarto dello Stato Civile. Questo materiale, per mezzo di un camion, fu inviato a Marano. Il Cav. Bortolotto il 5 novembre, si portò in Prefettura di Venezia: domandò un carro ferroviario per mettere al sicuro in Firenze, quanto con difficoltà aveva asportato dalla cittadina del Basso Piave. Il giorno 7 novembre, mentre Mons. Luigi Saretta si trovava a Grisolera impegnato per il trasporto del materiale opsedaliero, furono sistemate le mine nel campanile di S.Donà: il brillamento si effettuò alle ore 23. A quel tristissimo episodio assistette, pallido e tremante, il cappellano Don Giovanni Rossetto. Fu veramente il primo segnale della prigionia; da questo momento il passaggio sul ponte fu sospeso definitivamente per i borghesi, e aperto soltanto alla truppa. La mattina del giorno 8 novembre, Mons. Saretta, di ritorno da Grisolera, vide le rovine del suo campanile: il dolore, l'affanno di quei giorni, il susseguirsi delle commozioni lo avevano reso insensibile a tutto; con lo stesso veicolo riprese il viaggio verso Grisolera per trasportare al Conventino il materiale dell'asilo e un po' di derrate alimentari, conservate ancora e risparmiate dalle devastazioni di quei giorni. Fu di ritorno a S.Donà la sera stessa. La mattina del giorno 9 novembre, alle ore quattro, fu fatto brillare il ponte ferroviario dai soldati della 20 comp. minatori, comandata dal capitano Ettore Borghi; alle ore 11, fu fatto brillare il ponte carrozzabile; il giorno precedente il ten. Leonardo Trevisiol aveva fatto demolire il cammino dello Iutificio.

Ponte di San Donà dopo il brillamento

i due ponti di San Donà

Ponte di San Donà dopo il brillamento

Le battagli del Piave

Inno dei combattenti al Piave

Vignetta sul Piave

Vignetta sul Piave