Giuditta decapita Oloferne

Giuditta I° - Gustav Klimt


Nel 1970 Kate Millett ha dichiarato "Miller è un compendio delle nevrosi sessuali americane, e il suo valore consiste, non nel liberarci da tali afflizioni, ma nell'aver avuto l'onestà di esprimerle e di farne letteratura" (Sexual Politics, 295. Garden City, New York: Doubleday, 1970). Il suo saggio lo considera per il suo contributo nell'articolare "il disgusto, il disprezzo, l'ostilità, la violenza e il senso di osceno" associato alla sessualità a cui "non era mai stata data prima una espressione letteraria così esplicita". Susan Griffin, in "Pornografia e silenzio" del 1981, non si fa scrupoli a classificarlo come pornografo per il modo in cui tratta l'«amore fisico per le donne» (Pornography and Silence. New York: HarperCollins, 1981).

Miller è una lettura fastidiosa per la critica femminista e quelle che non lo accusano di pornografia lo hanno etichettato come misogino per la sua oscenità. Misoginia può essere un termine forte da applicare ai racconti di Miller i cui exploit sessuali sono per sua stessa ammissione esagerati e piuttosto comici. A me pare che la più grande colpa di Miller stia nel de-personalizzare le donne. Questa più sottile forma di disprezzo contro le donne può essere altrettanto pericolosa della violenza aperta. E quindi, se Miller va considerato un misogino lo è più per questo motivo che per la generale oscenità.

Per valutare correttamente le idee di Miller è essenziale comprendere che l'odio e il disprezzo che caratterizzano la misoginia dipendono dalla paura. Un esame anche superficiale delle insicurezze di Miller, che risultano soprattutto dal suo rapporto con la madre e dalle sue prime relazioni sessuali, ridimensiona il suo audace linguaggio a mera bravata; e dimostra che il suo atteggiamento passivo-aggressivo verso le donne nella vita è stato il carburante della rabbia e della violenza della sua scrittura. La madre dominatrice ha avuto un'influenza che egli avrebbe in seguito indicato come dannosa per il resto delle sue relazioni con le donne. Louise Miller era decisamente autoritaria, molto poco espansiva e aveva forti pretese verso Henry. Voleva che lui prendesse il posto del padre nella sartoria e disapprovava con veemenza che lui scrivesse. In "Plexus" Miller racconta di come fosse costretto a nascondersi nel ripostiglio con la sua macchina da scrivere quando gli amici di sua madre entravano dalla porta, tanto la imbarazzava il fatto che lui scrivesse (505). Ferito dalla disapprovazione materna, arrabbiato per essere trattato come un bambino, Miller rimase incapace di resisterle anche da adulto. I suoi sentimenti di rabbia verso di lei si intensificarono fino al giorno della sua morte, quando (come ha raccontato Miller a Jonathan Cott in una intervista del 1975 su "Rolling Stone") pensò di soffocarla: "Non siamo mai andati d'accordo, mai. Fino al giorno che è morta. E anche allora eravamo ancora nemici. Persino allora continuava a rimproverarmi e a trattarmi come un bambino. E io non ero capace di tenerle testa. L'ho afferrata e l'ho spinta indietro sul cuscino. E allora mi sono reso conto della brutalità di quel che stavo facendo. Non le ho fatto male. Ma ho proprio pensato di farlo, a una donna simile" (Cott 192). La sua incapacità di reggere il confronto con la madre si trasformò in una aggressività passiva che ha afflitto le sue relazioni con le altre donne. Per il resto della sua vita ha ripetutamente accusato sua madre di essere responsabile della sua incapacità a vivere l'amore per la sua prima fiamma, Cora Seward, a districarsi nelle sue relazioni fallite e di quel suo schema di comportamento, ben presto emerso: sfuggire da una donna passando ad un'altra. In una intervista del 1971 con George Belmont, quando gli è stato chiesto se sua madre avesse influenzato il suo atteggiamento verso le donne in genere, lui ha risposto: "Penso che ci sia una mezza verità in questo. Non c'è niente di più terribile che non sentirsi amato dalla propria madre e non provare amore per lei"(Belmont 161).

