Modulo 3 L'identità in rete |
Erving Goffman Goffman coscientemente evita di sviluppare un modello teorico consistente, tuttavia è possibile individuare una serie di elementi portanti della sua opera che mostrano come il sociologo, che non a caso intitola in questo modo un suo scritto, consideri la vita quotidiana come una rappresentazione, guadagnandosi così, per il suo metodo d’analisi, la definizione di “drammaturgico”. Goffman infatti analizza gli incontri tramite metafore e analogie prese dal teatro; Nella sua prospettiva gli individui non seguono semplicemente un copione, e nella misura in cui lo fanno, essi sono anche gli autori di quel copione quindi, le “rappresentazioni” sono definite dall’autore come tutte quelle attività individuali che servono ad influenzare il “pubblico” durante l’incontro. Goffman ritiene che queste rappresentazioni sono governate da regole che indicano il comportamento più appropriato da tenere ed individua tutta una serie di componenti delle rappresentazioni stesse. Innanzitutto va sottolineata l’eguale importanza della “scena” e del “retroscena” Parlando di scena – in senso goffmaniano naturalmente – non si può omettere la definizione della “facciata” che è un elemento chiave in quanto aiuta il pubblico a definire la situazione. Essa è caratterizzata da due aspetti: l’ambientazione e la facciata personale. L’ambientazione si riferisce a tutti quei dettagli di fondo che forniscono lo scenario perchè l’azione sia possibile. Mentre l’ambientazione è generalmente vincolata ad un luogo particolare, tende ad essere ferma, la “facciata personale” si riferisce agli altri elementi dell’equipaggiamento espressivo che identifichiamo strettamente con l’attore stesso e che naturalmente lo seguono ovunque. Ma è possibile fare un’ulteriore distinzione rispetto a questo elemento infatti, la facciata personale, può essere distinta in “apparenza” e “maniera”. L’apparenza rimanda in primo luogo allo status sociale dell’attore ma ci informa anche della sua temporanea condizione rituale. La maniera indica quale ruolo l’attore intende rappresentare nell’interazione che sta per verificarsi. Normalmente ci si aspetta una certa coerenza tra gli elementi che compongono la facciata ma capita, a volte, che ciò non si verifichi, portando a situazioni umoristiche o paradossali; le facciate sociali inoltre sono tipicamente astratte e generali, applicabili a situazioni disparate. In generale, comunque, le persone, durante le loro rappresentazioni, tendono ad abbracciare i valori sociali ufficialmente accreditati sforzandosi di dissimulare quei segni che non sono in sintonia con essi. Oltre al concetto di facciata Goffman introduce anche quello di “équipe” che si riferisce al gruppo di individui che cooperano per la creazione ed il mantenimento di una determinata situazione. L’équipe comporta la lealtà e la competenza delle persone coinvolte poiché il fallimento del singolo può comportare una minaccia per la coesione del tutto. Strettamente connesso al concetto di équipe è quello del “controllo delle impressioni” che consiste nel fatto che gli individui tendono a controllare il modo in cui sono percepiti dagli altri attraverso determinati mezzi come, ad esempio, “le pratiche e gli attributi difensivi” che comprendono anche la cosiddetta “lealtà drammaturgica” (cioè la precedentemente citata lealtà necessaria all’interno delle équipe) ma anche le “pratiche di protezione” (attraverso le quali il pubblico aiuta gli attori a preservare il loro “show”) e le capacità degli attori di cogliere mutamenti di atteggiamento o minacce dal pubblico, in modo da poter modificare il proprio comportamento di conseguenza. [>] |
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Intro | ||||
Unità 1 | ||||
Unità
2
La rete come spazio sociale performativo delle identità |
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Unità 3 | ||||
Bibliografia | ||||
Video | ||||
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