Pesci d'oro - Gustav Klimt
Nel capitolo 9 della parte IV del De nugis curialium, scritto tra il 1181 e il 1193 da un chierico che viveva alla corte reale d'Inghilterra, Walter Map, si racconta la storia del matrimonio di un giovane, evidentemente un giovane signore, «Henno dai grandi denti» («Henno cum dentibus», «così chiamato a causa della grandezza dei suoi denti») con una strana creatura. Un giorno, a mezzodì, in una foresta non lontana dalle spiagge della Normandia, Henno incontra una fanciulla bellissima che indossa abiti regali, in lacrime. Essa gli confida di essere scampata al naufragio di una nave che la stava conducendo dal re di Francia, che doveva sposare. Henno si innamora della bella sconosciuta, la sposa e questa gli dà una bellissima progenie: «pulcherrimam prolem». Ma la madre di Henno nota che la giovane donna, che si finge pia, evita l'inizio e la fine delle messe, si sottrae all'aspersione d'acqua benedetta e si astiene dalla comunione. Incuriosita fa un buco nel muro della camera della nuora e la sorprende mentre sta facendo il bagno sotto forma di drago (draco), per poi riprendere la sua forma umana dopo aver strappato in piccoli pezzi coi denti un mantello nuovo. Informato dalla madre, Henno, con l'aiuto di un prete, asperge d'acqua benedetta la moglie che, accompagnata dalla fantesca, balza via attraverso i tetti e scompare nell'aria cacciando un grande urlo. Di Henno e della moglie-drago esiste ancora all'epoca di Walter Map una numerosa discendenza, «multa progenies».
Il nome della creatura non è indicato e non è precisata l'epoca della storia; ma Henno dai grandi dentiè forse lo stesso Henno (senza particolari che lo qualifichino) messo in scena in un altro passaggio del De nugis curialium (IV, 15) e che è situato fra personaggi e avvenimenti a metà tra storia e leggenda, che si possono far risalire alla metà del IX secolo. Alcuni critici hanno avvicinato la storia di Henno dai grandi denti a quella della Dama del castello di Esperver narrata negli Otia imperialia (III 57), composti tra il 1209 e il 1214 da Gervase of Tilbury, un ex protetto, lui pure, di Enrico II d'Inghilterra, passato in seguito al servizio dei re di Sicilia, poi dell'imperatore Ottone IV di Brunswick, di cui era, al momento della redazione degli Otia imperialia, maresciallo per il regno di Arles.
È in questo regno, nella diocesi di Valenza (Francia, Drôme), che si trova il castello di Esperver. La dama di Esperver arrivava anche lei in ritardo alla messa e non poteva assistere alla consacrazione dell'ostia. Siccome suo marito e alcuni servi l'avevano un giorno trattenuta a forza nella chiesa, al momento delle parole della consacrazione volò via distruggendo una parte della cappella e scomparve per sempre. Una torre in rovina adiacente alla cappella era ancora, all'epoca di Gervasio, testimone di questo fatto di cronaca, che neppure esso è datato.
Ma se c'è tra questa storia e quella della moglie di Henno dai grandi dentiun'evidente rassomiglianza, se, quantunque non sia designata come un drago, la dama di Esperver è, anche lei, uno spirito diabolico scacciato dai riti cristiani (acqua benedetta, ostia consacrata), il testo di Gervasio di Tilbury è singolarmente povero rispetto a quello di Walter Map.In compenso raramente si è pensato di avvicinare alla storia di Henno dai grandi denti quella, ugualmente raccontata da Gervasio di Tilbury, di Raimondo dello Château-Rousset. Non lontano da Aix-en-Provence, il signore del castello di Rousset, nella valle di Trets, incontra nei pressi del fiume Arc, una bella dama magnificamente vestita che lo interpella chiamandolo per nome e acconsente quindi a sposarlo a condizione che non cerchi di vederla nuda: in tal caso perderà tutta la prosperità materiale che ella gli avrà recato. Raimondo promette e la coppia conosce la felicità: ricchezza, forza e salute, numerosi e bei bambini. Ma l'imprudente Raimondo strappa un giorno la tenda dietro la quale nella sua camera la moglie sta facendo il bagno. La bella sposa si trasforma in serpente e scompare nell'acqua del bagno per sempre. Solo le nutrici la sentono di notte quando ritorna, invisibile a vedere i suoi bambini. Anche in questo caso la donna-serpente non ha nome e la storia non è datata; ma il cavaliere Raimondo, pur avendo perduto la maggior parte della sua prosperità e della sua felicità, ha avuto, dalla sua effimera sposa, una figlia (Gervasio non parla più degli altri figli) che ha sposato un nobile provenzale e la cui discendenza vive ancora all'epoca di Gervasio.
Come ci sono due donne-serpenti (serpente acquatico o alato) negli Otia imperialia, ce ne sono due nel De nugis curialium, poichè, accanto a Henno dai grandi denti , c'è Edric il selvaggio («Edricus Wilde, quod est siluestris, sic dictus a corporis agilitate et iocunditate verborum et operum»), signore di Ledbury North, la cui storia è narrata nel capitolo 12 della parte II. Una sera, dopo la caccia, Edric si smarrisce nella foresta. In piena notte arriva davanti a una grande casa dove danzano nobili dame. Una di loro gli ispira una passione così viva che subito la rapisce e passa tre giorni e tre notti d'amore con lei. Il quarto giorno ella gli promette salute, felicità e prosperità a patto che egli non le chieda mai nulla delle sue sorelle, del bosco e del punto dove ha avuto luogo il rapimento. Egli promette e la sposa. Ma parecchi anni dopo, una notte, si irrita a non trovarla al ritorno dalla caccia. Quando infine arriva, egli in collera le chiede: «Perchè le tue sorelle ti hanno trattenuta così a lungo?». Essa scompare. Lui muore di dolore. Ma lasciano un figlio di grande intelligenza, che è ben presto colpito da paralisi e da tremito alla testa e al corpo. Un pellegrinaggio alle reliquie di sant'Etelberto a Hereford lo guarisce. Egli lascia al santo la sua terra di Ledbury e una rendita annua di trenta libbre.
All'incirca nella stessa epoca - intorno al 1200 - in cui scrivevano Map e Gervasio di Tilbury, il cistercense Elinando di Froidmont raccontò la storia del matrimonio di un nobile con una donna-serpente, racconto che è perduto ma che è stato raccolto in un secco riassunto, quasi mezzo secolo dopo, dal domenicano Vincenzo di Beauvais nel suo Speculum naturale (II 127). «Nella provincia di Langres un nobile incontrò nel folto della foresta una bella donna rivestita di abiti preziosi, di cui si innamorò e che sposò. Essa amava spesso fare un bagno e fu vista un giorno da una serva mentre galleggiava sotto forma di serpente. Accusata dal marito e sorpresa nel bagno, scomparve per sempre e la sua progenie è ancora vivente» (In Lingonesi provincia quidam nobilis...).
Jacques Le Goff - "Melusina materna e dissodatrice"
dalla raccolta "Tempo della Chiesa e tempo del mercante" (1977)
(saggio comparso per la prima volta in «Annales ESC», 1971)
«Suite per Flauto e Arpa», 1° movimento, Roberto Di Marino, clicca qui se vuoi leggere lo spartito
Aria di famiglia / ... e Melusine / ancora su Melusine / Alle origini della parola