Il più precoce esempio della paralisi sessuale di Miller è nella sua cotta da adolescente per Cora Seward, una biondina che viveva pochi edifici oltre nel vicino quartiere di Brooklyn. I due svilupparono una passione reciproca ed Henry suonava il piano per lei, la portava al cinema, le regalava fiori... ma alla fine la relazione non riuscì a evolvere in nulla. In seguito, dice Robert Ferguson nella biografia del 1991, "Egli accusò [sua madre] per la timidezza che gli aveva impedito di avvicinarsi a Cora Seward come essere umano e di possederla «da uomo»". Miller ha anche visto nell'episodio di Cora il fondamento di una serie di relazioni fallite. "Dopo quella volta, in genere rimasi sconfitto nelle relazioni amorose, continuavo a ripetere lo schema di comportamento che avevo avuto con Cora", disse in Reflections (Thiebaud 127). La paralisi di Miller fu di nuovo evidente nell'incapacità di sfuggire alla sua prima relazione sessuale, quella con Pauline Choteau. Dopo l'iniziale orgoglio per aver conquistato una donna di quindici anni più vecchia di lui, cominciò ad essere ossessionato e disgustato dalla differenza di età. Con la stessa difficoltà con cui aveva cercato di iniziare una relazione sessuale con Cora, tentò di uscire da questa relazione, ma di nuovo senza successo. "Mi sente quando lo grido? Non ti amo! Glielo urlo in continuazione, con le labbra serrate, con l'astio nel cuore... con una rabbia disperata. Ma le parole non lasciano mai le mie labbra", dice Miller in «Tropico del Capricorno» (338). Ferguson conclude: "Dopo l'incapacità di iniziare una storia con Cora, Henry dovette affrontare questo, la sua incapacità di chiudere con Pauline fu una seconda decisiva sconfitta in amore, e la causa di questa sconfitta fu ancora una volta la sua mancanza di decisione e la passività" (Ferguson 26). Nel suo primo matrimonio con Beatrice Wickens dimostrò una attitudine altrettanto codarda nel tentativo di chiuderlo: usò un'altra donna - questa volta June Edith Smith - per scappare dalla situazione invece di assumere un comportamento attivo responsabile. Incapace di agire di sua volontà, fu contento di essere colto in compagnia di June da Beatrice e dalla figlia del padrone di casa, così la cosa si risolse senza che lui dovesse fare niente. Miller compensò il suo senso di impotenza nelle relazioni con le donne tentando di ristabilire la sua mascolinità come leggenda letteraria. Al fine di ottenere il dominio senza essere abbastanza coraggioso nella sua vita personale da dominare effettivamente, gli scritti di Miller depersonalizzano le donne e dunque riducono la minaccia dell'intimità.

In questo modo le bravate sessuali di Miller tradiscono le sue potenti insicurezze personali. Kate Millett dice in Sexual Politics: Miller si sottrae alla minaccia ... data dal fatto che la donna trascende la materialità senza pensiero che lui le vorrebbe assegnare... chiamandola "cunt" (fica) e trafficando con lei solo nelle utopiche fantasie delle sue "fucks" (scopate). Che questo sia solo un "fischiare nel buio" è dimostrato dalla sua negativa esperienza con Mara, e in modo ancor più persuasivo dalla paralizzante paura che lo induce a pretendere - in modo che lui le possa trattare - che le donne siano cose. Le donne di Miller sono rappresentate come puttane senza faccia e come parti del corpo. Le poche che vengono nominate sono subito ridotte all'anatomia. I lettori vengono a sapere poco o niente delle loro personalità; le uniche distinzioni fatte tra di loro riguardano i loro organi sessuali. «Tropico del cancro» si apre con una descrizione di Tania, un compendio di "unte, pesanti giarrettiere" e "soffici, piene cosce", Tania che può "ficcarsi su per il retto rospi, pippistreli e lucertole". Llona è "un'asina scatenata che fiuta il piacere", altrimenti nota come "una fica su un milione". E c'è Germaine, "una puttana fin dalla culla", che Miller appaude per la sua devozione alla sua arte. Le donne di Miller servono soltanto come strumento per il suo piacere sessuale. Parla di prendere due donne in un colpo solo (Sexus), passando diritto da una all'altra (Cancer).

Lui si sorprende quando le donne mostrano delle emozioni, perchè pensa a loro come degli oggetti. "Immagina. Mi chiede se l'amo! Non sapevo nemmeno il suo nome. Io non li so mai, i loro nomi. " (Cancer 107). La personalità femminile a cui la sua scrittura ha prestato più attenzione è il personaggio dell'infame Mara o Mona, una rappresentazione solo lievemente mascherata della sua seconda moglie June, l'amore e la delusione della sua vita. Mentre Miller sviluppa il suo personaggio sotto la sua sessualità, lei ancora appare in una luce appiattita, ritratta come una ninfomane che giace concentrata su se stessa. Come la riduzione che Miller fa degli altri personaggi femminili a parti dimostra un disprezzo basato su paure personali, così la sua paura di essere consumato da June è evidente nella descrizione di Mara. Nei suoi passi su Mona, Miller ammette liberamente quanto l'amasse e quanto lei lo abbia deluso. Come dice Ibib Hassan in "Letteratura del silenzio", «L'ode di Tropico del Capricorno a Mara è una romantica esplosione d'amore e di odio, paura e soggezione» (Hassan 78). June era arrabbiata e ferita nel leggere cosa Henry aveva fatto di lei, quando lesse "Tropico del Cancro" per la prima volta.

