Malloy

La bella Raphaëla (1927) - Lempicka


Quella notte l'ho sognato.

Era quasi mattina, per la verità. Dalle imposte di legno filtrava una debole luce. È il momento in cui finalmente riesco a dormire il sonno più dolce e profondo. Sulla pelle sento come sono lisce le lenzuola e mi domando perché mi ci voglia tutto quel tempo per sentirle così lisce. Sono le stesse gambe, lo stesso lenzuolo di otto ore prima.

Ho spinto i cuscini da un lato e mi sono messa a pancia in giù. I piedi penzolavano dal fondo del letto, gli alluci aggrappati come uncini al bordo. È così che lo faccio. Con la mano sopra la camicia da notte di cotone, ho messo due dita della mano destra sul clitoride e ho pensato a Malloy. In piedi in mezzo a una stanza, veniva verso di me, guardandomi mentre mi svestivo. (Devo sempre toccarmi con la camicia da notte o un paio di mutandine addosso. Mi domando se non dipenda dal fatto che così la frizione è maggiore. In parte sicuramente il motivo è questo, ma c'è dell'altro: forse l'eccitazione provata la prima volta che mi toccai, da bambina, premendo le dita fra le gambe, con la stoffa che si frapponeva tra i polpastrelli e la vagina, tra la vergogna e il piacere. Forse temevo che sarei morta se non ci fosse stato di mezzo un pezzo di stoffa, qualcosa che mediasse, e mi impedisse di precipitare irreparabilmente nella trance autoerotica.)

Una domenica mattina, in collegio, trovai una mia compagna di camera sdraiata sul pavimento della doccia. Le gambe, coperte di lividi neri e blu per le partite di hockey, erano aperte sotto il rubinetto, e l'acqua veniva giù a cascata fra le sue cosce muscolose e allargate in un totale abbandono. Non capivo cosa stesse facendo. Immaginai che fosse scivolata sulle piastrelle bagnate. In seguito non ho conosciuto altre donne capaci, come questa mia compagna, di parlare liberamente del proprio autoerotismo. Mi esortò a imitarla. Non ebbi il coraggio di dirle che avevo già trovato il mio modo di masturbarmi. Le donne sono capaci di parlare di qualsiasi cosa - della gelosia sessuale, di come sono state sedotte, dei deliziosi vantaggi di farsi mangiare la micina o di succhiare l'uccello - ma non racconteranno mai come si scopano da sè.

Dunque c'era Malloy, che mi guardava mentre mi spogliavo. Sotto le dita ho sentito il clitoride inturgidirsi. Ho cominciato ad ansimare. Le gambe mi si sono irrigidite. Dentro di me, l'eccitazione non faceva che crescere e crescere, ogni tanto mi fermavo all'improvviso, ma questo serviva solo ad aumentare il piacere. Quando è un uomo a toccarmi non è la stessa cosa, perchè non so mai se avrà l'abilità, la pazienza o la passione di portare a termine la cosa, e questa incertezza fa sì che il mio corpo insegua troppo velocemente lo spasimo, tendendosi in modo esagerato. Mi sento più sicura quando mi tocco da me. A volte lo faccio con una tale avidità che poi mi vengono dei crampi terribili ai polpacci e devo saltare giù dal letto zoppicando in giro per la stanza finchè non passa.

Ma Malloy, nel mio sogno, era felice di aspettare.

« In the Cut » - Susanna Moore


«Sonata per Flauto e Chitarra» 2°movimento, Roberto Di Marino, clicca qui se vuoi leggere lo spartito


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