La consigliera del cuore

Mme. Séverine - L. W. Hawkins


La nostra stampa settimanale è sede di una vera e propria magistratura della «coscienza» e del «consiglio», come ai più bei tempi dei gesuiti. Ogni organo del corpo umano (perchè bisogna partire dal concreto) ha così il suo tecnico, pontefice e supremo sapiente: il dentista di Colgate per la bocca, il medico di «Dottore, mi dica» per il sangue dal naso, gli ingegneri del sapone Lux per la pelle, un padre domenicano per l'anima e la consigliera dei giornali femminili per il cuore.

Il cuore è un organo femmina. Trattarne esige perciò nell'ordine morale una competenza tanto particolare quanto quella del ginecologo nell'ordine fisiologico. La consigliera occupa così il suo posto grazie alla somma delle sue conoscenze in materia di cardiologia morale; ma occorre anche un dono caratteriale, che - com'è noto - è il segno glorioso del professionista francese: è l'incontro di un'esperienza molto lunga, che implica un'età rispettabile, e di una eterna giovinezza di cuore, a sancire il diritto alla scienza. La «Consigliera del cuore» ritrova in tal modo un tipo francese prestigioso, quello del burbero benefico, dotato di una sana franchezza (che può arrivare fino allo sgarbo), di una grande vivacità di risposta, di una saggezza illuminata e la cui scienza è sempre sublimata dal sesamo del contenzioso morale borghese: il buon senso

Nella posta del cuore le consultanti sono accuratamente spogliate di ogni condizione: come sotto lo scalpello del chirurgo l'origine sociale della paziente è messa tra parentesi, così sotto lo sguardo della consigliera la postulante è ridotta a puro organo cardiaco. La definisce solo la sua qualità di donna: la condizione sociale è trattata come un'inutile realtà secondaria che potrebbe intralciare la cura della pura essenza femminile. Solo gli uomini, razza esterna che costituisce il «soggetto» del Consiglio nel senso logistico del termine (ciò di cui si parla), hanno il diritto di essere sociali (ed è giusto perchè gli uomini rendono) ....

L'umanità della «Posta del cuore» riproduce una tipologia essenzialmente giuridica: lungi da ogni romanticismo o da ogni investigazione un po' reale della vita vissuta, la posta segue nel modo più aderente un ordine stabile delle essenze, quello del Codice Civile.
Il mondo-donna è diviso in tre classi, di statuto distinto: la puella (vergine), la coniux e la mulier (donna non sposata, o vedova o adultera ma in ogni modo attualmente sola e con un passato). Di fronte, l'umanità esterna, quella che resiste o minaccia: prima di tutto i genitori, coloro che posseggono la patria potestas; poi il vir, il marito o il maschio, che anche lui detiene il sacro diritto di assoggettare la donna. È abbastanza chiaro che malgrado il suo apparato romanzesco il mondo del Cuore non è improvvisato: esso riproduce, più o meno, rapporti giuridici congelati. Anche quando dice io con la sua voce più straziante o più candida, l'umanità della Posta non esiste a priori se non come somma di un piccolo numero di elementi fissi, definiti, quelli dell'istituzione familiare: la Posta, nel momento stesso in cui sembra darsi il compito liberatore di esporre l'interminabile contenzioso della Famiglia, ne postula l'esistenza.

In questo mondo di essenze, l'essenza della donna è di essere minacciata, a volte dai genitori, più spesso dall'uomo; in ambedue i casi il matrimonio giuridico è la salvezza, la soluzione della crisi; che l'uomo sia adultero o seduttore o refrattario, la panacea è il matrimonio come contratto sociale di appropriazione. Ma la stessa fissità del fine obbliga, in caso di dilazione o di fallimento, a condotte irreali di compenso: i vaccini della Posta contro le aggressioni o gli abbandoni dell'uomo mirano tutti a sublimare la sconfitta, sia santificandola sotto forma di sacrificio (tacere, non pensare, essere docile, sperare), sia rivendicandola a posteriori come una pura libertà (non perdere la testa, lavorare, infischiarsi degli uomini, sostenersi tra donne).

Così, quali che siano le contraddizioni apparenti, questa morale non postula mai per la donna altra condizione se non parassitaria: solo il matrimonio, definendola giuridicamente, la fa esistere. Si ritrova qui la struttura stessa del gineceo, definito come una libertà chiusa sotto lo sguardo esterno dell'uomo. La Piccola Posta più solidamente che mai fissa la Donna come specie zoologica particolare, colonia di parassiti fornita di propri movimenti interni la cui debole ampiezza però è sempre ricondotta alla fissità dell'elemento tutore (il vir). Tale parassitismo, mantenuto sotto gli squilli di tromba dell'Indipendenza Femminile, comporta naturalmente una totale incapacità a qualsiasi apertura sul mondo reale: sotto il riparo di una competenza i cui limiti sarebbero lealmente dichiarati, la consigliera rifiuta sempre di prendere posizione sui problemi che sembrino andare al di là delle funzioni proprie del cuore femminile; la franchezza si ferma pudicamente alle soglie del razzismo o della religione; e poichè in effetti essa costituisce qui un vaccino di utilità ben precisa, il suo ruolo è di favorire l'inoculazione di una morale conformista della soggezione: si localizza nella consigliera tutto il potere di emancipazione della specie femminile: in lei le donne sono libere per procura. La libertà apparente dei consigli dispensa dalla libertà reale dei comportamenti: si mostra di cedere un po' sulla morale per tener duro con più fermezza sui dogmi costitutivi della società.

Roland Barthes - «Mythologies» (1957)


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