Anaïs Nin ci racconta,"Lei si mise a piangere e ripeteva in continuazione, «non sono io, non è di me che sta scrivendo. È una distorsione»" (Diary, 34). I diari di Anaïs Nin mostrano che il senso di sè di June faceva paura a Henry. Scrisse: "Henry distorse June a causa del suo amore nevrotico per la madre e il suo astio verso di lei, il suo bisogno e il suo ripudio della donna" (Diary, 151). Henry si sentiva terrorizzato da June perchè lei non era la donna sottomessa con cui lui si trovava a suo agio; era una persona sicura di sè, forte abbastanza da minacciarlo col suo dominio. Come June disse ad Anaïs, "Desidera donne stupide, comuni, passive. Non può reggere la mia forza" (Diary 25). È raccontando questo che Anaïs fu la sola femmina nella vita di Miller che sorprendentemente evitò attacchi nel complesso dei suoi libri, e che lui trattò con rispetto e ammirazione. Non è un caso che lei sia stata la donna con cui Miller ha avuto la sua relazione più sana, certamente perchè lei non minacciò mai di distruggerlo. Sposata a qualcun altro, lei non gli si diede mai completamente; riservò una parte di se stessa per la sua casa con suo marito, al quale avrebbe sempre potuto ritornare. In Reflections Miller ci racconta di averle chiesto di lasciare il marito e che lei rifiutò. L'atteggiamento di lei che si teneva lontana permise a Miller di sperimentarsi come aggressore nella loro relazione, invece di aver bisogno di esprimere la sua aggressività nella scrittura. Invece di ridurla nella finzione, la glorificò nella non-finzione.

Quindi Nin era ben cosciente della tendenza di Miller a depersonalizzare le donne nei suoi libri e nel 1937, dopo aver letto un frammento di "Tropico del Capricorno", si confrontò con lui. Gli mandò una lettera in cui lo accusava di «ridurre tutte le donne a un'apertura, a una uniformità biologica», chiamandolo «un ego nella folla» che dipende dal suo anonimato nel collettivo per proteggersi dall'intimità, e identificando la sua paura come «paura della relazione personale immediata, potenzialmente tragica» (Stuhlmann 307-8). In risposta Miller ammise «Non voglio negare ciò che è vero... ciò che sono adesso probabilmente lo sarò sempre» (Stuhlmann 309). Da vecchio però, intervistato e riverito come una celebrità, Miller parve aver cambiato tono. Era diventato un vero saggio, un esempio di saggezza sulla sessualità. In una intervista del 1966 con David Dury, Miller parlò di quanto disgustato fosse del «continuo insistere sempre sull'argomento sesso» nella pubblica arena e disse di averne piene le scatole dell'intera rivoluzione sessuale, descrivendola come una «ribellione da adolescenti» in cui «le persone stanno diventando merci, soprattutto le donne» (Dury 106-7). Difficile non ironizzare sul disgusto di Miller per il parlare di sesso come roba da adolescenti, dato che accuse simili erano state dirette al suo stesso stile letterario. Quando Dury gli fece domande sulla etichetta di misogino, egli rispose «masochismo, misoginia - ce n'è un po' di entrambe in tutti noi, non è vero? Ma ovviamente io non ho sentimenti misogini nel vero senso della parola. Assurdo!» (Dury 118,120)

In una riflessione sul femminismo pubblicata postuma in "Twinka Thiebaud's edited collection" intitolata Reflections, Miller rispose all'attacco di Kate Millett dicendo, «quando ho riletto i passaggi da quei libri per cui sono più famoso, persino io stesso sono rimasto shoccato dal mio uso del linguaggio. Specialmente riguardo alle donne e al sesso, posso ben capire la rabbia che le donne debbono sentire» e poi spiega «quando scrissi quei primi libri ero un uomo molto più arrabbiato di quanto non sia oggi». Tuttavia, anche in queste tarde interviste si avverte sottile l'atteggiamento chauvinistico con cui Miller ha fatto veri danni. Mentre si prende cura di "apprezzare" l'interesse femminile nel movimento di liberazione, mette in guardia la donna dal diventare troppo "mascolinizzata", nel qual caso "lei è la tragica perdente" (120). «Sono sinceramente convinto che il più grande premio per una donna viene dal ruolo di essere stimolo e conforto» disse a Dury nella stessa intervista del 1966, «Lei è meglio quando è così» (120). «Penso che la sottomissione sia la più grande qualità in una vera donna» (121). Anche se l'ottantenne Miller da pubblico guru del sesso parve apprezzare le donne come persone più alla fine della vita che nei suoi primi scritti, è evidente come egli si sentisse più a suo agio con donne in ruoli servili, non minacciosi e sottomessi.

Anche se il suo vocabolario è cambiato notevolemente dai giorni dei Tropici alle sue ultime interviste, continuano ad apparire le sue antiche paure della donna forte. Una critica senza fine ha attaccato Miller per il suo modo di trattare le donne e la sua autodifesa è stata largamente non convincente. La sua benevolenza di tarda età nel riconoscere le donne come persone suona in modo sospetto obbligata e sessista. Non c'è discussione sul fatto che Miller fosse uno chauvinista vecchio-stampo, che fosse misogino verso le donne nei suoi libri e che la sua penna sia stata guidata dalle sue paure e insicurezze. La critica femminista ha molti modi di rispondere a questo. Mary Kellie Munsil vede i suoi "eccessi" come una finestra dentro alle "profondità della insicurezza e della disperazione maschile" ("The Body In The Prison House" 290). Linda Williams nel suo saggio "Critical Warfare and Henry Miller's Tropic of Cancer" suggerisce che una strategia efficace della critica femminista è «usare le armi del testo contro il testo per mostrare come il testo capitola e si contraddice da sè» (33). Ciò che rende la decisione così difficile per le donne è che, anche se la rabbia di Miller può essere spiegata e si può guardare al di là della sua oscenità, la violenza non può essere facilmente trascurata.

Le donne che oggi leggono Miller non troveranno poi tanti modi di leggerlo perchè la sua scrittura non soddisferà mai le aspettative del moderno femminismo. Quindi suggerirei che forse la donna che meglio ha riconciliato il violento sessismo di Miller con la sua scrittura è stata la sola che era presente all'epoca: Anaïs Nin. Lei è stata la sua prima lettrice femminista, una donna forte del femminismo moderno, circondata da uomini con modi vecchio stile di pensare le donne. La sua prospettiva è vitale per le lettrici moderne per determinare come rispondere alla misoginia di Miller. Nin comprese che il suo sguardo fisso voyeuristico e la sua penna velenosa erano insieme il suo talento e il suo strumento di distruzione. Miller non risparmiò nessuno, maschio o femmina. Ogni persona che incontrò divenne materiale letterario. «Henry produce sempre personaggi» disse June ad Anaïs «Ne ha fatto uno anche di me» (Diary 23). Anaïs stessa riflettè sulla «mente caricaturale» di Henry subito dopo averlo incontrato, scrivendo nel suo diario «Mi vedrò in caricatura» (Diary 11). Si rese conto che la «grande passività di Henry nell'azione» che lo faceva «scrivere in modo disperato ma non agire per cambiare le cose circostanti», era la forza che lo induceva a «scrivere in modo violento, scurrile e a prendere qualunque donna attraversasse la sua strada» (Diary 357). Tuttavia Nin non scusò Miller di aver depersonalizato le donne; lo ritenne responsabile del modo in cui aveva distorto June e aveva ridotto le altre donne a corpi.

Nin disse a Miller nel 1934, "in Tropic of Cancer eri solo un sesso e uno stomaco... se creerai un uomo completo allora sarai capace di scrivere sulle donne" (Diary 356). Lei vide che nella riduzione della donna ad anatomia, Miller si proteggeva da un pericolo - ma anche che se lui «salvava se stesso nella sua opera» (Diary 151), di conseguenza falliva nello scrivere adeguatamente sulle donne. Leon Lewis dice che non fu che alla fine della vita che Miller «avvertì che il suo modo di descrivere e analizzare l'esperienza erotica non era appropriato per un uomo che fosse vitalmente interessato a comprendere la natura della realtà femminile» (Lewis 45). I ritratti femminili di Miller hanno poco del valore letterario delle sue altre descrizioni e hanno fatto arrabbiare all'epoca le donne della sua vita tanto quanto fanno arrabbiare le donne di oggi. Non solo il suo sessismo distorse la sua visione e dunque limitò le potenzialità della sua scrittura rispetto a come avrebbe potuto essere, ma anche screditò molto del suo talento. Ma uno scrittore può solo scrivere per quel che è, per quel che sa, e Miller non ha mai capito le donne. Cioè, se fosse stato diverso da quel che era, se non fosse stato così menomato dalle sue prime esperienze con le donne e così terrorizzato di essere dominato e distrutto, la sua scrittura sulle donne avrebbe potuto essere più sana, più completa. Ma Henry Miller è stato ciò che è stato: umano, incompleto e sessista! Ma come scrittore aveva uno straordinario talento nell'esprimere gli aspetti più crudi della realtà umana che vide e sperimentò in se stesso e negli altri. Le lettrici di oggi non possono rigettarlo per la sua misoginia senza rigettare anche l'essenza di ciò che rese potente la sua scrittura.

Opere Citate:

Traduzione da: A Feminist Response to Miller's 'Misogyny' by Holly Hofmann
Presented at The International Durrell Society Tenth Bicentennial Conference
University of Cincinnati May 21, 1998


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